Muratore o muratrice? Allenatore o allenatrice? Perché l’uso del femminile per le professioni svolte da donne dà ancora fastidio?

Emma, muratrice

Quindici anni fa – lo ammetto – se qualcuno insisteva nel proporre l’uso del genere grammaticale femminile nel caso di parole riferite alle donne, laddove la maggioranza usava il maschile per indicare genericamente uomini e donne, consideravo l’insistenza un’esagerazione, una forma di pedanteria, un’attenzione petulante per dettagli in fondo poco rilevanti, visto che i problemi delle donne “sono ben altri”, pensavo, secondo il noto ritornello del più bieco benaltrismo. Quindici anni fa. Sbagliavo. Dal 2007, poi, anche grazie alla diffusione in rete di molte informazioni e riflessioni sulla mancanza di parità di genere in Italia, sono nati i cosiddetti movimenti neo-femministi o post-femministi, a cui questo blog ha contribuito e di cui è stato orgogliosa espressione.

Nel tempo, dunque, come studiosa di linguaggio, segni, comunicazione, da un lato, e come blogger dall’altro, ho capito che – come fin dagli anni ’70 le femministe giustamente predicavano – usare il femminile quando si parla di donne, bambine, ragazze è fondamentale per farle uscire dall’ombra del non detto, dell’implicito, del presupposto, per dar loro diritto di esistenza nel discorso e, di conseguenza, anche nel mondo. Le parole, infatti, contribuiscono a costruire la realtà in cui viviamo e il modo in cui la pensiamo, la caratterizziamo e popoliamo. Com’è possibile dimenticare sistematicamente, con le parole, oltre la metà degli esseri umani? Non si può, equivale a cancellarne l’esistenza.

Da circa dieci anni, insomma, faccio anch’io attenzione, per esempio, a dire e scrivere studentesse e studenti, professori e professoresse, cercando sempre la forma femminile più adeguata a mestieri, ruoli, cariche e incarichi svolti da donne. Senza incaponirmi né esagerare (a volte la forma giusta non c’è, o suona pesante), ma sempre sforzandomi, sempre riflettendoci sopra.

Intorno a me, al contrario, ci sono ancora moltissime donne e moltissimi uomini a cui questa attenzione continua a dare fastidio. Ci sono ben altri problemi, ripetono. Inoltre, quando va bene, liquidano la faccenda con sorrisetti e battute (“La devo chiamare presidentessa o presidenta?”, col tono di chi asseconda una povera fissata). Nei casi peggiori, deridono o addirittura insultano (pensa a come viene aggredita la presidente Laura Boldrini, anche per la sua insistenza sull’uso del femminile grammaticale). C’è ancora molto da fare, insomma, per sensibilizzare le italiane e gli italiani su questo tema, laddove negli Stati Uniti e in molti paesi europei forme come he or she, s/he – e equivalenti in altre lingue – sono da un paio di decenni talmente abituali che ometterle equivale a non sapere né scrivere né parlare.

È in questo contesto e per queste ragioni che, come presidente del Corecom Emilia-Romagna, assieme all’Assessorato alle Pari Opportunità della Regione Emilia-Romagna, ho promosso il video “Le parole giuste” , realizzato con la regia di Elisa Mereghetti dall’associazione di giornaliste GiULiA, alla quale aderiscono le autrici dello storyboard, Mara Cinquepalmi e Beba Gabanelli. In meno di un minuto, la clip mette in scena tre coppie, uomo e donna, che fanno lo stesso mestiere ma, mentre non ci si sognerebbe mai di definire l’uomo al femminile, per le donne il maschile è quasi la regola. Ecco il video e tre suoi estratti, uno per ogni professione selezionata fra le tante possibili:

Le parole giuste, versione lunga

Muratore e muratrice

Allenatore e allenatrice

Avvocata e avvocato

2 risposte a “Muratore o muratrice? Allenatore o allenatrice? Perché l’uso del femminile per le professioni svolte da donne dà ancora fastidio?

  1. L’ha ribloggato su Depresso Gioioso.

  2. Mi dispiace che riduca tutto ad una questione di sorrisini e battute deficienti. Credo ci siano ruoli (non parlo né di professioni né di mestieri) che siano per propria natura enormemente più importanti della persona che pro tempore cerca (al suo meglio, si spera) di incarnare. Per tutto il resto, è vero, l’uso del maschile può essere indice di quanto ancora maschilista – peggio con un rigurgito negli ultimi anni – sia la nostra comunità umana. Ma direi più che maschilista, o forse è semplicemente un altro dire: di una triste e tronfia ignoranza.

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