Ieri Valigia Blu ha pubblicato un dialogo fra amici, ripreso da uno scambio reale. Trovo utile inserirlo anche nella sezione Stage e lavoro di questo blog. È un po’ lungo ma ne vale la pena, perché mette in luce diverse incoerenze e circoli viziosi del momento attuale. Buona lettura (i grassetti sono miei):
>È uno dei momenti più strani della mia vita, direi frustrante, ma mi sembra davvero uno schiaffo a Cristo dire così, visto quanto è difficile lavorare di questi tempi. Ho appena saputo che dal primo ottobre sarò un dipendente a tempo indeterminato. La legge Fornero infatti obbliga i datori di lavoro a interrompere forme di contratto come quella che avevo io. Nella pratica non cambia niente. Non cambiano le tutele sul licenziamento né le vorrei perché a mia volta potrei andarmene in qualsiasi momento. Il compenso annuo rimane lo stesso. Nessuna banca mi darà un mutuo, nessuno mi farà credito. C’è solo una differenza: il mio capo paga più tasse allo Stato. Dunque se la crisi economica ci dovesse far affondare, semplicemente affonderemo più velocemente. Non è una promozione, è un obbligo, ed è anche un obbligo doloroso. Doloroso perché pericoloso. Quando inizi a lavorare fantastichi sulla stabilità, sul contratto, sulla casa e la famiglia. E pensi alla formula principe che ti dovrebbe aprire le porte a questo mondo: il contratto a tempo indeterminato. Bene, il contratto è arrivato ma di magico non c’è assolutamente niente.
> E che ti dico, ti ringrazio per questa sincerità. Che mi rincuora, e mi fa sentire meno solo. Pur non avendo contratti di alcun tipo.
> Conosco questa storia: io sono quasi costretto a restare partita Iva. Con la differenza che di anni ne ho quasi 36 e ho lievemente le palle più piene di tutto ciò.
> Scusa ma sul mutuo dovresti informarti di piú…
> Ma tu sei pazzo. Con ‘sta crisi economica accendere un mutuo vuol dire rischiare di dover passare la tua vita a prendere scelte finalizzate solo a pagare la casa e non a fare ciò che vuoi.
> Per fare il mutuo poi, deve mettere come garanzia un altro stipendio e un’altra casa, amen.
> Io ho il problema dalla parte opposta. Gestisco insieme ad amici delle gelaterie dove gli universitari facevano la fila per lavorare perché la retribuzione oraria è alta, i turni leggeri, flessibilità estrema ed orari elastici. Ne andavamo molto fieri, il tutto grazie ai contratti a chiamata aka ad intermittenza. Tutti quelli che lavoravano da noi avevano un contratto, era tutto bello e pulito. Ora l’ultima riforma tra i suoi obiettivi sta tentando di debellare in tutti i modi questo tipo di contratto, magari guidata da buoni fini eh, ma portando per noi l’impossibilità di utilizzarlo e molto probabilmente a costi troppo alti da sostenere. Nonostante nella mia breve vita abbia avuto pesante frequentazioni sindacali, mi viene da chiedermi seriamente se siamo piùarretratisul diritto del lavoro o sull’innovazionetecnologica in ‘sto paese.
> Ma è teoricamente giusto che il tuo datore di lavoro paghi le tasse (e però anche i contributi previdenziali) per un lavoratore dipendente. Poi possiamo discutere sulla pressione fiscale, ma se no diamo ragione a chi teorizza forme di evasione para-legali.
> Certo però se il mio capo dovesse chiudere perché non ha evaso un euro (perché l’unica cosa certa è che la quantità di pagamenti in nero aumenterà esponenzialmente dal primo ottobre) nessuno ne trarrà alcun giovamento.
> Il problema è che, per uno che entra in azienda a tempo indeterminato perché non se ne può fare a meno, ci sono tantissime altre aziende che per non tenersi il carico fiscale ti schiacciano sulla partita Iva o su forme di precariato cronico. È il carico fiscale la tragedia. Qui lo dico e qui lo nego, non possiamo prescindere da questa cosa, altro che tutele dei lavoratori.
> Ecco, c’è anche questo. Per uno che entra ci sono tanti altri che, semplicemente, saranno licenziati.
> Questo discorso vale solo per le piccole imprese… per favore eh!
> No no macché vale per tutte le imprese.
> Vabbè che il carico fiscale sia la tragedia lo sappiamo bene. Ma qui si discute della riforma Fornero, che è altra cosa. E per anni ci siamo stracciati le vesti sui falsi co.co.pro. e sulla flessibilità mascherata. Adesso mi venite a dire che è meglio il cocopro del tempo indeterminato? Scusate, non vi seguo del tutto.
> E hai ragione. Ma io aggiungo una cosa: non puoi fare una riforma così senza pensare alla riduzione delle tasse sul lavoro, perché il rischio è che diventi un disastro.
> E ripeto: anche se per la tua generazione la parola “pensione” è vuota di significato, in quel contratto c’è una cosa che si chiama contributi e c’è una cosa che si chiama Tfr e le ferie pagate… e la malattia pagata, e la paternità/maternità. Però questo è un ricatto.
> E c’è anche una parola più vicina: “instabilità”. Nel giorno in cui ti assumono a tempo indeterminato. Non ti sembra una cosa incredibile? Speriamo che la crisi non sia troppo violenta. Quello che tu dici per me era già vero nella sostanza. Ora è vero anche nella forma. Però tra noi non c’era bisogno, se avessi avuto da lamentarmi di qualcosa, avrei potuto farlo.
> E ma su questo rapporto di fiducia si basano la maggior parte dei rapporti di lavoro nelle piccole aziende. Allora dobbiamo decidere se la “precarizzazione” della legge Biagi usata a strafottere sia stata un bene o un male.
> Ribadisco, hai ragione tu. Ma l’effetto della Fornero sarà disastroso.
> L’effetto della Fornero infatti non può prescindere dalla defiscalizzazione alle imprese (che però doveva essere l’effetto combinato di SalvaItalia + CresciItalia). Il governo la ha promessa anche di recente, tra l’altro promettendo una logica premiante degli imprenditori virtuosi. Il punto è che al solo pronunciare le parole “cuneo fiscale” in campagna elettorale si perdono punti nei sondaggi.
> Penso che fino a qualche anno fa questa conversazione non l’avremmo mai affrontata e francamente ho difficoltà a seguirvi.
> Hai centrato un punto importante. Lospread tra le regole e i bisogni.
> Io ho un co.co.co da sei anni e per me, che lavoro nel pubblico, non si realizzerà mai quello che ti è capitato a meno di un concorso ad hoc per me. Capisco che ti interroghi su come procederà la tua azienda e il tuo datore di lavoro per una comunità lavorativa cresciuta in questi anni. Ben vengano gli interventi fiscali ma io alla base dei rapporti lavorativi ci metto innanzitutto il lavoro e i miei diritti.
> E però nel pubblico una volta assunto NON sei licenziabile.
> Per ora… Non ERI, licenziabile. (ti ricordo la norma Fornero).
> Mi risultava che fosse una dichiarazione d’intenti.
> Cito: “Si stabilisce che le nuove regole in materia di lavoro valgono solo per i dipendenti delle imprese private, rinviando ad interventi futuri ed incerti l’introduzione di misure che individuino gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche.” Quindi… per ora non sarei licenziabile…
> ‘Sta norma l’hanno fatta col rigore dei geometri, così, sulla carta, va bene di suo, non rispetto al mondo del lavoro.
> Comunque mi ha colpito (in senso neutro, non negativo) l’idea che tu consideri “uguale stipendio” il proprio netto in busta, tralasciando tutte le voci a lui favorevoli di un contratto a tempo indeterminato che non risultano appunto nel netto finale e che non sono tasse.
> È che la nostra gggenerazione è convinta di non arrivare a 50 anni.
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