Lo so: diranno che è uno spot «ironico». Che è brioso e leggero, mentre io, pesantona, non so scherzare. E diranno pure che non c’è nulla di offensivo nel rappresentare una ragazza che supera i limiti di velocità (quando invece le statistiche dicono che sono soprattutto gli uomini a farlo), e guida come una cretina, con tanto di espressione trallallerò-trallallà, gingillo a forma di gelato pendente e pupazzo-cerbiattino sul cruscotto. Dopo di che ne fa di tutti i colori con la borsa, di fronte a un poliziotto accigliato che pare uscito da «Sulle strade della California». Quando invece la pubblicità è tutta italiana (QUI i credits).
Insomma, so bene (lo vedo) che lo spot non espone tette e culi, per cui è probabile che l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (Iap) alla fine non lo condanni per violazione l’articolo 10 del Codice, quello per cui la pubblicità «deve rispettare la dignità della persona in tutte le sue forme ed espressioni e deve evitare ogni forma di discriminazione». So già tutto, ma ugualmente lo denuncio allo Iap, perché per me, al contrario, lo spot offende tutti coloro (donne e uomini) che di queste idiozie non ne possono più.
Se sei d’accordo fallo anche tu, compilando questo modulo, e vediamo cosa risponde lo Iap.
Modulo compilato perché concordo pienamente con lei con la “pesantezza” dello spot!
G.le prof.ssa Giovanna Cosenza,
a nome del Comitato di controllo dello IAP la ringraziamo per averci inoltrato la sua denuncia che abbiamo vagliato e valutato attentamente. Riteniamo tuttavia di dover procedere per una diretta archiviazione del caso con la motivazione che nessuna delle norme etiche che informano il nostro giudizio appare violata. La comunicazione commerciale deve essere onesta, veritiera, e corretta. Essa deve evitare tutto ciò che possa screditarla. Nel caso da lei denunciato non ci sono sufficienti elementi che possano propendere per un’interpretazione svilente di un genere. Lo spot rappresenta un’adolescente distratta (ma non per questo scema) e non autorizza a pensare che tutte lo siano. Gioca su una veritiera e realistica rappresentazione dell’uso che ogni donna fa della borsa, moderno vaso di Pandora in cui tutto è mobile, indeterminato, non prevedibile, comunque rappresentativo di un’identità femminile altrettanto complessa e non riducibile a un contenuto prevedibile. Al contrario di ciò che ha pensato lei, il Comitato ritiene che la pubblicità mostri comunque una prospettiva emancipatoria verso un prodotto, come è un assorbente intimo, che ha sempre rappresentato uno stigma prettamente femminile, sovente occultato alla vista altrui per un moto di pudore, questo sì antico retaggio di un ruolo sessista cristallizzato nella gestione del menarca come esclusiva femminile. A maggior ragione si può concludere che una ragazza ancora lontana dall’essere giudicabile a consuntivo per una sobrietà e una maturità che non può ancora avere nonostante una patente acerbamente sbarazzina, e che tratta l’assorbente, che ancora la madre avrebbe relegato ai segreti da comodino di un beauty case inaccessibili ad altri, con la spigliatezza di un documento o un mazzo di chiavi, sia un modello positivo e soprattutto onesto, veritiero e corretto di una rappresentazione della realtà che ci circonda ovunque e tutti i giorni.
Con la stima di sempre
Cordiali Saluti
mamma mia, veritiero e corretto! Questo mi pare peggio che la pubblicità!
(comunque l’ho segnalata anche io, ed invito ad insistere)
lol
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Giovanna, giraffetta? 🙂
bel post, Ugo. Molto carino sulla borsa: forse il vero discrimine fra uomini (non tutti) e donne (non tutte). 😉
è possibile che per pubblicizzare qualsiasi cosa si debba ridicolizzare qualcuno e che quel qualcuno nella maggioranza dei casi è di sesso femminile?
io non mi sento particolarmente ricca di fantasia, ma se mi ci mettessi un pomeriggio a pensare un tipo di pubblicità per assorbenti, sono sicura che tirerei fuori qualcosa di divertente e carino senza offendere nè ridicolizzare nessuno, ed un pubblicitario che invece ha studiato per comunicare alla gente tira fuori questa cosa qua? grrrrrrrrrr
ovviamente inviato modulo
Secondo le indicazioni europee sottoscritte dall’Italia la buona pubblicità “evita rappresentazioni stereotipate che possano essere percepite come offensive o umilianti per le donne.” e “dà un’immagine positiva della donna come individuo e componente significativo della società”. Non mi sembra che nulla di ciò emerga da questo spot. Le due risoluzioni comunitarie sottoscritte dall’Italia nel 1997 e nel 2008 invitano gli Stati ad adottare “tutte le misure adeguate per eliminare gli stereotipi sulla divisione dei ruoli fra i due sessi e le pratiche derivanti da una concezione fondata sull’idea della superiorità o inferiorità di un sesso rispetto all’altro”. Tra la ragazza e il poliziotto quest’ultimo rappresenta il serio, e perciò superiore.
Visto che ancora alcuni concetti non sono scontati per lo Iap, inviterò il mio gruppo a partecipare al mail bombing, con la speranza che un numero elevato di segnalazioni porti se non altro a far sorgere il dubbio che sia ora di ostacolare l’ immutata rappresentazione ( e ogni rappresentazione implica una scelta da parte di ditte e pubblicitari) dei generi.
http://www.facebook.com/home.php?sk=group#!/home.php?sk=group_139046259478883&ap=1
Su questa della Nuvenia non saprei, Giovanna, ma intanto ne ho appena denunciata una della Toyota per discriminazione.
Con queste motivazioni, quanto all’ironia: ” Conosco bene l’obiezione dell’ironia, che ammanterebbe tutto di un velo leggero e accettabile, ma vi chiedo: in tutta onestà, ritenete davvero che non costituisca un insulto per le donne questa divisione netta per cui gli uomini lavorano (i tecnici che progettano sono SOLO uomini, anche se l’auto è pensata per le donne), pensano e parlano (alle donne non è dato di avere voce in capitolo, sono i tecnici che si travestono da donne, perché? perché questo è meglio che chiedere e dare voce alle donne?), mentre le donne hanno (pardon, avrebbero) bisogno dell’auto per trasportare i bambini e “andare in città” non si sa bene a far cosa, certo senza menzione di esigenze di lavoro – si parla solo di famiglia. L’ironia può indubbiamente essere utilizzata bonariamente, ma in questo caso a me sembra abbastanza evidente che l’effetto è di una visione stereotipata e derisoria che finisce per rafforzare una divisione dei compiti tra uomini e donne che non solo non riflette la realtà del paese, ma insulta e danneggia gli sforzi delle donne italiane di ottenere un pieno riconoscimento dei loro diritti e delle loro aspirazioni. A cosa è ridotta la presenza femminile in questo spot? Allo stereotipo di un paio di scarpe e a una voce che non trasmette il proprio pensiero, bensì si limita ad essere l’immagine per così dire “attenta” alle donne dell’’azienda. Si tratta di uno spot che compie e favorisce discriminazione,”
Ecco, Annamaria mi aiuta immediatamente a chiarirmi le idee.
@Arlotta
C’è un equivoco in tutto questo: forse non è chiaro che lo IAP non nasce per tutelare il consumatore ma il pubblicitario.
Leggiamone insieme la finalità per quanto concerne la competenza dei suoi organi:
“”La comunicazione commerciale deve essere onesta, veritiera, e corretta. Essa deve evitare tutto ciò che possa screditarla”. È questo il primo fondamentale articolo del Codice. Le altre norme ne conseguono e fissano in dettaglio ciò che è lecito e ciò che non lo è. […]”
Capito? Lo scopo dello IAP non è cambiare la pubblicità perché offensiva di qualcuno o qualcosa ma sanzionare/cambiare quelle pubblicità che possono compromettere un’onesta circonvenzione di incapace, diventando controproducenti per chi commissiona e produce uno spot nel momento stesso in cui i consumatore, dal’ essere potenziali acquirenti, per qualche motivo vengono urtati rischiando di mutarsi in potenziali minacce al fatturato di uno – e quindi di tutti gli altri, in ossequio alla massima che simul stabunt simul cadent.
Ne risulta che lo IAP è un organo logicamente inconcludente perché è deputato a confessare il diavolo.
Ugo: ahahahahahahah… 😀 … sono piegata in due dal ridere. Lo sapevo, lo sapevo che… fai parte dello… Iap! Ecco perché lo interpreti così bene. 😀
Ben: ahahahah… 😀 ebbene, ho visto una giraffetta, mentre è un… cerbiatto appena cresciuto? Ha le corna, ma non lo direi cervo. Un cervo adolescente? 🙂 In ogni caso ho corretto. Ahahahaha. Se pensi non sia un cerbiatto, ricorreggimi, che ricorreggo! 😀
Giovanna, volevo scherzosamente suggerire che, in questo caso, la tua analisi era stata frettolosa, come già ben spiegato, secondo me, dal post di Ugo.
Niente di male, naturalmente, io sbaglio praticamente sempre, per insufficiente ponderazione. Una volta può capitare anche a te. Ma il giochino è risultato poco simpatico, peggio per me. (Q.E.D)
La critica rimane. Rappresentare una ragazza simpaticamente casinista non è un’offesa al genere femminile, come non lo sono le pubblicità che rappresentano maschi simpaticamente casinisti con qualcosa di diverso dalle borse. Immagino che qualcuna ce ne sia. E lo stereotipo “donna al volante, bella e cretina costante” io non l’ho visto, come non ho visto la giraffa. 😉
E’ vero che l’offesa dipende dalla sensibilità, e tu hai le tue buone ragioni, ben più di me, per essere sensibile.
Che rabbia quando sento queste cose! Le donne al volante sono più prudenti e pazienza se non sappiamo parcheggiare bene come gli uomini (se proprio vogliamo cadere negli stereotipi!). Stamattina, per esempio, ero in pullmino diretta al lavoro, in una strada extraurbana secondaria. Mi stavo appisolando quando mi sveglia una frenata brusca dell’autista: per poco non ci veniva addosso un carico volato via da un camion guidato da un uomo! Potrei elencarne a migliaia di casi come questi, dove non si rispetta il codice della strada! Fortunatamente era solo polistirolo!
Che onore avere un commentatore dello IAP! Ho guardato la pubblicità: è stupidissima ma non la trovo offensiva nei confronti delle donne, questa volta. E’ vero comunque che potevano fare di meglio. Si vede comunque che la pubbicità è fatta da un uomo che ha poca fantasia e considera gli assorbenti femminili di poca importanza.
Ben, non sono d’accordo proprio per niente. Innanzi tutto, secondo me, hai completamente frainteso il commento di Ugo. Ugo ha simulato come potrebbe essere una risposta dello Iap, per fare ironia su di loro, non per dissociarsi da quanto ho scritto io. O meglio, per mostrare come la lettura dello stesso testo possa essere completamente capovolta. Cosa che so bene. Come so pure che probabilmente lo Iap risponderà più o meno come ha scritto Ugo. Tanto è vero che sai cosa ho fatto? Ho mandato allo Iap (con mail privata) il testo di Ugo, proprio per dire: «Non rispondete così, mi raccomando, eh!». Ma mi corregga Ugo se ho visto una giraffa anche nel suo commento.
D’altra parte, ho fatto una premessa: so già come risponderanno i lettori che vedranno nel mio articolo una esagerazione. Infatti, tu quoque Ben.
Cioè sarei d’accordo con te se vivessimo in una società più paritetica. Intendo: non vale dire che questa ragazza è rappresentata come «simpaticamente casinista» esattamente come altre volte sono rappresentati ragazzi «simpaticamente casinisti». Questa ragazza sarebbe interpretabile come «simpaticamente casinista» in una società in cui uomini e donne avessero non dico pari opportunità, ma quasi. Percentuali di parità maggiori che da noi. Immaginati questo spot in Svezia, tanto per dire: lì potrei dire «E vabbe’ ci sta: è simpaticamente casinista». (Salvo poi verificare che in Svezia non si sognano nemmeno di fare uno spot così proprio perché gli sembra scemo. O offensivo, o di cattivo gusto… Sarà un caso?)
In Italia invece questa pubblicità mette il dito su una piaga. E allora non c’è più niente né da sorridere né da trovarla «simpatica». Quella ragazza qui da noi è solo una «cretinetta» che guida come una sventata. L’ennesima bella e cretinetta. Punto. Che contribuisce a rinforzare uno stereotipo che sarebbe innocuo… se solo non fosse nocivo. In Italia: società del terzo mondo dal punto di vista della parità di genere, mi spiego?
Francesca: Ugo NON è dello Iap. Stava facendo dell’ironia lui. E stavo facendo dell’ironia io.
Come vi sembrano invece queste?
@Ben
Purtroppo ha ragione Giovanna, Ben. Una beota che dopo aver consegnato un assorbente al Chips di turno conclude con una smorfia da cerebrolesa ti sembra passabile?
ciao Giovanna
anch’io avevo notato l’estrema stupiditá di questo spot – e ne ho trovato un rimedio omeopatico 😉
http://malapecora.noblogs.org/post/2012/04/03/la-vergogna-desser-donna/
ok, Giovanna, ho frainteso Ugo. Gli ritiro quel complimento. 🙂
Ma non mi va che si consideri la ragazza dello spot una cretinetta (G.) beota e cerebrolesa (U.). Io potrei fare di peggio. 😉
Segnalato!
… e non dirmi “avevo avvisato”: l’avevo ben visto.
Ma, nonostante l’avviso, ego quoque. 🙂
@Ben scrive: “Io potrei fare di peggio. ;-)”
A questo punto sei obbligato a dirci cosa. Si parte da un minimo di guidare con una coniglietta allo specchietto che metronoma l’andatura mentre una poliziotta ti ferma e tu, farfugliando con il portadocumenti, ne tiri fuori un profilattico e glielo metti in mano per poi guardare la telecamera con l’espressione di Yoghi?
@Ugo: come lo sai che mi è capitato proprio questo? 🙂
ma dai, si potrebbe prendere il tutto con più leggerezza, no? In fondo la rappresentazione stereotipata della donna al volante non fa altro che aggiungersi alle centinaia di stereotipi con cui tutti etichettiamo il mondo che ci circonda per semplicità. Ma vi immaginate che pesantezza sarebbe dover essere realmente corretti al 100% senza nemmeno permettersi di scherzare sui vizi ed i modi di fare di tutti noi? Sinceramente, solo una donna estremamente insicura di se può sentirsi offesa dallo spot dell’assorbente dato al poliziotto, mentre una donna (ma dire per pari opportunità) una persona normale, dovrebbe solo sorridere della leggerezza della cosa.
In fondo, poi, c’è sempre un che di vero: alzi la mano la donna a cui non è mai capitato di tirar fuori dalla borsa un assorbente mentre, invece, stava cercando un pacchetto di fazzoletti. Esattamente come qualsiasi uomo almeno una volta ha camminato per casa con le scarpe sporche di fango, o si è scordato l’anniversario i matrimonio senza per questo non amare più la consorte. Suvvia… un po’ di leggerezza….
accuso un capogiro, che probabilmente mi viene dal leggere questa spirale di osservazioni e vedere che si avvita, sempre di più, fino ad allontanarsi da quello che forse è il nocciolo del problema: e se la questione fosse “sistemica”? Vale a dire: se chiedere alla pubblicità di essere rispettosa, veritiera, corretta, “informativa”, fosse come chiedere a un leone di risparmiare la gazzella quando ha fame (perchè quando non ne ha neanche la vede……!)?
Mi chiedo: la propensione alla caricatura, a far leva sugli spereotipi, a moltiplicare le discriminazioni e la disparità di genere non è costitutiva della pubblicità?
Possiamo ricordare un’era felice della pubblicità, in cui non si metteva in scena l’imbecillità della donna, la sua inattendibilità, inaffidabilità, la sua limitatezza? Era un’età aurea quella in cui si disegnava sempre la stessa scena, popolata da un bestiario femminile dedito ai lavaggi domestici, ai piatti, alle cere per pavimenti?
L’obiezione è quella che in paesi più civili la pubblicità è più civile? Ok, e magari è anche più insinuante, ficcante, convincente che da noi! Perchè, si sa, alla fine, la pubblicità tende alla saturazione e dunque all’azzeramento della probabilità di efficacia rispetto al prodotto. Mentre consolida i capisaldi della cultura della cazzate!
A Ugo e tutti gli altri suggerirei la lettura di questo articolo:
https://apps.facebook.com/theguardian/media/2012/apr/04/american-apparel-ads-banned-advertising-watchdog?fb_source=aggregation&fb_action_types=news.reads
Mi sembra interessante in una prospettiva comparatistica e di interculturalità.
@Mammamsterdam
Molto interessante il suo link (che riposto per tutti coloro che come me non usano facebook. http://www.guardian.co.uk/media/2012/apr/04/american-apparel-ads-banned-advertising-watchdog).
A scorrerne velocemente lo statuto l’ASA (Advertising standard authority) sembrerebbe essere l’equivalente dello IAP. A mio modesto parere non ho dubbi che il pronunciamente del nostro IAP su un caso come quello citato nell’articolo sarebbe stato identico al giudizio di censura che ne ha dato l’ASA per la semplice ragione che quando la materia contesa concerne l’esposizione gratuita di nudità il giudizio diventa più facile per tutti. Invece chiedere la censurare dell’imbecillità o della discriminazione associata a un genere o a una categoria è impresa vana che nemmeno un Perry Mason riuscirebbe ad arringare. Il giudice, dopo tutto, deve solo tutelare la pubblicità dall’essere infangabile da se stessa. Che è come dire, usando un’espressioen sicuramente eccessiva ma efficace, che lo IAP si comporta come la mafia nei confronti di un suo affiliato che, ordinato di compiere una faida, uccida anche i bambini. La mafia stessa lo ucciderà di proprio pugno per non scatenare un’eccessiva e pericolosissima reazione dell’opinione pubblica contro di lei.
in questo mondo così leggero, così leggero leggero, dove nessun diritto ha più un valore, e la gente si butta dal quinto piano nell indifferenza di tutti, c’è ancora qualcuno che chiede altra leggerezza? non ne abbiamo avuta abbastanza? senza apparire apocalittica ma a me sembra che questa sia l’ora del dolore, un profondo dolore per tutto, anche per l’immaginetta apparentemente leggiadra e simpaticamente incasinata della fanciullina al volante. gli stereotipi sono ormai talmente radicati e strutturati in così tanti italiani da non accorgersi che quello spot rappresenta per l’ennesima volta la ‘donna scema’ ed io, che guido benissimo, parcheggio ancora meglio, e ragiono su ogni sacrosanta cosa, anche la più stupida e apparentemente leggera, me ne sento offesa. la pubblicità in sè può avere moltissime carenze e non rispettare l intelligenza delle persone, ma in questo genere di pubblicità non solo si punisce la dignità e l intelligenza di tutti, ma si pone sempre la donna sotto una cattiva luce, la si ridicolizza e provo molta tristezza quando vedo che molti non lo capiscono. Siamo ancora tanto indietro, ma veramente tanto, e ringrazio invece chi come Ugo non solo comprende benissimo il problema ma sa anche andare oltre e fare bella ironia che qui purtroppo pochi hanno capito.
non cambierà mai nulla nella testa della gente se continuiamo a vederci così: donna bella e cretinetta, uomo macho, che non deve chiedere mai….ecc ecc ecc
Caterina
caterina m,
sono fra quelli che rispettosamente dissentono da te, Ugo e Giovanna su questo punto particolare. Non perché pensi che “donna è bella e scema”.
Penso invece che lo spot sia innocuo, non solo in Svezia, se c’è, ma anche in Italia.
Penso anche che la radice della disparità di genere in Italia sia tutta nella disuguaglianza del lavoro domestico e di cura, e tutto il resto segua.
Perciò apprezzo molto le denunce, che pure Giovanna fa, su questo tema.
Non pretendo di avere ragione. Ma può essere considerato un dissenso costruttivo, che non dovrebbe procurare “molta tristezza”?
caterina… “l’ora del dolore per tutto…” “gente che si butta dal quinto piano nell’indifferenza…”
E che è? Guardi che non possiamo costantemente punirci e sentirci responsabili di tutti i mali del mondo. Se ora è “l’ora del dolore per tutto” cosa dovevano fare quelli che vivevano un paio di secoli fa? Moriva la metà dei bambini, l’altra metà andava incontro ad una vita di stenti, mangiando poco, lavorando molto, dormendo al freddo e morendo -quando andava bene- a 35 anni….
Eddai, non si mostri lei superficiale nel fare di tutte l’erbe un fascio, nel voler a tutti i costi vedere il male dove non c’è: dichiarare che si dovrebbe prendere le cose con un po’ poù di leggerezza significa semplicemente cercare di vedere anche i lati positivi della vita. Guardi, le faccio subito un esempio: pochi giorni fa sono stato in ospedale a trovare un parente ammalato. Il reparto aveva circa 40 posti letto e questi erano occupati al 90% da ultra ottantenni infermi, in diversi casi via con la testa…. ed evidentemente con nessuna latra prospettiva se non quella di tirare avanti ancora qualche mese. eppure erano tutti amorevolmente accuditi e curati, la nostra “marcia” società non si fa scrupolo di spendere tutto ciò che c’è da spendere per allevare i dolori e prolungare la vita di tutti, anche di chi -in realtà- non avrebbe ormai nulla da aspettarsi, ed a maggior ragione nulla da dare. Quindi, va bene fustigarci… ma cerchiamo di tenere a mente che mai come ora al mondo c’è stata così tanta attenzione e rispetto per i diritti ed i bisogni delle persone. Se capiamo questo, capiamo anche che in fondo non c’è nulla di male nell’evocare uno stereotipo femminile per reclamizzare un prodotto specificatamente dedicato al mondo femminile.
A parte tutto questo, comunque, vorrei farle notare che -esattamente come tra gli uomini per i loro stereotipi- anche tra le donne c’è una vasta fetta di popolazione che quegli stereotipi contribuisce a mantenerli vivi comportandosi esattamente come da… stereotipo, appunto.
Si rilassi, dai:-)
Però, Ugo, è anche vero che alla base del regolamento dello IAP ci sta anche l’articolo 41 della Costituzione (non a caso oggetto di molti tentativi di trasformazione), e lo so perché spiegato ad una conferenza pubblica da chi a quell’articolo si è appellata più volte entro lo IAP (e spesso con successo) per chiedere la sospensione di pubblicità che non lo rispettavano: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Se la tendenza ora, vista la mala parata dell’uso delle donne come oggetti sessuali, è di buttarsi sulla parodia e la derisione in base ad alcuni stereotipi, direi che visto anche il contesto sociale in cui ci muoviamo (e lo ha specifcato molto bene qui sopra Giovanna) protestare forse non otterrà subito delle risposte positive, ma è fondamentale.
si può essere buffi, leggeri persino ridicoli senza essere superficiali. La pubblicità (anche questa) spesso è superficiale..almeno in Italia
@Ilaria Baldini
Non vorrei essere frainteso. Denunciare allo IAP ha comunque un suo effetto perché quando la quantità delle denunce raggiunge la massa critica un risultato, seppur contingente e specifico di uno spot, lo ottiene. La strategia della denuncia ha quanto più senso tanto è durevole e testardamente compulsiva perché nel lungo periodo la sensibilità dei pubblicitari dovrà cambiare di conseguenza. Inoltre rimane l’unico reale elemento dialettico di collegamento tra pubblicitari e consumatori senza fare riferimento al feedback del mercato o ricorso ai boicottaggi vari, che sono fenomeni acneici che durano poco, scompaiono presto e non lasciano quasi mai traccia.
Non sono invece d’accordo con lei per quanto riguarda l’art. 41 della Costituzione, e più in generale della Costituzione tout court. Intanto perché lo IAP non è un organo afferente all’Istituzione giudiziaria e inoltre perché in base alla Costituzione potrei dimostrarle agilmente che ogni suo articolo è sistematicamente disatteso e contraddetto da qualsiasi realtà (civica e giuridica) voglia analizzare. Che poi lo IAP sembri sensibile di volta in volta all’invocazione dell’art.41 della Costituzione è del tutto occasionale nel momento in cui si voglia rispettare l’art.1 del proprio Codice, in una palese contraddittorietà d’intenti poiché l’articolo 41 non è alla base del Codice dello IAP epperò lo IAP, come tutti, è tenuto implicitamente a rispettare la Costituzione. La cosa è molto diversa. Se si vuole convincere lo IAP usando l’argomento giuridico si potranno contare certamente raccogliere un numero di sentenze di censura maggiori, ma ragioniamoci su per un momento: il successo non si misura col ritirare spot a spron battuto per mezzo dell’estranea sensibilità della Legge ma nell’esortare i pubblicitari a produrre in accordo con nuove sensibilità non recepite dalla Legge in termini di reato.
Lo IAP è un filtro utile ai pubblicitari perciò i limiti a cui una denuncia va incontro devono essere chiari fin dal suo inoltro. Piuttosto è alla giustizia ordinaria che si deve chiedere il rispetto della persona nei casi eclatanti, e per via ordinaria inoltrare la denuncia qualora lo IAP faccia orecchie da mercante.
Per finire, vorrei sottolineare che il dettato dell’art.41 della Costituzione è forse uno degli articoli più rappresentativi di come la Costituzione sia ad oggi lettera morta, mero feticcio da adorare o per nostalgia di un tempo che non è mai esistito o per potersi specchiare in un dover essere più che un essere.
@Sora Slavina, bellissimo blog, amore puro per le donne!
grazie!
sulla *purezza* ti risponderó con un verso di una delle mie poetesse preferite, Sylvia Plath
“Pure? What does it mean?”
😉
Anamnesi interessante. Mi chiedo come possano aver trovato un’attrice che si è prestata a girare questo spot. Ma credo che la risposta sia ‘è una lavoro’, e di questi tempi se vende l’anima al diavolo pur di arrivare a sbarcare il lunario…
COndivido pienamente.
Ugo, non so se ho capito tutto, vado un po’ di fretta. Che la Costituzione non venga di fatto rispettata non lo trovo un valido motivo per non fare riferimento ai suoi articoli – che poi, se il problema non sussistesse vorrei capire perché in tanti si siano accaniti per cercare di cambiare proprio quell’articolo, tra altri.
La denuncia allo IAP è poi effettivamente cosa diversa da una denuncia all’istituzione giudiziaria, ma non credo sia un caso se in Spagna i codici di autregolamentazione siano fatti discendere dalle leggi che si oppongono alla discriminazione, (Nella legge contro la violenza del 2004 si legge, a proposito dei mezzi di comunicazione: “La Administración pública promoverá acuerdos de autorregulación que, contando con mecanismos de control preventivo y de resolución extrajudicial de controversias
eficaces, contribuyan al cumplimiento de la legislación
publicitaria.” E: “Los medios de comunicación fomentarán la protección
y salvaguarda de la igualdad entre hombre y mujer, evitando toda discriminación entre ellos”. In Italia il rapporto non è così esplicito, effettivamente, ma la discriminazione e la dignità a cui si fa riferimento nell’articolo 10 del codice a me sembrano in stretta relazione con i diritti di cui si tratta nell’articolo 41. Quello che intendevo dire è che i concetti dell’articolo 41 sono alla base, a mio avviso, di taluni articoli dell’autoregolamentazione, e quelli che vengono fatti agli spot sono dei piccoli processi con accusa e difesa, dove, a quanto mi risulta, l’argomento di questa relazione è stato sostenuto per sottolineare la gravità delle ricadute sociali delle rappresentazioni stereotipate e discriminatorie.
Poi è chiaro che quello che auspico è, appunto, che il fare sentire la nostra voce ottenga un mutamento di indirizzo dettato dal rendersi conto che una certa rappresentazione è percepita come offensiva e discriminatoria. Non cerco una censura, ma un cambiamento di atteggiamento. E testardamente compulsiva ho tutte le intenzioni di esserlo. 🙂
trovo molto più offensiva e deleteria, per le donne, la pubblicità della Omsa, quella in cui si vede una ragazza deficiente che sinistra due meravigliose auto d’epoca solo per farsi vedere le cosce da un ragazzo
Il codice che regola la pubblicità è soggetto ad interpretazioni e cavillose diramazioni giuridiche, personalmente lo ritengo un falso problema, ci sono tantissimi spot che ridicolizzano gli uomini, a me fanno sorridere e non mi sento affatto discriminato.
@Tads, quella pubblicità che citi è odiosa, ti do ragione, fa orrore veramente veramente, in me produce l effetto contrario, dopo aver visto quella pubblicità mi viene voglia di non metterle proprio le calze neanche a sotto zero!
ma se mi dici che tu non ti senti ridicolizzato dalle pubblicità e quindi non dovremmo sentirci cosi anche noi, non mi trovi d accordo perchè l uomo nella società in generale e in quella italiana in particolare ha rispetto, sempre, la figura dell uomo in quanto maschio è sempre apprezzata in tutti i campi, per le donne non è automatico, se non il contrario, la donna nell immaginario di tutti e anche in pratica sta in un gradino più in basso, e legittimare spot dove si continua a vederla così non è più ammissibile. gli spot possono essere belli, far ridere, far sognare, e soprattutto far desiderare ( che in fondo è quello lo scopo ) anche senza che si ridicolizzino le persone, in particolare le donne. fai attenzione alle pubblicità che passano in tv o nei giornali, la donna ricopre sempre e quasi soltanto 2 ruoli, o la mamma/massaia di casa (perchè è ovvio che la pulizia e la cura di casa e bambini debba interessare solo lei) o di calda e sensuale femmina magari pure un po’ stupidina, ma che importa, tanto a letto sono tutte uguali no?
invece noto che gli uomini ricoprono negli spot come nella vita ruoli diversi,interessanti e di successo. partiamo da qui, come mai?
Caterina,
perdona la mia tendenza a sintetizzare, non intendevo dire che siccome gli spot “anti-uomo” a me fanno ridere debbano sortire lo stesso effetto quelli “anti-donna”. Il falso problema sta, secondo me, nel rendere cervellotiche le interpretazioni di alcuni spot che spesso sono “pensati” proprio da creativi in gonnella. Conosco l’universo della comunicazione, il messaggio pubblicitario commerciale (esistono anche quelli istituzionali) si articola su due “plot”. 1: creare/evidenziare una esigenza, 2: proporre la soluzione per soddisfarla. Partendo da questi due principi di base direi che sia quasi ovvio muoversi in lande stereotipate, non sempre queste sono negative, ad esempio il video della Giulietta mostra una donna (Uma Thurman) sicura, indipendente e forte, totalmente in antitesi con la tipa della Omsa, un prodotto di livello medio alto ed uno dozzinale, due target diversi. Purtroppo o per fortuna tantissimi prodotti sono destinati ad una utenza femminile. Detto questo concordo sul biasimare certi eccessi di fantasia ma questo è un fronte molto più ampio, la TIM da tempo ridicolizza personaggi come Leonardo, Colombo, Garibaldi, ecc., la nuova panda, con la voce di Chiambretti, sfotte Dio e Noè, per non parlare di San Pietro intossicato da troppi caffè e via andando, personalmente sono ateo ma il cattivo gusto lo individuo. A rompere gli schemi ci ha pensato Oliviero Toscani con la Benetton, ha fatto scuola, una scuola discutibile e opinabile. Ugo ha dato una risposta diplomatica, avrebbe potuto tranquillamente dire che lo spot degli assorbenti rientra nella satira pubblicitaria e si rivolge alla ragazza coatta, nell’accezione positiva del termine, dubito che la Marcegaglia sia influenzabile da un simile messaggio. Per farla breve, credo che le donne debbano prestare attenzione a forme di discriminazione ben più gravi. Gli uomini vengono raffigurati come vincenti? Anche questo è biasimevole, la quasi totalità non lo sono ma si punta a vender loro una illusione, non mi pare gratificante.
Un caro saluto
TADS
mi piace quello che scrivi e come lo scrivi, ma continuo a non essere d’accordo, tutto quello che mi passa sotto il naso e che trovo ingiusto, lo respingo, non posso farci niente
sono polemica troppo, sono pedante, ma non voglio sottovalutare nulla perché è dal nulla come anche queste discussioni che partono e si formano i pensieri, le idee
qualcuno qui mi ha scritto e ribadito che dovrei prendere la vita più alla leggera, e perchè dovrei farlo se la vita non è leggera affatto?
ci sono tante forme di discriminazione che non riguardano solo le donne ma tanti altri aspetti e categorie di persone, e se parliamo di donne hai ragione, ci sono forme di discriminazione più pesanti che uno spot dove tutto sommato la ragazza non è nemmeno svestita, ma con due figlie che si affacciano adesso al mondo e alle relazioni con gli altri certe questioni mi pungono e non mi va di stare zitta
questo non è l unico blog che seguo, ma ho notato che ovunque si parli di discriminazione femminile c è sempre un bel gruppo di uomini pronti a dar battaglia e a ‘rimettere’ al loro posto le donne che contestano questo o quello
e quello che mi ‘fa tristezza’ è vedere come si tenti di banalizzare o generalizzare un problema
questo spot, come moltissime altre cose al mondo, è un problema e sono contenta che con Giovanna Cosenza e altre persone si sia pensato di mandare un modulo di protesta allo iap, chi non è d’accordo può sempre non farlo
con passione
caterina
Caterina,
ho una lunga militanza in rete, su questa piattaforma sto trasferendo un blog che ho dal 2004 (se clicchi sul mio nick lo vedi), in precedenza ho frequentato diversi forum, negli spazi da me gestiti non ho mai consentito a nessuno di “mettere a posto le donne”, se ho ben capito il senso del tuo dire. Io non ho problemi di questo tipo, non mi piacciono quelli che attaccano le femminucce a prescindere ma neanche quelli che colano melassa davanti ad un nick femminile fingendo di concordare e apprezzare tutto. Per me una belinata, che la scriva un uomo oppure una donna, rimane comunque una belinata, il rispetto mal si sposa con l’accondiscendenza. Se hai una vena polemica fai bene ad alimentarla, tra persone intelligenti ci si intende sempre, anche se si hanno visioni diverse, soprattutto, come tu giustamente dici, ci si trasmette qualcosa di costruttivo.
TADS
Bello spot sessista che rapresenta le donne come bambinone stupide!
@TADS, interessante e raffinato
mi ci vorrà un po’ di tempo per guardare tutto e capire, ma mi ha preso
ciao
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Segnalato! Complimenti per il post 🙂
che stupidate….dal mio punto di vista non c’è nulla di offensivo.
penso che chi si senta offeso da una pubblicità del genere lo sia perchè si sente realmente impedita e incapace e il fatto di vedersi presa in giro in televisione la offende personalmente.
molte donne che san realmente guidare davanti a sta pubblicità si fan 2 risate e basta, perchè ridere nella vita è meglio che piangere e saper ridere dei difetti propri è SOLO un gran pregio.
cmq…. giusto o scorretto che sia hanno raggiunto alla grande il loro scopo, non a caso decine di forum che parlano di questa pubblicita , con tanto di video linkati… non è altro che ulteriore pubblicità.
io sono un pubblicitario… e non importa se se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli, e voi siete tutti caduti nella trappola di quel genio pubblicitario, che a mio modo non offende nessuno e mi trovo perfettamente daccordo con lo IAP.
nella pubblicità della VW polo l’uomo che cerca di risparmiare sulle componenti sembra un genio o un idiota ? la differenza sta nel fatto che l’uomo non si offende (perchè consapevole di quanto un uomo può essere genio quanto imbecille), la donna invece si ingrifa e va a rompere i coglioni alle varie associazioni perchè “ma io non sono pirla come lei” (ma chi l’ha detto che lo sei, è una tua idea).
scusa, ma donne rincoglionite non ce ne sono ? (come uomini, nessuna discriminazione) …sei tu che fai di tutta l’erba un fascio.
inoltre dov’è il problema ? che ciondola la testa mentre guida ? c’è la musica, lo fanno milioni di persone di tutti i sessi.
il cono gelato attaccato allo specchietto ti offende ? c’è chi ci attacca cose molto molto peggiori e infantili… di tutti i sessi.
io nella mia macchina ci metto quel che voglio e sicuramente non son cazzi tuoi, come avere un peluches o un qualcosa di infantile in auto non rende automaticamente stupido, scemo o infantile il proprietario stesso.
c’è chi a 50 anni guarda i cartoni animati, e allora ? è un deficiente ? no , ha solo interessi e passioni differenti dalle tue e ciò non lo rende inferiorre a te.
ti offende l’assorbente ? siamo nel 3° millenio… svegliaaaaaaaaaaaa !!!!
la ragazza la pubblicità l’ha fatta senza problemi e non si è sentita offesa… e lei ci ha messo la faccia …tu chi sei ? è tua la faccia in quella pubblicità ?
poi puoi pensare quello che vuoi , ma è la pubblicità COMICA di un assorbente… ci volevi un uomo al suo posto ? looool
forse le donne dovrebbero solo smetterla di sentirsi discriminate , in quanto non lo sono, anzi….
Alberto, lei si dice “un pubblicitario” e comincia il suo intervento dicendo “che stupidate”. Bene, credo che questo inizio qualifichi innanzi tutto lei. Né io né i lettori di questo blog avevamo bisogno di questa sua lezioncina di ovvietà mista a supponenza, mi creda.
Se avesse avuto l’accortezza di farsi un giro nell’archivio di questo blog, e in particolare nella sezione che riguarda la comunicazione commerciale, studiandosi soprattutto il livello dei commenti che circolano da queste parti, si sarebbe reso conto lei stesso (e con questo sto comunque riponendo molta fiducia in lei) che interventi come il suo sono, come minimo, un autogol. Le suggerisco di intervenire da qualche altra parte, o di tacere del tutto, giusto per non far fare figuracce alla categoria professionale che lei dice di rappresentare.