Lavorare in USA: stipendi, ferie, clausole contrattuali e altri miti

Lavorare_in_USA

Trovo sul blog Vivere in Usa, che ieri ho segnalato fra quelli che possono darti una mano se desideri lavorare all’estero, una interessante lista di miti da sfatare sulle condizioni di lavoro negli Stati Uniti. Eccola:

Primo mito da sfatare: gli stipendi USA sono più alti di quelli italiani. La risposta veloce è “sì, ma”:

  • Non hai nessun sindacato o Union (a meno che non lavori nel pubblico o in particolari settori protetti).
  • Hai 10-15 giorni di ferie all’anno (in genere, ma queste sono a discrezione dell’azienda e dipendono dalla tua funzione), più 5-6 feste nazionali: non esistono né l’agosto italiano né le 2 settimane a Natale. A volte puoi anche iniziare con una sola settimana all’anno, e di solito per i primi 6 mesi non puoi prendere ferie.
  • Sono ammessi pochissimi permessi e hai 6-10 giorni di malattia all’anno.
  • Puoi essere licenziato in qualsiasi momento con poco preavviso (anche solo 2 settimane).
  • Dal tuo stipendio, oltre a un 30-35% di tasse, esce anche il costo dell’assicurazione sanitaria (pagata per la maggior parte dal datore di lavoro).

I neolaureati in USA:

  • In genere sono assunti con contratti a tempo indeterminato, che variano dai $ 28/40.000 all’anno lordi.
  • Ogni estate, sin dalle scuole superiori, gli studenti sono abituati a svolgere lavoretti estivi, che si tramutano in veri e propri stage in azienda quando sono al college, facilitando poi l’assunzione.
  • Tutto questo è possibile grazie al fatto che, se non lavori bene o se crei problemi, ti possono licenziare rapidamente (di fatto l’azienda rischia molto poco ad assumerti);
  • Per questo motivo (frequente job rotation) la copertura medica aziendale parte dopo alcuni mesi dall’assunzione, così come anche per le ferie in genere.

Lavori temporanei/stagionali:

  • I commessi guadagnano $ 9/14 all’ora, ma lavorano spessissimo anche tutti i weekend (in USA tutto è sempre aperto).
  • I camerieri di solito prendono un minimum wage, il minimo sindacale, che è circa $ 3-4 all’ora, per cui vivono sulle mancie e per avere uno stipendio decente devi fare un sacco di ore.
  • Entrambe le categorie di lavoratori e lavoratrici non godono in genere di assicurazione sanitaria, o è molto costosa.

Ferie, permessi, malattie:

  • Le ferie sono in generale molto limitate: 10-15 giorni all’anno.
  • La malattia funziona allo stesso modo: hai determinati sick days da usare, da 6 a 10 in genere (li puoi accumulare).
  • Hai in genere 1-2 giorni di permesso per motivi personali; tuttavia se devi uscire 1-2 ore prima, spesso non ci sono problemi.
  • Il tutto pero è molto variabile, ed è legato alle politiche aziendali.

Backgroud checks, referenze, test antidroga e verifiche sul salario:

  • Tutto questo è vero solo se l’azienda che ti vuole assumere è medio-grande o è un ente governativo, altrimenti il processo sarà molto più snello.
  • Certe volte i controlli possono essere molto invasivi e molti non li trovano affatto piacevoli.
  • Spesso, attraverso il social security number, le aziende fanno un controllo sulla tua fedina penale.
  • È frequente che durante il colloquio ti chiedano 3-4 referenze che l’azienda contatterà per avere informazioni sulla condotta lavorativa in caso tu sia un candidato interessante.
  • Non così comuni sono invece i test antidroga.
  • Molto spesso sono richiesti dettagli sulle retribuzioni annuali che hai avuto nei lavori precedenti.

Per ulteriori informazioni puoi contattare Vincenzo, che gestisce il blog Vivere in USA: info@vivereinusa.com.

8 risposte a “Lavorare in USA: stipendi, ferie, clausole contrattuali e altri miti

  1. Volevo solo puntualizzare che se il tuo lavoro recede mancia (come il cameriere), la tua paga NON e’ la minimum wage (attualmente varia di stato in stato http://www.ncsl.org/research/labor-and-employment/state-minimum-wage-chart.aspx) ma un minimo che ti consenta di ricevere, una volta sommata la paga e le mance, appunto almeno la minimum page dello stato in cui vivi/lavori, quindi molto di meno: la legge federale ha messo come minimo $2.13 per il lavoratore che riceve almeno $30 al mese di mance. La media della paga attuale per un cameriere, tra mance e stipendio, e’ di circa $12. In altre parole, per chi vive qui e’ una miseria (p.s.: i camerieri non hanno l’assicurazione sanitaria pagata…)
    http://en.wikipedia.org/wiki/Tipped_wage_in_the_United_States

  2. richiede, non “recede…

  3. Consiglio vivamente anche la lettura di “Una paga da fame. Come (non) si arriva alla fine del mese nel paese più ricco del mondo”. La sociologa Barbara Ehrenreich lascia le aule universitarie e si mette a cercare lavoro: l’esperienza che ne riporterà sarà traumatica. Quando è uscito, una dozzina d’anni fa penso, era un warning su quello che avrebbe potuto accadere anche a noi; adesso è uno specchio ottimistico.
    Contesto decisamente l’idea che sta alla base dell’affermazione “tutto questo [lavoretti estivi e stage] è possibile grazie al fatto che, se non lavori bene o crei problemi, ti possono licenziare rapidamente (di fatto l’azienda rischia molto poco ad assumerti)”, che lascerebbe credere che in Italia non è così. In Italia esistono 84 forme contrattuali diverse più quelle aggiunte dal jobs act (e visto che siamo in casa di una semiologa, prego riflettere sul fatto che si parla di jobs e non di lavoratori), ovverossia 83 forme contrattuali flessibili più il famigerato e fonte-di-tutti-i-mali tempo indeterminato.

  4. Confermo, e aggiungo i miei 2 cent come ricercatore all’estero. L’idea di avere delle ferie e’ un lusso sfrenato, o una perdita di tempo (!!). Ho colleghi sui 30-35 anni che non hanno mai fatto una vacanza nella loro vita: da adolescente d’estate vai a fare un lavoretto per avere qualche soldo, al college d’estate o fai dei corsi extra per laurearti prima (e pagare meno) o fai il tirocinio in azienda (pero’ hai uno stipendio), poi inizi a lavorare e hai appunto dieci/quindici di giorni di ferie all’anno. C’e’ anche da dire (con la grande differenza della vita da studenti italiani e americani) che in Italia adesso, tra contratti a progetto e p.iva, chi e’ che riesce a prendersi tutto agosto di ferie?
    Discorso diverso per l’assicurazione medica. Il blog citato dice che e’ ancora un grosso problema soprattutto per i lavoratori precari. Devo dire che, grande vittoria di Obama, questo va molto meglio. Ancora non perfetto, ma meno barbaro di anni fa.
    I neolaureati della nostra magistrale di norma trovano lavoro immediatamente, e con stipendi molto piu’ alti di quelli riportati (quelli bravi, che finiscono a fare i designer a San Francisco e dintorni beccano in media sui 70.000/80.000, a fronte pero’ di un costo della vita folle e del fatto che devono ripagare un debito contratto per le spese dell’universita’).

  5. Buongiorno Prof, come tanti suoi commentatori sono un suo ex studente (di moooolti anni fa) e vorrei darle, per quel che può contare, il mio punto di vista sul lavoro all’estero.
    Dopo mille vicissitudini sono finito a lavorare in Belgio, a metà dell’anno scorso: finalmente mi è stato offerto un lavoro in linea con la mia preparazione, un contratto a tempo indeterminato, uno stipendio più che buono nonostante io sia ancora junior per la posizione che ricopro. Perfino per quel che riguarda l’orario ho avuto una scoperta positiva: qui si lavorano 38 ore settimanali, contro le 40 italiane.
    Ma andando un po’ più a fondo nella questione, si scopre che non è tutto oro quel che luccica. Il punto più doloroso, per chi arriva dall’Italia, è quello delle ferie: durante il primo anno solare di contratto non ci sono ferie pagate, per cui ogni giorno passato fuori viene decurtato direttamente dallo stipendio. Le ferie sono calcolate infatti sulla base dei giorni lavorati nell’anno solare precedente: per chi come me ha lavorato solo 6 mesi, spettano metà delle ferie da contratto. E, in ogni caso, molti dei contratti per le aziende più piccole prevedono solo 20 giorni di ferie retribuite all’anno. Quanto allo stipendio, bisogna far fronte a un costo della vita che è intorno al 10% più cara rispetto all’Italia; tredicesima e quattordicesima, di nuovo, sono calcolati rispetto all’anno solare precedente. Piccole cose, certo, niente di tragico: ma da tenere comunque di conto se uno vuol partire.
    Se uno vuol partire, appunto: perché per esperienza personale lo so bene che c’è una bella differenza fra dire “basta, non ne posso più dell’Italia” e, una volta partito, ricominciare una nuova vita davvero, senza più quelle sicurezze che tanto ci annoiano quanto ci consolano. Ma questo è un altro discorso…

  6. Pingback: Arbitrio e solidarietà | Suprasaturalanx

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