Archivi del mese: ottobre 2009

Un mostro di rifiuti

In preparazione della Settimana europea per la riduzione dei rifiuti, programmata dal 21 al 29 novembre, i paesi stanno avviando diverse iniziative per sensibilizzare le persone a ridurre la mole di rifiuti che generano ogni giorno.

Mi ha colpita la campagna francese, promossa dall’agenzia nazionale per l’ambiente Ademe: il sito www.reduisonsnosdechets.fr (visitalo: è fantastico!), ma soprattutto tre spot costruiti attorno a un gigante animato, bonario ma ingombrante e brutto, che rappresenta l’enorme quantità di rifiuti che ciascuno produce ogni anno (380 kg a persona è il calcolo francese, e gli italiani?).

Trovo l’idea del mostro di rifiuti (realizzato da MPC, che ha firmato anche le animazioni dell’ultimo Harry Potter, per intenderci) davvero azzeccata: il mostro ci accompagna nella vita quotidiana anche se non ce ne rendiamo conto. Fa un po’ schifo, ma non possiamo separarcene.

Possiamo però ridurne le dimensioni, e non è difficile: basta cambiare alcune abitudini.

Gli esempi di Ademe:

Usa meno la stampante: in ufficio, in università, a casa.


Compra prodotti con meno imballaggi. Meglio ancora: non imballati.


Trasforma i rifiuti organici in composta per le piante.

Per saperne di più sulle iniziative italiane, questa è la pagina di Legambiente e questo il sito della campagna italiana.

Corpi normali

All’estero (più che in Italia) la pubblicità riesce a rappresentare il corpo umano anche rispettando la sua normale e bella varietà.

Come nella campagna ideata nel 2007 dall’agenzia TBWA/London per Müller UK, e ancora in circolazione (a quanto segnala una lettrice in questo commento).

Uomini donne bambini giovani meno giovani… alti bassi magri grassi neri bianchi: tutti belli e gioiosi nella loro normalità.

Ma soprattutto, tutti in relazione gli uni con gli altri. Cosa che accade di rado in pubblicità, dove i corpi (perfetti, di plastica, ideali) sono quasi sempre isolati.

Müller Italia, nel frattempo, continua a infliggerci l’incubo di «Fate l’amore con il sapore».

L’uomo che fa ridere

Lo Zoo di 105 – trasmissione pomeridiana di Radio 105 che non amo per i toni spesso misogini e omofobi, ma che è fra le più ascoltate d’Italia – lancia oggi una campagna su stampa, tv, web e cinema per festeggiare i suoi 10 anni.

I cinque protagonisti del programma – Marco Mazzoli, Fabio Alisei, Paolo Noise, Wender e Pippo Palmieri – si sono fatti fotografare in mutande, ostentando i loro corpi normalmente difettosi in posizioni e con smorfie che fanno il verso ai belloni della pubblicità.

Pur non particolarmente innovativa, perché ripropone il cliché dell’uomo bruttino ma redento dalla capacità di far ridere, la campagna è apprezzabile perché invita comunque a prendere le distanze dai corpi plastificati e photoshoppati.

Una vera novità sarebbe estendere il tono ironico e normalizzante a prodotti e marchi che nulla hanno a che fare con la comicità. Ancor più innovativo sarebbe applicarlo ai corpi femminili.

Questo è l’annuncio stampa (clic per ingrandire):

Lo Zoo di 105

Abbiamo già discusso della rappresentazione del corpo maschile in pubblicità:

L’uomo in ammollo

Bello e impossibile

L’uomo instancabile

L’uomo normale

Il significato delle parole

Un brillante esempio di intelligenza pubblicitaria nell’ultimo spot di Orange, il marchio con cui France Telecom gestisce la telefonia mobile e l’accesso a internet.

Perfetto anche a fini didattici, perché illustra in modo vivido come il significato delle parole dipenda dal contesto e dall’esperienza (percettiva, individuale, sociale) che lo nutre, al punto da esserne stravolto.

In uno spot, un’intera teoria semantica.

Agency: Publicis Conseil, Paris
Client: Orange
Director: Philippe Andre

La partenza in salita di Pier Luigi Bersani

Pier Luigi Bersani è il nuovo segretario del Pd. Qualcuno sperava in un risultato diverso? Io no. Qualcuno si sentiva confortato dal tam tam mediatico degli ultimi giorni, che parlava di un possibile «ribaltone»? Io no.

Il risultato era chiaro dall’inizio, come sempre nelle cosiddette primarie del Pd. E le chiacchiere mediatiche dell’ultim’ora servono solo ad aumentare il numero dei votanti, per dare più forza alla nomina del predestinato.

Anche questo, tipico del Pd.

Il problema fondamentale di Bersani è la comunicazione. (Qualcuno pensava un’altra cosa? 😀 ) Anche gli altri due candidati, Dario Franceschini e Ignazio Marino, erano (sono) messi male, con una differenza: non sono capaci, ma ci provano (o hanno l’aria di provarci), mentre Bersani non ci prova nemmeno. È rimasto fermo all’era preberlusconiana. Il che può fare simpatia ai nostalgici pre-Pd, ma non lo aiuterà a costruire un’alternativa all’attuale centro-destra.

Fra l’altro, giusto una settimana fa il centro-destra ha mostrato di essere ben preparato all’avvento di Bersani, scippando al suo linguaggio – e, più in generale, a tutta la sinistra – uno degli ultimi temi di sua proprietà: il posto fisso.

È in quest’ottica che va letta l’unanimità con cui Berlusconi e Tremonti si sono all’improvviso profusi in dichiarazioni sull’importanza del posto fisso, blandamente corretti solo da Emma Marcegaglia. Un titolo a caso, dal Corriere del 20 ottobre: «Berlusconi: Io sto con Tremonti. Posto fisso e partite IVA sono un valore».

Come dire: verrà Bersani? e noi gli freghiamo i temi in anticipo.

Naturalmente il segretario neoeletto fa come se nulla fosse.

Da Repubblica di oggi:

«Pier Luigi Bersani è già attivo di buon’ora nonostante la lunga notte spesa ad attendere i risultati delle primarie. E in un’intervista radiofonica ai microfoni di Cnr, spiega che “il primo gesto da segretario sarà quello di occuparmi del lavoro e della precarietà, poiché credo che abbiamo bisogno di riportare la politica ai fondamentali”» (La Repubblica, 26 ottobre 2009).

Dal punto di vista comunicativo, cominciare sul terreno predisposto dall’avversario è una partenza in salita.

Spero che Bersani abbia fiato.

Le veline dell’Ateneo, «Domenica in» e l’identità

Oggi su Repubblica Bologna è uscito questo mio editoriale:

«Prof, cosa pensa dell’università a “Domenica in?”», mi chiedono gli studenti in questi giorni. Magari non hanno visto la puntata di domenica scorsa (non rientrano nel target), ma gliel’hanno raccontata i nonni. E ci sono rimasti male, nonni e nipoti. Così me la sono fatta mandare e l’ho analizzata: in effetti c’era di che turbarsi.

Non avrei mai voluto tornare sulle cosiddette «veline della Romagna», le quattro ragazze in tutina da superwoman e guanti di gomma con cui, nel luglio scorso, il Polo romagnolo ha pubblicizzato le sedi di Ravenna, Cesena, Forlì e Rimini, entrando in conflitto con il rettore e sollevando polemiche dentro e fuori dall’ateneo. Uno scivolone che speravo fosse dimenticato: non si deve mai usare il corpo (femminile, ma neppure maschile) per pubblicizzare l’università, ma bisogna puntare sull’eccellenza della didattica e della ricerca, e sugli sbocchi professionali.

La mente e non il corpo, insomma: un errore talmente grossolano che l’unica soluzione era dimenticarlo in fretta e guardare avanti.

Invece l’ateneo ci è caduto di nuovo, mandando due suoi rappresentanti nell’“Arena” di Massimo Giletti, una sezione di “Domenica in” di cui basterebbe il nome a capire che bisogna starne lontani. A favore della campagna c’era Giannantonio Mingozzi, vicesindaco di Ravenna e membro del cda universitario; contraria era Paola Monari, prorettore agli studenti. Nulla da dire sui loro interventi: certo volevano il bene dell’ateneo, ognuno con le sue ragioni, e hanno fatto il loro meglio.

Ma il contenitore televisivo se li è ingoiati in un boccone. Tralascio i dettagli della fossa in cui sono scesi. Basta dire che tutti, tranne loro, hanno vinto: dall’agenzia che ha ideato la campagna, per la quale vige il «si parli bene o male, purché si parli», alla studentessa che ha posato in foto perché «vuole fare la modella» e spera nella notorietà televisiva, finanche al conduttore che si è proposto come «assistente» universitario.

Tutti hanno vinto qualcosa, tranne l’ateneo e, più in generale, l’università italiana, che la rissa ha dipinto – per amor di polemica e audience – come poco qualificata, minata da conflitti interni, sessista e pronta a strumentalizzare il corpo delle donne.

Ma non sono tornata a parlare di «veline» per mettere il dito nella piaga. Ci sono tornata perché, se un errore simile è stato non solo fatto ma ribadito, vuol dire che ciò che per me è ovvio per altri non lo è. L’ovvietà è questa: chi trascura la comunicazione trascura la propria identità, che senza una comunicazione efficace rimane nascosta o fraintesa. Inoltre, se sei bravo ma non sai dirlo a nessuno, chi capirà che lo sei?

Per due ragioni, allora, la comunicazione dell’ateneo bolognese va curata nei minimi dettagli: perché è complessa, e dunque facile da sbagliare; e perché in ateneo ci sono molte eccellenze – a dispetto di “Domenica in” – e bisogna farle conoscere.

Ma curare la comunicazione non vuol dire affidarla a questa o quell’agenzia, magari abituata alla pubblicità commerciale ma incompetente su temi universitari. Né si possono mandare allo sbaraglio persone che, per quanto preparate nel loro campo, poco o nulla sanno di media e tv. Occorre invece affidare la comunicazione a persone che, dall’interno dell’ateneo, non solo ne condividano storia, valori e obiettivi, ma abbiano le competenze per comunicarli in modo intelligente e mirato, e siano dotati dell’autorità sufficiente perché nulla sfugga alle loro decisioni.

Inclusa quella di non mandare nessuno in tv, se non è il caso.

Repubblica Bologna 23 ottobre 2009.


Uno stage a Parigi (pagato)

Antonio, studente della magistrale in Semiotica che si trova a Parigi in Erasmus, mi segnala che un’azienda per cui ha lavorato cerca stagisti.

A quanto pare, pagano il lavoro in modo sorprendentemente equo.

Questo è l’annuncio:

Wincomparator.com è un sito web che unisce l’informazione sportiva al gioco online. Presente a livello internazionale (inglese, spagnolo, polacco, tedesco, italiano e francese), il sito estende i suoi servizi in diversi paesi d’Europa.

L’azienda offre stage convenzionati (con l’università di provenienza) di almeno 6 mesi, per giovani che siano interessati a formarsi come redattori di contenuti sportivi on line.

Attività previste:

  1. redazione, integrazione e aggiornamento dei contenuti del sito per la versione italiana,
  2. affiancamento di personale esperto nella promozione del servizio e nel marketing online.

Sede: Parigi.

Profilo richiesto:

Lo stage è particolarmente indicato per giovani:

  1. entusiasti, creativi e propositivi,
  2. appassionati di calcio e sport in generale,
  3. appassionati di internet ed esperti nell’uso di social network, blog, ecc.,
  4. desiderosi di lavorare in un gruppo internazionale,
  5. che siano di madrelingua italiana, ma parlino bene anche il francese,
  6. che siano capaci di organizzare il proprio lavoro con autonomia, rigore e senso di responsabilità.

Se pensi di avere questi requisiti, puoi inviare la tua candidatura (cv + mail di motivazione con subject: «IT – Rédacteur Contenus Sports») all’indirizzo:

job chiocciola wincomparator.com

Fammi sapere come va, se va e soprattutto… se ti pagano davvero!

😀