Macelleria italiana. Siamo italiani!

Mi scrive Roberto, studente in Scienze della comunicazione all’Università di Bergamo, che vive e risiede a Treviglio, in provincia di Bergamo:

«Treviglio (Bg). Un macellaio espone il cartello “Macelleria italiana. Siamo italiani!” accompagnandolo con la bandiera tricolore. Molti accusano di razzismo i due giovani che gestiscono la macelleria (vedi questa notizia Ansa).

I macellai invece – di origine calabrese – rispondono che il cartello è stato appeso perché in città giravano voci che loro fossero marocchini o albanesi, che importassero la carne e che la macellassero con metodo islamico (carne halal). Secondo i macellai la gente non entrava più a comprare la carne da loro perché, in qualche modo, non si fidava della loro carne.

In effetti la scritta “Siamo italiani” ha a mio avviso diverse implicazioni che sono sfuggite ai giovani macellai. Lei cosa ne pensa? Qui ci si divide tra chi li definisce razzisti e chi invece sottolinea che, mentre i musulmani sono liberi di scrivere “macelleria islamica”, gli italiani non possono dichiarare che la loro carne sia “italiana”.»

Macelleria italiana. Siamo italiani!

Sono d’accordo con Roberto: nel momento storico che stiamo vivendo, con le polemiche recenti su quanto siano o non siano razzisti gli italiani, il cartello si presta a letture discriminatorie nei confronti di altre etnie, sia dentro che fuori Treviglio.

Da quel che so, Treviglio è il comune della provincia di Bergamo con la più alta percentuale di immigrati stranieri dopo il capoluogo: Wikipedia dice che sono quasi il 10% dei residenti e vengono soprattutto, a scalare, da Albania, Egitto, Marocco e Romania. Ora, per quanto numerosi, sono sempre minoranze, che per giunta incontrano spesso (se non a Treviglio, nel resto d’Italia) difficoltà di integrazione.

Dunque l’obiezione di chi considera «discriminatorie al contrario» le accuse piovute sui macellai (gli altri possono scrivere «macelleria islamica», noi non possiamo dire «macelleria italiana») non tiene. Il cartello «Macelleria italiana. Siamo italiani!» (con tanto di punto esclamativo, come dire: «Attenzione!» o «Evviva!»), potrebbe essere considerato alla pari di un cartello che dicesse «macelleria islamica» o «macelleria albanese», solo in una società perfettamente pacificata e paritetica dal punto di vista dei rapporti fra le diverse etnie, razze e religioni. Una situazione che possiamo sognare, ma che per ora in Italia non c’è.

A sentire le dichiarazioni dei due giovani macellai e dei cittadini che li hanno sostenuti realizzando addirittura un video, le loro intenzioni non erano né razziste né discriminatorie. Ma quel cartello è andato a toccare un nervo scoperto della nostra società, un punto dolente su cui gli italiani sono divisi.

Perciò appenderlo è stato un atto di ingenuità, nel senso che non credo si immaginassero di essere accusati di razzismo. Ma certo volevano far leva su un desiderio che evidentemente considerano diffuso a Treviglio: mangiare carne «macellata in Italia» e non altrove. Con tutti gli impliciti che gli altri abitanti di Treviglio (e molti italiani), se non loro, aggiungono al concetto di «carne macellata in Italia»: più adatta a certi tipi di cottura, più tenera, ma anche più controllata dal punto di vista igienico, più sicura, e così via.

PS: Una versione modificata di questo articolo è apparsa oggi anche sul Fatto quotidiano.

31 risposte a “Macelleria italiana. Siamo italiani!

  1. Secondo me non c’é razzismo o malizia in questo caso, semplicemente sono due ragazzi che si occupano di commercio, non di comunicazione.
    Il cartello si poteva scrivere meglio, ovviamente, ma più che questo microepisodio io andrei a colpevolizzare chi di informazione se ne occupa a livello professionale. Perchè se questi due ragazzi possono sostenere di non averlo fatto apposta, i professionisti non hanno scusanti.
    Quante volte si sente ai tg ‘rumeno’, ‘magrebino’ o altro ancora prima di sentire la notizia vera e propria quasi l’etnia sia una caratteristica fondamentale della notizia e da essa indivisibile.
    A Monza hanno ucciso una ragazza di 18 anni e ho sentito dire cose del tipo ‘era del Bangladesh’, era una roba tra di loro. Per me è raccapricciante.
    Per cui l’italia è un paese razzista? Si. Parecchio, già dalla fasce medie. Per mancanza di cultura e per paura ma soprattutto per tutti i messaggi subliminali che sono stati passati in questi anni dai media.
    A questo non credo possa rimediare nel breve periodo e quindi ognuno di noi deve perdere un pò della propria ingenuità per non incorrere in errori di questo tipo.

  2. Nel caso specifico, va detto che i cartelli del tipo “qui carne italiana” si sono diffusi un po’ dappertutto ai tempi della mucca pazza, e poi via via in risposta agli altri scandali alimentari degli anni scorsi, quasi tutti nati in paesi industrializzati (Germania, Regno Unito…). L’origine italiana (dove i controlli, a quanto pare, sono più severi che non in molti altri paesi europei) è considerata una garanzia di sicurezza. Probabilmente, se questi macellai avessero affisso un cartello con indicazioni più specifiche avrebbero ottenuto il loro scopo senza rischiare letture discriminatorie.

  3. Premetto che sono totalmente naif sulla “comunicazione giusta” , credo però che, in questo caso, sarebbe stato meglio qualcosa tipo : solo carne nazionale. Oppure : solo carne proveniente da allevamenti italiani. Se il loro scopo era quello di chiarire il tipo di merce che offre la loro macelleria forse si potevano scegliere frasi di questo tipo.

  4. A parte le varie (possibili, ovvie, maliziose, giustificate, ironiche, forzate,
    superficiali, comprensibili) letture di quel cartello, a molti sfuggono tre significati – questi sì, tremendamente reali:

    1) Ciò che in passato il nostro paese aveva compiuto in Abissinia, Eritrea, Albania, Grecia, Libia, era una reale “Macelleria italiana”.

    2) I comportamenti attuali di una parte del paese (sfruttamento malavitoso di molti immigrati africani), è una reale “Macelleria italiana”.

    3) L’allevamento intensivo, l’alimentazione chimica, le spaventose sofferenze, l’uccisione tecnologica ma comunque crudele, di decine di milioni di animali nel nostro paese, è una reale (e incessante) “Macelleria italiana”.

    4) La fabbricazione, esportazione, vendita e uso di armi italiane (elicotteri, armi da fuoco, munizioni, mine antiuomo) in tutto il mondo, è una reale “Macelleria italiana”.

    Di fronte a questi dati, i problemi semantici di due commercianti (e di alcuni loro clienti), non mi tolgono il sonno.

  5. Sono d’accordo con Tecla: una dicitura come quella che propone lei (che è quella che per es. si trova anche sui barattoli del miele) risulta “neutrale” e non presta il fianco a malinterpretazioni o strumentalizzazioni. Purtroppo in certi contesti l’ingenuità fa comunque il gioco del razzismo (e del leghismo). Tuttavia un macellaio è un negoziante e deve vendere; se si accorge che vende meno per un certo motivo (in questo caso perché molti i clienti dubitano sulla provenienza della sua merce) mi sembra anche giusto che corra ai ripari, magari riflettendo un po’ meglio sul tipo di comunicazione che trasmette…

  6. “I macellai invece – di origine calabrese – rispondono che il cartello è stato appeso perché in città giravano voci che loro fossero marocchini o albanesi”.
    Le altre macellerie, gestite da persone del posto, hanno “dovuto” mettere lo stesso cartello? Se no, si potrebbe dire che hanno risposto ad un “pettegolezzo” razzista, con un gesto “inconsapevolemente” razzista.

    Till Neuburg non racconta cose sbagliate, anzi, benchè dove ci si occupa di linguaggio e comunicazione, ci si occupa di linguaggio e comunicazione e non d’altro che pure esiste.

  7. @Till Neuburg
    Errore gravido di conseguenze ottuse è quello di dare briglia sciolta alla libera interpretazione ritenendo che nel momento in cui un’associazione linguistica sia possibile essa equivalga quindi anche a un’interpretazione autorizzata.
    Bene ha fatto Skeight1985 a ricordare che si parla di una macelleria e quindi italianità vuol dire controlli italiani (la cui normativa è particolarmete severa) e quindi maggior costi, tra cui, lo ricordiamo, la tracciabilità di ogni bovino macellato – non so se ci spieghiamo.
    Non si può liquidare a titolo di problema semantico la sicurezza alimentare in una babele produttiva come quella Europea che ha visto infezioni (a cominciare da E.Coli) e patologie degenerative (come l’encefalopatia spongiforme bovina) creare legittime psicosi dovute alla leggerezza di normative di alcuni Paesi e non di altri, in una guerra di produttori e costi che è tutt’ora in atto.
    Purtroppo da un punto di vista concorrenziale c’è una grossa differenza tra carne e carne e il consumatore lo sa. Sarebbe facile dire che se sono un ebreo ortodosso magari la carne Kasher di un macellaio che ricordi l’ebraicità di se stesso o della sua macelleria può essere rilevante.
    Si dirà che stiamo parlando di minoranze che hanno tutto il diritto di veder riconosciuta la propria identità
    Allora decidiamoci: o siamo multiculturali, e allora la carne italiana e l’italianità della macelleria diventa, come sembra dirci anche Giovanna, uno spazio commerciale tra i tanti offerti, oppure integriamo e quindi non ha senso connotarci etnicamente. Il punto è che il consumo di carne è da sempre fortemente conneso agli usi e tradizioni di una cultura e di un’etnia.
    Tuttavia mi duole constatare che il delicato tema del razzismo sta diventando una clava argomentativa perciò ho deciso che personalmente non userò più il termine che non serve più a nulla.
    Non è colpa mia se la contemporaneità non conosce tanto razzismi ma solo discriminazioni ben più articolate e di matrice differente. Non è colpa mia nemmeno il fatto che dare del razzista al prossimo è diventato il training autogeno di tanti insicuri che ritengono di benedire se stessi attraverso la scomunica altrui.
    D’altronde questi due giovani macellai hanno esibito la loro fiera bandiera, ribadendo il fatto di essere italiani.
    Non è colpa loro se la retorica nazionale a tutti i livelli, da Napolitano al Benigni sanremese, da Monti ai partiti, continua a parlare in continuazione dell’italianità: cosa dovrebbero intendere i cittadini comuni? Cosa vorrebbe dire “essere italiani” se venisse eliminata l’opposizione semantica a chi italiano non è? Se i miei clienti pensano che io non lo sia e non comprano più, associando la mia carne ad altri costumi e regole alimentari, cosa devo fare io se non ricordare loro che sono italiano?
    E chi è quindi a non essere italiano in modo da darci ragione dell’esserlo?
    Come chi dia del razzista a qualcuno con la leggerezza di chi usa il termine a stregua d’invettiva, uguale stupido è colui che non si sia mai reso conto che la retorica italiana implica l’Altro e che a difender la prima si discrimina il secondo.

  8. Dire che “il cartello si presta a letture discriminatorie nei confronti di altre etnie” elude alcuni punti:

    – Chi può dare simili letture? qualche immigrato? qualche italiano molto sensibile a possibili razzismi? (Questo si potrebbe verificare dai messaggi di denuncia su Facebook, io non ci sono riuscito.) Comincerei a preoccuparmi solo se gli immigrati si sentissero discriminati da quel cartello, altrimenti no.

    – Quanto sarebbero ragionevoli simili letture? Mi sembra ovvio che non lo sarebbero per nulla. Ci si può leggere, al più, un certo patriottismo nazionalistico, quello stesso dichiarato, in termini del tutto innocui, dai due giovani macellai.

    Il problema più generale mi sembra il seguente.
    Un certo orgoglio di qualche identità in cui ci si riconosce è presente, credo, in tutti gli individui, e tutte le culture lo alimentano.
    Le identità di cui essere orgogliosi sono mille e più: italiano, europeo, nero, africano; ma anche donna, gay, transessuale; falegname, operaio, imprenditore, ricercatore; cattolico, comunista, valdese; siciliano, lampedusano, veneto, triestino, senese, e senese dei vari quartieri; juventino, milanista, interista, virtussino, fortitudino; positivista, esistenzialista, pragmatista, strutturalista – si può continuare per pagine e pagine.
    L’affermazione di ciascuna di queste identità, con le emozioni di appartenenza inevitabilmente associate, lievi o intense che siano, può degenerare in intolleranza. Vale per tutte le identità elencate e, credo, per ogni altra.
    Vogliamo reprimere ogni senso di appartenenza e ogni sua manifestazione ‘campanilistica’, per prevenire il rischio dell’intolleranza e della discriminazione?
    Oppure, vogliamo fare una lista delle identità politicamente corrette e di quelle politicamente scorrette? Perché mai “di sinistra” dovrebbe essere un’identità di cui poter essere orgogliosi e “juventino”, faccio per dire, no? 🙂

    Personalmente, sarei del tutto tollerante nei confronti dell’orgoglio di qualsiasi identità, fino a che non degeneri manifestamente, nelle parole e negli atti, in disprezzo e discriminazione nei confronti di un’identità diversa. Disprezzo e discriminazione anche minimi, ma non immaginari.

  9. Ben, quel che tu dici presuppone la società perfettamente pacificata e paritetica di cui dicevo… ma non lo siamo.

    Dunque scrivere un cartello del genere implica letture discriminanti, indipendentemente dalle buone intenzioni di chi lo ha esposto. Che puoi tu consideri illegittime queste letture è indice del tuo sguardo obiettivo e non discriminante, ma questo sguardo non è di tutti.

    Per molti l’italianità della carne è rassicurante semplicemente perché si immaginano chissà quali schifezze presso macellerie NON italiane. Senza sapere proprio un bel nulla di direttive europee, pratiche culinarie altrui e mille altre cose, fra cui quelle che Ugo ha specificato. Per costoro l’equazione è semplicemente: carne italiana = buona e igienicamente garantita; carne che viene «chissà da dove» = sporca e portatrice di malattie. Il che, detto pregiudizialmente e nell’assoluta ignoranza di mille altri fattori, è ingiustamente discriminatorio, oltre che falso.

  10. Aggiungo, per Giovanna in particolare.
    Come minimo, per essere discriminata, un’etnia deve essere indicata. Come minimo.
    Quale/i etnia/e sarebbero indicate, anche solo con un’allusione, non dico fatta/e oggetto di una possibile squalifica, dal cartello dei due giovani, e niente affatto sprovveduti, macellai calabresi?

  11. @Giovanna
    Però ho un’obiezione. Il cartello esposto dai due macellai non può essere letto come se il contesto fosse la ricezione di uno spot pubblicitario. Il lettore modello di quel cartello è l’acquirente che prima si aveva e non si ha più, o comunque che già in testa aveva la falsa informazione di una macelleria che trattasse la carne con altre modalità, comunque diverse dai propri gusti.
    Mio nonno, partigiano duro e puro, fu descritto alle mie orecchie come uomo di destra perché esponeva fieramente le bandiere italiane maxiformato per la Festa del 25 aprile (!). Era un’interpretazione fuori contesto. Per capire l’orientamento politico, l’esporre la bandiera nazionale è un indizio, ma un indizio non fa una prova. Non ci si può fermare a quello. Il 25 Aprile è difficilmente compatibile con la Destra storica, quindi l’indizio cade così come l’intepretazione. Piuttosto è interessante capire perché i media abbiano ripreso il caso isolato di un cartello fatto a mano, in velocità, e appeso a una macelleria di cui i proprietari sono palesemente motivati da altre ragioni che non siano il razzismo. Sono i maledetti media ad aver trasformato un innocuo cartello di provincia in uno spot in larga scala e a legittimare perfettamente la tua analisi e il tuo giudizio. Ma in origine? Rimproveriamo chi parlava a pochi di non aver curato un messaggio giudicato ex post una volta arrivato a molti?

  12. Nella controversia fra società multi-etnica e società culturalmente integrata, propendo per la seconda.
    Però un certo grado di multi-etnicità mi sembra tollerabile, anzi molto positivo. Questo però comporta, credo, anche manifestazioni di orgoglio etnico, che non credono vadano riservate alle sole etnie minoritarie. Vedere in questo del possibile razzismo mi sembra un eccesso di cautela iperprotettiva, e anche di sfiducia nella gente comune.
    Tra la botte piena e la moglie ubriaca, sarei per una ragionevole via di mezzo. Ameno fino a che la moglie non esageri. 😉

  13. Il fatto che la società reale non sia “perfettamente pacificata e paritetica”, non giustifica quelle che a ragione vengono chiamate “discriminazioni al contrario”… L’identificazione di una discriminazione scorretta o lesiva ha matrici logiche, prima ancora che “socio-logiche” o storiche o semantiche; quindi anche se certamente una società civile deve tenere conto del suo background storico e linguistico, il percorso verso la parità e la pari dignità non può procedere per deroghe contestuali che rischiano di divenire bilanciamenti al contrario, ma deve tendere il più possibile a delineare subito l’equilibrio paritario… Dopodiché ben vengano i sociologismi anche dietro-logici, ma quando si tratta di libertà di azione e di espressione non si possono usare 2 misure e 2 pesi.

  14. E poi, Giovanna, se vogliamo parlare di intolleranza, dove ne vedi di più? Nei due giovani macellai di Treviglio e nel loro cartello, o in quelli che li hanno accusati di razzismo e nei loro messaggi su Facebook (che non ho letto ma posso immaginare)?
    Per la verità, non mi preoccuperei troppo neanche dell’intolleranza di questi ultimi. L’orgoglio dell’antirazzismo va benissimo (finché non degenera).

  15. Tu sai che le camomille non sono tutte uguali… recita una pubblicità in onda in queste settimane. E, dunque, se vedi un macellaio calabrese, in pelle similmarocchina, e sai che le carni non sono tutte uguali, non ti viene il dubbio che quella carne sia per “loro” e non è il caso di acquistarla, visto che tu sai che le carni, anche e innanzi tutto, quelle umane non lo sono?
    Il cartello dice, in realtà: anche se possiamo sembrare mediterranei, sponda sud, guardate che siamo come voi, non come loro.

  16. Mah, non so esattamente se sono razzisti o meno, non mi è dato saperlo perchè le dichiarazioni possono essere di facciata. Le persone spesso, non hanno bisogno di una laurea in scienze della comunicazione per non essere travisati, perchè spesso, suona nella testa una campanella che avverte. Se la campanella non ha suonato, io sospetto è perchè credevano che i razzisti fossero molti di più, o diciamo coloro i quali si tengono comodi su posizioni ambigue. Si sentivano isomorfi rispetto al contesto culturale e politico. Non lo sono? boh mi pare una buona notizia.

  17. @guydebord
    Ho questa idea anch’io:”Noi siamo italiani come voi”.

  18. “Bistecchina!” by Federico Fellini. Grande momento di cinema italiano. E’ l’unica cosa di intelligente che mi viene da dire (quotando indirettamente Till).

  19. Condivido l’affermazione di Ugo: si tratta di un cartello esposto fuori dal proprio negozio, chi l’ha scritto non aveva in mente la platea di FB.

    E anche l’interpretazione per cui il cartello dice qualcosa di chi lo ha scritto (“Noi siamo italiani come voi”)

    Treviglio è al centro della Geradadda (terra felix -come dice un giornaletto locale- dove da una decina d’anni circa, i paesi hanno all’ingresso ridicolissimi cartelli marroni con nomi ‘revisionati’: Treì, Careàs, Brignà, Arsen, Pognà, Spirà, etc).

    Treviglio è lontana dalla Calabria cinque volte di più dei 200 km che separano il nostro confine sud dal Nordafrica: questa ‘nostra’ gente potrebbe essere il ponte verso di ‘loro’ (qualcosa tipo: carne per mussulmani, macellata secondo le leggi italiane), invece la reazione è quella solita: ‘vecchi’ immigrati contro ‘nuovi’. Peccato, occasione (anche di business) sprecata.

    Mi viene in mente il racconto di Will Eisner (Dropsie Avenue) che racconta l’arrivo di successive ondate di immigrazione in un quartiere di NY: ciascuna generazione di immigrati usa nei confronti dei ‘nuovi’ gli stessi atteggiamenti subiti, in una specie di coazione a ripetere.

    Dunque in questo cartello io non ci vedo molto di nuovo, se non appunto un’occasione sprecata.

    Bene ha fatto Giovanna a rilevare il cortocircuito che si è venuto a creare rilanciandolo in rete o -per meglio dire- in Facebook: è chiaro come l’architettura (di facebook) abbia indotto un comportamento: eliminare il contesto per moltiplicare a dismisura le possibilità di comunicazione.

  20. icittadiniprimaditutto

    Reblogged this on i cittadini prima di tutto.

  21. Ma secondo me la reazione che indichi tu può essere parte di quel “Noi siamo italiani come voi”. Nel senso che queste persone, memori di essere state discriminate al loro arrivo o con addosso la sensazione di avere la marca dell’inferiorità, tipica del meridionale (lo dico da meridionale), o realmente ancora discriminate, tutto sommato, applicano lo stesso schema ai nuovi, per sentirsi parte del gruppo considerato di maggiore prestigio.

  22. Insisto sul mio punto, perché sto cercando di capire i punti di vista contrari, ma non ci riesco. E considero il razzismo un tema molto serio.

    Leggo nella versione un po’ più ampia pubblicata da Giovanna sul Fatto quotidiano.
    “…«carne macellata in Italia»: più adatta a certi tipi di cottura, più buona, ma anche più controllata dal punto di vista igienico, più sicura, e così via. È chiaro che alcuni di questi impliciti (gli ultimi due per esempio) si prestano a letture discriminanti, che lo si voglia o no.”

    Certo, “letture discriminanti”. Ma discriminano riguardo alla sicurezza e all’igiene della carne macellata – discriminazione che qualunque membro della cultura occidentale fa sempre (legittimamente) – o discriminano riguardo all’etnia dei commercianti?
    La seconda cosa avverrebbe solo se certi prodotti venissero boicottati, a parità di prodotto, per l’etnia dei venditori, piuttosto che sfavoriti per qualche caratteristica del prodotto stesso, evidente o ragionevolmente presunta.

    Per dire, io presumo, in base alle mie conoscenze ‘da enciclopedia’ (Eco) e alla mia diretta esperienza, che l’igiene nei ristoranti cinesi sia mediamente minore che nelle pizzerie napoletane (con un’eccezione che pure amo).
    Significa questo che discrimino, nel senso di una discriminazione etnica moralmente censurabile, i cinesi rispetto ai napoletani?
    Niente affatto. Siccome sono parsimonioso e la cucina cinese mi piace, mi limito a evitare – ma li evito! – i ristoranti cinesi che ritengo, a torto o a ragione, meno puliti. Discrimino in base a uno stereotipo, certo! Come pure discrimino, in base ad altri stereotipi, la cucina emiliana da quella siciliana, preferendo pregiudizialmente e faziosissimamente la seconda. 🙂

    Ma forse, data la mia incomprensione della logica che sto contestando, faccio discriminazione etnica, al pari di decine di milioni di italiani ingenui, “a mia insaputa”. 😉

  23. Manca una piccola informazione: la carne halal e kasher può – e in gran parte è – essere italiana, ossia ottenuta dalla macellazione secondo le regole di animali controllati secondo la legge italiana. Spesso la carne halal e kasher proveniente dall’estero è congelata ma in questi casi la legge obbliga la tracciatura. Esistono poi moltissime macellerie nazionali le quali vendono carni importate – in modo del tutto legittimo ma la cui provenienza dovrebbe essere dichiarata.

  24. @Serbilla, sono senz’altro d’accordo con te, ma non mi basta.

    Per me è fondamentale il fatto che costoro avrebbero un ruolo prezioso di persone-ponte e che (per inconsapevolezza? per incultura? per cultura avversa?) non l’hanno fatto valere.

    Voglio dire: sarà più facile per un Calabrese che per un Bergamasco trovare (per primo) dei punti di contatto con un Nordafricano, no? in fondo si commercia tra le due sponde da millenni: possibile non sia scattato per primo questo riflesso, diciamo così ‘atavico’, bensì quell’altro ‘di difesa’?

    E in questo Facebook non è servito affatto ad unire, ma piuttosto a dividere di più, alla faccia della cultura del ‘fare rete’.

  25. Pingback: Macelleria italiana. Siamo italiani! | BgUnder

  26. In teoria sarebbe così, ma se non fosse avvenuto nel frattempo un esproprio, il Mediterraneo non è più il mare che ci unisce, da molto tempo, è qualcosa che serve a tenere lontano “il terzo mondo” culturale. A partire propio dalle politiche razziste, non solo le utlime, ma anche quelle più antiche, qualle mai sciolte, l’irrisolto con il quale non facciamo mai conti. Questo anche nella corsa a diventare “nord”. Sempre perchè c’è un modello proposto come migliore, che spesso migliore non è, ma a lungo andare ci si convince si o viene venduto molto bene, che viene adottato per non sentirsi “deboli”.
    E’ come quando si dice che molte donne hanno adottato dei comportamenti “maschili” – che non sono maschili in senso biologico, sono solo parte del modello proprosto come maschile, in realtà dell’unico modello proprosto come vincente – per essere accettate, per affermarsi, all’interno del sistema, così facendo non sarebbero solidali con le altre donne. Le due cose non sono slegate, anzi lo sono strettamente.

  27. Scusate i refusi ed anche il fatto che sono un po’ o.t. 🙂

  28. Non si può escludere che i macellai calabroni come me, non c’abbiano messo una puntina di razzismo oltre che tutta la loro ingenuità e insipienza….nonché ignoranza…
    Giovanna, ora che lavoro in un negozio, a contatto con tanti tanti stranieri immigrati, essere meridionale mi aiuta a relazionarmi con loro proprio perché questo tratto della mia identità arricchisce e completa la mia personalità…ma il punto di partenza rimane sempre quello di sforzarsi di far tabula rasa dei propri pregiudizi….
    Peccato che i due calabroni non abbiano colto, ma siano andati avanti coi paraocchi e con cartelli, che di per sé hanno qualcosa di discriminatorio, da dito puntato da sig.na Rottenmeier……
    Scrivere “soppressata, nduja e specialità calabresi”….li avrebbe resi più simpatici e avrebbe fatto bene ai loro affari!
    Buona giornata

  29. Prescindendo dal caso specifico e parlando in generale: uno non ha il diritto di dire sempre e comunque ciò che vuole degli altri, ha però il diritto di dire delle cose di se’. Non posso esporre sulla vetrina del mio negozio un cartello con su scritto che odio i froci, o gli etero o i terroni,o gli interisti ecc…però devo poter appendere un cartello dove dico che sono settentrionale, eterosessuale, juventivo, gay ecc..e orgoglioso di esserlo

  30. Io vedo solo scritto “Macelleria italiana”, “Siamo italiani!” non lo leggo, dov’è? Casomai avrebbero dovuto scrivere: “Carne italiana” perché se vedo che la carne è importata dalla Polonia o da altri luoghi lontani io non la compro.

  31. Sicuramente hanno sparso quella diceria per invidia.

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