Dopo le polemiche sulla mutanda di capodanno, dopo il presunto «cambio di rotta» di quest’estate, che affidava la pubblicità a Francesco Alberoni, a metà settembre Yamamay annuncia un nuovo spot che finalmente dovrebbe testimoniare «la vicinanza con le donne vere e dare una immagine della femminilità che le rispetti in pieno». Protagonista dello spot è Isabella Ferrari, regista Paolo Sorrentino. Suspense. Passa qualche giorno ed eccolo: si intitola «Allo specchio».
Interno di lusso, camera da letto a notte fonda. Su un lettone in lontananza si intravedono un lui e una lei seminudi. Lei indossa solo un paio di slip neri, si alza, cammina verso la camera ancheggiando su décolleté nere a tacco alto, finché scopriamo che è Isabella Ferrari. Guarda in camera con occhio maliardo, si avvicina a un comò, prende un reggiseno bianco, indugia allo specchio, finisce per indossare un reggiseno nero. Infine esce in uno splendido giardino con piscina. Arriva anche lui, si guardano un attimo senza dire niente, e lei resta lì, a bordo piscina, a guardare l’acqua in solitudine, dove galleggia il reggiseno nero.
La presunta novità dello spot starebbe nel fatto che la Ferrari non è giovanissima e dichiara alla stampa di non essere ritoccata né con la chirurgia né con Photoshop. Dopo di che, sappiamo che ha un percorso da attrice «di sinistra» e «impegnata»: film con Nanni Moretti, teatro con Marco Travaglio e, last but not least, coinvolgimento neofemminista nel «Se non ora quando» di febbraio e luglio.
Ma tutto ciò nello spot non si vede: chi non sapesse nulla della biografia di Isabella Ferrari vedrebbe la solita donna seminuda e ancheggiante in un interno sontuoso. Tipo Charlize Theron nello spot J’adore per Christian Dior. Con l’aggiunta di uno sosta allo specchio.
Certo, si capisce anche dallo spot che l’attrice non è giovanissima; certo, la canzone ribadisce il valore dell’autenticità dicendo: «chiudo gli occhi, ti vorrei, non nei sogni ma così come sei». Ma di lì a considerare normale la situazione e il corpo che vediamo ne passa: tutto è patinato, rigido, ipertruccato.
Inoltre – ed è questa la cosa peggiore – per quanto il payoff conclusivo dica «Per chi si ama», nello spot non c’è amore, non c’è gioia, non c’è traccia di relazione fra l’uomo e la donna, che se ne stanno ognuno per conto suo, non si toccano mai e hanno l’aria triste. Insomma nello spot non c’è storia. C’è solo il solito, vecchio, rapporto solitario fra una donna – matura questa volta – e uno specchio.
E c’è la solita, morbosa, concentrazione di tutti – regista, attrice, giornalisti che la intervistano – sul suo corpo seminudo, autentico o ritoccato che sia. Tant’è vero che da destra già accusano la Ferrari di predicare bene e razzolare male: «una velina che si spoglia è nauseante, mentre se lo fa un’attrice reduce dal Palasharp e che magari legge Kant fino a notte fonda è arte», si legge sul Giornale di ieri.
Credo che Isabella Ferrari ci sia cascata in buona fede. Mentre credo che Yamamay abbia fatto il solito gioco: usare un corpo femminile e farlo stavolta in modo ambivalente, con firma d’autore, solo per sollevare un bel polverone attorno al marchio.
Parlino bene o male, purché parlino. E come sempre, ci rimettono le donne.
Vedo solo ora la pubblicità. Mi fa riflettere il titolo: “Per chi si ama” che credo voglia essere in contrasto con “Per chi lo fa per soldi”, o almeno questa è la sensazione e mi sembra il solito giochetto ipocrita, lo stesso per cui Alemanno a Roma ha fatto ritirare la pubblicità Fracomina. La pubblicità ultimamente sta strumentalizzando le nostre battaglie, l’amplificazione del dissenso. Potrebbe usarle bene, ovvero promuovere una comunicazione a meno stereotipi (inevitabili, in parte, in pubblicità perché devono velocemente rappresentare un intero mondo, un’intera fetta di target), potrebbe partire dalla rappresentazione della donna della realtà e invece sceglie sempre di patinare e – soprattutto – strumentalizza l’eco mediatica delle nostre battaglie, impoverendole e banalizzandole. Non mi interessa se la modella scelta è engagée, mi interessa che il messaggio veicolato non banalizzi e rispecchi la realtà. Detto questo, inevitabile per un reggiseno non mostrare nudità o parte di essa (o comunque accettabile, visto che è uno dei pochi casi in cui il corpo è il soggetto del prodotto), bellissima lei, ma niente di diverso da altre campagne. Fracomina ha fatto una scelta (a detta sua) “provocatoria” e ha finito, in modi differenti, per fare lo stesso percorso, speculando su un momento della nostra storia, senza accorgersi (o accorgendosi benissimo) che basta scrivere in un cartellone gigantesco che si è delle escort per normalizzarne il significato implicito, che per me è soprattutto il fatto che quello della escort non è un mestiere codificato o normato, e che in tempi di crisi farei molta attenzione a promuoverne uno che non solo si erge a modello culturale, ma anche è sinonimo di lavoro in nero, ecc.
Non c’è photoshop semplicemente perché nelle inquadrature di spalle non è lei.
Quoto. E’ veramente penoso questo tentativo di fare spot d’autore. Molto più divertente “la mutanda di capodanno” sulla quale le neo-fem si sono scatenate come ossessi; in questo spot invece c’è un che di plumbeo, asfittico, anti-gioioso, mortifero (direi “fascista” se non fosse che poi…). Un erotismo partorito da un paese puritano non può che essere un erotismo malato.
Innanzitutto dirò al solito una banalità, ma il fatto che in uno spot di biancheria intima femminile si mostri un corpo femminile mi pare coerente col prodotto pubblicizzato come è coerente che si punti sulla seduzione, che si tratti di Isabella Ferrari e non della solita modella (contro la quale non ho nulla, beninteso) mi pare sia comunque un dato interessante.
poi non vedo come si sarebbero potuti inserire accenni all’impegno politico dell’attrice..a me sarebbero parsi del tutto incongrui e probabilmente si sarebbe detto che Yamamay vuole strumentalizzare le istanze di Se non ora quando (forse qualcuno lo ha detto lo stesso…)
Nel complesso mi pare sia uno spot non volgare, dotato di una certa eleganza formale,, migliore di quello di Intimissimi,devo dire però che pure io dall’accoppiata Sorrentino-Ferrari mi aspettavo qualcosa in più: una storia, un accenno di trama, un eros meno freddo e patinato..insomma non male, ma potevano fare di meglio. Bella comunque la canzone
Stupidamente mi sono chiesto, da regista e sceneggiatore, come poter creare uno spot efficace per vendere intimo. Mi sono accorto di aver la testa invasa da memi di pubblicità inutili (le pubblicità italiane). In rete ci sono, credo, modelli di pubblicità più efficaci: http://www.youtube.com/watch?v=u1jCKuwDRcw&feature=related
Sono d’accordo col post. Che senso di solitudine mi ha trasmesso… Anche la canzone, unita alle immagini, dà l’idea di una poveretta sola e bisognosa (“Per un’ora d’amore non so cosa farei” è una frase che sentita in questo contesto triste mi fa pensare a una disgraziata che non ha amore). E’ anche vero che ho l’impressione che sia difficile che uno spot ci vada bene.
Trovo la tua analisi condivisibilissima, Giovanna.
Anzi, sono contento che qualcuno ne abbia scritto!
Quando ho letto che a breve sarebbe arrivata questa pubblicità ho subito nutrito qualche perplessità – senza nulla togliere alla Ferrari, che posso anche apprezzare nel suo lavoro, ma non mi sembra certo la figura femminile più indicata per testimoniare “la vicinanza con le donne vere”, “una immagine della femminilità che le rispetti in pieno”.
Lei è UN tipo di donna adulta, matura, ma di sicuro un modello che rappresenti la minoranza delle italiane 50enni – sbaglio?
Ma mi chiedo: è così difficile prendere una donna dalla strada, con rughe, labbra non rifatte, natiche un po’ sformatelle che non siano due meloncini, tette un po’ scese e farle fare la pubblicità?
Dico idiozie, secondo te?
c’è qualcosa di malsano in questo offrire comemrcialmente la vecchiaia o la grassezza (vedi Vogue Curvy) sottolineando il fatto che a fatica potrebbe essere considerata normalità. Le parole che la ragazzina legge sono scritte da qualcuno che sta facendo gli affari delal ditta, non da qualcuno che cerca di fare informazione (magari critica???)
non puntano su una modella ma puntano su una testimonial. Il fatto che ci possa essere una double per le riprese di spalle è possibile.
Esatto. Oltre a quotare Cosenza quoto anche Michele Vigorita. Siamo devastati da questa idea di rappresentare l’erotismo “ad ogni costo” (frase reazionaria di Vasco) al punto tale da rappresentarlo in maniera sempre più annichilente. Basta! Lasciate l’erotismo ai popoli che non l’hanno ridotto a costrizione fascista. Lasciate che gli italiani ritrovino il contatto con il proprio Sé.
X Michele Vigorita
in effetti la seduttività gioiosa di queste ragazze è molto più “vera” di quella dello spot Yamamay e sopratutto non c’è niente di patinato: mi pare semplice ed efficace..e sopratutto comunica allegria
Bravissima Giovanna, mai visto spot più ansiogeno.
Concordo con la prima parte del commento di Paolo1984, e cioè che il connubio “donna seminuda – lingerie” ha una coerenza, a differenza di pubblicità dove il corpo femminile è usato per vendere cose che non c’entrano niente, dalle riviste ai biscotti. Tuttavia, questa osservazione vale più come risposta alla polemica del Giornale (che ovviamente tenta di gabellare il movimento contro lo sfruttamento del corpo femminile come un movimento contro nudo, erotismo e qualsiasi emanazione della sfera sessuale; come un movimento bigotto, insomma) che non per le critiche alla pubblicità in quanto tale, che anche io trovo molto finta, a partire dall’ambientazione così lussuosa da sembrare veramente fuori dal mondo.
Ho riguardato lo spot con più calma, e continuo a non vedere gli elementi evidenziati anche qui, semmai il contrario… Io vedo un trucco leggero, un’immagine disinvolta e non patinata, a parte i movimenti al rallenty. E’ vero che nello spot non c’è amore né relazione, ma non c’è neppure oggettivazione se non quella narcisistica: così interpreterei l’ambiguità del payoff e della canzone… “Chi si ama” (del “per chi si ama”) è la donna stessa, sia soggetto che oggetto, è lei che ama anzitutto sé stessa e come tale viene presentata, infatti i tratti seduttivi dei suoi atteggiamenti mi paiono secondari… Il che mi pare un enorme passo avanti, anche se certamente incompleto e imperfetto perché poco padroneggiato dagli autori, rispetto agli spot dei push-up di Intimissimi o delle solite donne nude che ancheggiano in interni sontuosi… Non so, ma ai miei occhi tra questo spot e quello di Dior con Charlize Teron c’è un mezzo abisso.
Proprio ieri sera con mio marito si commentava lo spot visto epr caso in TV, come orrendo. Mai avremmo sospettato che era addirittura di Sorrentino!.A entrambi è venuto in mente Tinto Brass. L’impressione era proprio di cosa fatta con buone intenzioni (o insomma tenendo conto di certi argomenti e polemiche) ma malriuscita: anche l’idea di buttare a mare, o meglio, in piscina, il reggiseno, avrebbe pure un che di femminista, però questo erotismo trito da villone-piscinone-giardinone rende tutto così convenzionale…
Ora la Ferrari sarà pure impegnata e “de sinistra”, ma per capire questo spot bisogna ripensare alle sue origini: a 15 anni ancheggiava maliarda dagli studi di “Non è la Rai” e a 16 anni si è fidanzata con Gianni Boncompagni. Ora è semplicemente tornata alle origini. Nulla di male, sia chiaro: basta saperlo.
Sono d’accordo con Michele Vigorita. Anch’io pensavo ad altri modi di fare pubblicità dell’intimo e mi rendevo conto di non averne in testa nemmeno uno che non fosse sexy-fatalona-ammiccante.
Nello spot mi pare che alla Ferrari manchi l’ombelico.
Poi vorrei segnalare che la ditta oltre a questo spot ha indetto un contest per teen (o tardo teen) che ha come madrina Chiara Ferragni. Il contest (Yamamay-you are the queen) chiede alle ragazze di raccontarsi con parole, foto, video. Ho dato un’occhiata superficiale ad alcuni profili, la maggior parte posta moltissime foto, pochi video. I testi stanno -per lo più- nello schema sono una ragazza carina-solare-allegra, vorrei tanto vincere il premio (un weekend con la Ferragni) votatemi- grazie.
Quoto praticamente tutti oggi:)
Ma li porterà i quatrini questo spot? Yamamay fa cosucce di qualità piuttosto discutibile con il merito del prezzo bsso, ora capisco la teoria del lusso per tutti, ma quanto un’acquirente media si può identificare nella pallosità mortifera di questa donna? C’è tutto il clichet per cui la seriosità è dei soldi, tutta quella concentrazione ombellicale sull’erotismo della propria zinna sinistra, e quell’aria ispirata tremenderrima sulla fatica della zuzzurelloneria per cui io la Ferrari l’ho sempre tollerata a mala pena. E la piscinona, e il comò (kitchissimo) etc. In tempi di crisi ti viene da pensare alla Ferrilli come l’icona del millennio.
ripenso alle secondo me geniali vette di Wind con Panariello, e penso che quel modo di giocare con l’aspirazione al lusso è azzeccatissimo, perchè tutti e tutte oramai siamo troppo vaccinati dal non saper riconoscere questo tipo di desiderio e il gioco che ce dietro alle tentazioni delle aziende.
Quando uno spot così funziona (era per me almeno il caso di Dior che giocava davvero pesante) ti deve portare per mano, se ti distacchi è finita non comprerai niente. In questo credo incida una regia inferiore alle aspettative. Non è un lusso credibile, non è un lusso inventivo e fiabesco, niente è robetta. Invece J’adore se lo comprano cani e porci. E credo che molto fu merito degli arredi e della fotografia.
X Amedeo
No, non dici idiozie, gli attori del neorealismo erano non professionisti, ma tieni conto che muoversi davanti a una cinepresa o comunque un obiettivo, capire cosa vuole il regista, non è facile come può sembrare e stare mezzi nudi o nude davanti ad un obiettivo non è una cosa che chiunque riesce a fare..altrimenti saremmo tutti attori e modelli.
Dopodichè lo spot pubblicitario ha le sue regole e più di tanto non le puoi stravolgere: sbaglierò, ma dubito fortemente che vedremo mai una Kathy Bates che fa pubblicità d un reggiseno per lo stesso motivo per cui un Danny De Vito non starà mai in mutande al posto dei vari Beckam o Sergio Muniz, cioè si potrebbe fare teoricamente ma ci vorrebbe un creativo pubblicitario davvero molto provocatorio
Sono d’accordo con Enzo, comunque, è più una questione estetica, perchè invece per il resto yamamay mostra di aver recepito le critiche ricevute. Qui non c’è un culo anonimo e perfetto, ma una donna intera, nota per altre doti che non il suo culo, anche se ce l’ha pure lei ovviamente, e visto che si pubblicizzan mutande è logico mostrarlo. Mi sembra un grosso passo avanti che un’azienda capisca che tante donne sono stufe di essere rappresentate come dei culi…
Imho meglio un culo che ride che un corpo capitalizzato e segregato in “villoni” con “piscinoni” che quando ti guarda in camera pare l’ultima triglia rimasta al mercato del pesce.
io credo che la FerraRI VOGLIA SOLO SENTIRSI più donna rispetto alle altre donne, quelle che lei stessa definisce “veline”; non c’è nessuna buona fede nel momento in cui si sceglie di denudarsi. l’ha voluto fare, l’ha fatto, ora dovrebbe smetterla di sentirsi la radical chic che predica bene e poi.. i risultati nulli! tra lei e le veline non c’è molta differenza, la sua non è arte, anche la sua è una sorta di vologarità esibita. è come dire che mostrando tette e culi si può fare successo. bene, anche lei fa parte di questa schiera. la differenza forse sta nel percorso,nella crescita che lei ha avuto e le altre no. per me resta un’ipocrita.
Il commento di DonMo mi ha fatto riflettere. Com’è possibile che una rappresentante così autentica del velinismo ante litteram possa essere oggi in prima fila, e magari portabandiera culturale, dei neo movimenti per i diritti femminili? E senza nemmeno la riabilitazione da confessione-penitenza-perdono? Non saremo mica al classico di chi dà buoni consigli perché non può più dare il cattivo esempio, vero?
A 15 anni vince Miss Teenager, l’anno dopo diventa la ninfetta minorenne del regista Boncompagni (si legge Gianni ma si pronuncia Humbert) che da giurato la scoprì (letteralmente) volendola “sotto le stelle” (o più vicina alle stalle).
Isabella avanguardista e apripista per intere generazioni, perché l’anno era il ’79 e la Ferrari aveva capito che per avere il cinema occorreva intortarsi la televisione. Ebbe l’una e l’altro.
Ma leggiamolo insieme l’immaginario maschile e femminile di oltre un decennio a cui la Ferrari ha copiosamente contribuito, e che oggi vorrebbe cancellare come un bambino sfuggito al riformatorio per aver imbrattato i muri di tutte le scuole dell’infanzia e che oggi, da adulto, capitanasse le crociate contro i graffitari. Purtroppo il paragone è improprio nella proporzione del danno, perchè quando collabori con personaggi del calibro dei Vanzina, dei Parenti o dei Calà la grazia è difficile da concedersi. Certo, non erano i ruoli della Fenech, della Cassini o della Bouché: la sbronza pornosoft era già stata consumata. La Ferrari aveva più i colori di una Gloria Guida declinata però secondo la nuova inconsistenza degli anni ’80, meno cialtrona e guardona, più vestita e parvenu.
Al cinema era l’insipida personalità di Sapore di mare, di chewingam, del ragazzo del pony express, di giochi d’estate, etc etc. In tv ci va da adulta fatta, lasciandoci fiction dai nomi inequivocabili: amatemi, cuore contro cuore, distretti di polizia (1,2,3…). Titoli coerenti per una femminilità da signor(in)a della porta accanto – ma non era l’Ardant. Qui è ignota la dimesione recitativa della tragedia e quando ci si è avventurata è stata per illustrare fondi di bottiglia.
Ma non concordo con Giovanna sulla buona fede della Ferrari, che è sempre stata una gatta morta. In questo spot il metodo Sorrentino non mi sembra in fondo dissimile dal metodo Grimaldi: metti un nudo, riduci la sceneggiatura al muto e fioccheranno polemiche e interviste.
Yamamay ha scelto la femminilità della Ferrari intravedendo un possibile connubio: paladina dei diritti delle donne ma figura osé in Caos Calmo, film passato alla cronaca per il nudo e la sodomia in compagnia dell’ingessato Moretti e che ha finito per condizionare la rileccata scelta di Sorrentino.
Soggetto pretenzioso che voleva parlare lo svedese dei Bergman ma è invece nato nella Prato dei Nuti, quindi perfettamente ossimorico come lo sono le difese della femminilità da parte di Yamamay e di Isabella Ferrari.
Non per far polemica, sia chiaro, ma domanda sincera: utilizzare il corpo della donna per vendere biancheria intima da donna è davvero immorale? Voglio dire, sicuramente dipende dall’utilizzo che si fa del corpo, dalle storie che vi si attaccano…ma quando si tratta di un capo di biancheria basare una pubblicità su un messaggio del tipo “con questo il tuo corpo è valorizzato” mi pare una mossa molto sensata e, di primo acchito, anche corretta, perché l’intimo avrebbe proprio quella funzione. Con questo, non discuto che le campagne Yamamay siano state abominevoli e che questa pubblicità sposti di poco il tiro (da sgambettanti 20enni a fascinose 40enni), quello che mi chiedo è se in questo particolare settore merceologico l’utilizzo del corpo (femminile, ma anche maschile) nelle pubblicità non sia quasi “naturale” e “logico”…
io noto una differenza sostanziale. le modelle da due soldi che in genere vediamo nelle pubblicità yamamay usano tutte pose stereotipate, si offrono allo sguardo del pubblico come merce, ammiccano, siedono o sono sdraiate con le gambe divaricate, ecc ecc.
Qui abbiamo un’attrice e un regista che nonostante tutto raccontano una storia: una donna che si prepara per un incontro d’amore, e poi l’incontro (con la “gag” del reggiseno gettato in piscina). La Ferrari non gioca col suo corpo come fanno le veline, lo muove e basta, con sensualità ma anche naturalezza, è concentrata su di sè, sta bene nel suo corpo, non è merce, è donna e basta.
Scusate, ma per promuovere della lingerie, non mi sembra un prodotto mal fatto. Anzi.
Semplicemente brutto e noioso.
E se è stato presentato come “controcorrente”, pure antipatico, dato che non si risparmia nemmeno una delle banalità che si possono mettere in una pubblicità del genere, dall’ancheggiare in perizoma sui tacchi al capezzolo vedo-non vedo, fino all’espressione vacua e imbronciata che dovrebbe essere ammiccante e riesce ad essere solo ridicola.
Inoltre non capisco a chi è destinato: se non ho perso dei pezzi per strada, Yamamai ha sempre fatto robine da ragazzine, lontane anni luce dall’ambientazione e dall’attrice dello spot. Forse vogliono ampliare il target…
Antonio Nanni (16:23:30) dice: “Non per far polemica, sia chiaro, ma domanda sincera: utilizzare il corpo della donna per vendere biancheria intima da donna è davvero immorale?”
– – –
Non è questione di polemica ma di tempistica. Mi pare la questione sia già andata oltre il concetto da te espresso: certo che l’uso del corpo è lecito. Su questo non si discute più. Il punto ora è un altro. Yamamay (e non solo lei) ha prodotto infiniti spot dove la seduzione è il nocciolo del comunicato, eccedendo talvolta nell’inutilità di certa ridondanza erotica, provocando con un culo in primo piano altre volte. Ora, per rifarsi dalle critiche (spesso eccessive e paranoico-sessuofobiche) e darsi un tono, scomodano la nota attrice e il noto regista, ma il risultato è sempre, se non di più, la ridondanza erotica che ha letteralmente scassato le palle anche ai fanatici della lingerie. Prova ne è che nel tentativo di dare un taglio artistico allo spot questo risulti poi trito, scontato, kitsch, ridicolmente serioso (lo sguardo da triglia da kidman dei poveri), statico, pesante, cupo, plumbeo, funereo, mortifero, reazionario, decisamente fascista. Non è un’iperbolica provocazione la mia, basti intendere il termine “fascista” nella sua accezione psicoanalitica, ossia come reiterazione opprimente di una condizione immutabile all’interno della quale, nella fattispecie del caso, la sessualità e l’erotismo rimangono ingabbiati in una esposizione che capitalizza il desiderio costringendolo in un malsano contesto borghese dove la morte è l’unica via verso il mutabile (viene in mente Salò di Pasolini). C’è solo un modo per purificare l’aria ora che, grazie a Sorrentino e Yamamay, l’erotismo da pubblicità è definitivamente schiattato: smetterla con le immagini ammiccanti e patinate e optare per altre situazioni e altre dinamiche comunicative.
Se giudico da telespettatore ‘normale’, dico semplicemente: “Che palle, la solita boiata”.
Se dico la mia come produttore e regista di spot di lungo corso, vado ben oltre: “È di una banalità sconcertante ed è pure girato male” – una via di mezzo tra un vecchio telecomunicato Annabella di Zeffirelli e gli irritanti leccalecca di Adrian Lyne. Ci sono almeno una decina di registi pubblicitari italiani che avrebbero potuto girarlo in modo meno banale e telefonato.
Se parlo come appassionato di cinema, mi viene pure il magone: purtroppo Sorrentino non è il primo bravo regista cinematografico ad avere diretto uno spot orrendo – prima di lui vi erano riusciti anche Leone, Scorsese, Lynch, Allen, Fellini.
Sul suo sito, l’agenzia pubblicitaria Arké motiva le sue scelte con questa rivoluzionaria pensata: “Alla base di ogni nuovo progetto c’è l’indagine sulle motivazioni che stanno “all’origine” dell’idea, dell’azienda, del prodotto, dei bisogni del consumatore”.
Perdinci, Ammappele, Oddiooddio, Bingo!
Se infine mi esprimo anche come cittadino di sinistra, dico: Per sapere muoversi in modo credibile e coinvolgente davanti la macchina da presa, non basta essere omologati come attori progressisti – bisogna anche saper recitare. Sfido chiunque a indicarmi un solo fotogramma di un film o di uno sceneggiato dove la Ferrari non fa letteralmente pena.
Se nella comunicazione pubblica questa è la nuova “libertà” espressiva delle donne, vogliamo insinuare che Tina Modotti, Katherine Hepburn, Ingrid Bergman, Anna Magnani e Meryl Streep non hanno insegnato nulla?
Caralamiasignora, lascio? Serve altro? A chi tocca?
Perché non dire semplicemente che lo spot è un flop?
Personalmente non aggiungerei altro, nonostante sia a conoscenza delle varie vicissitudini di questa ditta.
Ma arrivare a sostenere che Yamamay abbia fatto il solito gioco, cioè usare un corpo femminile e farlo stavolta in modo ambivalente… Mah!
Quoto Antonio Nanni.
La seduzione è un linguaggio utilizzato da sempre: nell’arte (pittura, scultura, fotografia), in letteratura (leggende, romanzi, poesia), nel cinema… e con una valenza positiva.
Insomma, boccio questo spot perché mediocre senza andare a cercare altri peli nell’uovo.
E, sinceramente, in una pubblicità di lingerie non disdegno un bel corpo femminile, se è poi di una 50enne non “ritoccata”… di controfigure per gambe, fondoschiena, etc. il cinema ne è pieno!
Con rispetto.
Una brava attrice, cosa rara oggi. Una persona impegnata e di sinistra. E che fa? Mette in mostra la sua sensualità. E che dice in un’intervista? “Il corpo femminile è nudo, principalmente”. Ah sì? Ecco come abbassarsi. Chi vedeva in lei la lavoratrice dello spettacolo, chi associava il suo volto all’ispettrice di polizia di qualche anno fa che, lei no, non avrebbe avrebbe acconsentito a questa operazione, chi la vedeva come donna completa deve ricredersi, anche lei subisce il fascino dei lauti guadagni che la pubblicità offre, e non è certo povera, ed entra a far parte della categoria donne omologate, nella subcultura omologata, che fa dell’erotismo il perno centrale della personalità mediante centinaia, migliaia di reclame. Umanità, professionalità? Valori secondari, e poi mica si vedono subito come un bel corpo. Io penso che l’utilizzo della Ferrari, proprio perché donna impegnata, sia ancora più deleterio perché è come dire che non si salva nessuno.
Ad Antonio Nanni vorrei dire che in Italia siamo così assuefatti alla presenza della donna seducente in pubblicità che non concepiamo neanche che si possa fare diversamente. Non ho svolto una ricerca sugli spot esteri di biancheria intima, ma l’ho fatta sugli yogurt Muller. Stessa ditta, 4 Paesi diversi: qual’è l’unico in cui l’amore fa rima con il sapore? Giudicate voi:
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http://www.mullerdairy.co.uk/about-us/our-advertising/muller-2010 (Inghilterra)
http://www.youtube.com/watch?v=lOKbFJWQAC8 (Danimarca)
http://www.youtube.com/watch?v=bpvIeOfr7MQ (Norvegia)
http://www.youtube.com/watch?v=ZymlOjWpV_s (Italia)
Una delegazione del gruppo di uomini e donne FB che ho fondato avrà un incontro pubblico con lo Iap per discutere di sessismo in pubblicità ( data da definire). Per saperne di più:
http://www.facebook.com/home.php?sk=group#!/home.php?sk=group_139046259478883&ap=1
D’accordissimo con tutta l’analisi. Aggiungo solo una cosa.
Io apprezzo sicuramente l’idea alla base dello spot di usare una donna più matura e non rifatta, comunque bella e a suo agio nel suo corpo. Ma allora mi chiedo: perché metterla in scena conciata esattamente come una delle tante veline o letterine??
Insomma condivido il fatto che questo spot non cambi proprio niente.
Ancora una volta ci tocca sorbire la classica donna seminuda (ma con tacco 12 ovviamente) che si muove disinvolta sfilando e ancheggiando in ambienti di lusso. Se non fosse che Isabella Ferrari appare, a mio avviso, tutto tranne che disinvolta e seducente. Il tutto mi sembra insomma forzato: dall’ambientazione alla ‘storia’, dalle smorfie dell’attrice al suo modo di muoversi…
Io sono dell’idea che si vuole continuare su questa strada, pensando che non esista alternativa a questo modo scontato e banale di presentare il corpo femminile tanto vale allora continuare a usare modelle belle e giovani, rifatte o meno, che almeno con la loro sensualità assicurano alle aziende di venderli quei reggiseni… (magra consolazione).
Giovanna Cosenza scrisse:
“Ma tutto ciò nello spot non si vede: chi non sapesse nulla della biografia di Isabella Ferrari vedrebbe la solita donna seminuda e ancheggiante in un interno sontuoso. Tipo Charlize Theron nello spot J’adore per Christian Dior. Con l’aggiunta di uno sosta allo specchio.”
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Questo però non l’ho capito: “j’adore” non è la pubblicità con la biondona che avanza verso la telecamera spogliandosi di tutti gli orpelli che ne soffocano il corpo? Che c’entra? Quella la trovo geniale: un corpo che si libera del lusso che la appesantisce gettando a terra i gioielli quasi con un gesto di disprezzo. C’ho la foto appesa in casa 🙂
X Annamaria Arlotta
Indipendentemente da tutti i difetti che lo spot Yamamay può avere e che Giovanna e altri hanno messo in luce, trovo sbagliatissimo mettere sullo stesso piano lo spot di uno yogurth e quello della lingerie femminile dove il corpo della donna e la sensualità hanno una loro ragione d’essere coerente col prodotto pubblicizzato e trovo discutibile il tuo prendersela con le scelte professionali di Isabella Ferrari, mostrare il corpo e anche la sensualità è quello che moltissimi attori e attrici e ballerini/e e pop star fanno ogni giorno, dato che il corpo è tra i loro principali strumenti di lavoro, a seconda delle indicazioni del regista o del coreografo e del tipo di spettacolo. Capisco che negli spot italiani si faccia spesso un uso becero della sensualità femminile anche in contesti in cui non c’entra un tubo col prodotto ma questo non deve portare ad una condanna a prescindere dell’eros e del nudo femminile che è stato protagonista di moltissime opere d’arte (è a quelle che forse pensava la Ferrari nella sua dichiarazione anche se i nudi maschili specie nell’arte classica e anche nella fotografia non mancano). Le mie esperienze come attore sono confinate ad ambiti amatoriali, ma ho comunque frequentato quattro anni di laboratorio teatrale e faccio teatro universitario, ho presto imparato che se sei troppo inibito, se “ti vergogni troppo” (vergogna che non ha solo a che fare col nudo o col sesso) e non sei in grado di superarlo quando sei sul palco (o sul set), l’attore non lo puoi fare.
La mia sarà un’osservazione banale rispetto a tutti gli interessanti interventi ma vorrei chiedervi: sono solo io che non ho visto l’ombelico della Ferrari nello spot? Mi chiedo se da errori così banali (deduco sia colpa di photoshop o di un difetto di luci) possa passare un messaggio completamente diverso da quello che la Yamamay propone: “Io mi amo, ma mi faccio ritoccare perchè così, magari, voi mi amate di più”.
Quoto anche io Antonio Nanni. Infatti: cosa dovrebbe rappresentare un’azienda che vende biancheria intima femminile alle donne? Uomini in doppio petto?
La campagna dello Yogurt Muller non c’entra niente. In quel caso sono pienamente d’accordo che lì il corpo femminile viene usato a sproposito. Però anche in questo caso segnalo che lo yogurt viene comprato prevalentemente dalle donne e NON da uomini eccitati dalle visioni pubblicitarie.
Segnalo infine che nelle riviste femminili c’è sempre una profusione di corpi femminili, quanto nelle riviste maschili c’è sempre una profusione di corpi maschili (nelle pagine pubblicitarie). Nelle riviste maschili le “donne nude” per titillare ed eccitare vengono prevalentemente proposte nella parte redazionale-giornalistica e NON in quella pubblicitaria (basta aprirne una e contare).
La cosa che mi sconcerta di più è vedere che nessuno sta capendo niente del disagio che tante/tanti di noi da molto tempo stiamo cercando di esprimere.
Si sta cercando di “cavalcarlo”, questo sì, perché ormai è evidente che non si può più sottovalutarlo, ma da qui a capirlo proprio non ci siamo.
Il punto di orgoglio dello spot sarebbe quello di aver sostituito la solita ragazzina con una donna “vera” e più matura…..l’intento in sé certo sarebbe positivo, ma se il linguaggio e le idee restano esattamente le stesse, mi dite cosa è cambiato veramente?
Come scrivi tu questo spot non racconta una storia…questo è il vero punto. Non racconta di relazioni, di persone, bensì ancora una volta ripete l’idea assolutamente indistruttibile che la seduzione passi sempre e per forza solo tra pizzi di seta che cadono per terra e letti sfatti.
Ma qualcuno ha visto lo sguardo della Ferrari quando parla? Io l’ho visto, in un’intervista, e ne sono rimasta incantata.
La seduzione passa da mille cose, e l’intimo, proprio perché intimo, può sedurre anche nell’essere soltanto immaginato.
Ma se anche si volesse far spogliare la Ferrari (perché il punto non è il solito centimetro di vestito in più che qualcuno fa finta che sia quello a turbarci) perché non permetterle di raccontare e raccontarsi?
Francamente per un risultato come questo non c’era bisogno di scomodare attori e registi.
La verità è che la pubblicità versa in un assoluto vuoto di idee e di stimoli, quando dovrebbe invece essere il mezzo per eccellenza di creatività, di spazio libero, e perché no, di messaggi positivi.
Si preferisce continuare a giocare sulle contrapposizioni (voi bacchettone, noi geni creativi) e così non succede niente.
Intanto però le aziende qualche preoccupazione cominciano ad averla, questo è palpabile, ma è anche palpabile che sono ancora molto disorientate.
Ma è bene che chiedano al loro pubblicitari di affrettarsi a capire, perché la marea sta montando e perché al di là di tante parole e discorsi, noi tutti, agli occhi delle aziende, siamo pur sempre anche preziosi clienti….
ma scusatemi parliamo di una azienda che fa intimo femminile, quindi è normale che ci sia una donna vestita solo con dell’ intimo , quindi non capisco dove sia il problema , non si può dire che questo spot mercifica o umilia la donna, non si può dire che è un incitamento allo stupro, e non si può dire neanche che è fatto per compiacere gli uomini ,quindi dove sta il problema e per favore non citate il giornale quelli non sono giornalisti.
“La seduzione passa da mille cose, e l’intimo, proprio perché intimo, può sedurre anche nell’essere soltanto immaginato”
indubbiamente sì, ma anche se fosse la visualizzazione di una fantasia, si deve comunque vedere. Nel video se il personaggio immagina qualcosa, quella cosa si deve vedere o comunque si deve trovare il modo di rendere chiaro allo spettatore cos’è che viene immaginato
La pubblicità della Muller (yogurt bianco) è bellissima, raffinata, delicata, leggera, soave, volutamente maliziosetta (ce l’ho appesa in cucina); esattamente il contrario di questa cosa, pesante come una cassa da morto, di Sorrentino e Yamamay. Sono diventato un acquirente del Muller bianco, peraltro buonissimo… Suvvia non fate i puritani, come al solito.
…e così photshop si mangiò l’ombelico al 19vesimo secondo.
Il link di Michele Vigorita apre una finestra su un altro modo di pubblicizzare un indumento che dovrebbe comunque per prima cosa – ancor prima di qualsiasi seduzione – farti sentire bene indossandolo. E’ questo il particolare che le aziende rimuovono totalmente, in mala o buona fede che sia.
Si punta tutto sul vedere, invece che sul sentire.
E questa è un’anestesia totale, anche della sensualità.
(se non si capiva dal commento precedente la pubblicità del link si apprezza proprio perché invece è attenta a questo aspetto, al sentire con il corpo – grazie Michele per averla postata)
X unaltradonna
Hai colto un aspetto molto importante: nello spot postato da Michele Vigorita si mettono in luce le qualità del prodotto, c’è anche la seduzione (specie dai secondi 017 a 0.23 io le trovo seducenti) ma è una seduttività allegra,giocosa quasi scherzosa certamente vitale (mentre lo spot di Sorrentino è freddo e patinato, come si è già detto), e resta sempre all’interno di un discorso in cui prevalgono i racconti delle donne su come si sentono bene con quel reggiseno. Davvero uno spot interessante, grazie Michele
da regista, vorrei anche far notare quanto lo spot di Sorrentino alla fine non abbia una cifrà personale. Qulasiasi regista pubblicitario avrebbe probabilemente potuto dirigerlo. All’Agenzia interessava un nome da spendere oltre a quello della Ferrari. Sono anche convinto che gli spot di matrice sessuale siano concettualmente vecchi. Il pubblico si è abituato e non funzionano più come una volta.
(scusatemi per l’uso pedestre di grammatica e sintassi)
Io invece credo che gli spot di “matrice sessuale” siano concettualmente vecchi quando poggiano su una storia, vicenda, situazione, immaginario, pensiero concettualmente vecchi, quindi reazionari. Il contesto borghese in cui è ambientato questo spot determina il conseguente flop (ma siamo gli unici ad averlo stroncato?). Al contrario la sessualità rimarrà sempre una fonte di energia creativa, basta liberarla dagli stereotipi. Questo spot è una summa di stereotipi: tutto quello che non dovete fare se volete essere originali.
la sessualità rimane una fonte di energia creativa finché non la ingabbi negli stereotipi della pubblicità, che essendo rigidi per natura la spengono.
e se proprio si deve puntare ancora sul sesso: da regista girerei uno spot di intimo femminile senza nessuna donna, mostrando solo il capo di biancheria e un modello uomo (non plastificato), raccontando per sottintesi efficaci in modo tale da creare le giuste suggestioni e associazioni.
Trovo che lo spot sia molto bello, trovo una donna splendida con tutte le sue rotondità e non le solite top model taglia 38.
Sono una coetanea di Isabella Ferrari e vedere questo spot mi ha fatto molto piacere.
Credo che comprerò da yamamay!
E smettetela con le solite critiche! Che noia!
lo spot è penoso…mi sconvolge che la regia sia di sorrentino…non si capisce niente,confuso,patinato,banale(e il prodotto dov’è?)…mi spiace per la ferrari e per il regista
forse i signori della yamamay dovrebbero pensare ai disastri che hanno combinato verso i loro affiliati prima di palesarsi come impegnati a non mercificare più le donne…vergogna!
concordo con andrea i signori yamamay hanno prostrato decine dei loro affiliati con i loro,come dire,”metodi”…hanno fatto anche eliminare un blog fatto dagli affiliati stessi dal web…adesso si danno allo spot d’autore(mi spiace per sorrentino lo spot non è alla sua altezza e mi spiace per la ferrari)per ripulirsi e rilanciarsi…
ma siamo in italia,tutto puo’ accadere
Mi risulta che, p.e. in Romagna, i Loris non siano accesi consumatori di reggiseni Yamaha – ops, Yamamay. Non so se sotto le loro tute i vari Reggiani e Capirossi indossino del pizzo nero per piegare e staccare con più efficacia.
Se tu consideri la ferrarista finta bionda una donna splendida, liberissima o liberissimo di dichiararlo. Io trovo molto più splendide Frances McDormand e Margherita Hack, Robin Wright ex Penn e Tina Anselmi, Vladimir Luxuria e Aung San Suu Kyi.
A proposito di “rotondità”, semmai la potrei pensare come Cybill Shepherd che di Marilyn Monroe diceva: “Aveva curve in posti dove le altre donne non hanno nemmeno i posti”.
Più o meno come, rispetto al circuito di Indianapolis, succede nel Santamonica, a Imola e nel Mugello.
Non riesco a capire cosa ci sia di offensivo o sbagliato in quello spot. Se è cosi significa che i clienti di Yamamay sono più invogliati a comprare da quello spot e non da un altro. L’altro spot linkato dal signore più sopra invece non è paragonabile: parla di funzionalità, non di stile, e in questi termini sembra una pubblicità del 1800.
Contenti voi!
A me pare che tutti i discorsi sul nudo e l’erotismo che facciamo noi italiani siano dettati dal fatto che tra gli europei siamo i più medioevali: se qualcuno si spoglia in televisione lo bolliamo perchè siamo invidiosi del fatto che se lo possa permettere. Cerchiamo di abbassare il suo livello bollandolo come velina o troia e facendo dell’autenticità (che forse dovremmo chiamare mediocrità o bruttezza) un valore assoluto così che un sacco di donne invidiose e frustrate del proprio corpo possano lamentarsi.
Lo spot risulta bruttino, in effetti. Da sostenitore di Sorrentino sono un po’ deluso. Ma non è vero che non ci sia nemmeno un tentativo di narrazione (di taglio vagamente simbolico). La Ferrari guarda il reggiseno bianco ma – dopo uno stacco – indossa già quello nero, che poi volerà in piscina – perché il suo fine sta nell’essere ad un certo punto tolto, non nell’essere tenuto addosso.
Pretendere di veder rappresentato il ‘vero amore’ o le ‘relazioni tra le persone’ è un po’ eccessivo. Insomma, è la pubblicità di un reggipoppe! Dando per scontato quanto è già stato detto, e cioè che almeno per vendere roba che si indossa occorre mostrare dei corpi, le critiche all’uso dell’immaginario sessuale sono assurde. Quel reggipoppe è prima di tutto uno strumento di seduzione, un oggetto di scena, al contrario di quello dell’altro spot postato qui, che è un accessorio utile a reggere i seni. Sembrano la stessa ‘cosa’ ma non lo sono. Stesso referente, diverso significante, diverso significato: la vera forza della pubblicità in generale è proprio questa.
Non va infine dimenticato che questo spot, come altri dello stesso tipo, si rivolge soprattutto al pubblico maschile, che deve essere invogliato ad entrare in un negozio di intimo per ‘regalare’ qualcosa alla propria compagna. Che dice il payoff del marchio, alla fine dello spot? “Per chi si ama”. A chi si ama si regala, dice la réclame, un oggetto che contiene e veicola delle fantasie (cosa dovremmo dire dello spazio in cui si svolge l’azione? La camera da letto è grande come il bilocale in cui vivo!).
Da uomo, dico a tutti gli altri uomini qui dentro, che quasi sempre i nostri pensieri sono improntati a un punto vista eo ipso smaccatamente maschile:
Durante la mia lunga vita ho imparato che per capire oltre il cinquanta per cento degli esseri umani, conviene imparare ad ascoltare, a guardare in silenzio. Tutte le volte che ho indagato con una donna cosa significasse per lei il mondo del corpo, della fisicità, della seduzione, dopo qualche breve esitazione è quasi sempre emerso un valore che in primis non ha nulla a che fare con l’altro sesso. Sembra che “sentirsi” belle, piacenti, a posto, è per le donne un valore molto più potente che non per noi maschi. Per noi uno specchio è solo uno specchio (un riflesso simmetrico dell’io), mentre per le donne lo specchio è un caleidoscopio, un infinito moltiplicatore della realtà. Anche l’uso di un buon profumo, potrebbe partire da lì, dall’io femminile dilatato. Ne deduco che il rapporto che avete voi donne con il vostro corpo, è molto più ricco, più complesso, più sfaccettato. Arguisco che questo fatto abbia a che fare con la potenza per ricreare la vita.
Ho voglia di leggere cosa hanno da dire sull’argomento le donne.
Federico Gnech: “[…]Non va infine dimenticato che questo spot, come altri dello stesso tipo, si rivolge soprattutto al pubblico maschile, che deve essere invogliato ad entrare in un negozio di intimo per ‘regalare’ qualcosa alla propria compagna.”
“Sopratutto al pubblico maschile”
Davvero acuto. Come ci sei arrivato?
@Maria Giulia
Un po’ me la sono cercata 🙂 Eppure non è così scontato. Secondo te la presenza di una donna in mutande rivela sempre il target di una pubblicità? Guarda a come e quanto viene rappresentato il corpo della donna nelle campagne, oltre che nei contenuti stessi, pensati per le riviste ‘femminili’. E prova a sfogliare un magazine ‘maschile’: scoprirai che le inserzioni mostrano in prevalenza soggetti maschili.
Posto che lo spot è brutto, in che cosa risulterebbe offensivo, sessista, legato ai peggiori stereotipi di genere? Perché finora nessuno è riuscito a spiegarlo.
sul “sentirsi” e sull’importanza del senso del tatto per le donne anche ai fini dell’eccitazione sessuale consiglio la lettura di “Donne sesso e pornografia” di Beatrice Faust.
Non per forza condivisibile in toto, ma spiega diverse cose che qui da alcuni non vengono neanche immaginate – a giudicare soprattutto dal commento sulla funzionalità vs.stile
(cmq per ampliare i propri orizzonti, Odd, basta pensare a quanta sensualità sviluppano le pratiche di integrazione corpo-mente, e qui gli anni 80 c’entrano meno di zero).
Tu dacci la funzionalità, che lo stile ce lo inventiamo da noi.
ah, dimenticavo: poche cose mi divertono quanto leggere i pubblicitari che smerdano le campagne altrui :->
Uno spot estero su un reggiseno che combina sensualità e allegria. Sensualità come uno degli aspetti della vita, preso alla leggera, tutto il contrario dello spot della Ferrari, che luziferszorn ben definisce “statico, pesante, cupo, plumbeo, funereo, mortifero, reazionario…”
Un altro spot estero che ha un’idea dietro, un umorismo nel finale inaspettato. E che presenta una donna qualsiasi in un ufficio qualsiasi
Per restare sull’abbinamento prodotto- pubblicità, passiamo ai profilattici, con il prossimo link. Riferimenti al sesso? A voglia! Al pene? Certo! Ma, ancora una volta, un’idea nuova e divertente.
In Italia invece? La solita solfa asfittica, il “piacere sensoriale”, con l’unica variante che serve anche a non far cigolare il letto (hahaha che ridere…)
Insomma, il senso di soffocamento da sensualità proibita, da sguardo dal buco della serratura proviene dalla maggior parte delle pubblicità italiane, non importa quale sia il prodotto. Un antivirus ha qualcosa a che fare con la donna? In Italia sì:
http://www.unita.it/culture/pubblicita-sessiste-anche-br-l-antivirus-fa-l-i-equivoco-i-1.270993
E perché per entrare in Tim si deve entrare nella Belen? Perché 14 compagnie telefoniche hanno una sola idea fissa?
A Paolo 1984: il reggiseno, dalla pubertà e per il resto della vita della donna, serve a non far ballonzolare le tette, se per esempio devi correre a prendere l’autobus, senza danno fastidio. Questa è la sua funzione primaria. La seconda è di ordine estetico, le tette afflosciate sono meno piacevoli da vedere. Se una donna sta per avere un rapporto fisico, diventa oggetto di seduzione. Un profumo si può mettere anche a 80 anni, non per conquistare qualcuno ma perché ha un buon profumo. Posso mangiarmi uno yogurt mentre guardo la tv, leggo il giornale e penso a tutt’altro, non lo associo necessariamente al piacere sessuale. E così via. In Italia c’è una fissazione a ricondurre tutto alla seduzione. Perché non mi sta bene? Perché le donne, come gli uomini, sono la somma di tanti aspetti diversi, e questa rappresentazione le riduce,e riduce anche gli uomini, a guardoni. E’ vero che qui c’è una donna intera anziché un pezzo, che invece è l’ultima moda, ma una donna a tutto tondo, impegnata, che fa l’attrice, che impara copioni e si sforza di renderli al meglio, qui viene esaltata per il suo corpo. In questo senso lo spot è peggiore di uno con la modella di passaggio che fa solo quello, perché dice che della ferrari quello che conta è il corpo, il resto è secondario. Un messaggio che uomini, donne e bambini ricevono centinaia di volte e che non può non influire sul loro modo di pensare.
Sugli effetti della pubblicità sessista ho scritto un articolo insieme al pubblicitario Gianluca Ruocco, che vi invito a leggere se ne avete voglia e tempo, e nel quale spiego perché secondo me quello che chiamiamo “sessista” è offensivo anche per gli uomini.
http://www.tpblog.it/galateo-della-pubblicita-no-alla-pubblicita-sessista-lo-iap-vorra-fare-qualcosa
Scrive Gianni Lombardi: “segnalo che lo yogurt viene comprato prevalentemente dalle donne e NON da uomini eccitati dalle visioni pubblicitarie.” Pienamente d’accordo, e altrettanto dicasi per tutti i prodotti destinati a loro. E cosa si dice alla donna che guarda lo spot? Che quello che conta nella vita è il sex appeal. Nessuna donna può sottrarsi alla trappola, a chi non piacerebbe essere bella, giovane e magra come la testimonial? A quale uomo non piacerebbe conquistare una donna così? E il gioco dell’impresa è fatto: se vuoi essere/conquistare quella donna, trasferisci questo tuo desiderio sul prodotto e acquistalo!
Concordo pienamente con Lucia Robatto: “Il punto di orgoglio dello spot sarebbe quello di aver sostituito la solita ragazzina con una donna “vera” e più matura…..l’intento in sé certo sarebbe positivo, ma se il linguaggio e le idee restano esattamente le stesse, mi dite cosa è cambiato veramente?” e poi: “Si preferisce continuare a giocare sulle contrapposizioni (voi bacchettone, noi geni creativi) e così non succede niente.”
Scrive OddTempo: “se qualcuno si spoglia in televisione lo bolliamo perchè siamo invidiosi del fatto che se lo possa permettere. Cerchiamo di abbassare il suo livello bollandolo come velina o troia e facendo dell’autenticità (che forse dovremmo chiamare mediocrità o bruttezza) un valore assoluto così che un sacco di donne invidiose e frustrate del proprio corpo possano lamentarsi.” Bene, lo invito a dare uno sguardo alle fotografie degli iscritti al mio gruppo FB “La pubblicità sessista offende tutti”
http://www.facebook.com/#!/home.php?sk=group_139046259478883
dove troverà decine di belle ragazze e donne di trenta e quarant’anni e non solo signore sul viale del tramonto come me. Troverà anche decine di uomini, che certo non si possono tacciare di invidia in questo caso.
Mi è piaciuta una frase che Valentina Aprea ha detto in occasione del convegno “Donne e Dignità” tenutosi a marzo a Roma “…si può trasferire anche nella pubblicità un’immagine più legata alle situazioni reali senza distruggere l’elemento onirico che la caratterizza.”
Federico Gnech disse:
“Posto che lo spot è brutto, in che cosa risulterebbe offensivo, sessista, legato ai peggiori stereotipi di genere? Perché finora nessuno è riuscito a spiegarlo.”
– – – –
lo spot è reazionario; gli stereotipi non sono di genere ma legati ad un immaginario erotico borghese. E’ stato spiegato benissimo.
Onestamente ho solo un appunto:
ma la Ferrari ce l’ha l’ombelico…?
Forse sono cieca io…
Volendo essere ancora più cattivi è perfetta per un film di Romero 🙂
http://d.repubblica.it/argomenti/2011/10/02/foto/isabella_ombelico-537820/1/?ref=HRESS-6
X Annamaria Arlotta
continuo a pensare che mettere sullo stesso piano la pubblicità di uno yogurth e quella di un capo di intimo sia metodologicamente discutibile, ma vabbè. Gli spot stranieri che hai postato sono carini, divertenti cento volte migliori di molte pubblicità italiane (anche di quella di Sorrentino) che molto spesso si riferiscono al sesso in maniera becera anche dove non c’entra un tubo , ma non capisco cosa c’entri con quello che dicevo io e perchè dovrebbe contraddirlo.Sulla funzione primaria del reggiseno ero informato, grazie, anche per questo ho lodato lo spot postato da Michele che puntava sulla funzionalità dell’indumento, il sentirsi bene senza nascondere la sensualità.
Lo spot della Durex descrive una situazione di intimità di coppia in maniera carina e non volgare, si tratta di un gel per massaggi quindi è lecito parlare di “piacere sensoriale”..i massaggi dovrebbero essere piacevoli, a quanto ne so. Gli stranieri avrebbero girato uno spot più originale? Ci sta, ma questo della durex non mi pare nè avvilente nè offensivo.
Aldilà del discorso pubblicitario, una donna come ma qualsiasi persona che sta per avere un rapporto fisico è sedotta, ma anche (perchè negarlo?) seduttrice lei stessa, soggetto desiderato e desiderante, il sesso, il desiderio, la seduzione sono giochi dove nessuno è veramente passivo almeno io la vedo così.
Lucy sei tale e quale su iamc. Lo spot yamamay sarebbe reazionario, quello di j’adore no? E quale sarebbe l’immaginario erotico progressista che ti garba? Quello per cui devi fare l’amore con il sapore?
Insisto, trovo che gran parte delle critiche siano poco argomentate e frutto di un pur comprensibile riflesso condizionato: si mette assieme il sessismo con l’uso di un’estetica erotizzante, si vorrebbe delegare alla pubblicità, che nasce per vendere ‘roba’, il compito di trasmettere modelli ‘corretti’ (sicuri che tutti quanti si sia già d’accordo su cosa sia corretto e cosa no). Non c’è nessuno che si faccia qualche domanda sulla dipendenza di tutti noi dalle merci in sé?
Cosa mi garba è del tutto ininfluente ai fini della critica. Lo spot di Sorrentino è reazionario ad es perché è ambientato in un contesto reazionario, borghese, mezzo sfarzo, mezzo elegante, “piscinone e villone”; è stato detto scritto e spiegato da più interventi. Argomenta su questi elementi se vuoi invece di divagare. Quanto a j’adore è visivamente chiarissimo: la modella si spoglia degli orpelli; mentre in yamamay la “modella” si leva anche il reggiseno ma rimanendo in un contesto di orpelli che soffocano l’idea di erotismo e sessualità. Pensa a Kubrick e alla scena rituale erotica di EWS: non è certo fatta per compiacere l’occhio ma per dare anche un taglio critico a quell’ambiente di riccastri pseudo-massoni. Sorrentino invece si bea dell’ambientazione scelta per Yamamay. Saranno sottigliezze ma fanno la differenza. E sono anche fatti oggettivi incontestabili.
@luziferszorn
Ah, ho capito, volevi Breton a girare lo spot. Sient’ammé, mangiati uno yogurt.
io lavoro,ahimè,nella pubblicità…secondo me yamamay in questi anni non ha azzeccato una campagna pubblicitaria)se lo scopo della medesime è far aumentare le vendite e la riconoscibilità);ha scomodato modelle famosissime(es elettra wiedeman)o fotografe come Ellen Von Unwerth.Il punto è che un prodotto medio deve spingere la massa alla identificazione…elettra wiedemann è bellissima e raffinata,ma non ha l’immagine adatta per un prodotto del genere(al contrario intimissimi ha scelto modelle perfette e il pensiero che muove le donne puo’ essere”wow,se acquisto il tal capo,sarò anch’io così).Nel caso delle foto fatte da Ellen Von Unwerth anche lì si percepisce un’atmosfera(eccessiva,troppo,ho letto commenti sui cartelloni pubblicitari delle tre ragazze che non sto a ripetere)e non ci si sofferma sul prodotto. Nel caso dello spot di Sorrentino le donne cosa dovrebbero essere spinte a comprare?cosa si vede?cosa si percepisce?concordo con chi ha linkato altri spot…manca la gioia e l’allegria..non credo che questo spot farà aumentare il fatturato dell’azienda
Grazie Annamaria Arlotta, gli spot postati a confronto sono molto più efficaci di qualsiasi argomentazione.
Lo spot yamamai è orrendo e pretenzioso, in molti sensi, e sull’attrice riciclatasi femminista non voglio infierire: ognuna fa quel che può.
per Federico Gnech:
rivolto ad un pubblico maschile?che affare!peccato che le acquirenti siano al 95% per cento donne…la quasi totalità di compra il prodotto è donna,basta osservare chi esce da un negozio di intimo…gli uomini?a natale forse o per qualche altra occasione…
@simona
Mica ho detto che la maggior parte degli acquirenti sia fatta da uomini, però hai ragione, il mio commento era un po’ troppo univoco, tento di spiegarmi meglio. Premesso che tutti noi siamo sempre più spesso coinvolti dalle nostre compagne nei loro acquisti, chiediti per CHI lo comprate il reggiseno di pizzo nero, che magari è pure scomodo da portare. Sul serio lo fate per vedervi allo specchio, il caleidoscopio di cui parla il professionista del settore intervenuto qui sopra? Non credo. Ripeto: un conto è il reggiseno-che-serve-a-reggere-il-seno, un altro il reggiseno strumento di seduzione. Nel primo caso si tratta di un oggetto d’uso che tendenzialmente non necessita di alcun apparato di marketing: avete mai visto la pubblicità televisiva di un tagliaunghie? Eppure ce l’abbiamo tutti in casa. Nel secondo caso, dal momento che la seduzione si esercita su di un/una altro/a, occorre costruire un discorso in cui quest’altro – vero motore dell’acquisto – sia in qualche modo coinvolto. Non occorre che sia materialmente il maschio a comprare il reggiseno, ci sono molti modi per contribuire ad un’acquisto, non solo finanziariamente. Tornando al payoff e correggendo la mia prima lettura: più che “per la donna che si ama”, l’interpretazione giusta potrebbe essere “per sedurre l’uomo che si ama”. Poi si può discutere a lungo sul modello sociale che corrisponde a questo tipo di seduzione, può piacere, può schifare, quello che volete. Ma generalmente questo modello preesiste alla pubblicità.
Ma solo io mi sono accorta che le hanno cancellato l’ombelico? 😐 (ok, non ho letto tutti i commenti)
E nel caso, ma perchè? 😐
sedurre come”condurre a sè” ovviamente per vendere il prodotto…
chi puo’ allora sedurre questo spot?le donne non credo…gli uomini?visto questo spot comprerebbero yamamay o direbbero alle loro donne comprati yamamay che diventi come la ferrari?nel secondo caso le donne non lo comprerebbero perchè non scatta l’identificazione
Il fatto che sia sparito l’ombelico è il male minore. Il male peggiore è che Sorrentino sia già diventato un “intoccabile”. Su questo credo punti Yamamay.
Quanto alla seduzione, certo che le signore e le signorine comprano i pizzi per sedurre i loro fidanzati: a volte ci sono problemi di erezione. Dura la vita quando non si ha voglia di fare l’amore. Specie quando non ci si piace. Questo è il bel paese in cui vivete! Ditemi, non lo riconoscete?
non volevo intervenire ancora ma…
“un conto è il reggiseno-che-serve-a-reggere-il-seno, un altro il reggiseno strumento di seduzione”
è una visione – scusa -molto miope del rapporto della donna-corpo. Il corpo per sedurre deve potersi muovere e – ripeto – stare bene.
Le ditte che separano questi due aspetti produrranno solo indumenti ( e spot) usa e getta.
L’ombelico è stato offuscato probabilmente per moderare l’attrattività di tipo sessuale dell’immagine.
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@Annamaria
Il tuo pseudofemminismo complottista mi preoccupa molto anche perchè molto condiviso. Possibile che la vostra idea di donna sia così fragile da dovervi preoccupare di spot scadenti come questo?
Vedo infinitamente più grave l’esposizione dei bambini alla pubblicità specificatamente indirizzata a loro. Sono indifesi verso qualcosa specificatamente proggettato per attacarli ( e conquistarli). Quello si che è un problema!
E riguardo al gruppo di FB è probabile,ma non sono sicuro, che buona parte delle donne che vi hanno aderito siano delle conformiste inconsciamente in cerca di qualche movimento a mio dire inutile a cui aderire per sentirsi intelligenti e impegnate. Buona parte degli uomini probabilmente, vogliono solo sembrare più civili e “impegnati” illudendosi di avere qualche possibilità di scopare con le iscritte al gruppo.
Per fortuna che la mia sessualità distorta mi preserva dal vivere in prima persona certe problematiche relazionali quali “il provarci con qualsiasi cosa che si muova”.
Se OddTempo è preoccupato per lo “pseudo femminismo complottista” di Annamaria, allora il femminismo NON pseudo e NON complottista come si esprime? Con i reggiseni Yamamay strappati e gettati al vento?
Annamaria Arlotta si esprime firmandosi con nome e cognome, e questo fa già una bella differenza. Per quanto riguarda la denuncia contro le campagne pubblicitarie di abbigliamento per bambine/i in salsa stereotipica, per chi ancora non conoscesse: http://comunicazionedigenere.wordpress.com/libera-infanzia/ e
@unaltradonna
Può darsi che la mia visione del “rapporto donna-corpo” sia miope, pazienza. Permettimi di dire che nemmeno tu sembri vedere troppo lontano se affermi che;
“Il corpo per sedurre deve potersi muovere e – ripeto – stare bene.”
La realtà delle culture del mondo dimostra invece che la comodità può essere tranquillamente sacrificata al messaggio. Non dico sia ‘giusto’, ma è così.
Ogni oggetto d’uso contiene i valori estetici dell’epoca in cui è prodotto. Cent’anni fa c’era il corsetto – che peraltro c’è ancora -, oggi c’è il push up, domani magari la fascia elastica che portava Daryl Hannah in Blade Runner, chissà. Come mai si producono ancora i corsetti? Non credo siano così pratici…
Io credo che quello che vi fa così incazzare vada al di là della political correctness di qualunque spot e sia invece legato direttamente alla natura delle merci e del messaggio intrinseco al loro valore d’uso, preesistente a qualsiasi “testo” pubblicitario.
Sui discorsi di alcuni riguardo all’opposizione ‘sessualità cupa’ (sbagliata!) vs ‘sessualità gioiosa’ (giusta!): vorreste una bella legge che proibisce tutto quello che giudicate ‘decadente’ o ‘degenerato’?
“Buona parte degli uomini probabilmente, vogliono solo sembrare più civili e “impegnati” illudendosi di avere qualche possibilità di scopare con le iscritte al gruppo.” Scrive OddTempo. Mi dispiace che tu abbia un’idea cosi’ cinica degli uomini, io non la condivido. Alla fine, sai, ognuno parte dalla sua esperienza personale quando formula dei giudizi.
Federico Gnech disse: “Sui discorsi di alcuni riguardo all’opposizione ‘sessualità cupa’ (sbagliata!) vs ‘sessualità gioiosa’ (giusta!): vorreste una bella legge che proibisce tutto quello che giudicate ‘decadente’ o ‘degenerato’?”
– – –
Non buttarla in vacca. Il fascismo è “cupo” per definizione poiché il fascismo ha radici psicoanaliticamente individuabili nel comportamento dell’individuo ancor prima che questo diventi un individuo socialmente attivo. E’ una questione che sta alle radici della percezione del proprio Sé. Pertanto anche certa “cupezza” che spessissimo abbiamo visto fare capolino nelle arti, nella musica, nel cinema e nella letteratura, quando non è mezzo conscio di espressione o bisogno innato di ricerca di liberazione formulato da un talento superiore, si trasforma sempre in compiacimento nichilista e reazionario, dunque fascista. La pubblicità è una figlia spesso imbastardita del cinema, del cortometraggio, del video, delle arti figurative, dunque non si pone al di fuori di questi meccanismi, anzi, li promuove facilmente in negativo. Se un reggiseno Yamamay è un bell’oggetto seduttivo, o un corsetto è un bell’oggetto “che ti strizza” autoseducendoti e proiettando sugli altri il piacere liberato (ok?), significa che in origine c’è una dinamica la cui forza spinge il nostro essere verso il piacere, la gioia, il benessere, la condivisione di questo benessere con gli altri. Le leggi contro l’arte degenerata le formulano proprio i regimi totalitari, in cui le pulsioni fasciste di una collettività pretendono di occultare i malesseri che albergano nel nostro inconscio; così quando un grande artista mostra l’orrore dominandolo nella sua forma il fascista ha un attacco di panico e procede di conseguenza facendo occultare l’oggetto incriminato. E non dico altro…
Federico, non è infatti un caso se ora vengono riproposti corsetti guaine e balconcini – se è vero che la Moda ha sempre un significato simbolico sociale, questo torna con il periodo di regressione. Non a caso usi la parola “sacrificio”…
La convinzione che sentendosi bene si seduce meglio evidentemente non va di pari passo con la Moda, ma ha dei fondamenti nelle pratiche di consapevolezza corporea, che forse rispetto alla Moda garantiscono meno sacrifici e maggiore benessere a tutti i livelli.
@luziferszorn
Sulle interpretazioni del fascismo potremmo dilungarci ma non è questa la sede adatta. Siamo d’accordo che tutte le rimozioni sono pericolose, e tanto mi basta.
@unaltradonna
Non capisco cosa vuoi dire con questa frase:
“se è vero che la Moda ha sempre un significato simbolico sociale, questo torna con il periodo di regressione”
Sulla consapevolezza corporea non so che dire. La mia è senz’altro pessima, mentre la mia fidanzata fa pilates.
@Till
Si dovrebbe esprimere riguardo cose più importanti, in maniera più solidamente argomentata e meno generalista.
@Paola
Quello dei bambini è terribile. Comunque bene per Annamaria che usa il suo nome. Se io non lo uso non è per per scrivere commenti fastidiosi senza pagarne le conseguenze o perchè mi sento particolarmente insicuro ma perchè, a differenza di voi, mi pare, ho un account su WP e sto cominciando a scrivere un blog. Se non uso il mio vero nome è solo perchè nel blog ci voglio scrivere quello che voglio sentendomi il più libero possibile e, non ulitima, perchè il mio nome fa cagare.
@Till
Immagino volesse dire che se torna di moda qualche capo particolarmente in uso in un periodo con certe caratteristiche sociali particolari (esempio condizione della donna) è possibile che ciò sia a causa di un riproporsi delle condizioni che in quel determinato e passato periodo storico hanno portato allo sviluppo del capo stesso.
lo spot della Durex reclamizza un gel che è per massaggi ed è lubrificante (mi sembra abbastanza evidente il riferimento al sesso anale) e non è stato realizzato solo in lingua italiana:
In questo spot ci sono vari elementi (un automobile di lusso, un latin lover, la tradizione (famiglia-chiesa-matrimonio, l’eros) che mani maldestre potrebbero rendere cupi, rigidi o stridenti e che, invece, mi sembra, comunicano una certa joie de vivre senza pesantezza (leggasi uso distorto degli elementi di cui sopra) o la presunzione di indicare la maniera giusta (o permessa) di vivere una propria passione o desiderio:
Senza Photoshop eh? E perché allora manca l’ombelico??? http://www.sologossip.it/2011/10/07/isabella-ferrari-senza-ombelico-nello-spot-yamamay-colpa-di-photoshop-video/
pare che yamamay abbia fatto sapere che l’ombelico si vede solo in alta definizione,che sciocchezza
della serie peggio la toppa del buco!
BMW semplicemente osceno (eticamente osceno).
Stavolta concordo con Luzi: lo spot della BMW è orrendo e in questo caso anch’io sprecherei l’aggettivo ‘reazionario’. Ma anche in questo caso: la pubblicità non inventa nulla, semmai offre la caricatura di un Paese che già di suo fa ridere (quando non fa piangere).
lo spot in sé però funziona (risulta brioso, forse divertente): oscena, purtroppo, è la persistenza dei “modelli” di vita che BMW mette in scena (ma il lieto fine non dovrebbe esserci, anche se il claim dice che quell’auto può salvarti la vita: probabilmente la sicurezza stradale non si sposa con quella familiare (?))
Mio caro, lo spot bmw “funziona” solo in una società popolata da umani ridotti allo stato larvale. Idem per Sorrentino e Yamamay, anche se il livello è superiore ma pur sempre inaccettabile per una società più evoluta della nostra.
Luz, questa volta sono completamente d’accordo con te.
l’ombelico dove l’ha messo? non sarà ritoccata, ma qualche trucco forse c’è.
nessuno è perfetto ma ci si può permettere di non fare una pubblicità che crea vincoli e obbedienze in contrasto o in dissonanza con la propria sensibilità . Ma al solito, come stanno veramente le cose ??se percepiamo e giudichiamo solo ciò che è osservabile e manifesto , come la mettiamo?
Ancora c omplimenti alla dialettica di nuovoeutile!
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