Non solo donne per le donne

Il 14 febbraio scorso a Roma, Napoli, Milano, Bologna, diversi cortei hanno sfilato in difesa della legge 194. Nel commentare i cortei, alcuni hanno salutato con gioia la presenza di molte ragazze a fianco di donne mature; altri hanno lamentato, al contrario, che di giovani ce ne fossero poche.

A Bologna le ventenni non mancavano, perché fra le promotrici della manifestazione c’erano Figlie femmine, collettivo femminista universitario. A Roma invece, pare che le ragazze scarseggiassero, come ha notato Emma Bonino in questa intervista. Eppure anche a Roma di giovani ce n’erano (vedi il post di Loredana Lipperini).

Se poi guardi il video di Repubblica che s’intitola “I battibecchi con le forze dell’ordine”, l’impressione è ancora un’altra: i battibecchi che mostra, più che con le forze dell’ordine, sono fra donne manifestanti e donne che non sopportano i disagi creati dalla manifestazione perché – dicono – non hanno tempo da perdere. “Ma voi non ce l’avete una casa, un lavoro?”, grida una ragazza esasperata. Anche se non c’ero, sono sicura che a Roma le cose siano andate meglio di così.

Però, però.

Il problema di queste manifestazioni è un altro, a mio modo di vedere. Non basta contare quante ventenni, quante donne, quante anziane. Il problema è che ancora oggi, a trent’anni da quando la 194 fu istituita, a quaranta dal ’68, a marciare per i diritti delle donne sono sempre e soltanto le donne. Con l’aggravante che ormai sono di meno e – quel che è peggio – molto più scettiche e stanche di quarant’anni fa.

Eppure il problema delle diseguaglianze di genere è un problema di tutti, non solo delle donne. Lo dimostra il report annuale del World Economic Forum (e lo ricorda Lipperini nel suo Ancora dalla parte delle bambine): in tutti i paesi del mondo c’è una stretta correlazione fra alto grado di diseguaglianza fra i sessi e scarso sviluppo economico.

E allora? Perché le femministe non chiamano gli uomini nei loro collettivi, dibattiti, cortei? (Intendo tanti, tantissimi, non gli sparuti che di solito vi appaiono.) Perché gli uomini non sfilano anche da soli per difendere i diritti delle donne? E perché i ventenni, nati e cresciuti nella presunta parità dei generi, neppure si accorgono se la parità è minacciata?

Pensa quanto sarebbe bella una piazza stracolma di giovani, adulti, anziani, tutti rigorosamente uomini, tutti a difendere la 194. Boom che notizia. Pensa come bucherebbe il video.

11 risposte a “Non solo donne per le donne

  1. Ciao a tutti,
    sono uno sparuto.
    Talmente sparuto che, dopo quello che è accaduto qualche mese fa a Roma con le femministe dell’Udi a menare la troupe di La7 e qualche uomo politico secondo loro di troppo, ho deciso di essere “sparito” per un po’.
    La mia battaglia per i diritti degli individui (uomini o donne che siano) continuo a farla nel privato – credetemi, c’è un grosso lavoro da fare a scuola, università e lavoro faccia a faccia.
    Secondo me di uomini ce ne saranno sempre meno.. anche gli sparuti.
    Io ho vissuto quale dolore cocente l’affluenza bassa al referendum sulla legge 40; una domanda è rimasta senza risposta: e le donne dov’erano?
    Sono parole abbastanza di getto,
    ma la battaglia per i diritti civili in questo paese è estenuante.

  2. Per forza siamo scettiche, noi ragazze. Siamo cresciute – grazie alle battaglie delle mamme delle figlie femmine – in una realtà in cui almeno un certo grado di parità e un certo tipo di diritti sembravano un dato su cui costruire. Poi un giorno uno si sveglia e mette in piedi un partito che pretende di essere in favore della vita e si mette a parlare in nome delle donne, della vita e dell’amore. Uno, un uomo, che invece di essere messo a tacere in malo modo dalla “società civile” scatena dibattiti e trova consensi. Così gli uomini – di nuovo, come se le battaglie non ci fossero mai state – si permettono di parlare del corpo delle donne e di quello che le donne vogliono e non sanno di volere. Poi scattano gli interrogatori in ospedale e gli episodi più agghiaccianti.
    Non tutti gli uomini sono uguali, certo, ma allora che si facciano sentire loro, che manifestino loro, che protestino loro per noi. Perché per noi ragazze tornare in piazza a urlare agli uomini che i nostri diritti valgono tanto quanto i loro sarebbe umiliante, anche, un po’. Oltre che, si è visto, inutile.

  3. Non c’è cosa più pericolosa che dare per scontato le conquiste.
    Starei molto attento a sposare la logica del “vai avanti tu che mi viene da ridere!”.
    Inutile non è mai.
    Credo che far sentire la propria voce sia fondamentale.
    Personalmente vado in piazza spesso e volentieri almeno 4 volte all’anno fisse, più varie ed eventuali.
    Io sono di sicuro un po’ stanco, ma non smettero di manifestare per quello che credo giusto, fosse anche umiliante o estenuante.

  4. L’ultimo paragrafetto del post è molto bello e lo condivido pienamente. E’ il solito discorso, che vale per tutte le manifestazioni: loro si aspettano i black block con la pietra in mano, tu vai con i bambini e i palloncini colorati, loro preparano i poliziotti in posizione anti sommossa, tu girati e vai in un parco a leggere qualcosa o a bere con gli amici.
    Loro saranno ancora nella piazza, al freddo o caldo, con le gambe indolenzite e distrutti dall’accumulo di adrenalina che non hanno potuto sfogare sulla tua pelle. Non diamogli questa soddisfazione.
    La cosa che conta è sorprendere, senza fare male a nessuno, senza farsi esplodere.
    Quindi tornando alla 194, veniamoci incontro, non siamo gelosi del nostro tesoro da difendere e non “litighiamoci gli avversari”. Se qualcuno si arrabbia per le strumentalizzazioni di Ferrara (facciamoli i nomi), venga avanti che di persone della stessa idea ce ne sono tante. Sia col pene che con la vagina.

  5. Posso essere critico? Non nei confronti di questo bel post, ma nei confronti della “coscienza femminile”? Non solo le donne, ma soprattutto loro. Se le donne fossero più compatte nell’affermare l’inviolabilità della sfera delle scelte personali, per quanto dolorose e astrattamente discutibili, non ci sarebbe lo spazio politico per iniziative come quelle di Ferrara, e, soprattutto, per chi le sostiene, opportunisticamente, dalla seconda fila sperando in una vomitata di voti in più.
    Non ha senso dire che “le donne sono lasciate sole”, quando costituiscono la maggioranza del Paese. La mia nonna, anarchica livornese di famiglia, diceva sempre che i lupi stanno dove sono le pecore.
    Mi dispiace dirlo, ma ha ragione Enrico: dov’erano le donne quando l’unico, sporadico tentativo contemporaneo di rendere pubblica e democratica la discussione sullo statuto del corpo è andato miseramente deserto?
    Come si fece a non capire che de te fabula narratur?
    Se non io per me, chi per me?

    (Su questo tema sto rileggendo, con ulteriore grandissimo profitto, la questione ebraica di Marx. Mi permetto di consigliarlo a chiunque sia interessato a un punto di vista davvero illuminante sul rapporto tra religione e società, e non l’abbia ancora letto).

  6. Vittorio, la tua nonna ha ragione.
    E non si tratta di tirarsi indietro; è che si fa fatica, e parecchia, ad accettare che pecore siano sempre le stesse.

  7. Lo so, Missie, e sono convinto che la partecipazione alla costruzione di un’idea e di una legislazione civile e condivisa (mi scuso per l’ossimoro) sulle questioni del corpo sia dovere indispensabile di ogni cittadino, a prescindere dal suo genere. Però se la comunità nera non avesse IN MASSA boicottato il sistema di trasporti pubblici di Montgomery, portandola vicino al fallimento, la lotta dei diritti civili in America non sarebbe stata la stessa.

    Sono ben conscio del fatto che le lotte di genere e quelle derivanti da discriminazioni etniche siano molto diverse (la coscienza di appartenenza etnica è molto più solida e meno sfumata), ma io veramente non riesco a capire come una donna possa solo pensare di votare per un partito che non abbia una posizione nettamente contraria a questo nuovo tentativo clericofascista (parola fuori moda come gli scaldamuscoli, ma che mi dà sempre soddisfazione pronunciare!) di spoliazione del diritto non a abortire, che la questione posta così è fuorviante, ma a avere, come dicevo sopra, una sfera privatissima e inviolabile DA CHIUNQUE rispetto alle grandi scelte esistenziali (la riproduzione, la malattia, la morte).

  8. Enrico, Vittorio, Missie, Studente Bris, avete detto cose non solo vere, ma amarissime e direi addirittura toccanti.
    Aggiungo una cosa, allora: il motivo per cui ho scritto questo post (specie l’ultimo paragrafetto, com’e stato chiamato) è che da sempre mi sento mestamente lontana da certi modi di “scendere in piazza” che le donne hanno perpetuato negli ultimi vent’anni.
    E dico venti, forse venti-e-qualcosa, perché prima le manifestazioni avevano tutt’altro senso, e altri livelli di partecipazione, ma io purtroppo non c’ero perché ero troppo piccola.
    Da quando però ho avuto l’età per scendere in piazza (negli anni 80), già per me qualcosa non tornava più. (Parlo solo delle piazze femministe, naturalmente.) Purtroppo sono convinta che certi radicalismi, certi separatismi contro gli uomini, certi modi rabbiosi di scendere in piazza tipici di quello che chiamo il vetero-femminismo (a cui non nego che dobbiamo molto, per carità, ma all’epoca, ora non basta), hanno progressivamente allontanato la maggioranza delle donne dalla difesa pubblica dei loro diritti. E sottolineo “pubblica”, intendendo in pubblica piazza, perché poi nel privato la maggior parte di noi (donne, uomini, omosessuali, trans-gender, multi-gender eccetera) non facciamo altro che combattere tutti i santi giorni per questi diritti spesso negati. Ed è dura, molto dura, specie in questo paese.
    Per questo dico: uomini, scendete in piazza per difendere i diritti delle donne. Il che non vuol dire che le donne non ci debbano andare. Ma prima gli uomini, stavolta, che sono i grandi esclusi (a volte comodamente, a volte no), poi tutti gli altri. Perché i diritti delle parti più deboli sono sacrosanti per tutti, non solo per i deboli, accidenti.

  9. Siiiiiiii!
    E chi ha vissuto o vive in ambienti di parentela organizzati patriarcalmente, sa che bisognerebbe attivarsi nella maniera proposta da Giovanna Cosenza. Anche se si può cambiare un pochino la propria famiglia, ti accorgi che non puoi fare più di tanto: può capitare di essere contrastati proprio dalle donne i cui diritti ti stanno a cuore. Può addirittura capitare che, nel momento in cui capiscono la questione, soffrano tantissimo per la loro situazione, non potendo (davvero) fare nulla!

  10. Mi meraviglio!
    Mi meraviglio da donna, da madre, da persona…
    Dobbiamo difendere la legge 194? O sarebbe, invece, meglio difendere noi stesse?
    Ma l’avete letto bene il testo della legge?
    E’ possibile abortire un figlio o una figlia entro la 22esima settimana di gestazione, dopo averlo/a vista, sentita, desiderata ed amata…

    Le diciottenni scese in piazza a Roma non sanno neanche cosi significhi vivere dal vero l’esperienza dell’aborto…sembrano solo galline…

    Sarebbe ora di difendere noi stesse dall’egoismo del mondo e dell’uomo perchè troppo spesso facciamo ricorso alla legge 194 perchè costrette da qualcuno o qualcosa…

    Spesso è il compagno della nostra vita che non ci aiuta ad accogliere da Madre un figlio… Ci meravigliamo se gli uomini non scendono in piazza per difendere i NOSTRI diritti? …. E’ assurdo!…

    Scusate se sono in netto contrasto con le vostre opinioni ma non si può nel 2008 essere allo stesso punto degli anni sessanta. Esistono i preservativi, la pillola, gli anelli, …. l’amore ed il rispetto per la vita umana.

    Siamo donne, è vero, ma questo non ci autorizza a decidere chi deve nascere e chi no….Se fosse successo a voi?

  11. Donatella, non ti devi scusare se hai opinioni contrastanti con quelle espresse qui.
    Ti prego però di non attribuire alla legge 194 un senso e responsabilità che non ha mai avuto.
    Nessuna donna che si sottoponga a interruzione volontaria della gravidanza lo fa a cuor leggero, che ci sia la 194 o meno. E le donne che sono indotte o costrette ad abortire dai loro compagni lo farebbero, credimi, anche se non ci fosse la legge e se dovessero rivolgersi alla “mammana” di turno, come si faceva una volta. Con tutti i rischi e problemi del caso.
    Fra l’altro, la prevenzione è una componente esplicita e fondamentale della legge, ed è cresciuta, negli ultimi 30 anni, anche grazie alla 194. Persino Fini, in un recente intervento su Canale 5, pur ribadendo la sua posizione di antiabortista convinto, si è espresso in difesa della legge…
    Insomma, ti pregherei di distinguere la questione (delicata e dolorosa) dell’aborto dalla difesa della 194, magari approfondendo, se puoi, la questione.
    In ogni caso, il fatto che i diritti delle donne debbano essere difesi da tutti, non solo dalle donne, vale secondo me in generale, per qualunque diritto.

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