Giovedì scorso, sulla bacheca Facebook della casa editrice Pendragon, è apparsa una nota, ieri cancellata. Ecco lo screenshot che gentilmente mi ha passato un ex studente (clic per ingrandire):
Quando ieri sera una studentessa mi ha segnalato la nota, d’istinto ho risposto con la saggezza della nonna: «La verità sta nel mezzo». «Nel mezzo e appena un po’ più in là», ha aggiunto un altro. E allora vediamo dove sta.
Prima di entrare in università, ero amministratrice delegata e socia di una piccola impresa. Conosco bene, dunque, le difficoltà dello scegliere e seguire in azienda uno/a stagista: le conosco anche «dal lato azienda», non solo da quello «lamentele degli studenti alla docente-tutor». Lungi da me, insomma, cedere al «movimento d’opinione» – come lo chiama Pendragon – per cui le imprese sarebbero «strozzini» e gli editori «gentaglia» pronta a sfruttare il lavoro altrui.
Però so pure che, quando per qualche ragione mi ritrovavo con lo/a stagista sbagliato/a (indolente, non competente, poco integrabile) – chiamiamolo «stagista senza qualità» – me la prendevo innanzi tutto con me stessa. Mica con lo/a stagista, con i genitori che non gli avevano trasmesso nessuna qualità, o con l’università che me l’aveva spedito: con me stessa, perché non ero stata capace di capire che era messo/a male.
Poi nel 2000 sono entrata in università e da allora – certo – ho incontrato un bel po’ di studenti zucconi come la tipa descritta da Pendragon. Quanti? Molti, in dodici anni. Ma sono pure certa di aver incontrato un numero superiore di studenti bravissimi, preparati, colti. Un po’ perché l’Università di Bologna è una sede privilegiata, un po’ perché lo zuccone medio tende a starmi alla larga (per varie ragioni, che posso spiegare in altra sede).
Poi c’è una maggioranza di studenti che non sono né zucconi né eccellenti, ma mediamente preparati e capaci, che possono, a seconda dei casi, o fiorire o dare il peggio di sé. Sta a me farli fiorire in università. Come starebbe all’azienda farli fiorire durante lo stage.
Certo, l’impresa ha ritmi pazzeschi e tutti hanno sempre un sacco di lavoro da fare e mille tensioni da smaltire, oltre che seguire gli stagisti. Specie in questo periodo in cui spesso è in gioco la sopravvivenza. Ma se non sei in grado di seguire gli stagisti, meglio non prenderli. Ecco perché, forse, Pendragon ha deciso di non prenderne più.
Ma ecco pure perché mi batto da anni – vedi le decine discussioni nella categoria Stage e lavoro – affinché gli aspiranti stagisti chiedano (e le aziende concedano) un gettone di rimborso spese mensile: non è obbligatorio per legge, ma se lo studente lo chiede, si pone subito nella situazione di negoziare (non rivendicare come diritto acquisito!) il proprio valore, prima, e di doverlo dimostrare poi. D’altra parte, se l’azienda decide di investire qualche centinaia di euro al mese in uno stage (oltre al tempo-lavoro di chi seguirà lo/la stagista), è forse più stimolata a scegliersi lo/la stagista giusto, invece di prendere il primo che arriva, tanto «c’è sempre bisogno di manovalanza».
Intendiamoci: non c’è mai nulla di garantito in questi scambi, e un rimborso spese non fa miracoli. Ma mettendo mano ai soldi l’attenzione di tutti – forse – aumenta.
Vedi anche: Perché è opportuno chiedere un rimborso spese per lo stage.