Un tempo, parlare di bellezza in politica era tipico della destra. Una destra, fra l’altro, della peggiore specie: pensa al culto della bellezza che avevano il nazismo (l’ariano era bello, gli ebrei e gli zingari brutti) e il fascismo («A cercar la bella morte», andavano i balilla).
Poi nel 1996 Veltroni pubblicò «La bella politica». E cominciò a parlare delle «belle cose» che accadevano a sinistra, mentre la bruttezza stava tutta a destra. In bocca a Veltroni, la bellezza divenne un passepartout banalizzante, assieme alla «semplicità» e alla «solarità». Ricordo che nel 2008 Veltroni riusciva a definire «semplici, solari e belle» le manifestazioni di piazza prima ancora che avvenissero (vedi Una manifestazione semplice e solare).
Una volta congelato il veltronismo (temporaneamente?), la bellezza è finita in bocca a Nichi Vendola, che concluse il suo discorso al primo congresso di SEL, nell’ottobre 2010, addirittura con un «elogio della bellezza».
E non poteva mancare Matteo Renzi, che queste tendenze le acchiappa subito:
La fame di bellezza come cifra della scommessa politica su un diverso modo di partecipare, su un diverso modo di vivere l’impegno pubblico a Firenze e altrove, su un diverso modo di stare assieme come comunità: un popolo, non un ammasso indistinto di gente (dal blog di Matteo Renzi «A viso aperto», vedi il post Fame di bellezza).
Infine ci si è messo anche il candidato sindaco del Pd a Bologna, Virginio Merola, che ha intitolato una parte del suo programma, quella sulla mobilità e il trasporto pubblico: «Il “progetto bellezza” per la Bologna del futuro».
Ma perché penso che la sinistra debba smetterla, con la bellezza?
Innanzi tutto perché la destra non ha mai smesso di farvi appello: da Berlusconi, che dice sempre di volersi circondare di «belle ragazze», «bei giovani» e definì Obama «giovane, bello e abbronzato» a Sandro Bondi, che ci ha persino scritto un libro: «La rivoluzione interiore per una politica della bellezza».
Dunque invocare la bellezza implica richiamare il frame degli avversari, giocare sul loro terreno. Il che in comunicazione è sempre perdente.
Ma il problema principale è che la bellezza è relativa: ciò che è bello per me, non lo è per un altro; ciò che è bello in un certo momento storico, non lo è dieci o vent’anni dopo, un secolo dopo. E in quanto relativa, la bellezza è anche autoritaria, antidemocratica: poiché non si può fare, ogni volta, una votazione per decidere quale azione politica/legge/programmazione cittadina è bella e quale no, sarà per forza il leader (e il partito) al potere a deciderlo. Ma alle cose e persone che il leader non considera belle cosa accade? Demolizione? Esclusione sociale?
Infine, il senso comune ha ormai interiorizzato un’idea di bellezza per cui i belli sono coloro che hanno soldi e potere, sono i vincenti. E allora come fa un leader di sinistra a parlare di bellezza senza apparire elitario, snob, lontano dai problemi dei meno abbienti, di quelli che non hanno il vestito giusto, il taglio di capelli giusto, il trucco giusto, non hanno una bella casa, una bella macchina, non possiedono begli oggetti – nel senso di bello che intende il leader, non importa che sia quello consumistico berlusconiano o quello pseudo-intellettuale della sinistra – solo perché non possono permettersi queste cose?
Perciò vi prego, cari leader di sinistra: non parlate più di bellezza.
Leggendo questa nota la prima domanda che mi faccio è: La tesi che invocare la bellezza sia di destra è una provocazione o un’affermazione?
Nel primo caso potete evitare di leggere quello che segue, nel secondo caso aiutatemi a fare qualche riflessione.
Partiamo dalla condivisione del significato di bellezza, vorrei dire classica.
Secondo me, e spero che qualcuno condivida, il concetto di bellezza classica comprende in se armonia, visione piacevole, sensazione di ordine. Questi concetti, per traslato, sono stati anche applicabili a concetti astratti, a proposizioni politiche ed in uno a modi di vivere.
Per lungo tempo si è concepita la destra come luogo della conservazione, della immutabilità di concetti ed idee, di vecchio….., e di converso si è definita la sinistra come innovazione, spinta in avanti, promozione di ideali.
In tempi passati c’è stata la contrapposizione tra la cravatta classica ed il mega papillon che accomunava poeti, pittori e uomini nuovi.
Ovviamente con il tempo c’è stata una estremizzazione dei concetti e da una parte ci sono stati stivaloni e divise e dall’altra una liberalizzazione di idee e costumi che si estrinsecavano anche in una assoluta mancanza di regole anche nel vestire.
Ma il tempo passa, smussa gli spigoli e forse ci si è resi conto che “genio e sregolatezza” servono solo “pour epater les bourgeois”.
Al contrario di quello che normalmente si pensa, è stata proprio la sinistra di base che si è mostrata più conservatrice ed ha interpretato la correttezza del vestire come tradimento degli ideali (ricordate gli anatemi sulle scarpe inglesi di d’Alema). L’elogio della bellezza non era esplicito, ma la ricerca di ordine era implicito: anche Togliatti, pur nei suoi abiti di taglio soovietico, appariva con la cravatta.
Solo negli ultimissimi tempi Bersani cerca di tornare allo stile scamiciato, ma si vede che ha tolto giacca e cravatta 5 minuti prima.
Per concludere io penso che il mondo stia indirizzandosi sempre più verso un ordinato sviluppo che passa anche per un elogio della bellezza: forse c’è ancora qualcuno che pensa che brutto e trasandato sia di sinistra!
Non sono tanto d’accordo con Giovanna.
1, per scherzo. Sono più i brutti (come Hitler e Veltroni) a essere ossessionati dalla bellezza. Le belle e i belli – come Giovanna e me – preferiscono glissare elegantemente. 🙂
2. I criteri di bellezza variano sì culturalmente, ma hanno una base oggettiva, biologica (la selezione sessuale – dei maschi da parte delle femmine e viceversa – su cui Darwin insisteva e che i sociobiologi hanno rilanciato.)
3. Destra e sinistra storicamente sono entrate nella grande controversia filosofica e scientifica natura/cultura.
La destra ha parteggiato, in modo orrendamente sbagliato, per la natura (biologia, genetica). Dentro a questo, per la bellezza del corpo.
La sinistra per la cultura (marxismo, antropologia culturale, sociologia). Dentro a questo, per la bontà altruistica, alimentata dall’educazione.
Nella controversia scientifica, la biologia non è certo il carro perdente. La sinistra farà meglio a riagganciarsi, prima di estinguersi. Anche ai fondamenti biologici della bellezza e della bontà.
4, politicamente principale. Oggi in Italia le scelte prioritarie non sono tanto di sinistra o di destra: la valorizzazione del merito, al posto dei privilegi corporativi e di genere; l’efficienza dello Stato; la legalità. Magari anche la bellezza, in qualcuno dei suoi molti aspetti.
Bioetica, natura, cultura, biologia sono concetti e sapienze diverse che, penso, non possano essere discusse, confrontate e giudicate in contrapposizione.
Allo stesso modo, politicamente, efficienza dello stato, legalità, merito, privilegi corporativi sono aspetti diversi, anche se non tutti positivi, del “Contratto sociale” che deve guidare il vivere in comune.
Ovviamente ciascuno di questi aspetti può essere interpretato in modo leggermete diverso da Destra e da Sinistra.
Tornando alla Bellezza, io penso che sia uan caratteristica che uomini, animali e cose devono avere per essere gradevoli a uomini, animali e cose, quindi deve prescindere da Destra o Sinistra.
Ma io sono antico …..e di destra?
Sono d’accordo, Attilio A. Romita, che contrapporre biologia e cultura sia generalmente sbagliato – a prescindere da certi pessimi usi della biologia e della cultura, che pure ci sono stati.
Ma, piaccia o no, storicamente destra e sinistra si sono contrapposte abbastanza su questo. E’ pur vero che 150, o 100, o ancora 50 anni fa, c’erano buone ragioni che ora non sono più tali, grazie al progresso delle conoscenze e all’esperienza storica.
I temi che ho menzionato – merito, efficienza statale, legalità – sono trasversali rispetto a destra e sinistra. Ma ci sono invece altri temi in cui la differenza fra destra e sinistra è abbastanza netta.
Non capisco, infine, in che senso i privilegi corporativi rientrino nel “Contratto sociale che deve guidare il vivere in comune.”
Mi dispiace ma non sono d’accordo. La bellezza di cui parla Merola è un concetto semplice e popolare, che nel linguaggio delle persone “normali” o meglio dei semplici cittadini, signifca una città curata, accogliente, pulita, piacevole, vivibile…nulla di più e nulla di meno…non c’è dietro nessun valore etico o estetico, nessuna velleità vendoliana…che questa sia una priorità per Bologna è palese, direi quasi ovvio,ed è ancora una questione irrisolta, della quale chi si candida ad amministrare la cosa pubblica deve farsi carico…possiamo infilarci in affascinanti diquisizioni semiotiche, linguistiche, storiche ecc. basta che non ci portino troppo lontano dalla vita reale…
Torno alla bellezza!
ma che c’è di male a essere belli.
Colui che sappiamo, sfavorito dalla natura, non può certo abbellirsi a colpi di cerone, e neppure circondandosi di fanciulle in fiore, che caso mai danno per contrasto più risalto a quel che è , basso, degradato e pregresso.
E comunque la bellezza non è di destra né di sinistra!
Un fiore nel pieno splendore, la primavera, il cielo stellato sono forse di sinistra?
Ad esempio dicono che io sia bellissima (ehm..)
Eppure non sono di destra di sicuro.
Ho letto un romanzo di fantascienza in cui nel finale il Creatore in persona veniva a giustificarsi delle tante pecche insite nella sua creazione. Diceva:”Questo mondo era solo una prova…”
Cioè: i belli sarebbero quindi la bella copia.
Il problema è che i politici a destra e a sinistra invocano quello che non hanno, che gli manca, e che potrebbe tirare su gli animi con l’illusione. In un paese come il nostro, sempre attento alle apparenze, con un patrimonio di beni culturali infinito (o quasi) è utile appellarsi alla bellezza, qualunque essa sia. Allora l’ignorante che crederà alle parole di Berlusconi si soffermerà sulla bellezza fisica, mentre le elites, la gente più istruita, tra cui i letterati di altri tempi (che non sono da meno dei politici di altri tempi, in quanto a ricambio generazionale delle poltrone) si appelleranno alla bellezza degli ideali, proponendo la vecchia, noiosa posticcia retorica politica in un mondo che non ha bisogno di loro, e che di bello non ha proprio nulla.
In effetti nemmeno io sono molto d’accordo.
Il fatto che a forza di usare un concetto ci sia il rischio di abusarne e svilirlo è verissimo. Però dire che sarebbe meglio evitare di parlare di bellezza perché a) è un argomento della destra e b) la sua interpretazione comune la abbina a soldi e potere mi lascia perplesso. Non dico che non sia così, anzi, è proprio vero, ma nel momento in cui si cerca di dare un significato diverso a un termine ampio come bellezza, si rimane davvero dentro il frame dell’avversario o si cerca di modificarlo, questo frame, di riappropriarsi di una parola per mutarne la percezione simbolica.
Specifico che sto pensando in particolare a Vendola, anche perché della comunicazione di Veltroni e Renzi non so molto. Pensiamo a un altro termine dell’armamentario della destra, sicurezza: se un partito di sinistra attaccasse cartelli del tipo “la giunta di destra *** non fa nulla contro gli immigrati” cadrebbe sì nel frame degli avversari, ma non perché parla di sicurezza, ma perché ne parla riprendendo paro paro gli argomenti e gli slogan della parte opposta. Dire “siamo belli perché abbiamo tanti difetti” o simili trasmette la stessa concezione di bellezza del pensiero berlusconiano?
Certo, non è che perché qualche migliaio di persone guarda su YouTube Vendola allora la concezione diffusa di bellezza cambia all’improvviso. Ma allora il problema sta nella sproporzione di forze tra gli apparati comunicativi, più che nel contenuto dei messaggi. Ma se le cose stanno così, l’alternativa è tra usare le parole degli avversari e cadere nel loro frame e non usarle, e lasciare che esse si identifichino sempre più con la parte avversa? In altre parole, l’unica possibilità è la sconfitta?
Secondo me, per quanto riguarda il discorso di Vendola, lui intendeva frapporre al concetto di bellezza usato dalla destra cioè la bellezza dell’apparire (come quando Berlusconi dice che le candidate di destra sono belle, riferendosi sempre solo alle donne), un concetto di bellezza diverso; forse possiamo dire la bellezza dell’essere, come quando dice che “la bellezza è nello sguardo di un bambino”. Berlusconi, come le sue televisioni, ha sempre portato avanti un concetto di bellezza puramente estetica in cui le persone devono adeguarsi a certi canoni. E ciò è proprio alla cultura di destra. Personalmente ho sempre avuto un concetto di bellezza relativo alla sincerità con cui si esprime se stessi, cioè una persona è bella nella sua unicità esprimendo la propria personalità e non cercando di assomigliare a qualcuno altro o a un certo modello.
In politica, secondo me invece conta molto la differenza fra la bellezza “dei soldi e del potere” di destra e la bellezza come dici tu “pseudo-intellettuale” o come direi io “intellettuale” di sinistra; la prima è una bellezza vuota incentrata sulle cose che si hanno o sul modo di apparire mentre la seconda dovrebbe andare a coltivare l’animo delle persone, la loro cultura e quindi la loro emancipazione. E’ un differenza sostanziale. Poi forse la differenza fra destra e sinistra si è talmente assottigliata che è difficile fare distinzioni fra gli attuali schieramenti. Penso che oramai si votino più le persone che i partiti. Per me è difficile fare un discorso che accomuni persone come Veltroni e Vendola anche se sono entrambi di sinistra, in teoria.
Leggendo Skeight, capisco meglio il senso dell’intervento di Giovanna, e correggo il tiro.
L’uso che fanno Veltroni e Vendola del termine ‘bellezza’ è in effetti puramente retorico e poco utile, ai fini di una sinistra al passo col mondo – ma Vendola è interessato a essere al passo col mondo?
Diverso mi sembra l’uso che ne fanno Renzi e Merola, che si riferiscono a monumenti, arredi urbani e iniziative artistiche. Qui il termine ‘bellezza’ ha senso, e non ha una connotazione né di destra né di sinistra.
Può essere importante per l’Italia, per le ragioni ricordate da claire_lemmon.
Il ragionamento di Giovanna Cosenza lo capisco in parte però penso che specie riguardo alla tutela dell’ambiente e del nostro patrimonio storico e artistico e paesaggistico, un politico di sinistra debba assolutamente parlare di bellezza.
Devo una prima risposta a BEN (5 o 6 post sopra).
Con “Contratto sociale” volevo riassumere tutto quell’insieme di regole, abitudini, pensieri, che guidano, oltre le leggi, alla base del comportamento civile delle persone libere.
Riguardo ai privilegi corporativi 2 precisazioni. Corporazione e lobby hanno assunto nell’accezione italiana delle parole un significato deteriore che le omologa quasi alle parole mafia, camorra etc., mentre la loro accezione naturale è quella di gruppi di persone che, nell’ambito della legge, praticano una identità simile. Un esempio forse banale: io devo scegliere una persona per un incarico ed ho davanti: un nemico, un indifferente, un amico, un fratello, un figlio; “a quasi” parità di valore, inteso in tutti i sensi, chi pensate che io scelga? è questa una scelta corporativa? la scelta può essere vista come un privilegio corporativo?
Tra questo post ed il precedente di BEN c’è stato uno scatenarsi di note nelle quali sono stati miscelati vari elementi soprattutto tarati politicamente e questo, in un discorso che vuole essere parascientifico, indica ancora una volta la quasi incapacità di discutere su concetti astratti prescindendo ….da Berlusconi -vecchio, brutto e cattivo – e da Vendola -giovane, bello e, soprattutto, veramente di sinistra (,ma sarà poi vero?).
Cara Giovanna,
il tuo post di oggi è acuto e raffinatissimo, peccato che molti amici che ti leggono non l’hanno capito 😦
Condivido quasi in toto l’analisi di Giovanna. Tra estetica ed etica le donne e gli uomini di “buona volontà” dovrebbero preoccuparsi principalmente della seconda. Anche la natura darwiniana della bellezza mi interessa poco. Ciò che ci distingue dagli animali è proprio la capacità di privilegiare ciò che è giusto rispetto a ciò che piace.
Parlo di “buona volontà” non a caso perchè la ritengo una discriminante più interessante del concetto di destra e sinistra. Non è un caso che nuovi statement della sinistra in italia siano dati per scontati dalla destra liberale del nordeuropa. I diritti civili dell’individuo, la libertà di scelta, di fede, di genere sono di destra o di sinistra? Sono qualità “umanistiche”. Al contrario quando sento parlare di bellezza mi vengono i brividi. E’ un passo indietro storico e culturale. E’ un’arroccamento verso qualcosa di indiscutibile, che non dipende dall’agire dell’uomo bensì da presunte caratteristiche immanenti. Oramai impigrito e stanco, italiano sembra farsi forza di una “bellezza” intrinseca nell’italianità, qualcosa che non ha costruito con il proprio lavoro ma che sembra possedere per una dote innata. E’ un argomento retorico che funziona bene in un paese dove ti presenti ad un meeting e stanno a vedere che camicia ti sei messo e non quello che dici. La saggezza popolare ogni tanto c’azzecca: l’apparenza inganna.
Ciao Giovanna,
condivido parte del tuo post che ritengo molto interessante, ma secondo me è importante sottolineare due cose fondamentali.
La prima consiste nel come la destra e la sinistra abbiano interpretato il concetto di bellezza. Storicamente parlando la destra è stata molto più esplicita: culto della forza, arianesimo, estetica dell’uomo e della donna fino ad arrivare ai già citati atteggiamenti pidiellini e perchè no, anche leghisti.
La sinistra dal canto suo ha avuto un atteggiamento meno dichiarato, sebbene molto marcato. Ne sono un esempio la bellezza che viene data ai partigiani, belli come degli eroi, che guevara elevato a vero sex symbol della sinistra. Ma anche l’abbigliamento «da sessantottino», la kefia, le barbe lunghe da uomo colto o da ribelle etc..
La seconda osservazione che faccio riguarda il tuo concetto espresso del “giocare sullo stesso terreno”. Non c’è niente di mare a competere sullo stesso campo anzi, sarebbe vincente SE si adottasse una tattica diversa declinando la bellezza in un modo più convincente.
Di sicuro la “bellezza” della destra è mille volte meglio della “bellezza” invocata dalla sinistra…
@Attilio A. Romita
D’accordo, la difesa dei propri interessi da parte di classi sociali, categorie, corporazioni e lobbies è lecita e fisiologica, in una società aperta. Non nego affatto questo.
Dico invece che in Italia ci sono troppi privilegi di classe, corporazione, genere, ecc.. Scarsa parità di opportunità e conseguente scarsa mobilità sociale. A danno dei meno abbienti, dei giovani e delle donne. Quindi specialmente delle giovani donne meno abbienti, che anche per questo sono tentate da sogni da veline.
Ridurre drasticamente questi privilegi è una delle priorità, anche per rilanciare l’economia, che dovrebbe piacere ai progressisti come ai liberisti. Ma per ora prevalgono i conservatori, di destra e di sinistra.
Che fra l’altro preferiscono, in questo dò ragione a Giovanna, cianciare a vuoto di bellezza. (Mi riferisco a Veltroni, Vendola e Berlusconi. Non a Renzi e Merola, che ne hanno parlato più sensatamente.)
Decisamente OT, ma questo post di Giovanna (con il quale tra parentesi concordo) mi ha provocato un cortocircuito mentale: in sanscrito per bellezza e potere si usa lo stesso termine, Shakti (शक्ति). Interessante, no? E se fosse per questo che il potere è così interessato alla bellezza? Si, ok, magari non c’entra nulla, ma gli etimi sono così interessanti che non si può fare a meno di rifletterci.
Dall’esame di tutti i post che precedono mi viene spontanea una riflessione che “Dipietrescamente” potrebbe essere espressa con : ma che c’azzecca la bellezza con la politica!
Secondo me la bellezza è un concetto estetico e la politica è legata all’etica.
La bellezza è una caratteristica intrinseca di un “qualcosa” o è una qualità relativa quando è attribuita per libera scelta.
La politica è un insieme di idee e comportamenti normalmente etici o che dovrebbero essere etici.
Per questi due concetti non esiste il principio di esclusione ed un politico può essere bello ed ignorante o brutto e capacissimo.
Sicuramente un bell’aspetto può facilitare inizialmente l’approccio ad altre persone, ma ben presto eventuali “nodi vengono al pettine.”
La nostra amica Giovanna ha lanciato un tema e, secondo me, molti sono andati fuori tema buttando tutto eccessivamente in politica.
Non esistono concetti assoluti. La bellezza, come la verità, la giustizia… sono sempre concetti relativi che cambiano a seconda del punto di vista. Ogni partito, e ogni persona, avrà il proprio modo di interpretarli. C’è da chiedersi solo se c’è qualcosa di sbagliato nel fare appello al proprio modo di concepire la bellezza. Personalmente, non ci vedo niente di male. Anzi lo trovo un tema molto attuale. Come dice Skeight, è un modo per cambiare la concezione più diffusa di bellezza.
“Non esistono concetti assoluti. La bellezza, come la verità, la giustizia… sono sempre concetti relativi che cambiano a seconda del punto di vista.”
Vabbe’, ma rispondi onestamente:
E’ più bello Robert De Niro o Roberto Maroni? (scusi Maroni 🙂 )
E’ più vero che la terra gira intorno al sole o che il sole gira intorno alla terra?
E’ più giusto lapidare una coppia di omosessuali o lasciarli vivere in pace?
Bellezza, verità e giustizia sono in parte relative, ma non del tutto relative.
(Forse volevi intendere quello che ho appena detto. Però saperlo.)
Anche il concetto di relativo è ……relativo!
Come dice il famoso detto napoletano: “anche o’ scarafone è bello a mamma sua!”.
La famosa Venere del Botticelli è, appunto, botticelliana!
E’ più bella Monica Schiffer o Monica Bellucci?
C’è chi preferisce la bellezza di Dustin Hoffman chi quella di De Niro.
Un rasta è bello….c’è chi lo pensa!
Però qui mi sembra che si discutesse su un altro tipo di argomento: la bellezza, pur nelle sue mille declinazioni, ha un valore politico e, se sì, come deve essere interpretato.
Proporrei alla nostra ospite Giovanna di splittare l’argomento in due parti, la prima relativa al valore che in politica la bellezza fisica può assumere ed ai vantaggi che può apportare al partito che la prende a bandiera, il secondo relatico al concetto di bellezza nelle sua varie declinazioni nel tempo e nello spazio.
Questa divisione, secondo me, è necessaria per evitare una miscela confusionaria tra concetti a seconda che siano interpretati dal proprio punto di vista politico o dal proprio punto di vista estetico: ovviamente ambedue validi, ma che devono viaggiare su strade separate perchè devono rispondere ad esigenze diverse.
Alla fin fine, trovo che Giovanna in sostanza avesse ragione.
Mantengo il mio punto che non è impossibile parlare seriamente di bellezza in politica, anche senza essere di destra.
Però, tutto sommato, meglio lasciar perdere. Le cose importanti, oggi in Italia, c’entrano poco con la bellezza – turismo a parte.
E mi scuso per l’eccesso di post. 😦
“E’ più bello Robert De Niro o Roberto Maroni? (scusi Maroni )
E’ più vero che la terra gira intorno al sole o che il sole gira intorno alla terra?
E’ più giusto lapidare una coppia di omosessuali o lasciarli vivere in pace?”
1.Per la moglie di Maroni, magari è più bello Maroni. Per qualcun’altro potrebbero essere belli o brutti entrambi.
2.Quando parlavo di verità, non mi riferivo alla scienza ma ai rapporti umani. Poi volendo anche alcune teorie scientifiche possono essere confutate. Alcune cose che riteniamo false oggi le reputavamo vere ieri. Inoltre, la teoria della relatività è un concetto scientifico.
3.E’ per questo che esistono le leggi, le carte dei diritti universali dell’uomo, ecc… Per stabilire cosa è giusto o meno, facendolo diventare lecito o meno. Sarebbe bello se tutti pensassero che lapidare degli omosessuali è sbagliato, ma se qualcuno lo fa vuol dire che non tutti la pensano così. E purtroppo anche persone “colte” giustificano cose come la violenza sugli omosessuali o lo stupro (vedi tanti esponenti della Chiesa).
Il modo in cui si intende la bellezza può avere un valore politico. Se, ad esempio, la destra sostiene che “bellezza=potere e soldi” la sinistra potrebbe cercare di reinterpretare il concetto di bellezza della destra appropriandosene e dandogli un significato diverso. Se una forza politica candida le persone in base alla “bellezza fisica” (argomento attualissimo), un’altra parte politica può contrapporre a questa scelta un concetto di bellezza differente – la bravura non è bellezza? Per me sì. Tutto sta a seconda di qual è il proprio concetto di bellezza.
ok, simonsiren, le cose non sono così semplici come le mie tre domande suggerivano. La mia argomentazione dovrebbe essere molto più articolata. Volevo almeno insinuare un dubbio.
Simonsiren, dici: «Il modo in cui si intende la bellezza può avere un valore politico. Se, ad esempio, la destra sostiene che “bellezza=potere e soldi” la sinistra potrebbe cercare di reinterpretare il concetto di bellezza della destra appropriandosene e dandogli un significato diverso. Se una forza politica candida le persone in base alla “bellezza fisica” (argomento attualissimo), un’altra parte politica può contrapporre a questa scelta un concetto di bellezza differente – la bravura non è bellezza? Per me sì. Tutto sta a seconda di qual è il proprio concetto di bellezza.»
No, mi spiace. Se la sinistra fa così, meglio che usi un altro concetto. Altrimenti due sono i casi: o decide di lavorare su un nuovo concetto di bellezza per i prossimi 100 anni, in modo da cambiare il senso comune (un lavoretto da niente, eh?), o in alternativa si limita a usare – ancora una volta – il frame dell’avversario, che è per giunta rinforzato da tutti i mezzi di comunicazione di massa. Ma non perché «Berlusconi detiene i mezzi di comunicazione di massa». Ma semplicemente perché in Italia ed Europa la destra detiene – da decenni prima di Berlusconi – il concetto di bellezza. Cambiandolo, di volta in volta, a seconda di come cambia nel senso comune. Col che, credo di aver risposto anche a Skeight.
La bellezza ha in sé qualcosa di oggettivo? Vi invito a leggere – e a studiarvi attentamente tutte le immagini di – Storia della bellezza di Umberto Eco:
http://www.unilibro.it/find_buy/Scheda/libreria/autore-non_specificato/sku-12024475/storia_della_bellezza_.htm
Che per giunta si limita alla tradizione europea (ed è estato anche criticato per questo).
Poi, per completezza, studiatevi la Storia della bruttezza, sempre di Eco:
http://bompiani.rcslibri.corriere.it/libro/6528_storia_della_bruttezza_eco.html
Con grandissima attenzione per le immagini, ancora una volta.
Dopo di che, tornate qui e cercate ancora di dimostrarmi che usare il concetto di bellezza in politica, da parte di un leader che si voglia di sinistra, non implica per forza due strade:
(1) o il vuoto pneumatico, per cui il leader finge di dire qualcosa (facendo comunque appello al senso comune di bellezza, attenzione, che è consumistico-berlusconiano) senza di fatto dire nulla;
(2) o una forma di autoritarismo, per cui il leader decide – lui e il suo partito, più qualche consulente scelto… come scelto? – in nome di un suo «più alto» e «colto» concetto di bellezza cosa è bello e cosa non lo è, escludendo o sanzionando il resto.
Il che vale, attenzione, anche se si applica la bellezza alla pianificazione cittadina, caro Matteo. Prendi per esempio la sbandierata convinzione con cui si «ripuliscono» i muri dai graffiti…. «perché sono brutti» (e anche sporchi e cattivi).
Ma sono proprio brutti? Tutti… brutti? Come mai, invece, alcuni graffitisti bolognesi hanno fatto il giro del mondo e sono artisti riconosciuti?
Mentre invece sarebbero «belle» (oltre che utili e funzionali…ehm) le pensiline per il Civis che infestano via Marconi e via Irnerio a Bologna?
Cara Giovanna, rispetto alle tue riflessioni sull’uso della “bellezza” nella comunicazione dei leader nazionali posso essere d’accordo, anche se non mi addentro in analisi approndite.
Per quanto riguarda la città e Bologna, per dimostrare la mia tesi non citerò Umberto Eco ma una un’esperienza concreta: via Lombardia, via Udine 3 muri alti 10 metri in mattoni rossi … tre autori: Blu, Erica il Cane, Dado … tre committenti Virginio Merola (ex pres q.re Savena), Virginia Gieri (ex pres q.re Savena), Matteo Lepore (ex consgiliere Cultura q.re Savena).
Un caso concreto di arte pubblica, sostenuto dall’amministrazione comunale per dare ad un luogo una nuova centralità. Nell’edificio risiedono la Scuola di Pace del q.re, la Scuola di Teatro Galante Garrone e altre associazioni. Dal alcuni anni ogni settimana si svolge anche il farmer market della zona.
Le immagini delle opere di Blu e di Erica il Cane sono state poi utilizzare per la comunicazione della rassegna sull’impengo civile e i diritti umani “Cose di questo mondo”.
Cose come queste, forse non da tutti possono essere considerte belle è vero, ma si sono fatte e si possono continuare a fare. Se entriamo nel merito delle questioni e ci caliamo nell’ordinario, a volte scopriamo che i “muri” non ci sono…
Matteo… ooooohhh. Perfetto: qui ti volevo. MI piacciono le azioni concrete che citi, davvero. Mi stanno benone.
Ma in che senso il concetto di «bellezza» può aiutare l’amministrazione a sostenere e spiegare queste azioni? Se Merola dice che le opere sono «belle» mentre certi graffiti nel centro storico vanno ripuliti perché brutti, troverà sempre cittadini che dicono che invece loro le trovano «brutte» e considerano un’imposizione (autoritaria!) il fatto di avercele piazzate. E troverà sempre graffitisti offesi perché le loro opere sui muri vengono considerate di serie B, rispetto a quelle di Blu e Erica il Cane. I quali graffitisti saranno pronti a etichettare l’operazione di Merola come un’operazione «da sceriffo», o perlomeno come una mossa da presuntuoso, che decide lui cosa è bello e cosa non lo è.
Non sarà forse meglio, dunque, evitare di etichettare qualcosa come «bello» e qualcos’altro come «brutto» e mettere in gioco altri tipi di opposizioni?
Ti ricordo che uno che si riempie la bocca di bellezza nelle sue operazioni politico-amministrative è Vittorio Sgarbi, con ben più approfondita (seppure opinabile) competenza in campo artistico, rispetto a quella che può vantare Virginio Merola (con tutto il rispetto per Merola). Vogliamo seguire l’esempio di Sgarbi? 🙂
Insomma, come fai a non essere d’accordo con me sul fatto che la sinistra farebbe bene a mollare il concetto di bellezza e punto? Usiamo altre categorie, ma quella no: è un boomerang. O una sciocchezza.
Per quanto riguarda Merola, ci vuole un attimo: basta cambiare titolo a un pezzo del suo programma. Senza nemmeno cambiare i contenuti. Basta togliere il titolo ed evitare la parolina nei discorsi. Et voilà, un giochetto da ragazzi. O ci tiene molto?
🙂
🙂 …
comprendo la tua argomentazione, ma Merola non dice che quel muro o quel graffito è bello e quell’altro no…semplicemente dice che l’effetto finale, l’emozione che la città deve provocare al passante, al cittadino, al turista è: wow quanto è bella Bologna!
è una questione di emozioni più che di gusto…aiutaci nel dirlo meglio, ma usiamo un “gergo” popolare che arrivi a tutti…
Per farti capire meglio cosa intendo…
Io credo che una città per esprimere una sua identità debba (anche) trasmettere emozioni…
quando uno cammina per le strade di NY, a brooklyn, non si emoziona perchè le strade sono come a Zurigo, ma perchè l’ambiente urbano è un unicum dato dalla sua complessità, dalla sua creatività a volte anche dal suo disordine e drammaticità…un quadro che a fianco del ponte di brooklyn è meraviglioso…
Certe zone di Bologna a volte trasmettono emozioni simili, ma non il centro storico…nel centro storico quegli stessi elementi comunicano emozioni negative…
Insomma la città per essere curata, va studiata, gestita, pianificata e anche lasciata un pò libera di respirare e generare autonomamente creatività …
…ma alla fine di tutto, a Zurigo, a Ny, a Bologna…l’essere umano medio commenterà sempre: wow quanto è bella questa città!
low profile ma il succo è questo
Mi spiace, ma penso che si continua “girare in tondo” su due argomenti abbastanza indipendenti: il concetto e la definizione di bello esaminati quasi scientificamente (vedi ECO) e l’uso del proprio concetto di bello quale fattore di promozione politica.
I due mondi talvolta si avvicinano casualmente, ma non possono condizionarsi a vicenda.
Il murales può essere bello o brutto, bello ed accettabile, bello e non accettabile se per es è steso su un monumento.
Un murales “politico” potrebbe essere anche definito tecnicamente bello, ma non sarà mai condiviso da chi non condivide quella idea politica.
Quando poi il murales si assume come momento di una espressione politica, non sarà mai accettato da chi non si riconosce in quella parte politica, ancorchè possa riconoscergli una certa qual bellezza estetica.
Una persona pulita, fisicamente pulita ancorchè vestita di stracci, è sempre accettabile qualunque siano le sue idee politiche (bellezza intrinseca).
Una persona sporca o che emana cattivi odori non è mai accettabile anche se tenta di propinarci una sua idea di anomala libertà.
Matteo: non è questione di low profile e farsi capire dalla gente. È questione di vuoto o boomerang, ripeto. Che devo aggiungere? Vi piace parlare di bellezza? Fatelo. Tanto, nel caso di Merola non è così cruciale (finora).
Sul tema specifico della bellezza della città, l’obiezione di Matteo regge.
Un amministratore, sentita qualche Soprintendenza, deve pur decidere se certe cose – arredi urbani, nuovi edifici – sono da promuovere o bocciare. Come può farlo senza ricorrere a qualche criterio estetico, ragionevolmente difendibile?
In base a quale criterio, Giovanna, scrivi che le pensiline del Civis “infestano” via Marconi?
Criteri del genere hanno un grande margine di opinabilità, certo. Ma non totale.
(La moglie di Maroni mi ha appena telefonato per dirmi che lei ama moltissimo suo marito, ma anche per lei De Niro è più bello. 🙂 )
Una riflessione sull’aggettivo “BELLO” e su altri aggettivi.
Avete notato che cambia completamente significato se anteposto o posposto al sostantivo?
Per es. Un bel politico o un politico bello, un buon uomo o un uomo buono, la bella vita o la vita bella, una struttura semplice o una semplice struttura, e così via.
Farsi belli.
La bellezza è un termine, credo, “sottile”: si percepisce, ci penetra, ci cambia quando ne veniamo a contatto.
E’ un’attrazione personalissima che noi riconosciamo di fronte alle cose che ci circondano nella nostra quotidianità.
Credo che per un politico sia fondamentale il concetto di bellezza, perchè è il punto che raccoglie tutti gli ideali di un uomo.
Nel senso che tutto quello in cui credo e per cui lotto è bello.
Tuttavia credo che la bellezza si debba rivelare da sola all’uomo, non essere rivelata.
Un politico, come chiunque altro, può e deve essere creatore di bellezza ma non la deve vendere.
Se il politico contribuisce a costruire una società più giusta, allora avrà già rivelato la bellezza in cui credeva.
spero di aver spiegato decentemente i miei pensieri.
“o una forma di autoritarismo, per cui il leader decide – lui e il suo partito, più qualche consulente scelto… come scelto? – in nome di un suo «più alto» e «colto» concetto di bellezza cosa è bello e cosa non lo è, escludendo o sanzionando il resto.”
Ma questo autoritarismo vale solo per la bellezza? Non vale anche per tutto il resto? Quando porto avanti delle idee sarà una mia scelta farlo con autoritarismo o no, ma in ogni caso alla fine escluderò delle cose per realizzarne altre.
Mi trovo molto d’accordo con Giglio Ladro quando dice che un politico deve essere creatore di bellezza creando una società più giusta. Ma forse questo concetto di bellezza non corrisponde al “senso comune” e cambiarlo è un lavoro lungimirante (100 anni, eh?^^i) che questa sinistra semplicemente non è capace di fare.
“La moglie di Maroni mi ha appena telefonato per dirmi che lei ama moltissimo suo marito, ma anche per lei De Niro è più bello.”
:D:D:D LOL
L’artista quando realizza un’opera segue un suo concetto estetico e simbolico, non urla <>, è l’osservatore che riconosce la bellezza in quello che vede.
Questa sua bellezza percepita è si influenzata dal “senso comune” ma è soprattutto parte di un perscorso esperenziale personalissimo.
Perciò il “senso comune” influenza il nostro concetto ma non lo distrugge.
Il fatto che la destra sia “portatrice” storica del senso comune del termine “bellezza” non pregiudica il lavorare su questo tema, anche se avrà il suo peso.
Non deve essere un deterrente per evitare di giocarcisi.
Il ribaltamento deve avvenire nel modo più invisibile, tenendo in tasca la propria bellezza ma non tirandola fuori per confrontarla con quella del vicino e far la gara chi ci ha preso di più.
Non si tratta di ribaltare un “senso comune” ma un atteggiamento.
Il resto verrà di conseguenza, credo….
p.s: vorrei segnalare l’ingiustizia che solo una persona può usare i grassetti in questo forum!(scerzo, ma sono così utili…)
quello che dice l’artista sopra…”venite a vedere quanto sono belle le mie opere”
Da qualche parte ho letto che la bellezza è l’unica qualità divina visibile sulla terra. Non è male come idea!
…..e quindi, essendo la bellezza una qualità divina amcorchè visibile, non è raggiungibile sulla terra.
Ed ancora non può essere associata alla politica che per definizione si associa alla polis, cioè la città di pietra in cui viviamo.
aggiungo!(mi si consenta)
Certo attilio, come qualità “divina” nel nostro mondo degradabile e rozzo la bellezza in sé è scarsamente raggiungibile non per qualche breve momento, l’espace d’un matin.
Ma la sua essenza no.
Sempre cerchiamo di strappare all’eternità un’essenza, magari in gocce.
Un’ opera d’arte, che sia una lirica o un brano musicale o una scultura o un dipinto ti dà proprio l’idea della bellezza estratta dal cuore della creazione.
Niente di male nel cercare di avvicinarsi a questo aspetto del divino anche se non sempre ci riusciamo bene!
P.S. Non vedo nessun contatto con la “politica”.