Sulla mezz’ora di «Ask Me Anything» che Barack Obama ha fatto due giorni fa su Reddit, sono state già scritte diverse cose, che si dividono grosso modo in due filoni, in Italia come all’estero.
C’è chi sottolinea l’abilità comunicativa che sta dietro alla mossa: in un momento in cui l’avversario Romney è su tutti i media con la convention repubblicana, Obama rilancia sul terreno in cui più si è distinto anche nel 2008: l’uso della rete per comunicare. Un milione e 800 mila persone che si sono candidate come intervistatori, mandando in crash il sistema, e 200.000 visitatori del sito in contemporanea sono una bazzecola dal punto di vista elettorale, ma fanno boom dal punto di vista della notiziabilità. In tutto il mondo e su tutti i media.
C’è invece chi evidenzia la scarsa o nulla informatività degli scambi avvenuti in quella mezz’ora, con domande sulla vita privata di Obama (il giocatore di basket del cuore, la birra preferita, come concilia famiglia e lavoro), e risposte generiche quando le domande riguardavano temi caldi come l’economia, le tasse, la libertà di internet. Tutto ciò, si dice, è chiaramente inutile (se non addirittura negativo) dal punto di vista di una sua possibile lettura in termini di «democrazia digitale» e «partecipazione» dei cittadini alla politica.
È vero: la mezz’ora di botta e risposta in diretta fra Obama e i cittadini va certamente vista come una mossa di comunicazione, non di cosiddetta «democrazia digitale». Ma ciò non significa che la si debba bollare come «propaganda», nel senso di «comunicazione menzognera» e «cattiva» che oggi molti in Italia danno a questo termine. L’operazione Reddit è stata un grandissimo esempio di comunicazione: innovativo quanto basta, adeguato al momento, al contesto e al target, punto.
Non è un esempio di «democrazia digitale», in questo concordo con Il Nichilista. Ma siamo sicuri che i social media siano il luogo giusto per fare esperimenti di democrazia digitale?
Io ho molti dubbi, specie se andiamo a guardare la realtà dei fatti. In Italia, per esempio, i più accaniti sostenitori dell’uso della rete per il contatto con i cittadini e la «democrazia digitale» sono Di Pietro e Grillo, che la usano da sempre in modo essenzialmente broadcasting.
E negli Stati Uniti, una ricerca recentissima del Pew Research Center’s Project for Excellence in Journalism sull’uso che Obama e Romney hanno fatto dei social media nel periodo dal 4 al 17 giugno 2012, ha così concluso:
Neither campaign made much use of the social aspect of social media. Rarely did either candidate reply to, comment on, or “retweet” something from a citizen-or anyone else outside the campaign. On Twitter, 3% of the 404Obama campaign tweets studied during the June period were retweets of citizen posts. Romney’s campaign produced just a single retweet [su 16 in tutto, poco più di uno al giorno] during these two weeks, repeating something from his son Josh.
Ma invece di bollare l’uso dei social media da parte della politica come fosse per forza «propaganda» (è comunicazione, punto, e come tale può essere buona o cattiva, fatta bene o fatta male, ma non per forza cattiva o mendace), perché non ci chiediamo che senso stiamo dando esattamente all’espressione «democrazia digitale» quando la invochiamo come fosse cosa buona e giusta? O quando invece ne indichiamo i malanni?
In questo caso, per esempio, Obama ha fatto solo un grande show. E il Project for Excellence in Journalism ci ha spiegato che di fatto non usa i social media per interagire davvero con gli elettori. Ma la partecipazione dei cittadini è convogliata tutta sul suo sito, dove lo staff di Obama raccoglie proposte, domande, contributi. È democrazia digitale, quella, o no? E se non lo è, cosa lo è?