Oggi si terranno manifestazioni, sit in, eventi in oltre 50 città italiane: tutti per protestare contro la mancanza di parità di genere e chiedere soluzioni ai problemi delle donne italiane. Mentre mi chiedo quanto risalto mediatico otterranno – vedi Dieci cose da ricordare quando si scende in piazza – faccio una rapida ricognizione sul modo più diffuso di festeggiare l’8 marzo in Italia, quello che da una ventina d’anni invade centinaia di discoteche, pub, ristopub, discodinner o come si vogliono chiamare: la cena fra amiche con striptease maschile.
Prima osservazione: l’immaginario costruito attorno a queste serate è smaccatamente maschile. Talmente maschile da essere gay.
Seconda osservazione: riti come questi hanno sicuramente contribuito a sedimentare, negli anni, l’illusione che la parità fra uomini e donne sia stata del tutto raggiunta e che le italiane siano autonome, spregiudicate, emancipate. Se si divertono a partecipare a uno strip maschile, vorrà dire che sono proprio come gli uomini, no?
Illusione che sono innanzi tutto le donne a coltivare e difendere: vanno alla festina con strip, mettono una banconota da cinque euro negli slip dello strip-man di turno, ridono come matte fra loro, toccano lo spogliarellista, si fanno toccare e c’è pure chi va oltre, se se lo può permettere. Col che dimenticano, per una sera, di essere pagate meno del collega di pari grado, di non aver mai fatto carriera, di non avere figli perché l’asilo costa troppo o non c’è, di avere un marito che, al contrario, fa sempre tutto quello che gli pare e piace.
Non ho nulla contro questo modo di festeggiare, beninteso: ognuna è libera di divertirsi come crede. E in una società realmente paritetica (Islanda, Finlandia, Svezia e così via) tutto ciò avrebbe un altro senso. Ma in Italia?
Bologna:
Formigine, Modena:
Milano:
Napoli:
Catania:
C’è però anche una componente sessuale. Spesso lo strip non è fine a se stesso. E in questo forse (ma posso ovviamente sbagliare) è più importante l’appagamento individuale di quello sociale. Cioè non si cerca necessariamente un’immagine di parità sessuale (“possiamo farlo anche noi donne…”), ma soprattutto un semplice, disilluso piacere: “lo faccio io”.
E le feste di addio al nubilato, stesso stile, dove le mettiamo?
Sparo a caso, vediamo se ci prendo:
In Italia gli strip maschili ci sono solo l’8 marzo o su ordinazione per gli addii al nubilato.
Nei paesi dove la distinzione di genere è un problema minore o assente, gli strip maschili ci sono tutto l’anno.
Certo che fare una cosa perché la fanno gli altri (in questo caso i maschi) e non perché interessa è tristissimo, di una tristezza cosmica totale.
A me fanno una gran tristezza tutto l’anno!…tristezza cosmica per l’appunto.
Condivido pienamente il tuo pensiero e notavo una cosa “imbarazzante”
nella locandina di Milano, il logo della Regione e del Comune…
Che tristezza le serate dell’8 marzo con strip tease! E che tristezza gli addii al nubilato (in generale, non solo quelli con gli spogliarellisti)… Hai ragione, Giovanna, quando dici che l’immaginario intorno a queste serate è pienamente maschile e quasi gay. A me pare che non ci sia niente di eccitante in queste serate e che il tutto sia solo imbarazzante, ma forse lo dico per partito preso, visto che non ci sono mai stata.
Se potessi, però, andrei alla serata di Catania. La locandina è esilarante e vedere tutti assieme quei tamarri palestrati che se la cantano e se la suonano credo potrebbe essere un gran colpo all’autostima delle donne!
A tutti: attenzione a non cadere nel moralismo, per favore. E nello snobismo dell’«io mi diverto in modi migliori e ben più alti»!
Non era questo che intendevo. Tant’è vero che ho precisato che, in contesti sociali di effettiva parità fra i generi, in contesti sociali in cui ci sia davvero varietà di offerta anche nei divertimenti serali, se ci sono donne che si divertono con un gadget sessuale maschile, che male c’è?
Ovviamente sono ben consapevole della componente sessuale di queste serate, Yahis. Infatti ho detto che chi se lo può permettere economicamente va oltre e paga per la prestazione sessuale.
Ma il tema è: queste forme di ritualità “paritaria” – spesso fintamente, perché sotto sotto l’aggressività maschile di queste serate resta ben marcata e anche esplicita, fatevi un giro qualche volta e vedrete – in Italia hanno avuto la funzione di mascherare una reale e durissima disparità fra i generi. Questo intendevo. Non scagliarmi moralisticamente contro i divertimenti sessuali di molte italiane.
Ammesso che divertimenti lo siano, naturalmente, perché in un contesto impari come quello italiano, quante delle partecipanti sono davvero allegre e consapevoli come vogliono raccontare a loro stesse e alle loro amiche?
Dunque – io sono naturalmente d’accordo. Ma constato anche che le persone che festeggiano in questo modo, non utilizzano la festa in senso politico, non hanno in genere alcuna consapevolezza della questione – e vivono l’otto marzo in maniera diversa da quella per cui è intesa da me e da te. Per loro l’otto marzo è una cosa in cui l’asimmetria maschio femmina permane – anche nei ruoli sessuali anche negli stilemi di corteggiamento, ecco perchè si divertono ribaltandoli con la storia – trashissima ma io sono una snobbona – della banconota della mutanna dell’omone. Se a queste donne parli della manifestazione l’altra – inorridiscono – fidete.
Sono di poi sempre perplessa sulla sicumera con cui distingui tra immaginario gayo e immaginario femminile. Mi chiedo se dietro questa sicurezza non ci sia un modo a tua volta conservatore di concepire i ruoli di genere e certe sfmature delle relazioni tra i generi. Ma voglio dirti una cosa: il mio prof e diciamo ghost coach Herr Batman è un accademico gayo et anco parecchio decorativo: ma tu ci hai idea delle torme di studentesse che ci vanno pazze? Che fanno cose buffissime pur di essere iscritte nel suo raggio di sguardo? Lo dicono eh 🙂
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Ciao Giovanna, condivido sia il post, sia, soprattutto, il tuo commento delle 12:39, che riporta “in topic”.
Penso a questo: un universo simbolico che dedichi un giorno alla donna, presuppone un universo simbolico diverso (erede del passato) che, per differenza, alla donna ha legato limitazioni od oggettivazioni dis-simili dall’uomo. Prescindo in questo commento dalla storia e mi limito al mondo sincronico del simbolo 2011 dell’8 marzo. Svincolo dalla storia, perché si è persa, per lo più, l’orgine e quindi il significato storico della ricorrenza. E perché, invece, se ne è enfatizzato, ogni anno a venire, l’elemento sociologico: 8 marzo come connotato di tanti temi legati alla donna, che si fondono in un unico elemento comune: la simulazione di in-differenza con l’uomo, un carnevale che rovescia i luoghi comuni (delle parti) e che, come si fa con ogni rovesciamento, tende ad esaltarli (nella differenza) ancora di più. La ‘festa della donna’ è una festa. Ok. Si festeggia. Carnevalescamente. Il ruolo della donna, in questa festa, poco c’entra. Il fenomeno con cui si manifesta la festa (perdona il bisticcio) non va confuso con il significato o simbolo con cui tale festa è originata, diacronicamente, nella storia. Non possiamo, credo, operare confronti. Oggi, oltre la storia, la festa della donna è “maschera” o “finzione” di un operare passato che non si trova più nell’8 marzo. Ma è presente, invece, ogni giorno dell’anno, quando tutte le donne e gli uomini, gli esseri umani, per dire, lavorano e creano al massimo della loro umanità. Non sento di dover festeggiare la donna, simbolicamente, con una mimosa. O con uno strip. Piuttosto la donna è il me di ogni giorno, e il me di ogni giorno è “la donna”, anche se con tutte le diversità che la fisiologia e la biologia ci hanno donato. Non potrò mai dire che la donna è uguale all’uomo, perché non è così. Ma sono certo, certissimo che la donna è l’uomo e l’uomo è la donna nel vivere quotidiano, cooperativo e comune di ogni giornata che non sia di carnevale. O che non sia l’8 marzo.
Ragazzi, sono una Paperella sconcertata!
Un ragazzo che faceva danza con me un giorno è tornato, si è steso a terra per riposarsi, e si è rialzato con una smorfia di dolore. Quando si è tolto la maglietta aveva la schiena a brandelli: sembrava uscito dalle zampe di una tigre, con segni inequivocabili di unghiate lunghissime.
Quando gli ho chiesto cosa aveva fatto mi ha risposto: ” Uno strip, come al solito…..ma ieri era l’8 Marzo: non lo farò mai più!”. Non lo ha fatto più in nessun giorno dell’anno, ma quando lo baccavo a guardarmi le unghie, che in genere tengo lunghe, era vagamente verdastro.
Lascio a voi i commenti.
zaub: perché dici «sicumera»? Mi sento talmente lontana dalla «sicumera», che davvero non colgo il tuo punto. E un po’ ci resto pure male. 😦
Conservatrice? A me? 🙂
Mah, guarda: magari i conservatori conservassero come conservo io… 😉
L’immaginario gay comprende immagini come quelle. Non solo quelle, d’accordo, ma anche. Lo sa chiunque abbia un po’ di amici gay, ma basta farsi un giro per siti gay per averne conferma.
Che poi quel tipo di immagini piaccia anche a molte donne secondo te dovrebbe impedirmi di chiamarlo «immaginario gay»? Cambio nome per non offendere le donne a cui piacciono quelle immagini? Ma credo anche loro converranno sul fatto che gli piacciono gli stessi stereotipi visivi che piacciono a certi gay. Insisto sul “certi”, perché il mondo gay è mooolto vario e per esempio quelli che amano il genere d’uomo che definiscono “bear” sono ben lontani da questo tipo di immaginario.
Ma tu vuoi dire che non sarei rispettosa nei confronti di quelle certe donne che hanno gli stessi gusti di certi gay? Non sto scherzando, voglio capire.
Ferma stoooop aaaalt 🙂
Sicumera era leggero – sbagliai! Certezza Sicurezza? Il tono del post mi è riuscito storto Giovanna – ero pacificamente interlocutoria come stato d’animo e leggendo mi spiace che non sia risultato. Perdonami!Ma lo so che non sei conservatora in genere! Era una cosa diciamo provocatoria tra persone che ragionano nello stesso orto concettuale.
2. Io che te sei rispettosettima lo so bene – forse pure più di me. E sono assolutamente d’accordo pure della derivazione omosessa dell’immaginario in questione – o quanto meno del fatto che quelle immagini sono frequenti in quei contesti. O in certi gruppi di quei contesti. Solo che appunto per me c’è una sovrapposizione di immaginario. E’ che leggendoti – mi arriva un po’ il messaggio per cui come dire questo immaginario soggettivo di certe donne che si sovrappone a quello di certi omosessuali sia disconosciuto come autentico e sia percepito come passivo, come imposto – come se esse aderissero a una zuppa cucinata non per loro. Il che mi ha fatto pensare a come i ruoli di genere sono pensati in relazione agli orientamenti sessuali. Per cui la posa narcisa paperella è O da femmina O da maschio omosessuale, perchè alla donna tout court nun po’ interessare un uomo che non sia Denim Mask! Il cretino che non deve chiedere mai. Invece penso che i costumi, persino quelli psicologici cambino. Ecco il senso del mio intervento.
Non so se questo era il tuo messaggio -. forse no- ma era con questa eco che discutevo.
Ma affettuosamente Dio fraintendista!
Grazie per questo post e per la successiva precisazione. Stavo riflettendo, come molti immagino, su come venga effettivamente vissuto e percepito questo giorno. E’ secondo me bello poter anche “giocare” con i ruoli, avere una dimensione leggera, frivola(?), in cui si scherza e semplicemente ci si fa una risata come si suol dire. Ma tutto questo come dici probabilmente avrebbe un senso e un peso diversi se fossimo altrove, mentre qui mi pare questa leggerezza di modi rifletta solo infinita mancanza di consapevolezza da parte delle donne stesse. Per questo poi mi viene da dire: che ti ridI? Non c’è nulla da ridere perché non ho bisogno di una data sul calendario e le vetrine gialle dei negozi per ricordarmi cosa posso o non posso fare, chi sono. In questo modo la cena fra amiche, lo spogliarello diventano solo una conferma dello stereotipo, dico scherzando al marito ah ah stasera ti lascio solo e vado a festeggiare, ma c’è davvero qualcosa da festeggiare? Mi fa pensare “l’orgoglio femminile” risvegliato solo per questo giorno con la canzone Siamo Donne urlata dalla cucina dove poi di fatto si continua a stare non per vera scelta ma perché, appunto, siamo donne. Si festeggia ma poi si rimane con un pugno di mosche, si ostenta un’emancipazione sessuale che è in realtà stracolma di tabù e il più delle volte si sente il bisogno di rendere l’ atto di libertà sessuale un simbolo, forse un modo per chiedere alla collettività una sua legittimazione. Così scelte di piacere e libertà vengono caricate di un senso di rivalsa che le appesantiscono e ne snaturano il senso. E anche le responsabilità in questo modo vengono scaricate altrove.
la mia osservazione invece e’ nella direzione opposta: non tanto il fatto che si scelga questo modo di festeggiare l’otto marzo, ma il fatto che questi party ci siano solo in concomitanza con l’otto marzo. Questo per me diminuisce il valore della giornata. In UK dove vivo questo tipo di party e’ molto comune, tipo per le feste di addio al nubilato eccetera, di conseguenza non ha un legame a filo doppio con l’otto marzo. Puo’ essere che alcuni/e festeggino l’otto marzo in questo modo, ma non avendo una connotazione specifica, come il panettone a natale, non fa ‘notizia’, non e’ la prima cosa che ti viene in mente alla voce “evento per l’otto marzo”, ecco.
Penso che ogni donna l’otto marzo se lo vive come vuole, se vuoi farti la pizzata con le amiche e guardarti uno strip, e pagare pure un prostituto fallo basta che sia tra adulti consenzienti…certo per me la prostituzione rimane una cosa triste a prescindere dal sesso dei suoi clienti come ho detto più volte, ma vabbè.
Se questi “riti” in Italia servano a dare l’illusione della parità, non lo so..sarò ingenuo, ma non capisco per quale motivo una donna che si diverte davanti ad uno strip maschile non possa essere ugualmente consapevole e interessata ai problemi delle donne sul lavoro.
Sul grado di consapevolezza delle donne italiane che si divertono così preferisco non pronunciarmi, dare giudizi sulla consapevolezza delle persone adulte specie in una materia delicatissima come il l’eros e il sesso è sempre pericoloso e io preferisco evitarlo…mi attengo al “tutto è lecito tra adulti consenzienti” e di là non mi schiodo
buon otto marzo a tutte, a quelle a cui piacciono gli strip come a quelle che manco morte ci andrebbero.
per me, la festa della donnità inizia il 9 marzo e finisce il 7 marzo dell’anno successivo. oggi lo lascio a chi ne ha ancora bisogno. gli spogliarellisti, i venditori delle mimossse e dei cioccolatini related, e chi pensa che le donne siano un ruolo (come, chessò, i nonni, gli innamorati, le mammeppapà, i vigili del fuoco) e non uno dei tanti generi.
detto questo, serenità e pace a chi festeggia, oggi. io la sciarpa bianca è un po’ che la porto…:-)
L’unica Festa della Donna che mi ricordo è quella dove c’era Rocco Siffredi come Guest Star e un balletto-strip dei California Dream Men. E mi ricordo che erano tutti unti. Preferisco una bella cena a base di vino e chiacchere perfide tra donne, l’olio è molto difficile da tirare via dai vestiti…e poi mi fanno invidia gli spogliarellisti! Tutti lisci e abbronzati! Grrrr!
Buon 8 Marzo a TUTTE!
😀
Tuttavia l’8 marzo non nasce come festa della donna in quanto tale – scusate il bisticcio linguistico – non nasce per festeggiare le donne quali che siano. L’otto marzo è stato – fino alla nascita del primo femminismo – una festa di classe: una festa delle donne di sinistra, impegnate in politica. Non sto rimpiangendo i tempi che furono, ci mancherebbe altro -) tuttavia negli slittamenti semantici di una data si perdono dei concetti e se ne acquistano altri. Anche andare a cena fuori con le amiche non è grande parità se il resto dell’anno puoi uscire solo accompagnata, non trovate?
Quel che dice Barbara è vero, l’otto marzo nasce come una festa del movimento operaio quindi ha un preciso senso politico che però io penso possa essere posseduto anche da chi esce a cena con le amiche per vedersi lo strip (ripeto: forse sono ingenuo)…cosa che comunque credo si possa fare anche dopo l’otto marzo..e comunque ognuno faccia quel che crede.
che vergooooogna, ma non si vergognano ad andare a vedere fabrizio corona all’età di 45 anni suonati magari? Maah.
Quasi quasi ci scrivo un post pure io.
Ma perchè mai dovrebbero vergognarsi?? Commettono qualche reato? Ma non scherziamo, per favore!
Comunque devo dire una cosa che mi sta qua: come mai nessuno si interroga sul “grado di consapevolezza” di un Franco Trentalance o di un California Dream Man? Ma perchè ad essere oggetto di dibattito e di giudizio sono sempre e solo le scelte delle donne sia che si spoglino davanti ad un pubblico maschile (ma pure femminile, alle lesbiche non piacciono gli strip?) sia che invece si spoglino solo in privato gratis, sia che vogliano andare a vedere un uomo che si spoglia..insomma non possono decidere di fare niente senza che qualcuno non si senta in dovere di chiedersi, ma saranno consapevoli? Oppure sono delle povere fesse che non sanno cosa vogliono? E si fa sempre e solo con le donne…non mi sembra giusto..se fossero le mie decisioni ad essere continuamente sotto esame in questo modo credo che mi incazzerei e non poco.
Concordo, la festa della donna è solo l’illusione di una parità inesistente, anzi, a volte non c’è manco questa.
Basta pensare ai volantini dei locali dove a grandi lettere leggi frasi come:
“per una notte sei tu la regina”
“divertiti per una notte”
“la notte in cui le donne osano”
e simili, correlate da immagini come quelle di qui sopra.
Cito a memoria, mi pento di non aver mai conservato nulla, perché più chiaro di così si muore: esci con le amiche, divertiti, fai la “scema”, guarda lo spogliarello, tocca, ubriacati, ma solo per una notte. Perché poi ciccia. Serate “per te” non ce ne stanno più (salvo, appunto, qualche addio al nubilato).
E questo concetto è ben inculcato nelle teste di amici e conoscenti che vengono da te a darti gli auguri e a chiederti:
– ma tu dove festeggi?
– a dire il vero non penso di uscire…
– ma come? è la feste delle donne, organizzano gli spogliarelli apposta per voi! approfittane!
In alcuni contesti, poi, ci sono donne che per organizzare un’uscita al femminile, lontane da mariti e fidanzati, aspettano solo l’8 marzo. È un loro diritto, dicono, uscire e divertirsi in questa serata, “esagerare un po’”.
Il diritto di un giorno, perché in tutti gli altri giorni “uomo può e donna non può”. Nel mio paesino le cose stavano così.
Nella città dove abito adesso no, però i volantini con le scritte “per una notte tocca a te” li vedo ugualmente in strada.
Ma infatti Donatella, la critica che sarebbe opportuno fare è: perchè proprio l’otto marzo e perchè soltanto una sera.
E qui mi taccio perchè non voglio essere accusato di monopolizzare la discussione. Ciao.
Concordo con Donatella che esprime molto di ciò che intendessi dire. O forse sono io che evidentemente mi sono imbattutta in una serie (ma quante però!) di donne che cadono nella rete del “solo l’8 marzo”. Ora ovviamente le esigenze di sintesi portano anche in questi commenti a formulare frasi che sembrano un po’ delle generalizzazioni, non era mia intenzione. L’uscita “a far le sceme”, lo stip, vanno benissimo (o meglio, non c’è un bene o male, siamo liberi) ma a tutti costi l’8 marzo? Come dice Barbara la data nasce con un altro senso, poi va bene anche aggiungerci altro, ma, personalmente non condivido completamente (sarà che il maschio lustro lustro e senza peli non mi piace, vabbè). Una cosa sola ancora, il mio non è per carità un giudizio è solo un mio modo di vedere, e la consapevolezza secondo me è importante (vale anche per gli uomini, ma qui si stava parlando di donne). Il che non significa stare tutto il tempo, a ogni singhiozzo che si fa a chiedersi il perché e il per come, ma avere di fondo un senso di ciò che si sta facendo, anche quando si fanno cose senza senso.
@Paolo
L’Otto marzo perché, in tempi assai recenti, quando il femminismo cosiddetto storico sembrò ritirarsi, la data è diventata una sorta di San Valentino delle femmine. Vai, hai un giorno l’anno per essere come il resto del mondo e poi a cuccia e a casa (sto di molto semplificando). A titolo personale credo che ciascuna si gestisce come vuole.
A tutti e tutte, di nuovo: per favore, niente moralismi e snobismi nei confronti di questa pratica, come ho già detto almeno un paio di volte nei commenti. Il punto è un altro, grazie…
Per me il punto è proprio quello toccato da Donatella:
“In alcuni contesti, poi, ci sono donne che per organizzare un’uscita al femminile, lontane da mariti e fidanzati, aspettano solo l’8 marzo. È un loro diritto, dicono, uscire e divertirsi in questa serata, “esagerare un po’”.”
Strip a parte, l’idea molto diffusa dell’8 marzo come unico giorno di libertà in cui si possono ribaltare un po’ i ruoli di genere, mi dà molto dispiacere.
Oddio onestamente io non sono fatta per questo genere di serate, ma non sono così sicura che chi vi partecipa lo faccia per trarre una sorta di appagamento dal fatto che si comporta come un uomo, ne che perchè per una sera all’anno assume un certo atteggiamento, si dimentichi della sua condizione sociale. è un’opinione eh, poi magari sbaglio.
Se parlassimo invece delle locandine? Probabilmente mi sarà fatto notare che questa propone uno stereotipo maschile omosessuale, ma a me la serata a Modena non dispiace. Anche dal punto di vista comunicativo, di sicuro si fa notare tra le altre.
Gentile professoressa:
niente moralismi, niente moralismi, niente moralismi, niente moralismi: va benissimo! Perchè condannare queste povere donne ringalluzzite dallo stare in gruppo e i loro gridolini alla vista dei soliti addominali scolpiti che vediamo ovunque ormai ? Perchè condannare gli uomini sbavanti che vanno a vedere gli spogliarelli ? Perchè biasimare donne e uomini che pagano per fare sesso (pensiamo al turismo maschile a Cuba ed a quello femminile in Giamaica) ?
Perchè c’è di meglio. Perchè non sono IL male, ma esiste un modo migliore per soddisfare certe esigenze o certi desideri. Poi, certo, in mancanza di queste fortune, vanno benissimo !
Insomma, mi sento di affermare che non è vero che non c’è NIENTE di male; qualcosa c’è, benchè non crolli il mondo (morale)! Che sia libero il porno, che sia libera la prostituzione, ma, per fuggire dal bacchettonismo, non scadiamo nella neutralità o nella sospensione del giudizio.
Se vedo un film porno per eccitarmi di fronte ad una donna bella e disinibita non mi sento un delinquente, ma neanche un santo. So che si tratta di una debolezza, so che sto assistendo ad un esempio di relazione sessuale anaffettiva, banalizzata, spesso maschilista e degradante (per entrambi).
Ammetto tutto questo; ma non credo di meritare di essere travolto e sbattuto dalle bufere del cerchio dei lussuriosi ! 🙂
Non sono proprio un fan del porno, ma so che donne come Annie Sprinkle ed Erika Lust hanno reinventato il porno in maniera interessante.
Poi certo che ci siano modi migliori è indubbio: fare sesso con chi ti attrae (non che ci si debba per forza amare, ma perlomeno un’attrazione fisica ci deve essere) è meglio che farlo con chi ti paga. Vedere una scena di sesso in un film d’autore, in una commedia romantica, in una soap o in una serie tv di qualità è meglio che vederla in un porno, e infine fare sesso è meglio che vederlo.
Questo è un Paese intriso di cultura cattolica, anche chi è ateo non può prescinderne quindi fa bene Cosenza a mettere in guardia dal moralismo quando si parla di sesso…quindi io anche a costo di essere considerato neutrale, io preferisco sospendere il giudizio sui divertimenti sessuali di persone consenzienti.
So che si tratta di una debolezza, so che sto assistendo ad un esempio di relazione sessuale anaffettiva, banalizzata, spesso maschilista e degradante (per entrambi).
Penso che in questa frase ci sia molta verità. Penso che il prodursi come modello (perché nella tv, nella carta stampata e nella pubblicità, oramai tutto questo da vita a modelli) di relazioni sessuali senza affettività non sia immediatamente una proposizione giocosa del sesso, ma di una proposizione mercificata dei corpi che fanno sesso. Ma senza arrivare a porre una contiguità necessaria fra sesso e affettività, limitiamoci pure a guardare da vicino e a misurare il grado di rispetto che le relazioni sessuali proposte come modelli sono in grado di mostrare. A me sembra molto poco, troppo poco. Rispetto reciproco e, soprattutto, rispetto verso le donne. Scarsissimo. Reazioni”banalizzate, maschiliste e degradanti”, appunto.
Penso che al pari dei videogiochi o dei reality dove la vita umana non ha più quasi valore, dove le emozioni sono controllate artificialmente (suscitate o abbattute a comando, per suggestioni progressive, intermittenti, in ogni caso ad arte) tutto questo induca un effetto anestetizzante sulle coscienze e, poi, sui sentimenti, proprio perché martellando (da parte di videogiochi, reality, porno, etc.) sull’idea che non c’è niente di male, si martella indirettamente quanto efficacemente su cosa, invece, ci può essere di bello a comportarsi secondo una normalità indotta. Ma le persone stanno male, la depressione è in crescita soprattutto in quelle fasce di popolazione che non ha molti strumenti per difendersi, come i bambini, gli anziani, le donne ricacciate in casa dalla disoccupazione. E la depressione, si sa, è prodotta principalmente dalla mancanza di relazioni, una mancanza incoraggiata dall’attingimento immediato delle emozioni attraverso i media che forniscono veri e propri pacchetti di sentire progettati in laboratorio.
Quindi sono d’accordo: non è vero che non c’è niente di male in tutto questo, al contrario facciamo persino fatica a rendercene conto, con l’accusa di moralismo in agguato. Ma stiamo attenti, cerchiamo di capire da chi viene questa subdola accusa e qual è il suo vero obiettivo.
Ciao Giovanna,
in riferimento a “in una società realmente paritetica (Islanda, Finlandia, Svezia e così via) tutto ciò avrebbe un altro senso”, ho una domanda: ma in quei paesi e’ festeggiato? Qui in Olanda no, ma al punto che le mie colleghe non ne conoscevano l’esistenza. Quando ho chiesto alla collega tedesca pure lei mi ha liquidato “Nooo, in Germany we are emancipated, we don’t need it”. Allora ieri ho dato un’occhio a wikipedia: ha una forte tradizione in tutto l’est come “festa socialista”, al punto che in molti peasi e’ festa nazionale. Nessun cenno ai paesi nordici/scandinavi.
Se scopriamo che in tutte le societa’ paritetiche non e’ festeggiato, forse c’e’ da riflettere…
Notare che l’Olanda e’ un caso interessante, perche’ l’egualitarismo sociale e’ un cardine della loro cultura, con relativo welfare. Ma tutto cio’ si e’ sviluppato al di fuori della tradizione socialista (= “sovietica” per intenderci). Qui l’8 marzo non trova un senso perche’ e’ una societa’ paritetica in un paese fuori dalla sfera di influenza (ex) sovietica, mi spiego?
Scusa Giovanna, non c’entra tanto con questo particolare post, ma oggi sul Forum della Rodotà (Corriere delle sera) compare un messaggio, per me troppo bello, di una certa Rosaria:
“Diciamoci la verita’: servirebbero di piu’ le quote azzurre nei ranghi di chi cucina, lava i piatti e stira le camicie. Il posto da boss preferirei conquistarmelo per conto mio.”
Forse non vale come argomento, ma come battuta (sperando che non sia vecchia) non è niente male. 🙂
Penso che se invece di limitarsi a condannare videogiochi e pornografia si provasse ad affrontare quell’immaginario e si provasse a sfruttarlo in senso liberatorio, a vedere come lo si può usare in maniera nuova non per cancellare ciò che già c’è ma per creare qualcosa di diverso, sarebbe meglio
Poi che i bambini piccoli vanno tenuti lontano dal porno e secondo me pure dai videogiochi, su questo sono d’accordo.
Invece io penso che con la scusa di sfruttare in senso liberatorio alcuni videogiochi, si anestetizzino le piccole coscienze nei confornti delle uccisioni, ad esempio.
Diciamo che è anche una cosa tipica italiana trattare la festa delle donne come fosse una cosa commerciale e illudere alle donne che guardare uno strip significa essere emancipate.
Secondo me nel nostro paese tutto ciò si ha un altro significato perchè tende ad allontanare dalla triste verità: che purtroppo la condizione femminile italiana è critica, ma molto.
Altra tendenza invece è quella di bollare come puttane le donne che vanno agli strip e anche questo mi sembra classico di un Paese che mercifica solo le donne in tv e dappertutto, lo stesso che poi non tollera che le donne vadano agli spogliarelli, forse eprchè essendo troppo radicata l’idea della donna-oggetto promossa da tv, pubblicità eccecc…magari ivene difficile immaginare che le donne possano essere soggetto attivo (e con pulsioni sessuali).
Penso che bisognerebbe spiegare a quegli uomini che loro gli strip li vedono ogni giorno in tv mentre le donne solo una volta all’anno.
Concludo col dire che l’8 marzo non è una festa ma una commemorazione e si dovrebbe parlare di come combattere la violenza anzichè andare agli strip. Per andare gli strip usiamo gli altri 364 giorni, sarebbe meglio e meno ipocrita no?
Ma forse questo agli uomini non va bene e preferiscono mandarci agl ispogliarelli una volta all’anno perchè si sa alla festa delle donne è tutto permesso e poi ritorniamo ad essere schiave 😦
Appunto, francesca dice tutto, negli altri paesi non la festeggiano..
Quoto anche l’utente numero 3.
Io cmq ad uno strip ci sono andata qualche anno fa l’8 marzo e conobbi anche lo spogliarellista portandomelo pure a letto (non mi vergogno a dirlo). allora nn ci facevo tanto caso ma ora che sono più consapevole che la parità è ben altra penso che era una cosa deludente perchè mi da l’impressione di ipocrisia tipica italiana.
Se ti sei divertita con lo spogliarellista non hai nulla di cui sentirti in colpa, comunque ora l’otto marzo è passato, puoi andare ad uno strip senza problemi (cioè non riesco a credere che davvero ci siano solo l’otto marzo e poi più nulla). e quando dici “gli uomini” posso sapere a chi ti riferisci perchè io non ho nessun problema con le donne che hanno desideri sessuali, poi c’è tv e tv perchè io vedo pure fior di fiction e pure soap dove le donne sono soggetto desiderante e desiderato e non solo questo: ci sono donne, medico avvocato, soldato, giudice, presidente degli Stati Uniti, donne buffe, donne serie, donne simpatiche, antipatiche, sexy, ironiche, fragili, forti, buone, cattive, dolci, meno dolci, etero, gay, bianche nere asiatiche, donne che salvano o vengono salvate e vedo la stessa varietà nei personaggi maschili
@donatella, infatti ho detto che terrei i bambini piccoli lontano dai videogiochi, ma forse non mi spiego.
Paolo, ti spieghi benissimo.
Solo un’ultima cosa, Francesca stavo facendo una riflessione simile alla tua, grazie, io sono a Francoforte dove effettivamente non si è visto e sentituto nulla… interessante direi…
@Francesca
l’otto marzo nasce come festa nel movimento operaio ma ben prima della rivoluzione d’Ottobre. Nasce negli Stati Uniti dove, tra fine Ottocento e inizio Novecento – esisteva un fortissimo “fermento” legato ai sindacati, ai movimenti anarchici e ad altre correnti socialiste minoritarie in Europa. La storia del movimento operaio olandese e, più in generale dei paesi scandinavi, è particolare e molto complessa. In più decisamente OT.
@barbara
Certo barbara, conosco la storia dell’8 marzo. Pensavo si capisse la semplificazione dicendo “socialista = sovietica per intenderci”. Da tempo gli Stati Uniti non sono un paese che uno associa all’idea di paese con forte tradizione socialista. Ma e’ stata una semplificazione, chiedo venia.
Il mio punto era: certo nasce come festa socialista, ma come e’ stato piu’ volte sottolineato nella discussione, molte italiane neanche lo sanno, o almeno non e’ la valenza prioritaria che attribuiscono a questo giorno. Ora l’8 marzo e’ festa ufficiale in Russia, Cina, Vietnam, Armenia, Kazakistan, Cuba e in tutti paesi del blocco dell ex Urss. E’ chiaro che in certi paesi la valenza socialista e’ preponderante.
In Olanda l’egualitarismo si e’ sviluppato per ragioni socio-economiche che in parte esulano dal storia del movimento socialista, tanto che il forte egualitarismo olandese riesce a coniugarsi con la monarchia. Dunque non c’e’ una tradizione socialista cosi’ forte e hai una societa’ piuttosto paritetica, ecco perche’ l’8 marzo interessa poco.
@ Francesca, spero Giovanna ci perdoni questo clamoroso OT. L’Olanda è stata così a lungo un paese socialdemocratico che ne hanno interiorizzato le pratiche persino i non socialdemocratici. E’ ovvio che in contesto simile l’Otto marzo non è più un momento topico – né come festa né come ricorrenza d’appartenenza politica.
Ciao Barbara,
Mi sa che stiamo dicendo la stessa cosa sai 🙂 L’unica differenza e’ che io non lo trovo cosi’ ovvio, ma anzi un interessante spunto di riflessione… forse anche per Mary e Anna D. Non siamo state poi cosi’ OT dai 😉 e’ Giovanna che ha messo la pulce nell’orecchio con le ultime righe del suo post.
A proposito dell’otto marzo (International Women’s Day) non direi che si tratta di un uso solamente italiano e dei paesi exsocialdemocratici, visto che è ufficialmente celebrato dall’EIGE (European Institut for Gender Equality, nuova agenzia dell’UE) e ne ricorrerebbe addirittura il centenario (nessuno se ne è accorto, peraltro).
http://www.eige.europa.eu/eige-marks-100-years-international-womens-day
Lo stesso Istituto ricorda le 100 ineguaglianze di genere che ancora rimangono
http://www.eige.europa.eu/100-international-womens-day-100-inequalities-remain
Ciao Mara,
…mi sa che hai mischiato un po’ il discorso geografico con quello sulle valenze: nella discussione nessuno ha affermato che esiste solo in Italia e in paesi exsocialdemocratici. Il punto era che nell’8 marzo convergono due valenze: parita’ di genere e festa socialista. Alcuni paesi mettono l’accento piu’ sull’una, altri piu’ sull’altra. Io mi chiedevo in un paese dove la parita’ di genere e’ realta’ e dove non c’e’ tradizione socialista, che valenza assume? In Olanda nessuna, infatti non e’ celebrato. Tutto qua 🙂
Quando parlo di tradizione socialista taglio il salame a fette grosse, per farmi capire con un altro esempio potrei dire che in Olanda non e’ festeggiato neanche il 1 maggio…