Ancora su pubblicità, sessismo e paradossi: il caso dei salumi calabresi

Salumi calabresi

Lunedì Annamaria Testa ha pubblicato un approfondimento sul sessismo nelle rappresentazioni mediatiche, utilissimo per fare il punto della situazione e chiarirsi le idee su alcune sfumature e distinzioni a partire da esempi concreti. Riprendo qui “Il caso dei salumi calabresi, le buone intenzioni, i pessimi risultati”, perché sono ancora molti, in rete, a fare questo tipo di errori:

Dal 2011 gira in rete una ripugnante immagine pubblicitaria che, per promuovere salumi calabresi, mostra una fellatio. L’azienda cosentina che la firma ha cessato di esistere nel febbraio 2012, ma l’immagine è ancora più che visibile online, e continua a rimbalzare tra siti e commenti scandalizzati o furbetti: appare anche in uno slideshow sul sito di un importante quotidiano nazionale, e il 21 aprile 2013 l’ennesimo post che la riproduce è fra i topic della rete con 10.400 citazioni. L’immagine è stata segnalata più volte allo Iap, che però non è intervenuto: non ne trova traccia al di fuori della rete e sospetta che si tratti di un falso. E come mai? Semplice: quell’immagine non è apparsa in una campagna pubblicitaria uscita sui mass media, ma in un dépliant, diffuso  durante un concorso per istituti alberghieri. Un episodio tanto sgradevole quanto marginale.

L’effetto-paradosso. Il caso di cui sopra fa riflettere: il sommarsi di citazioni in rete ha, in realtà, involontariamente moltiplicato all’infinito la visibilità di quel dépliant idiota, che di suo sarebbe rapidamente finito nella discarica dell’oblio.
Lo stesso meccanismo di moltiplicazione sul web continua a premiare altre campagne becere il cui ritiro è stato imposto anni fa e che,  spesso diffuse solo su base locale, avrebbero comunque avuto scarsissima visibilità.

Si noti inoltre che la sanzione dello Iap punisce le campagne “cancellandole” dal sistema dei media classici: ma se le stesse campagne, magari proprio per il fatto di essere state censurate, ottengono online una visibilità alta, gratuita e permanente, le aziende colpevoli si fregano le mani dalla gioia. E l’efficacia della sanzione dello Iap viene di fatto azzerata.

Dunque, che fare contro le pubblicità sessiste?

  1. Leggi per intero il post di Annamaria Testa: c’è molto da imparare.
  2. Ricorda che la procedura più corretta per fare segnalazioni allo Iap è questa: Come denunciare le pubblicità volgare e offensive.
  3. Se non l’hai ancora fatto, sbrigati a firmare la petizione lanciata da Massimo Guastini, presidente dell’Art Directors Club Italiano, su Change.org.

64 risposte a “Ancora su pubblicità, sessismo e paradossi: il caso dei salumi calabresi

  1. In relazione alla fellatio, proprio ieri ho visto un tremendo spot degli anni 80 (90?) della Sprite, non credo circolato nelle tv italiane. Volevo svenire per quella oscenità; degna veramente di un porno.

    Grazie per le segnalazione!

  2. Ci sono molte pubblicità che sono molto forti e sulle quali è abbastanza “facile” poter agire, perchè si riconoscono immediatamente. Non solo: fanno talmente tanto rumore (come il caso sopra descritto) che è più facile che si racconti il peccato ma non il peccatore, ossia che venga ricordata la pubblicità di per sé ma spesso se ne dimentica il marchio che dovrebbe essere promosso.
    Ben diverso, invece, i casi in cui il sessismo non è così evidente, ma celato, come ad esempio il recente spot (guarda caso sempre salumi) andato in tv ripetutamente in cui si vedono due “ingenui” bambini dove il maschietto offre una fetta di salame alla bambina ed il claim dice: l’uomo è cacciatore.
    Sono d’accordissimo su azioni e prese di posizione che vengano dall’alto ma senza una buona e profonda azione di cambio mentalità dal basso penso che le cose cambieranno troppo a rilento.
    Servono cambiamenti di cultura profondi, ad iniziare da chi fa pubblicità e, poi, dall’educazione in famiglia, nelle scuole fin dalla più tenera età, in modo che chi un giorno si troverà a creare pubblicità e a fare comunicazione abbia già dentro i giusti valori. Il cammino è lungo… ma non per questo impossibile!

  3. Ho letto il post di Testa e purtroppo non sono per niente d’accordo. Tralasciamo le considerazioni della Presidente della Camera Boldrini che dalle prese di posizioni fin dall’insediamento sta dimostrando ampiamente che se è intelligente lo nasconde molto bene. Stendiamo inoltre un velo pietoso sulle considerazioni circa il fenomeno irrilevante del femminicidio, coi suoi numeri taroccati, la fisiologica ineliminabilità di una soglia minima, la disonestà intellettuale delle tante associazioni che rimstano falsità per squallidi motivi di sopravvenza professionale, oltre a stuprare la semantica in modo sistematico – se una donna fosse uccisa in quanto donna avremmo, come è avvenuto e avviene per le minoranze perseguitate, raid di soggetti che uccidono donne a caso indipendentemente dal conoscerle o meno. Invece ogni donna è uccisa in quanto *quella* donna.
    Taciamo ancora sulla consistenza della direttrice del Dipartimento delle statistiche sociali e ambientali dell’Istat, Laura Linda Sabaddini e della sua “analisi” sulla violenza femminile che ha portato al folle dogma dei 6 milioni di donne italiane che avrebbero subito violenza fisica o sessuale, supinamente accettato da tutti coloro che non hanno il tempo, né la voglia, né la decenza infine, di controllare la metodologia da arresto con cui si è ottunuto tale numero.
    Glissiamo infine sul battere sul gender gap index 2012 evitando di constatare che sulla statistica della disparità di genere in Italia pesano le generazioni precedenti che non hanno mai lavorato non quelle attuali. così come la disparitàai vertici è dovuta anch’essa a impari numeri di accesso carrieristico all’epoca.
    Ed è difficile pensare che tali donne inizino a lavorare ora superati i 50 per controbilanciare la nostra posizione in classifica nel gender gap.
    La domanda è la seguente: che senso ha partire dal femminicidio per poi fare un controzoom sulla violenza femminile e andare a parare sulla pubblicità con i corpi nudi trattati come oggetto (come se quelli vestiti non lo fossero comunque)? Quale è il nesso? A me pare un evidente non sequitur.
    In che modo quindi la diminuzione di corpo nudi nei media dovrebbe nell’ordine:
    – diminuire la violenza reciproca tra i generi;
    – aumentare l’occupazione del genere femminile;
    – migliorare le sue condizioni di reddito;

    Sono disposto a concedere che l’unica battaglia contro l’uso della donna esteticamente irragiungibile nei media è quello di diminuire i complessi che può generare (dalle patologie alimentari all’alienazione edonistica alla depressione immotivata).
    Insomma: meno corpi in tv per scopare meglio e di più.
    Ma quanto al resto?

  4. ps
    Per prevenire acidità di stomaco e bruciori intestinali si sconsiglia si praticare il metodo del lanternino. Dicesi metodo del lanternino l’andare a cercare con maniacalità evidente e isterica ossessione casi che numericamente sono inconsistenti e non rappresentano che se stessi. È il caso della pubblicità dei salumi calabresi che, citata all’interno di una disamina a volo d’uccello che ha ambizioni sociologiche che abbracciano almeno 3 decenni, fa sorridere nel suo tradire il bisogno dell’esempio lampante.
    Dato per pacifico che il bisogno di sessualità degli individui è una costante della specie, una volta rimossa dalla pubblicità la nudità femminile e la sua rappresentazione desiderata, per quanto deviata sia, quale surrogato si ritiene lecito quindi?

  5. Definire “ripugnante” un’immagine pubblicitaria che per vendere salumi “mostra una fellatio” (più correttamente chiede all’osservatore di immaginarsela) è il tipico eccesso che ci fa intravvedere un problema con la “fellatio”. L’eccesso del linguaggio critico fa coppia con l’eccesso nella metafora sessuale utilizzata dalla pubblicità: tanto sono spudorati e beceri i pubblicitari che creano queste immagini – ben sapendo di cogliere nel vuoto sessuale di un popolo castrato da una cultura cattolica – tanto risulta puritana la risposta critica che nella sua indignazione finisce per stigmatizzare l’azione di cui la pubblicità abusa. Quanto alle chiappe della pubblicità Martini di cui al link: risultano, oltre che stupende, niente affatto lesive di qualsiasi dignità umana; e sono un altro esempio principe del vostro puritanesimo. Anche il vecchio Carosello s’inventava storie che c’entravano una fava col prodotto venduto: tra queste storie c’è anche l’eros e un lembo di pelle delle natiche non può essere tacciato di produrre annichilimento delle coscienze e subordinazione intellettuale della donna all’uomo.

    A differenza di Ugo non ho letto il testo di Testa perché mi basta scorgere alcune parole qua e là, vedere la solita paranoica compilation di immagini stile “corpodelledonne”, per capire che ci troviamo di fronte al solito delirio pseudo-critico alla cui radice c’è l’immaginario sessuale cui la pubblicità, da sempre, fa uso e talvolta abuso. Già all’inizio del secolo scorso avevamo cartellonistica pubblicitaria con corpi nudi di donne stilizzati: un classico erano le pubblicità per terme e località marittime. Che il nudo di donna sia proliferato è un dato di fatto, ma al contempo la donna ha conquistato libertà che un secolo fa si sognava. Dimostrateci che con meno nudi ostentati dagli anni ’80 in poi questo processo evolutivo sarebbe ora più avanzato. Questa è la tesi che non riuscirete a sostenere poiché il nudo che prolifera nei media di oggi è la risposta deviata, ma necessaria, della non ancora raggiunta libertà sessuale dell’individuo. Tanto più la sessualità sarà vissuta liberamente tanto meno avremo bisogno di rappresentarla per ogni dove, specie abusandone, svalutandola, mortificandola, ridicolizzandola. Sta ovunque perché nel vero luogo di appartenenza è stata espunta.

  6. @Luziferzorn
    Finché queste cose se le ripete un club di donne magari inconsapevolmente cieche di fronte al proprio neo puritanesimo, passi. Ma quando a prendere simili posizioni intellettualmente connotate da deficit erettile della logica è una fifura come l’attual presidente della Camera, allora il problema si fa serio e i toni moderati e concessivi in punta di penna devono lasciare il posto all’inequivocabilità della punta di fioretto.
    Ti (s)consiglio di leggere l’allucinato intervento che Boldrini ha regalato a Repubblica stamane, e che andrà a ripetere a un convegno a Roma. Intervento di un’ignoranza rara e imperdonbabile se pronunciato da chi ha lavorato all’ONU e specificatamente alla FAO e quindi di diritti umani dovrebbe intenedersene non con la naivite del patosensibile ma con il senso assoluto delle proporzioni di chi conosce la differenza del termine violenza. Ma se una donna che ha superato i 50 e con ilcurriculum che ha può parlare di causalità, nemmeno di correlazione, tra immagine della donna sui media e violenza (o femminicidio), che possiamo dire? Invocare le leggi dello storico Carlo M.Cipolla?

  7. Veramente l’ho letto su segnalazione di “al di là del buco” 🙂 E sono ancora portato a credere che Boldrini sia molto intelligente e abbia in testa le parole di Rodotà che di fatto creano sballo e conflitto con le istanze femministe che le neo-fem stanno riducendo a neo-puritanesimo. Adesso però mi prendo una vacanza perché dal caso Fibra a oggi ho dato troppo e poi mi esaurisco…

  8. @Luziferszorn
    Mi sai che hai preso un granchio. La Boldrini era quella in prima fila a teatro che applaudiva in piedi allo spettacolo della Dandini e socie, testé Concita DeGregorio.
    La Boldrini non è astutamente strategica ma maldestramente sprovveduta. È lei che ha parlato di emergenza femminicidio e di Stati generali, e subito dietro la Idem; è lei che ha ventilato leggi per il web, altrimenti perché esprimersi come si è espressa? Nessuno rilascia interviste per lamentarsi che esiste la pioggia quando vorremmo il sole. Salvo poi rettificare subissata dalle critiche piovute da ogni sponda (elettoralmente) politica. Se non te ne fossi accorto leggendo i suoi interventi sembra che sul comodino abbia l’elenco del telefono del neofemminismo. Non disinnesca la scemenza: ci crede e la amplifica.

  9. Ho letto per intero gli interventi di Testa e di Guastini, e sottoscrivo le riflessioni di Ugo e Luz.
    In particolare, anch’io sono rimasto impressionato dall’incompetenza di Laura Boldrini nel suo intervento su Repubblica — alta perfino rispetto agli standard dei politici italiani.
    Aggiungerei — Ugo vi accenna se non l’ho frainteso — che qualsiasi campagna contro la pubblicità sessista ha probabilmente effetti trascurabili sulla disparità di genere. Le donne possono superare la disparità solo grazie a più occupazione, e questo richiede più crescita economica, almeno nel mondo attuale (nei mondi immaginari tutto è possibile). La stagnazione economica penalizza di più le donne, quasi inevitabilmente, per ragioni abbastanza ovvie.
    Rispetto a tutto questo, la pubblicità sessista è quasi niente. Comunque, è assai più un effetto che una causa della disparità.
    E’ pur vero che è più facile criticare la pubblicità che sostenere le misure che faciliterebbero la crescita economica e, conseguentemente, una dinamica favorevole a una maggiore parità di genere — misure prevedibilmente impopolari.

    Detto questo, va benissimo qualsiasi campagna contro disparità e violenza. Peccato che venga giustificata in modo così inadeguato. Ma forse, nella situazione italiana attuale, è quasi inevitabile che anche le buone cause siano sostenute da una cattiva retorica.

  10. Ben scrive:”Aggiungerei — Ugo vi accenna se non l’ho frainteso — che qualsiasi campagna contro la pubblicità sessista ha probabilmente effetti trascurabili sulla disparità di genere”

    No: io dico che ha effetti nulli sulla violenza di genere. E dico che l’eliminazione del nudo e dell’oggettivizzazione del corpo non ha relazione con la parità occupazionale in quantità e qualità.
    Ma non si può andare avanti a colpi di dati falsi e posizioni tendenziose, tanto che mi chiedo se tutte queste peroratrici della causa ci siano o ci facciano. Qui poi non si persegue la parità nei cantieri edili, nelle miniere, alla guida dei trattori, etc. No, qui si persegue la paritùa livello di professioni ben remunerate e con possibilità di esercizio di potere. Allora se un mercato non ha le risorse per occupare tutti non vi è discriminazione di genere ed è inutile continuare a dare di sé spettacolo di imbarazzo usando dati e interpretazioni statistiche a cazzo di cane.
    Tra l’altro il mercato in cui la donna è ignuda da mattina a sera, proposta anche nei contenuti in stessa iperuranica, amazzonica e glamouristica prospettiva in un continuum indistinguibile tra contenuto vero e proprio e spazio pubblicitario è quello delle riviste femminili. E le avide consumatrici di tale carta da pesce in uci avvoolgere il sogno dell’irraggiungibile gluteo definitivo (tacendo di tutto il resto del consumo: servizi e beni volti all’immagine) sono donne in competizione con altre donne. Non donne oggettivizzate da uno sguardo maschile.
    E i pubblicitari che fanno la questua di firme per sentirsi migliori pensando che il cinismo peloso della loro funzione deontologica possa essere redento da una presa di posizione simile sono patetici.

  11. @ Ugo

    va beh che è OT, però non puoi definire irrilevante un fenomeno solo perché per te è irrilevante, non puoi dimostrare la fisiologica ineliminabilità di una soglia minima ( e oltretutto non è una giustificazione morale accettabile ) e a parte il fastidioso ( fastidioso per me ) riferimento allo stupro semantico ( non è una contraddizione utilizzare un’immagine inappropriata per definire proprio un errore semantico? ), dovresti analizzare meglio l’espressione “uccisa in quanto donna”. A meno che tu non consideri questi delitti dovuti al caso.

  12. @#…#
    Mi duole ma sulla questione femminicidio sono razzista. Non parlo con i minus habentes il che equivale a dire che non parlo con chi sostanzialmente non ha mai superato la licenza elementare in matematica e mi opponga considerazioni offenisve per l’intelligenza di entrambi. So che è un atteggiamento che può suonare estremamente arrogante o supponente ma è solo la dolorosa e sperimentata constatazione che con i bambini non ci si mette a discutere.
    Nonostante ciò, voglio considerarla come un errante in buona fede che di fronte a logica intraveda le proprie contraddizioni.
    I) La soglia minima è un’ovvietà. Si può mostrare che nessun Paese al mondo ha portato a zero gli omicidi e tanto meno i femmincidi oltre a mostrare che senza rapporti di causa effetto non si capisce quale politica debba essere finanziata per diminuirne il numero visto che Paesi faro per virtù civiche di parità di genere fanno peggio di noi, Onu docet. Ma si potrebbe replicare che in un futuro le cose possano essere diverse e che il numero cali. Purtroppo i femminicidi non sono premenditati altrimenti la maggioranza degli autori di tale reato non si suiciderebbe o non si costituirebbe come invece appare dalle statististiche ma tenterebbe il delitto perfetto. Il che vuol dire che le persone sbroccano per ragioni anche fisiologiche. Stante le statistiche l’1% della poplazione è schizofrenico (e togliamo tutte le altre turbe). Inoltre la conflittualitàesiste in un numero di relazioni che seppur con sfumature diversisissime “abbraccia” letteralmente milioni di esse. Avere a che fare, come per l’Italia, di una donna uccisa ogni 400000 donne è un miracolo. Spero sia d’accordo altrimenti ha un problema aperto con i sogni.
    II) Lo stupro semantico è ripagare con la stessa moneta. Il contrappasso dantesco applicato alla falsità di quelle associazioni e opinionist* che vi indulgono a piene mani. Mi pare il minimo della pena, anche perché l’Inferno cui delego loro è solo metaforico nel mio caso.
    III) Uccidere una donna in quanto donna vuol dire da un punto di vista logico escludere altre ragioni se non il sesso. Minoranze di ogni genere sono state perseguitate per la loro specificitè etnica, religiosa o sessuale; non importa(va) che l’ebreo fosse Ugo o #…#: veniva punito o ucciso in quanto ebreo.
    Il che implica necessariamente che se una donna viene uccisa in quanto donna il rapporto tra assassino e vittima non deve essere mediato da conoscenza e frequentazione di quella vittima, altrimenti è semplicememte un omicidio dovuto a cause che ineriscono il rapporto tra i due e infinite cause in esso. Quindi, ironia della scemenza, il delitto viene considerato casuale proprio da chi vuole usare il termine femminicidio in quanto si nega la specificità che Carmela sia diversa da Carla o da Giovanna e che venga uccisa invece in quanto donna.
    Come vede le sue obiezioni sono confutabili con un armamentario logico da bambino. Però io le ho considerate degne di un adulto. Sepro abbia apprezzato.

  13. @ Ugo

    1) la soglia minima è zero, dunque il numero delle donne uccise può diminuire. Il che equivale a dire che tutte le altre soglie non sono fisiologicamente insuperabili. Mi puoi dire che sono un sognatore, ma dov’è l’errore logico?
    2) ok, ma che bisogno c’è di tutto questo impeto?
    3) Ma magari potresti pensare che con femminicidio si intendono varie tipologie di comportamento no? Che certamente l’espressione letterale è problematica, ma mica si vuole fare un parallelismo con i genocidi? Serviva un termine per inquadrare una questione. Puoi riuscire a separare così nettamente motivazioni personali dalle influenze ambientali?

  14. @#….#
    La soglia minima è zero è un tuo assioma (o meglio la premessa maggiore di un falso sillogismo) che a parte esulare dalla realtà nega il termine di soglia in sé. Il concetto soglia esiste propria per far capire che esistono innumerevoli fenomeni che non possono essere diminuiti perché appiunto sono fisiologici. E lo sono perché la probabilità che avvengano dipende dal calcolo di variabili (economiche, neuroloigche, ormonali, psicologiche, sociologiche, anagrafiche,…) la cui quantità è sterminata. E poiché la probabilità totale che un evento si verifichi dipende dalla moltiplicazione delle probabilità delle singole variabili è pacifico che mirare ad azzerare un fenomeno è non solo irrealistico ma stolidamente illogico. Ora, avere il più basso record di femminicidi in Europa dopo la Grecia, e terzo al mondo occidentale dietro al Giappone, è consolante. Ma proviamo a pensiare in termini politici e a fronte di una quantità variegata di morti da diminuire quanto vogliamo investire in termini monetari sul femmincidio e cosa vogliamo attenderci? Solo per farti l’ultimo degli esempi le persone uccise sulle strisce pedonali (!)in Italia è prossimo al numero del femminicidio. Non parliamo delle morti sul lavoro (quasi mille nel 2012). Inoltre qui si parla di pratiche in cui l’elemento passionale (inteso come componente irrazionale ed emozionale, per quanto deviata possa essere) è nullo, quindi le variabili in gioco su cui investire sono nettamente minori e più controllabili nel rapporto causa effetto.
    Spero si capisca che tutta questa buriana mediatica per il lato minore è pura visibilità di soggetti che la introitano ma peri llato maggiore è dovuta a squallida pecunia. Nello spceifico agli oltre 86 milioni di euro l’anno che le associazioni interessate sparse per tutta Italia non prendono più dopo i tagli del governo Berlusconi. Ad esempio a Roma le associazioi si sono visti togliere i finanziamenti dopo che i casi di denuce inventate da parte di separande a carico degli ex partner maschili in causa di divorzio erano caldeggiate e spinte da tali associazioni. E molte di queste associazioni (non certo tutte ma le più visibili sì) hanno deciso che in gioco c’è la loro sopravvivneza e quindi barare su tutto è lecito e dovuto. Triste e miserabile, sopratutto nei confronti di quelle associazioni che operano giornalmente e con integerrima onestà.
    Vuoi realisticamente diminuire una percentuale di femmincidi che è di 0,0000025% sulla popolazione femminile italiana? Suvvia. E quanto vorresti stanziare per tale scopo? E quanto ti aspetti che diminuisca dopo lo stanziamento fondi?
    Punto 3 irricevibile e che dimostra che proprio non ci siamo con la logica.

  15. @ Ugo
    Geeeesù, il punto 3 significa che “uccisa in quanto donna” è un’interpretazione, non è la traduzione letterale del termine. L’interpretazione si può cambiare. Per femminicidio si intendono non solo i delitti commessi con motivazioni simili a quelli a sfondo razzista, ma anche quelli connessi alla violenza di genere. è ovvio che se dici “in quanto donna” escludi quasi tutti quelli che avvengono in Italia, però io ti sto facendo un discorso diverso, se fossi meno concentrato a darmi dell’irrazionale.

    Per il resto, se in generale gli omicidi sono calati, si potrà dire che è anche perché si sono adottate buone misure, perché è cambiato qualcosa nel quadro generale? Tuttò che si fa perché ci siano meno omicidi possibile va fatto costantemente. Lo stesso si farà per il femminicidio, non c’è niente di speciale da fare. Io non mi aspetto nulla, i femminicidi possono pure aumentare contemporaneamente all’adozione di buone pratiche, in tutti i campi, ma questo non vuol dire che queste buona pratiche non vadano fatte. Perché ci occupiamo delle persone, non delle percentuali, dunque se in un dato territorio c’è una carenza di un qualunque tipo, la politica se ne occupa. io non ti ho contestato le critiche che fai alle strumentalizzazioni infatti, ti ho contestato cose specifiche che dici. e nn possiamo sapere se questo fenomeno appartiene a quelli imponderabili o meno.

  16. @ #…#
    Poiché le risorse sono limitate (non solo ora, ma sempre), ciò che spendi in qualcosa lo togli a qualcos’altro. Perciò non è sensato dire “Tutt[o ciò] che si fa perché ci siano meno omicidi possibile va fatto costantemente” — anche se suona bene.

  17. è una bella cosa che di questi temi eravamo in poche/i a parlarne qualche anno fa, e oggi il discorso si sia così ampliato, non credi Giovanna?
    ho visto da alcuni lavori di un concorso che gli studenti anche delle medie inferiori e superiori, invitati ad immaginare pubblicità originali e non stereotipate, tirano fuori idee efficaci e divertenti.
    C’è speranza per il futuro! 🙂
    laura a.

  18. @#…#
    No no no, capiamoci: o il femminicidio è la definizione che se ne dà, e quindi è l’omicidio di una donna in quanto donna, o è una delle infinite classi del fenomeno dell’omicidio e basta. E allora, visto che avevamo già la definizione di omicidio passionale che inquadra perfettamente l’ordine della cause, se un uomo uccide per motivi economici una donna come lo chiamiamo? Ginoeconomocidio? Cos’è quest’ansia nominalistica? Pensi che abbia un senso? Ma sopratutto pensi che portare alla visibilità mediatica un fenomeno come questo abbia un senso in sé e non invece un senso opportunistico per chi se ne fa portavoce e spenderà in altri ambiti tale visibilità? Forse ti è sfuggito che l’intenzione è proprio quella di attivare le categorie semantiche proprie del genocidio e infatti squinternat* d’ogni parte arrivano a proporre (Bongiorno, Carfagnam, etc) un’aggravante giuridica per femmincidio. Il che implicherebbe logicamente che l’uccisione di un uomo valesse meno. Perciò le parole non solo sono importanti ma non vanno scazzate e non si può giocherellare a propria guisa sulla definizione di una definizione.
    Sul resto ha già detto tutto Ben ed è imbarazzante che una persona non affronti i discorsi con la razionalità di chi deve scegliere gerarchie di priorità in cui distribuire risorse. Altrimenti siamo al grado zero del vaniloquio. Dire che ogni donna uccisa è inaccettabile e non può essere pesata con il denaro delle risorse disponibili è retorica da quattro soldi per ipocriti venditori di sogni – e sovente incassatori di assegni.

  19. @ Ugo

    Originariamente, stando a wikipedia e all’OED, il termine indicava semplicemente l’uccisione di una donna. Senza nessuna ansia. Poi ne è stata data una valenza ulteriore in ambito femminista. Comunque si può discutere il termine, mica è un problema. Sul sito della WHO ci sono varie categorie: femicide, intimate femicide, intimate partner homicide, non-intimate femicide ( ad esempio i casi di donne uccise in messico), dowry related femicide ( india ). C’è chi propone gendercide, più neutro. Quindi come vedi l’attenzione alle parole c’è tutta. Non vedi una differenza tra parlare di misantropia e misoginia?
    Delitto passionale non inquadra manco per niente l’origine delle cause, non solo dal punto di vista di chi sostiene l’uso del termine femminicidio. Neanche a me piace il modo in cui se ne parla, ma non per questo considero tutto un errore. Chi propone aggravanti specifiche può essere criticato lo stesso.

    Poi, e rispondo anche a Ben, che non ha ben capito la mia frase, se abbiamo fatto dei passi avanti e il numero degli omicidi è calato, non possiamo smettere tutte le pratiche che hanno portato a questo risultato, altrimenti gli omicidi potrebbero tornare a salire. Se adottiamo buone norme e buone pratiche che riescono ad abbassare le morti sul lavoro poi che facciamo, raggiunto un certo risultato lasciamo perdere? è evidente che nella mente di chi si occupa di femminicidio ( fatta la tara di tutti quelli che Ugo manderebbe all’Inferno ) c’è tutto un lavoro da fare, che non riguarda solo il femminicidio, anzi. Anche il tizio che si è battuto per far riconoscere il termine genocidio ha faticato parecchio e ci ha messo anni.

  20. @#…#
    Non fare il furbo: femminicidio è quccidere una donna in quanto donna o niente. Citare l’uso etimologico del termine apparso nel 1801 in england (femicide) è veramente parlare per parlare, anche perché il termine indicava meramente l’uccisione di una donna. Ora, concentrati un poco: se la questione vertesse nel coniare un termine che speicifica l’omocidio a vittima femminile, automaticamente dovrebbe esistere il termine corrispondente, ovvero maschicidio. È evidente che questa accezione non interessa a nessuno mentre la letteratura è tutta incentrata nel definire “the killing of females by males because they are female” e sopratutto nel differenziarlo da un semplice omicidio con vittima femminile. È chiaro o devo ripetere all’infinito solo perché tu non riesci ad accettare questa evidenza?
    Arriviamo al delitto passionale. Se ciò che ci interessa è l’omicidio di un partner da parte dell’altro allora l’insieme delle motivazioni e i moventi, per quanto aberranti, sono ascrivibili a questa categoria e non occorre fare riferimento a inutili doppioni. È che siccome il femminicidio vuole proprio contraddistinguere il fenomeno di una donna uccisa in quanto donna, il rigetto della categoria del delitto passionale diventa uan necessità.
    Sul resto della tua traballante argomentazione lascio la parola a Ben.
    Ora vediamo se hai capito o se vuoi insistere a riproprorre la tua confutata argomentazione.

  21. qual è l’evidenza che non riesco ad accettare?

    è ovvio che il termine acquista l’accezione odierna proprio perché vuole creare una differenza, sennò di che parliamo? e serve proprio perché non è il sesso della vittima a fare la differenza, ma le motivazioni che ci sarebbero dietro, motivazioni che sorgono all’interno di una data cultura. Si può ovviamente criticare tutto l’impianto. e nulla vieta di usare maschicidio, solo che storicamente non c’è stata l’opportunità di farlo. Non ci interessa l’omicidio fra partner, ci interessa indagare come sono fatti questi delitti. E ci sembra che il termine, sebbene problematico, sia appropriato. Naturalmente l’attenzione è stata posta sulle vittime donne, non ci vedo nulla di così clamoroso. O vuoi dirmi che questo paese e il mondo in generale non ha problemi riguardo alla violenza che subiscono le donne in quanto donne? Oppure vuoi dirmi che se oggi le donne denunciano di più non è anche perché le si è data visibiità, ascolto, protezione eccetera?

  22. Laura, hai proprio ragione, le nuove generazioni sono fantastiche!
    http://www.ominocity.com/2013/05/07/u-of-s-student-video-goes-viral-interview/

  23. Tenterò di nuovo, vediamo se a questo giro ho più fortuna.
    @#….# scrive: ” O vuoi dirmi che questo paese e il mondo in generale non ha problemi riguardo alla violenza che subiscono le donne in quanto donne?”
    Non solo lo dico ma è autoevidente: non esistono casi in ITALIA ma anche in Europa e più in generale nel mondo Occidentale) di donne uccise in quanto donne. Nessuno. Zero. Resta da capire perché per la tua intelligenza la categoria nominalistica e giuridica del delitto passionale non basterebbe a inquadrare cause e dinamiche di questi omicidi. Ma tant’è, ciascuno ha i suoi limiti.

    “Oppure vuoi dirmi che se oggi le donne denunciano di più non è anche perché le si è data visibiità, ascolto, protezione eccetera?”
    Qui mescoli questioni che non c’entrano nulla. Cosa c’entra il femmincidio e tutta la scemenza che vi ruota attorno con gli strumenti giuridici che lo Stato ha messo in mano alle donne che vogliono denunciare? Qui si rasenta il ridicolo e si parla come se si fosse negli anni pre-divorzio, pre-aborto, pre.delitto d’onore, ovvero minimo 32 anni fa. Non solo le donne denunciano di più ma denunciano pure troppo, sopratutto in sede di divorzio. Certo che se si parte dal presupposto dogmatico che la violenza sulle donne sia nei termini numerici dell’indagine ISTAT si va poco lontano. Con quel presupposto in testa (o meglio, fuori di testa) è chiaro che l’indignazione per ilr apporto tra il basso numero di denunce e la supposta violenza del sommerso appare un vuoto scandaloso.Ma basta capire come si sono ottenuti quei numeri per dormire sonni ben più tranquilli.

  24. @Ugo
    Quindi facendo un riassunto drastico, lasciamo tutto così com’è? Secondo lei il fenomeno dell’assasinio di mogli, fidanzate e compagne è statisticamente irrilevante da qui l’assunto che è inutile porre delle azioni preventive ed educative. Spero di aver capito o letto male!
    Sulla pubblicità un piccolo aneddoto. Mio figlio allora quattrenne, osservando un cartellone stradale rappresentante una ragazza con un bikini quasi inesistente e in una posa innaturale, mi chiese all’incirca questo: …” ma non è estate, non siamo in spiaggia e come mai è tutta storta?”
    Come ci poniamo di fronte ai nostri bambini? E sorprattutto cosa passiamo alle bambine?
    A volte ritengo una fortuna non avere avuto figlie femmine ma non ne sono così sicuro. Forse non saprei spiegare gli stupri di guerra, l’infanticidio delle bimbe in Cina, e passando per la tv le inquadrature ginecologiche di Belen… Cosa le dico? Che il mondo è fatto prevalentemente a immagine dei cosiddetti desideri maschili? Come fronteggiare lo stupore e la rabbia di quegli occhi?
    Deve esserci un forte presa di posizione anche da parte degli uomini e non le solite reazioni stizzite sui numeri che non fanno altro che rinfocolare il pregiudizio sessista sia da parte dei maschi, sia da parte di alcune donne che hanno supinamente e acriticamente aderito al modello vigente.

  25. grazie Ilaria, fantastico link! 😀

  26. Ma vedi che tu riduci tutto a una questione giuridica che è l’ultima che mi interessa e non solo a me. Le donne non denunciano di più solo perché ci sono strumenti giuridici migliori, lo fanno perché è cambiata la percezione sociale di ciò che subiscono, perché sempre più persone sono cresciute con l’idea che la donna va rispettata, cosa che prima non era, ma che non è così acquisita. E le relazioni ancora oggi risentono di una “cultura del possesso”, che non riguarda solo gli uomini. Ti consiglio di leggere il libro di Iacona ( te lo consiglio davvero ), ci sono molte storie e anche qualche racconto di alcuni uomini che frequentano i corsi, uomini che ammettono che non si rendevano conto di essere violenti. Poi non mi pare di aver usato toni indignati o allarmistici. Non penso che ci sia un genocidio in atto, ma davvero mi pare curioso che per te delitto passionale spieghi tutto e non vedi un collegamento tra la cultura in cui viviamo ( e non sto parlando del concetto di donna-oggetto o di come viene rappresentata nei media ) e la violenza. Tra la discriminazione subita da secoli e la mentalità comune. Come se tutto ciò non si riverberasse nella “passione”. Senza contare che molte delle donne che vengono uccise avevano già subito e denunciato.

    Se pensiamo alla legge sullo stalking poi si vede come lo strumento repressivo non sia per niente sufficiente. Se lo\a stalker non viene inserita in un percorso di recupero, il carcere fa anche peggio. Ma per capire questo ci si è dovuti arrivare nel tempo, analizzando questi fenomeni in maniera appropriata, non considerandoli dovuti al caso, a fatalità, raptus eccetera. Tra la ragazza uccisa dai famigliari perché non si piegava alle regole e una qualsiasi donna uccisa perché magari se ne vuole andare non vedi un filo conduttore, una cultura comune che ci portiamo dietro? A questo serve una categoria nominalistica diversa, non sul piano giuridico, dove bastano già quelle esistenti ( si parla semmai di inserire oltre alle varie discriminazioni esistenti, quella di genere, che riguarda tutt* ).

    Anche ammettendo che questi casi siano a un certo punto inevitabili, quello che cercavo di farti capire è che comunque il modo in cui si affrontano oggi fa la differenza per le singole persone. Poi si farà con i mezzi che si hanno a disposizione, ma va fatto un lavoro di analisi per capire come lavorare al meglio sotto tutti i punti di vista, compreso quello di come si raccontano questi fatti.

  27. ps
    poi il termine può anche essere discusso, cambiato, migliorato, non importa.

  28. @#…#
    Il libro di Iacona? Ma stai ascherzando, spero? Sono proprio quei libri pelosi il problema, le malattie che credono di essere vaccini. E lo sai perché? Perché esulano da considerazioni di tipo statistico. L’impianto argomentativo basato su singole storie potrà anche far felici gli apologeti della narrazione di tutto il mondo ma non le persone che sfortunatamente abbiano più neuroni e quindi di fronte alla comprensione della realtà ragionino in termini aritmetici.
    È possibile trovare aberrazioni di ogni genere per ogni fenomeno sociale. Ma per far sì che quel fenomeno assurga a problema rilevante per la società, ad effetto ed epitome di un clima culturale diffuso, occorrono i numeri. Sempre e comunque i numeri: condizione necessaria ma non sufficiente – ma comunque necessaria, ripeto. Senza di essi non si avrebbe una percezione di ciò che è rilevante e ciò che non lo è, tra cio che è temporale e ciò che uragano. Per questo le associazioni sparano numeri sbagliati, toh! guarda caso sempre per eccesso; per questo l l’ideologizzata direttrice del dipartimento delle statistiche sociali e ambientali dell’Istat, Laura Linda Sabbadini, ha impostato una metodologia truccata e improponibile per gonifare i numeri di un paio di ordini di grandezza (chiaro cosa vogliano dire due ordini di grandezza?). Perché senza numeri elevati il fenomeno non potrebbe dar luogo a tutte le considerazioni (anche di gretto stanziamento economico per l’ampia categoria degli interessati) che stai facendo anche tu, ma verrebbe monitorizzato con l’attenzione e l’urgenza che si dedica a tutti gli altri fenomeni che non abbiano incrementi appunto oltre le soglie fisiologiche di ciascuno.
    Un’ultima considerazione. Vale il detto che chi va con lo zoppo impara a zoppicare. Quindi quando ci si approccia a tutti quei blog che trattano il tema ( Lipperini, Zanardo, Terragni, etc etc.) è bene sapere dove ci si va ad abbeverare e che quelli sono spazi impediti alla libera discussione, in cui per proteggere le proprie ideologiche tesi si banna definitivamente o si mette in moderazione preventiva, senza comunicarlo agli altri ignari lettori, ça va sans dire, ogni posizione si manifesti come critica a un livello sufficientemente pericoloso. L’inganno è duplice perché oltre al bannaggio senza comunicazione, si dà ai restanti commentatori l’idea che lo spazio del commentarium intercetti tutte le crtitiche dell’esistente e quindi sia un’arena di confronto effettivo. Mentre invece è uno spazio ovattato mantenuto al sicuro da confutazioni definitive per poter allevare pulcini ignari di cosa succede là fuori e che ripetono tutti lo stesso verbo, gli stessi testi, le stesse idee. E quando escono da tali campane di vetro, difficilmente riescono a trattare dell’argomento se non con i propri simili pulcini, condannati inconsapevolemente a un’ideologia che non hanno formalmente mai sottoscritto. Spero e credo non sia il tuo caso, ma riflettici comunque su.
    Alla prossima.

  29. sì è stata un po’ una provocazione il consiglio sul libro di Iacona.
    http://abbattoimuri.wordpress.com/2013/05/17/femminicidio-la-parola-sbagliata-di-vittimizzazioni-e-moralismi/
    magari questo è meglio 🙂
    ciao

  30. Ma non stavamo parlando di fellatio e salumi?

    Vi racconto una storia: anni fa una ex-fidanzata ultrafemminista mi regalò una cartolina pubblicitaria dove comparivano salumi affettati di tante specialità differenti e sulla sinistra una bocca rossa desiderosa di assaggiare un grissino in cui erano infilate le fettine a mo’ di spiedino – ho reso l’idea? – lo slogan recitava: “peccato non poterli assaggiare tutti”.

    Qual’è la differenza col becero di cui sopra? Che in questo caso l’allusione sessuale c’è e non c’è, è sottile, se vuoi la cogli se non vuoi ci passi sopra e nulla ti disturba. L’allusione sessuale è un’arte. E in questo caso emancipava pure la donna in materia di costumi sessuali. Punto.

  31. @M.
    Leggo solo ora il suo intervento. Se lei è convinto che esistano metodi preventivi, cosa le devo dire? Secondo i miei dati lo ribadisco: è un miracolo che le percentuali di omicidi passionali a vittima femminile (ma anche quelli a vittima maschile sono più di un terzo) siano così bassi considerando il tasso di turbe psichiche degli individui. La pubblicità con le donne nude a ogni angolo della strada è il rifelsso di un genere maschile costretto al desiderio biologico di quello femminile. Nessuna culturalizzazione. Che poi gli uomini sbavino dietro alle veline o alle Belen, e i pubblicitari e gli autori ci marcino sopra, è sintomo che la loro vita sessuale è misera e frustarata. Ma perché lo è? Il discorso ci porterebbe troppo lontano ma non è rimuovendo il nudo dalla pubblicità che si eliminerà il desiderio sessuale connaturato alla nostra specie e sopratutto al genere maschile per ovvi motivi evoluzionistici.

    Quanto a questa frase: “Deve esserci un forte presa di posizione […] non le solite reazioni stizzite sui numeri che non fanno altro che rinfocolare il pregiudizio sessista […] da parte di alcune donne che hanno supinamente e acriticamente aderito al modello vigente.”
    Alcune donne? Ha voglia di farmi sorridere, spero. Se la donna vede come problema l’oggettivizzazione del suo corpo nudo se la prenda con le altre donne avvenenti che sfruttano questa libera possibilità di trarne vantaggio, anche economico. Gli uomini si adegueranno come si adeguano già da almeno 40 anni visto che il divorzio è libero, l’aborto pure quindi nessuno obbliga donne a vivere relazioni che non gradiscono. Quanto alle statistiche dei centri donna, impariamo che il problema è una donna su due non lascia il partner anche se questi è violento. Ecco, si convincano le donne a scegliersi parner migliori e a girare i tacchi immediatamente al primo segno di violenza anche verbale. Una diffida con obbligo di stare lontano dalla denucniante è alal portata di tutte le donne e di tutte le questure.

  32. @Ugo lei dice che:
    -Ecco, si convincano le donne a scegliersi parner migliori e a girare i tacchi immediatamente al primo segno di violenza anche verbale-
    Appunto arriviamo al dunque ovvero le azioni preventive… come aiutare le persone a fare scelte migliori se non attraverso l’educazione scolastica e famigliare, noi come singoli e lo Stato, sì lo Stato; non possiamo fare finta di niente, vanno opposte misure serie non leggi zoppe o con evidenti vuoti applicativi (la diffida di cui parlava non funziona sempre efficacemente, idem quella sullo stalking).

  33. @M
    Misure serie, lei dice. E avendolo detto pensa che questa frase individui un referente sensato. Cosa pensa sia se non lo stanziamento di fondi che non possono migliorare il fenomeno nemmeno di un’unità se non per caso? La scuola dell’obblifo fa già quel che deve fare. Se nonostante 13 anni di letture elevatissime, di concetti complessi, dei nostri Catullo, dei Dante, dei Leopardi, dei Foscolo, degli Alfieri, del concetto dell’Amore declinato in mille sfumature vengono statisticamente fuori soggetti che si degradano alla farfallina di Belen, non c’è speranza. C’è semplice accettazione e gestione dell’esistente, e sopratutto dei nostri limiti. Spiace dire che non ci sono soluzioni milgiori di quelle che ci sono già. È paralizzante e demotivante. Perfino depressivo. Ma non è coi proclami e con l’agire per l’agire che l’intelligenza mostra il suo lato. Questo è cazzeggio e bisogno di addomesticare una realtà che non ci piace esorcizzandola con i nostri desiderata. A quando una petizione per l’ingiustizia di nascere bassi, diventare anziani o morire? Fremo dalla voglia di firmarla.

  34. ugo, forse le donne che stanno con questi uomini probabilmente si disprezzano già abbastanza da sole per averli scelte e per non avere la forza di lasciarli non c’è bisogno di far loro prediche,..però è mai possibile che per certe persone, la colpa e la responsabilità sia di tutto e tutti tranne che di quell’uomo che effettivamente picchia regolarmente e/o uccide coli che ha o aveva accanto?

  35. @Paolo1984
    Prediche? Scusa? E chi ha mai pensato ciò? La colpa e la responsabilità è ovviamente dell’aggressore/omicida e infatti non v’è ombra di dubbio in ciò sopratutto colà dove più è importante che vi sia inequivoca chiarezza: ovvero nel codice penale. Che non concede attenuanti del caso e dàper scontanto che parlare di delitto passionale non rappresenta alcuna scusante ( a differenza delle posizioni allucinate della varie Murgia-Lipperini) per il reo che va dirtto in galera ma è solo un modo per individuare omicidi a sfondo emotivo-relazionale.
    Ma poiché è inutile inasprire le pene per l’omicida, o cercare prevenitivamente un individuo su 400000 relazioni, in quanto il primo non ci restituità la vittima e il secondo preconfigura uno stato al cui confronto quello orwelliano era la Parusia, è fondamentale comprendere la distinzione tra colpa e ruolo. Èl’equivoco di chi non ha ancora capito che se una donna va in minigonna di notte in un quartiere malfamato e poi viene stuprata la colpa non è sua ma cretina è comunque. La donna in tutto ciò non ha colpe ma ha un ruolo in quanto senza di lei non avverrebbe il reato. Poiché ciò che ci preme è tutelare la sua incolumità è chiaro che i consigli possono essere dati solo a lei. Chiaro?

  36. Ahahah! La pubblicita’ che emancipa! Ma allora si ammette che ha un’influenza. Peccato che si tratti di una sorta di ingiunzione paradossale: sii piu’ libera! Quanto poi sia liberatorio l’invito a far pompini a destra e a manca lascialo pur giudicare a noi, almeno quando il presunto soggetto performante e’ femminile – e sottolineo presunto. E ti assicuro, dipende. Ma il punto era un altro, solo che lo sport preferito qui e’ continuare a spostarlo.

  37. ogni pratica erotica può essere liberatoria se consensuale..ma è ovvio mica c’è bisogno di uno spot

  38. Ilaria, non la pubblicità, ma l’allusione in essa contenuta era pro-pompino.

  39. Ma certo, Luz, ma certo, questa sottile e raffinata distinzione mi è ben chiara, anche se sono una donna. O meglio, proprio perché sono una donna. D’altronde, ad attribuire all’allusione una capacità emancipatoria non ero stata certo io.

  40. Non fate le vittime… Nella pubblicità citata da Cosenza non c’è allusione. C’è un fatto concreto (fellatio) rappresentato dall’unico punto di osservazione che lo assolve dall’accusa di pornografia. La volgarità di alcune pubblicità contemporanee che “giocano” sul sesso e la sessualità consiste nella rozzezza/brutalità con cui traducono ciò che un tempo era allusione, raffinatezza sensuale e arte (si vedano appunto le antiche grafiche di nudi per pubblicità di fine ottocento e primi del novecento). Un processo culturale che s’è ormai ampiamente involuto e che la paranoia neo-fem sta contribuendo a far ristagnare. Non siete voi che ci libererete da questo fango.

  41. Vittime ne vedi solo tu, dal solito punto di vista, guarda caso, che ci protegge, secondo te, da una pornografia che sei ancora una volta tu ad avere evocato: il punto di vista maschile. Nessuna qui intende liberare alcuno, il lavoro lo facciamo ognuno/a per sé se non ti è chiaro. Il processo culturale di un bel po’ di persone è decisamente meno involuto del tuo.

  42. Non mi interessano i battibecchi. Ho fatto un esempio di una pubblicità che si oppone, per lievità dell’immagine, a quella di cui al topic pur rimandando per sottile allusione alla stessa “pratica erotica” (una fellatio in ambito pubblicitario è pornografia). Quanto al “punto di vista maschile” questa è una delle tante paranoie che il neo-femminismo s’è inventato ma che non esiste né socialmente né psicologicamente.

  43. Magari ti è sfuggito Galimberti su D di sabato.Ne consiglio la lettura anche, anzi soprattutto, alla cordata di arrampicatori sugli specchi le cui eiaculazioni feroci non ho avuto né tempo né interesse a leggere in dettaglio. http://periodici.repubblica.it/d/ E’ a pagina 154. Anche il libro di Naomi Wolf potrebbe far bene.

  44. Grazie Ilaria, ma ormai trovo questi commentari illeggibili. E i motivi potrai spiegarli meglio tu, che hai più pazienza e sei più brava. Peccato, per questo bel blog.

  45. Già, paradosso nel paradosso, di tutto si è parlato, guarda caso, tranne della domanda, di che cosa fare (anche se non ho davvero letto proprio tutto, confesso). Ah sì, si è suggerito di liberarci sessualmente, come se la nostra libertà e i nostri diritti non fossero esattamente quello per cui a tantissimi livelli e non certo solo a questo infaticabilmente lottiamo, spesso insieme a uomini come quelli di Maschile Plurale. Certo, poi paternalisticamente si deve suggerire che non sappiamo come farlo, ma guarda! Galimberti risponde, indirettamente: educazione. E direi che ha ragione, visto che a parecchi tutta la questione di genere decisamente sfugge. E alla risata iniziale per lo sproloquio e le banalità, a ben pensarci, si sostituisce presto lo sconforto. Relativo, s’intende, perché chi scrive la libertà e l’uguaglianza sa bene cosa sono per esperienza, come molte altre, e si batte per farle progredire ed estendere.

  46. @Paola M
    In che senso, scusa, trovi questi commentari illeggibili? La cosa suona offensiva nella sua generalizzazione, spero tu te ne renda conto, e va giustificata altrimenti è invettiva per invettiva. Non sarà forse che un commentario aperto com’è questo, e quindi non sottoposto a censure preventive e consunitive come lo sono quasi tutti gli altri a tema, ti presenta una varietà dialettica che in altre realtà è assente? E che dover argomentare diventa più difficile in spazi in cui non ce la si canta e la si suona? Non è quindi che il fastidio nasca proprio dall’aver frequentato ambienti protetti in cui la debolezza di certe posizioni non è potuta emergere prima in quanto in ambiente chiuso ci si è autoesaltat* a vicenda per troppo tempo? E così ora dobbiamo metterci le manine davanti agli occhi, inorriditi e offesi dall’esistenza della luce che ci acceca?
    L’inganno di molti blog, cara Paola M, è tutto qui: censurare senza darlo a divedere.Si prenda ad esempio il blog Lipperatura, consci che il processo vale per tutti gli altri: avrai notato come negli anni il numero di commenti al post del giorno sia passato progressivamente da thread di centinaia di partecipanti a poche unità, e sempre le stesse 15 lettrici da gineceo più una decina di uomini quando va bene. La tenutaria di quel blog, afflitta da ciò che in logica si chiama “errore di conferma”, applica una censura preventiva per cui passano solo i commenti innocui o i commenti di partecipanti già testati. Il peggior mondo possibile per la libera critica e il più disonesto degli inganni nei confronti di chi partecipa, che infatti prospera nell’idea che ciò che viene scritto sia il distillato di processi dialettici esaustivi dell’esistente. Poi scopre d’un tratto e altrove l’esistenza di critiche devastanti e ci rimane male. E si tappe le orecchie come fanno i bambini. Spero di sbagliare nel tuo caso perciò a te la parola: dimostrami che sbaglio.

  47. Sinonimi di tenutaria: mezzana, maitresse, madama. E con questo caro Ugo, ti saluto. La ragione primaria per non leggerti sta tutta in una sola delle tue parole.

  48. @Ilaria
    Se anche lei adopera come metodo il solito errore di conferma non andràmolto lontano nel comprendere le posizoni altrui, consegnanodsi altresì a selezionare solo ciò che ha in già in mente.
    Pertutti gli altri che non desiderano vivere nell’autoriflessività, tra l’altro squalificando il prossimo sulla base del proprio pregiudizio, come ha appena fatto lei, si rimanda alla definizione di “tenutario” secdondo il dizionario Hoepli:
    [te-nu-tà-rio]
    s.m. (pl. m. -ri; f. -ria, pl. -rie)

    Chi possiede o amministra una proprietà o un esercizio
    || spreg. Gestore di luoghi equivoci: il t. di una bisca clandestina, di una casa d’appuntamenti
    http://dizionari.repubblica.it/Italiano/T/tenutario.php

    Come sapevamo già il linguaggio ha denotazioni e connotazioni. Identificare necessariamente le seconde con le prime è il primo indice di pregiudizio. Ironicamente proprio ciò che dalle sue parole vorrebbe combattere.

    :

  49. “peccato per questo bel blog”…. gran bella frasetta (tra le altre insinuazioni poco felici) che sottintende il rammarico per l’assenza di censura operata sulle voci contro: sicuramente Cosenza non è né Lipperini, nè Zanardo, né FaS, etc…. Cmq auguri per le vostre battaglie 🙂

  50. Non voci contro, Luz, insulti sessisti, linguaggio sessista, battute sessiste. E infatti con te ci dialogo più o meno tranquillamente da un pezzo. 🙂 Almeno tu qualche volta sei divertente.

  51. “INSULTI SESSISTI”? QUI? DOVE DI GRAZIA?

  52. Diciamo che ti trovo un sessista relativamente educato in uno dei sensi della parola, ma non in un altro, allora 🙂 Ricordo, tra l’altro, che le discussioni sulla lingua sessista non ti entusiasmavano. Ma non monopolizziamo, sono sicura che chi è interessato/a è in grado di distinguere. Alla prossima.

  53. Non si tratta di monopolizzare. si tratta di scrivere responsabilmente e contenere l’isteria: concetti come “eiaculazioni feroci” mi sembrano, questi sì, di un sessismo raro e conclamato.

  54. Amara la medicina? Noi la sopportiamo da secoli, e non ci piace. Sono contenta che tu la sappia riconoscere quando la sperimenti sul tuo genere, anche se non rivolta direttamente a te. Vuol dire che sappiamo di cosa stiamo parlando. Non è certo la parità che cerco io, ma le “disfunzioni erettili della logica” (lascio a te di analizzare la complessità anche psicologica di questa bella metafora) hanno trovato una antipaticissima risposta. Tanto per fare un punto che hai colto perfettamente.

  55. Non so di cosa tu stia parlando: se hai un contenzioso con me citami qualche mia frase sessista; se ce l’hai con altri indica nick e link: io sono abituato a discutere basandomi su dati analizzabili, altrimenti il gioco (tuo e di Paola che sopra s’è inserita) può andare avanti all’infinito – peraltro un gioco al massacro perché se per far capire che picchiare un gatto non va bene comincio a menare mio figlio non credo determinerò un qualche processo evolutivo.

  56. @Ilaria scrive: “Amara la medicina? Noi la sopportiamo da secoli, e non ci piace”

    Voi? Noi? Come si permette lei di imparentarsi ad altre persone, e parlare per loro, sulla sola base e comune denominatore dell’avere l’utero? E al contempo di riassumere le infinite differenze dell’altro sesso in un’unica categoria, il genere maschile? Invece di procedere per argomenti ad hominem (mai locuzione logica fu più letterale) entri nel merito e confuti ciò che non le piace. Altrimenti, se proprio vuole applicare con coerenza il principio per cui tutto ciò che non le piace lo congeda con un “Ti saluto”, ebbene, taccia. Un bel silenzio non fu mai scritto. E io invece continuo a vederla scrivere, forse a riprova che come strategia il congedo non funziona in prima istanza per chi lo ha sottoscritto.
    Quanto alle “disfunzioni erettili della logica”, visto che sono stato io a usare l’espressione, non c’è nulla di complesso da analizzare da un punto di vista psicologico ed è solo l’applicazione in democratica parità di genere linguistico, e bipartisan e bisexual, di una patologia afferente il mio genere maschile visto che a mia guisa sarebbe stato ben più offensivo il criticare la Boldrini usando, chessò, l’espressione “frigidità dell’intelletto” o “razionalità policistica”.
    Quando legge il testo altrui accenda il cervello, perché ce l’ha, non è che la manca. E vedrà che nessuno le potrà dire che ha pensato troppo per la sua intelligenza.

  57. Le risposte vengono da sé, Luz, come vedi. Quanto all’isteria….

  58. @Ilaria
    Ha finito col parlare a nuora perché suocera intenda? Se ha dei problemi non passi da terze persone ma si rivolga al diretto interessato senza ricorrere al metodo dell’insinuazione. Su, coraggio, non abbia paura: non sbrano gli agnellini.

  59. Che situazione…… E dire che la mia pubblicità sui salami era la soluzione a tutto… deve aver innescato qualcosa di cui ancora non afferro bene l’origine…

  60. Dove diavolo (sorry) sta la frase di Ugo incriminata?

  61. Cribbio, manco le citazione sapete fare (mi state facendo perdere un sacco di tempo oggi):

    la cit esatta era “deficit erettile della logica”. Ad ogni modo a me fa molta impressione questo stile neo-fem (ilaria, ce l’ho con te) perché come qua sopra dimostrato crea solo un gran casino. Senza metodo non si va da nessuna parte.

  62. OT
    @Luziferszorn scrive: “Cribbio, manco le citazione sapete fare”

    Non mi includere: io mi sono limitato a riportare la citazione così come l’aveva ricordata Ilaria. E l’aveva ricordata male. Ma siccome sono un signore non avevo intenzione di mettere il carico anche sul fatto che letteralmente aveva commesso un errore. “Deficit erettile della logica” è una parafrasi di “illogico” e può risultare un’offesa solo per chi cerchi col lanternino ogni espressione che possa piegarsi a generare vittimismo.
    Siccome questo è un blog di comunicazione, non sarebbe male riportare il discorso nel suo alveo di pertinenza e ricordare a tutte le Ilaria del mondo che i testi sono oggetti complessi e vanno capiti e già non è facile interpretarli correttamente. Se poi ci si impegna pure a sbagliare la parte letterale…

  63. Diciamo, Ugo, che è una parafrasi un po’ pericolosa se scritta in un post che pone un problema intorno a fellatio simulate per scopi pubblicitari e dove si presume le lettrici neo-fem abbiano già pronta la lancia avvelenata.

    Ammettendo pure che “erettile” lo si riconduca ad una visione simbolica maschio-centrica dell’intelligenza (e ce ne vuole: molte espressioni figurate che usiamo risultano pacificamente asessuate benché in origine abbiano una collocazione genitale maschile e nella fattispecie con erezione pensiamo ad un pene e solo raramente a una clitoride) la parafrasi non potrà essere giudicata sessista nella misura in cui assume come centro simbolico/metaforico (inconscio se volete) l’erezione fallica; per parlare di sessismo occorre ravvisare un danno, una limitazione, una prevaricazione, una subordinazione, un’annientamento progressivo dell’altro, del diverso, di un valore, di una cultura, il tutto certamente anche espresso dal linguaggio, da qualsiasi forma di linguaggio. Ogni donna vive l’erezione maschile a suo modo ma è indiscutibile che anche una lesbica abbia piacere alla penetrazione e faccia uso di vibratori e dildi. Questo significa che l’erezione in sé è stata assunta a valore universale fin dalla preistoria: simbolo di fecondità e vita e dispensatrice di piacere sessuale. Ora se il culto della vagina e della vulva passa oggi in secondo piano, e simbolicamente popola raramente le nostre menti, è questo sì un problema di una società misogina e di culture maschiliste ma nulla di tutto ciò può essere oggettivamente e direttamente ricondotto al culto itifallico. Maschilismo e misoginia hanno origini psicologiche ben prima che culturali e religiose. E se non c’è equilibrio M/F l’essere umano non può dirsi realizzato né in un senso né nell’altro: in altre parole la cultura misogina non si rafforza affatto nel culto itifallico, semmai ne abusa trasformandolo in strumento autoritario di coercizione (fallo/bastone).

    Detto questo nel linguaggio triviale/sessuale è frequente sottolineare spregiativamente gli organi sessuali e le azioni sessuali. Queste espressione risultano globalmente sessiste quando sviliscono o annientano i valori che noi possiamo ricondurre all’eros e alla sessualità; mentre se non abbiamo valori da ricondurre al piacere sessuale ci interesserà semmai far sì che le parole oscene scompaiano dal vocabolario. In sostanza che la parola “cazzo” diventi sinonimo di banalità e “figa” di mirabilia è un esempio eclatante di sessismo.

    Proprio su questo capovolgimento di percezione (sessista) in ambito pubblicitario si basava un veloce post di risposta che oggi avevo spedito su un altro blog (ma me lo sono perso mentre premevo invio). In due parole (rimanendo a noi) non è una fellatio disgustosa (o ripugnante) se rappresentata come espediente pubblicitario ma disgustoso è l’uso che la pubblicità fa di una fellatio simulata. Dunque non è possibile parlare di sessismo a partire da una fellatio simulata poiché questa è una pratica in sé amata da milioni di persone in tutto il mondo e nel momento in cui la vediamo rappresentata tale rimane, non può cambiare il nostro sistema di valori.

  64. Pingback: Sulla pubblicità sessista in Germania | Boudica's Blog

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.