È questo il titolo che il fotografo Philip Toledano – londinese di nascita con studio a Manhattan – ha dato alla sua ultima esposizione. Queste le parole con cui la presenta sul sito:
I’m interested in what we define as beauty, when we choose to create it ourselves. Beauty has always been a currency, and now that we finally have the technological means to mint our own, what choices do we make?
Is beauty informed by contemporary culture? By history? Or is it defined by the surgeon’s hand? Can we identify physical trends that vary from decade to decade, or is beauty timeless? When we re-make ourselves, are we revealing our true character, or are we stripping away our very identity?
Perhaps we are creating a new kind of beauty. An amalgam of surgery, art, and popular culture? And if so, are the results the vanguard of human induced evolution?
Ma la ricerca estetica di cui parla Toledano sconfina con l’esposizione di fenomeni da baraccone. Perfettamente coerente con lo stile di questo fotografo, abituato a simulare chissà quali riflessioni estetiche intorno a quelle che mi paiono solo provocazioni furbe (vedi anche Hope and Fear), patinate e non originali.
Sulla non originalità: è dall’inizio degli anni 90 che Orlan espone il suo corpo chirurgicamente modificato come un’opera d’arte.
Il problema è che la comunicazione di massa abbocca e rilancia. Non a caso il servizio era sull’ultimo numero di D di Repubblica (n. 684, p. 140). In questo senso è utile aggiungere la riflessione su queste immagini alla quella di Lorella Zanardo su Il corpo delle donne (e degli uomini, e del transgender), perché mi pare l’ennesimo “sdoganamento” della chirurgia plastica, presentata – stavolta – come arte e ricerca estetica.
Ecco alcune foto (clic per ingrandire). Trovi le altre QUI.
Gina
Justin
Yvette
Steve