Il liceo Socrate di Roma ha realizzato uno spot per promuovere «Voice Out!», un «political game» – come lo chiamano – cioè un corso in cui «un team di esperti del settore» insegna ai ragazzi, suddivisi in squadre, come realizzare una campagna «con tanto di spot su YouTube e manifesto». Dopo di che, i ragazzi vengono messi in competizione, prima fra squadre della stessa scuola, poi fra scuole della provincia di Roma. Alla fine chi vince parte per una meta europea (info su Nisoproject.eu).
Tema di quest’anno: la lotta contro l’omofobia.
Pregevole l’iniziativa, lodevole il tema, fresco e dinamico lo spot, che è finito pure su Repubblica tv col titolo «Spot contro l’omofobia nelle scuole» e dunque sta girando molto in rete.
Però mi sono intristita lo stesso: a guardare lo spot, pare che nelle scuole di Roma ci siano solo maschi.
A parte la ragazzina iniziale che grida col megafono «Voice out!», a parte alcune comparse in aula che fanno da spettatrici votanti e qualche sagoma femminile di cartone, i protagonisti nel vero senso della parola sono solo maschi: i desideri di fare «il politico», «il pubblicitario», o di «recitare, fotografare o semplicemente dire la tua» riguardano solo loro. E pure i supposti creatori della campagna sono loro.
Com’è possibile che a nessuna insegnante, a nessuno studente, a nessuna studentessa del liceo Socrate – una scuola che non conosco ma che, dal sito web e dallo spot, immagino vivace, attiva, all’avanguardia – non sia venuto in mente che i protagonisti dello spot sono solo maschi?
Non solo è possibile, ma è accaduto. Per un motivo molto semplice: in Italia il protagonismo maschile è talmente scontato e normale, che cancellare il genere femminile è una scelta involontaria che viene spontanea anche nelle migliori famiglie (e scuole). Nonostante le migliori intenzioni.
Grazia ad Antonella per la segnalazione.