Bologna, la sinistra, i giovani

Ieri su Repubblica Bologna è uscito – un po’ scorciato per ragioni di spazio – questo mio articolo, col titolo «Diteci anche cosa la sinistra intende fare per gli studenti»:

Condivido la domanda che Grazia Verasani ha fatto su queste pagine qualche giorno fa: «Perché i politici di sinistra non parlano di cultura?».  Condivido i suoi dubbi e la sua amarezza. Ho letto con attenzione la riposta di Andrea De Maria, ma resto perplessa: mi è parsa più descrittiva del passato che propositiva per il futuro. Staremo a vedere.

Alla domanda di Verasani aggiungo questa: «Perché i politici di sinistra non parlano di studenti?». Attenzione però: è una domanda datata, cioè non riguarda solo queste elezioni, ma mi frulla in testa da almeno dieci anni. E purtroppo mi frulla pure la risposta: «Perché la maggior parte di loro non votano».

Ecco il punto: da anni fra la città e gli studenti c’è un muro. O meglio, alla città gli studenti vanno bene finché pagano affitti salati e consumano piadine, pizze e birra nei pub e nelle osterie. Per il resto, i bolognesi tendono sempre più a guardarli con sospetto e fastidio, associandoli al degrado del centro storico, al disordine e al chiasso notturno. Retorica da docente universitaria? No, economia.

Una ricerca svolta in Ateneo circa un anno fa mostrava che, per mantenersi a Bologna, un fuorisede spende in media più di 1000 euro al mese, di cui oltre 600 se ne vanno in vitto, alloggio e spostamenti per e dentro Bologna. Rispetto al 1998 la spesa era cresciuta del 57%, oltre il doppio dell’inflazione. Nell’ultimo anno è arrivata la crisi e gli affitti sono un po’ calati, dicono le agenzie immobiliari (nulla si sa del nero). Ma con la crisi è diminuita pure la capacità di spesa delle famiglie, e la sostanza oggi non cambia.

Risultato: un calo costante di immatricolazioni che risale – se la memoria non mi tradisce – ai primi anni 2000. Certo, è ingiusto responsabilizzare solo la città: anche l’università deve fare autocritica, e infatti alcune discussioni fra i candidati rettore di questi giorni vertono su questo tema.

Ma perché vorrei che anche i candidati sindaco parlassero di studenti? Perché – lo dice la parola stessa – «studiano», cioè consumano, trasformano, producono cultura: come si fa a non pensare a loro quando si parla (se si parla, come chiede Verasani) di cultura? Inoltre gli studenti che arrivano a Bologna da altre città, italiane o straniere, portano idee e prospettive diverse, che la città dovrebbe sapere accogliere e valorizzare al massimo, per rinnovare le proprie. Infine gli studenti sono al momento la risorsa più preziosa che Bologna ha sotto mano per contrastare l’invecchiamento intellettuale, oltre che anagrafico, della sua popolazione.

E poi diciamola tutta: trascurare gli studenti solo «perché non votano» è doppiamente miope. Innanzi tutto, molti potrebbero prima o poi prendere la residenza (una volta lo si faceva spesso, ma oggi?) e diventare elettori. L’attenzione per gli studenti può dunque essere remunerativa a medio e lungo termine; la disattenzione, penalizzante. In secondo luogo, molti studenti sono già bolognesi. Come si catturano i loro voti? E quelli dei loro amici che studiano altrove e votano a Bologna?

Insomma, la disattenzione per gli studenti è sintomatica di una più generale – e grave – disattenzione per i giovani. Inutile ribadire che una città che non punti sui giovani non guarda al futuro. E allora riformulo la domanda: «Cosa propongono i politici di sinistra ai giovani di questa città?».

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NB: trovi QUI una sintesi dell’indagine socio-economica di cui ho parlato.

13 risposte a “Bologna, la sinistra, i giovani

  1. Cara Giovanna, hai ragione su tutta la linea! Dico solo che, dat ISTAT alla mano, nel 2006 un terzo dei residenti a Bologna era ultrasessantacinquenne: 1/3 dei residenti ha dai 65 anni in su!!! Ora forse la percentuale sarà anche aumentata.

  2. Ciao, ho mandato ieri questa mia risposta al tuo quesito proposto su Repubblica, ma essendo candidata nella lista del PD Balzanelli non lo pubblicherà. Ti propongo quindi qui le mie riflessioni, da ex studentessa fuorisede, arrivata a Bologna per frequentare la facoltà di economia e che poi ha scelto questa città per vivere, lavorare e crescere i propri figli. Cosa fanno o faranno i politici di sinistra per gli studenti, anche se non votano a Bologna? Come scrive Delbono nel suo programma, se vogliamo investire in Sapere dobbiamo attirare e trattenere sul territorio bolognese le intelligenze più vivaci, offrendo loro una prospettiva di vita. Bologna ha bisogno di talenti. La prima politica giovanile consiste nell’offrire ai giovani meritevoli un buon lavoro e una casa dignitosa. Sul fronte abitativo, una novità positiva è l’Agenzia Metropolitana per l’Affitto, che necessita di ulteriori risorse da investire in nuovi alloggi pubblici per l’affitto e nel recupero del patrimonio pubblico esistente.
    La prima azione di contrasto agli affitti in nero, che strozzano gli studenti, è stata fatta dall’amministrazione uscente con la convenzione siglata tra Comune, Università, Asl e Guardia di Finanza, che ha permesso, attraverso l’incrocio dei dati e questionari, di stanare centinaia di appartamenti affittati in modo irregolare. Oggi grazie anche all’<> promosso dal Comune di Bologna, l’affitto regolare conviene sia ai proprietari, che non pagano l’ICI utilizzando questa modalità contrattuale, sia agli inquilini, che hanno una tariffa più bassa rispetto al mercato.
    Sicuramente però servono più alloggi e studentati per i meritevoli e i meno abbienti: infatti il nuovo piano regolatore destina a questo scopo le aree dell’ex mercato ortofrutticolo, dell’ex lazzaretto e del demanio militare. Il problema per l’effettiva realizzazione degli alloggi sono le risorse tagliate dal Governo all’Università anche per l’edilizia.
    Promuovere i talenti giovanili significa offrire loro anche nuove opportunità di espressione della professionalità e di occupazione. Sicuramente occorre un più stretto rapporto non solo con l’Alma Mater, ma anche con importanti realtà cittadine come l’Accademia di Belle Arti ed il Conservatorio Musicale, fucine di talenti apprezzati più alle biennali e ai concorsi internazionali, che nella nostra città. Occorrono nuovi spazi per l’auto-produzione giovanile, in stretto rapporto con i quartieri, e un piano di utilizzo degli spazi esistenti riqualificando le strutture dismesse.
    Vogliamo ridare slancio alla produzione artistica, valorizzare la creatività giovanile, fare della nostra città un luogo in cui si incontrano e si riconoscono culture diverse, riconoscendo ai progetti di valore contributi finanziari e servizi, secondo regole chiare e trasparenti.
    Desidero segnalare anche un’altra fascia d’età di non votanti di cui raramente parliamo, se non quando commettono atti di bullismo o manifestano il loro disagio: gli adolescenti. Dall’ultima indagine ISTAT emerge una larga diffusione, tra i giovani di 15-24 anni che vivono con i genitori, di attività artistiche come scrivere (36%), recitare (4,4%), dipingere/scolpire (18%), ballare (72%), cantare (23,8%), suonare o comporre (19%)”.
    Dobbiamo ricomporre il mosaico delle culture giovanili, dargli pieno diritto di cittadinanza, renderli “soggetti di diritti”, attraverso il riconoscimento pieno delle loro forme espressive e comunicative. Apriamo le scuole al pomeriggio e facciamole diventare luoghi di crescita della creatività giovanile, luoghi di impegno per permettere agli adolescenti di avvicinarsi alle attività di volontariato. Per questo possono aiutarci le ASP, le fondazioni e le associazioni di volontariato. Una positiva esperienza in ben sette quartieri dei Centri Anni Verdi, dell’ASP Irides, sono centri educativi pomeridiani gestiti da educatori professionali, che curano quotidianamente l’intervento educativo ed i rapporti con le famiglie, la scuola, il territorio. O i centri giovanili delle ACLI e dell’ARCI. Sono luoghi in cui incontrarsi, impegnarsi e divertirsi seguendo il proprio percorso di crescita.
    Una città accogliente e sicura, infatti, non è tale perché pensata da una mente illuminata, ma lo diventa perché vissuta dalle persone, perché frutto di un pensiero collettivo, di un’attenzione di tutte le generazioni a creare e mantenere nel tempo spazi per la socializzazione, percorsi sicuri casa-scuola, una viabilità pensata per chi non usa l’auto, case e palazzi attraversati dagli spazi pubblici.
    Ri-appropriarsi degli spazi urbani, del poter vagabondare, di poter compiere da soli i percorsi tra la casa e la scuola ed i vari luoghi d’aggregazione, di frequentare in autonomia quei luoghi informali di comunità che sono le strade, le piazze ed i giardini, rappresenta una conquista per i più piccoli, ma fa respirare a tutte le generazioni una nuova aria di libertà e di solidarietà.

    Francesca Puglisi
    Candidata PD al Consiglio Comunale e responsabile cultura, infanzia e adolescenza

  3. I costi eccessivi e un’atmosfera leggermente ostile sono tra le ragioni che mi hanno portato via da Bologna. Chissà quanti hanno fatto come me, invece di rimanere e prendere la residenza.

  4. Il mio Sindaco, a proposito degli asili nido, ha fatto capire che non sono strategici per la città. Allargando lo sguardo, direi che è il futuro a non interessare gli attuali amministratori della cosa pubblica. Un futuro che non va oltre i sei mesi, forse meno. 5 anni per quelli veramente bravi e lungimiranti, ovvero quasi nessuno.

    Quando ci penso mi viene un @#! che #@! !#@!

  5. …se ti riferisci a Cofferati si può criticare su molte cose…ma non sui nidi. 700 posti in più …a Bologna abbiamo il 38,6% dei posti, l’europa chiede agli stati membri il 33% entro il 2010. L’obiettivo a Bologna deve essere il 40%, così da azzerare la lista d’attesa. Il Pd in parlamento ha presentato la proposta di legge zerosei, che propone di far diventare il nido un servizio educativo, quindi un diritto di tutti i bambini e non più un servizio a domanda individuale (200.000 firme raccolte in tutt’italia). Diamoci forza, anche tra donne, e cambieremo le priorità della politica. Scusa “il comizietto ” :-))

  6. Non ho trovato on line il tuo articolo… Peccato.

  7. Parlo da studente, a Bologna da quasi dieci anni e con un pensierino alla residenza. Per tanto espongo le mie considerazioni:

    1) Molto dipenderà dai rapporti tra il nuovo rettore e l’amministrazione comunale. E mi sembra che in questi ultimi mesi se non sono ateneo o comune a parlarne, gli studenti stiano reclamando attenzione. (si veda le vicende di Burtleby) . Anche se non condivido l’arroganza con cui si pongono, che però è risultata efficace.

    2) quanto interessa all’Università ricreare un dialogo con il comune? Non sarà che lo status quo gli vada bene così com’è? Semmai c’è un’interesse a diminuire gli studenti ed a creare un secondo mercato “privato” che nulla ha a che vedere con l’università pubblica.

    3) Gli affitti sono cari, carissimi: Insostenibili. Ma abbiamo alternative? Soprattutto quando palazzi di proprietà dell’università vengono utilizzati per le fondazioni anziché per potenziare gli studentati? Da parte del comune basterebbe diminuire le tasse VISTOSAMENTE a chi affitta a studenti e fare dei controlli. Peccato: perché potrebbe essere un buon investimento per il futuro, visto che l’appeal del nostro ateneo sta scendendo rapidamente..

    4) chi ha detto che gli studenti siano tutti belli e bravi? E detto da studentessa , visto con i miei occhi: la maggior parte vive a Bologna come Lucignolo nel paese dei balocchi. Che cosa ti costa se scendi in piazza Santo Stefano con tanto di “shopping” contenente le tue belle bottiglie di vino o di birra rimetterle dentro e buttarle nel rusco anziché lasciarle per terra? Stessa cosa dicasi per urgenze fisiologiche, ma capisco che con una penuria di servizi pubblici e tanta birra in corpo a un certo punto la natura abbia delle necessità..non procrastinabili.

    Questo punto mi fa riflettere sul livello di frustrazione generale sia negli studenti, che degli abitanti. Se gli uni si sentono usati gli altri si sentono non rispettati.

    5) E concludo: perché uno studente non prende la residenza?
    Semplice: perché se risulta fuori sede può utilizzare la borsa di studio per campare a Bologna.

    Il solito circolo vizioso insomma. Sto ancora aspettando l’uomo/donna del fare.

  8. Tengo in mano la pubblicità elettorale di Francesca Puglisi che mi è appena arrivata a casa.
    Dopo aver letto i suoi interventi, riprendo il volantino ricevuto e leggo con attenzione:
    Inizia così:
    LE RAGIONI DEL MIO IMPEGNO
    “Vorrei che Bologna fosse sempre una città attenta ai bisogni delle famiglie, dell’ infanzia e dell’adolescenza, specialmente in un momento di crisi economica come quello che stiamo vivendo.” continua…

    Mi chiedo: Perchè si impegna ai bisogni di famiglie, infanzia, adolescenza e non anche degli studenti universitari?

    Nel continuare la lettura ho osservato che parla di problematiche sociali a mio avviso importanti, ma senza toccare temi (se non quello sportivo in modo generale) che interessino in particolar modo agli studenti universitari.

    Noto che in un blog come questo, frequentato da studenti, dimostra il suo interesse per le attività giovanili e anche studentesche.

    Come scrive Francesca “nel 2006 un terzo dei residenti a Bologna era ultrasessantacinquenne: 1/3 dei residenti ha dai 65 anni in su!” , confermando l’idea di partenza che l’elettorato non comprenda molti studenti. Inoltre capisco che nel suo volantino si sia dovuta adeguare ai limiti di spazio, ma da ex studentessa fuorisede che ha scelto di avere la residenza a Bologna, mi dispiace non essermi sentita inclusa tra le fascie sociali di cui parla.

    Mi chiedo quale sia la ragione di questa scelta.

    Aurora

  9. @ Francesca
    Perchè uno studente dovrebbe prendere la residenza?
    Perchè se ha intestate le bollette dei servizi paga la tariffa residenti, molto più conveniente, soprattutto quando Bologna è una delle città italiane dove l’acqua costa di più. E’ tutto un circolo vizioso di legalità-convenienza.

  10. Aurora, Francesca, Francesca 2, il comizietto: grandi interventi… 😉 Amara l’annotazione di A.

    Grazie a Francesca Puglisi per essere intervenuta. Condivido gli interrogativi di questi ragazzi. E continuo a essere perplessa.

  11. Cara Aurora,
    come dici tu, in un mini-volantino, ho dovuto concentrare in poche battute le ragioni del mio impegno e in questi anni mi sono occupata soprattutto di politiche per l’infanzia e l’adolescenza con la Consulta Rodari. Penso sia utile avere un luogo aperto dove si “pensano” nuove politiche proprio per chi è soggetto di diritti ma non vota (i bambini e gli adolescenti) e mi piacerebbe che a Bologna, come in altre città italiane, ci fossero dei consigli di quartiere fatti dai ragazzi.
    L’intervento di Giovanna però ha evidenziato anche come manchi un vero “canale” di comunicazione tra studenti universitari, politica e amministrazione comunale. Gli studenti fuorisede non sono solo “dell’Università”, ma parte vitale della città. In questo, nel loro più attivo coinvolgimento e ascolto, probabilmente abbiamo “toppato” e i luoghi come “sinistra universitaria” e similari forse non sono sufficienti. Allora, cosa proponete/proponiamo…perchè non fare una Consulta degli studenti? Se vogliamo innovare la sinistra e la politica dobbiamo trovare insieme nuove forme di partecipazione e di reciproco incontro e ascolto.
    Buon Lunedì 🙂
    Francesca

  12. @ Francesca Puglisi e chi partecipa a questo blog 😀

    Come scrive lei, “Se vogliamo innovare la sinistra e la politica dobbiamo trovare insieme nuove forme di partecipazione e di reciproco incontro e ascolto”, dobbiamo trovare una modalità per comunicare. Penso alle “sorde” comunicazioni fatte di urla e chiasso che si vedono sempre più spesso in Piazza Verdi. Giovani manifestanti da una parte, forze dell’ordine dell’altra: finiscono per essere urla inascoltate che diventano passive davanti alla Polizia: Un inutile forma di comunicazione barbara, fardello dei decenni passati. Un messaggio urlato, mancante di uno scambio dialettico con il destinatario.
    Concordo sia molto importante creare dei canali di comunicazione tra giovani-studenti e la politica-amministrazione comunale. I supporti tecnologici per comunicare sono molto diffusi, in particolare i computer connessi ad internet. Tutti gli studenti e ragazzi hanno facilità ad accedere alla rete, con mezzi propri e pubblici. Tutti gli studenti dell’Unibo, sono registrati sotto tale dominio e quindi in possesso di un’e-mail @Unibo.it.
    Credo che questo sistema, permetta di identificare immediatamente “chi sono gli studenti” e altrettanto facilmente di contattarli. Puntualmente ci arrivano newsletter sui servizi più importanti che ci sono offerti. Una rete di comunicazione è già stata costituita. Ma cosa veicola?

    Intendo dire, che oggi rispetto al passato, i mezzi per comunicare sono diffusi capillarmente e ampiamente accessibili. I problemi legati alla vita degli studenti crescono e trovano forme di manifestazione inascoltate, ma i disagi sono visibili ogni giorno agli occhi di tutti.
    Insomma, noi ci siamo, i medium anche, manca solo un’amministrazione che prenda le briglia e inizi un dialogo tra giovani e politica.

    L’Università di Bologna, non è un campus a sé stante, è nel centro della città. Condividiamo spazi e norme comuni, purtroppo nemmeno rispettate. Solo questo, detta l’esigenza di un dialogo per la convivenza tra cittadini e non residenti.
    La presenza delle forze dell’ordine che vegliano su di noi, non sono un mezzo di comunicazione, sono sinonimo di repressione.
    Come la politica si occupa di gestire la “massa studenti”, che sono elettorato invisibile, ma che costituiscono fisicamente Bologna?

    Come studente, capisco che molti ragazzi non sono coinvolti nel funzionamento della città, perché si sentono appartenere ad un’altra. Ma l’amministrazione bolognese, non ha l’esigenza di garantire il funzionamento e l’ordine di Bologna?

    Come è stato scritto negli interventi finora, gli studenti, i giovani sono un valore per Bologna. La nostra Università è conosciuta in tutto il mondo, grazie all’immagine che si è costruita fino adesso.
    In questo periodo di crisi, oltre ad investire nel territorio locale, a mio avviso è ancora più importante far circolare risorse e beni, permettendo scambi con il resto del mondo. Bologna si è conquistato la notorietà nel mondo per i famosi marchi delle imprese che producono qui attorno. Gli studenti sono in egual misura dei beni preziosi, uno studente porta in sé intelletto e conoscenza e se questo fosse addirittura coltivato e frutto dell’Università di Bologna?!

    Bologna ha il vanto di essere una città-studente. Agglomera all’interno delle mura le funzionalità di una normale città e il mondo studentesco, con quest’ultimo in maggioranza. Quante altre città hanno la fortuna, di vedere così vicine queste due realtà?!
    In questo momento politico e storico, in cui non si investe nell’istruzione, mi piacerebbe che Bologna dimostrasse di avere i mezzi (classe politica) e le possibilità (gli studenti), per essere un esempio di controtendenza e dimostrare quanto importante sia credere nella cultura e nell’istruzione dei giovani, un valore.
    Aurora, cittadina e studentessa bolognese

  13. la mia risposta prof: in quanto suo ex studente.
    Avrei voluto mandarle una mail, ma le mando il link diretto così magari le piace.

    fabiominghinidettomingo.wordpress.com

    non penso ci dobbiamo affidare a DeMaria o a qualcun’altro del PD.. Penso che i giovani candidati (e non sono l’unico e mi fa molto piacere questo) a consigliere comunale possano fare molto per la nostra città.

    Io ci proverò con tutto me stesso.

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