Poiché molti ancora mi chiedono cosa penso di Ask.fm e della rissa ai Giardini Margherita di Bologna fra adolescenti «Bolobene» e «Bolofeccia», la penso esattamente come Alex Corlazzoli, maestro e giornalista, che sul Fatto Quotidiano ha scritto:
Eccolo, il nuovo mostro: Ask.fm, il social network che ha offerto ai ragazzi bolognesi la possibilità di organizzare una maxi rissa ai giardini Margherita è finito al patibolo. Da quattro giorni non si fa altro che parlare di Ask e del fatto che garantisce l’anonimato. Sociologi, psicologi, filosofi hanno detto tutti la loro. Per sapere chi lo usa, come viene utilizzato mi sono registrato. Sono entrato con i miei ragazzi nel pianeta Ask per andare a vedere tutta questa generazione violenta.
Ho fatto il mio accesso tramite Facebook. Dei circa 20 amici che hanno un profilo con il social network lettone, 19 sono tra i 12 e i 18 anni. La più piccola è una mia ex alunna di 11 anni (la registrazione dovrebbe essere dai 13 anni ma basta barare sull’età ed è fatta).
Alcuni di loro li conosco bene: ragazzi e ragazze che non farebbero male a una mosca, che conoscono le regole del vivere insieme, che sono stati educati all’uso responsabile della tecnologia. Gente che ha buoni risultati a scuola, che frequenta altre persone e non ha certo alcuna malattia da web o da telefonino. E i violenti? I bulli? Dove sono? Certo qualche parola scurrile, volgare al limite della decenza c’è. Sicuramente il fatto di parlare in forma anonima aiuta, facilita. Il vero problema è: perché si ha la necessità di essere anonimi?
Al di là di Ask.fm, nascondersi, celare la propria identità significa non assumersi le proprie responsabilità. Sentire la responsabilità di ciò che faccio e dico è essenziale ed educativo.
Che si scrivono su Ask? Qualcuno domanda e qualcuno risponde: “perché sei stata bocciata?”, “chi ami di più?”, “sei fidanzata?”. Che piaccia o no ma è il loro altro modo di comunicare.
Il problema è quando qualcuno usa questo strumento per fare del male, per fare il bullo. Quando avevo 12 anni, ero stato protagonista di un triste episodio di bullismo: avevo distrutto con altri compagni la bicicletta del più secchione della classe. Mirko ci restò talmente male che lui e la sua famiglia per anni mi tolsero il saluto. Non avevo Ask o Facebook ma ero stato violento. Forse nessuno mi aveva spiegato le regole del gioco della vita.
A Bologna, ai giardini Margherita, sono arrivati in 250 ragazzi che si erano dati appuntamento sul social network: possibile che nessun insegnante, nessun genitore abbia avuto le antenne per captare ciò che stava accadendo?
Demonizzare Ask, Facebook o altro serve solo ad allontanare i nostri ragazzi che ci riterranno dei brontosauri del web. Adele Corradi, maestra che ha vissuto con don Lorenzo Milani racconta: “Non succedeva niente a Barbiana all’insaputa del maestro. E questo derivava dal fatto che il maestro conosceva molto bene i suoi ragazzi. Si viveva nell’attenzione. Ma il rapporto rimaneva sereno, il maestro così attento semmai facilitava la vita, non ci si sentiva vigilati”. Abbiamo bisogno di coniugare al presente, nelle nostre classi quel “vegliare” milaniano. Alex Corlazzoli
Bene. Ora che hai letto l’opinione pacata e intelligente di un maestro di scuola, che con i ragazzini e i social media vive e lavora tutti i giorni, guarda come ha ridotto la questione il TG1. E mi dispiace che l’ottimo Vincenzo Cosenza (non siamo parenti), che di social media sa molto, si sia prestato al gioco. È chiaro che hanno ritagliato l’intervento, ma si sa prima che alcuni TG fanno così. Fa’ attenzione alle inquadrature, ai passaggi da un ambiente all’altro, ai tagli, alla musica in sottofondo:
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Andiamo a rileggere “I ragazzi della via Paal” di un secolo fa!
Dire che ask istiga alla violenza è lo stesso che affermare che twitter è un social superficiale perché il 90% di chi lo usa scrive battutine.
Scusa Frenz, ma twitter a me pare oggettivamente un social superficiale..ma sarà un’impressione mia 🙂
Queste notizie sono pane per i denti del TG1: devono subito fare l’intervista esclusiva. Ma ti assicuro che è migliorato parecchio da quando non c’è più Minzolini. Segnala alla redazione la loro poca serietà .
Secondo me twitter “è” superficiale, poiché chi lo usa difficilmente riesce a uscire dalla logica delle battutine. Fosse usato più seriamente… ma forse bisogna solo prenderne atto. Un nuovo mezzo di distrazione di massa.
questo spezzone del tg e’ fatto per seminare ansia! I ragazzi con i quali ho lavorato l’anno scorso nelle scuole come counselor nello sportello d’ascolto arrivavano pieni di curiosita’, domande su questioni che non erano alla loro portata e noi siamo anche li’ per accogliere e aiutare a sviscerare dubbi. Apprezzo come Adele Corradi sottolinei la disponibilita’ dell’adulto con il suo ‘Si viveva nell’attenzione’. Il tg come spesso accade semina ansia, incomprensione, divide persone e in questo caso direi generazioni!
L’anno scorso nella scuola dove lavoro era partito il classico gruppo “spotted”.
Sono intervenuto un po’ bruscamente su Fb con i ragazzi ma con l’intento di farne parlare, di ragionarci, di capire insieme.
Temevo infatti le reazioni spropositate di colleghi che demonizzano il web solo perché non lo sanno usare, o di genitori che “sono bravi finchè non tocchi il nel loro.”
Risultato?
Sì è discusso e litigato per qualche giorno, la cosa ha perso un po’ d’interesse e, di quello che ne è rimasto, si è passati da una pagina pubblica ad un gruppo privato.
I ragazzi un po’ sono cresciuti e un po’ continuano a fare le solite scemenze da adolescenti, ma nessuno di loro ha avuto grane con denunce o provvedimenti disciplinari, a differenza di altri istituti.
Sicuramente il parlarne insieme ha aiutato, quasi, tutti,
“Si viveva nell’attenzione. Ma il rapporto rimaneva sereno, il maestro così attento semmai facilitava la vita, non ci si sentiva vigilati.”
Purtroppo, nella vicenda che v ho esposto, non c’è stata sempre serenità, a volte anche sofferenza, ma è un rischio che ci si deve prendere se si ricopre un ruolo educativo.
Certamente e più facile il metodo “perbenista”: fregarsene di default e poi trovare il capro espiatorio in un secondo momento a fatto compiuto.
Tornando ai fatti di bologna, dov’è il mondo degli adulti se non si accorge che sta per esplodere una rissa di tale dimensioni tra i ragazzi?
Dov’è?
P.s.: ringraziamo sempre i media che fomentano il conflitto e i pregiudizi intergenerazionali appena possono.
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La ricorrente demonizzazione dei social network mi lascia sempre sospesa fra le risate e lo sconforto.
Le tecnologie sono strumenti, non esseri senzienti (e si spera non lo sarenno mai del tutto), e c’è sempre una mano che le sta usando. Si presuppone, o almeno si spera, che quella mano sia guidata da una testa e da un cuore ben funzionanti.
A me viene sempre il dubbio che certa gente (e genitori) preferiscano incolpare social&co. per evitare quel gravoso, ma necessario e bellissimo, compito chiamato EDUCAZIONE …