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Obama, la bellezza, la danza

Sabato scorso ero a Venezia, al Simposio di apertura della Biennale Danza. Tema di questa edizione: “Beauty”. Gli interventi più stimolanti sono stati quelli di Loredana Lipperini e Germaine Greer, di cui ti dirò più avanti. Interessante è stato, nel complesso, sentire come coreografi, ballerini, direttori di balletti nazionali e internazionali filosofeggiano sul loro mestiere. Insomma, ho fatto un po’ di osservazione partecipante.

Uno solo dei relatori era un docente universitario, Jeffrey Stewart, preside del Department of Black Studies dell’University of California at Santa Barbara. A parte la lunghezza e pesantezza del suo speech – intitolato “Bellezza e blackness” – tipica di certo accademismo, mi ha colpita una sua tesi. Riprendo le parole di Stewart (dalla traduzione italiana distribuita ai convegnisti):

«All’alba del XXI secolo, si fa strada una nuova, più diffusa e vasta sensibilità verso la Bellezza Nera, che […] è creata nelle viscere dell’Occidente: la Bellezza Nera come cavallo di Troia. Un esempio calzante è la straordinaria affermazione di Barack Obama come possibile candidato alla Casa Bianca in un paese ancora razzista come gli Stati Uniti.

Questa candidatura seducente dovrebbe essere letta in termini di Bellezza Nera, poiché per molti versi il fascino di Obama deriva dalla sua estetica.

È un danzatore, i cui movimenti riflettono l’attitudine culturale delle comunità nere urbane a mantenere sempre la calma e il sangue freddo anche in situazioni di stress, muovendosi con grazia e trasformando le arene sconosciute in un palcoscenico su cui danzare. Si sono aperti dibattiti per stabilire se Obama sia “troppo nero” o “non abbastanza nero”, categorie risalenti agli anni ’60 e ormai superate, mentre gli osservatori non sono riusciti a vedere quanto la sua campagna assomigli a una coreografia nera.

La sua genialità ha radici nella padronanza della cinetica nera, la sua flessibilità, la capacità di controbattere, la sua giovane età, il suo eloquio musicale dipendono da e promuovono la Bellezza Nera, che include l’Altro Bianco su nuovi palcoscenici. Attira a sé quelli che normalmente non appoggerebbero un candidato nero perché la sua bellezza li trasforma, insegna loro come muoversi in un mondo post-moderno, post-coloniale, post-identità. Si dondola e il suo messaggio è: “Puoi farlo anche tu”

In questi termini è più chiara – mi pare – la potenza di quel togliersi la giacca che abbiamo commentato alcuni giorni fa.

Però però.

Stewart prosegue:

«Come portatore di Bellezza Nera, Obama diventa la migliore opportunità per l’Occidente di salvarsi, ma la domanda è: saprà l’Occidente imparare i passi di questa danza?

Questa è una sfida, non una domanda retorica. Perché altri danzatori della Bellezza Nera non son riusciti a tradurre la loro estetica in qualcosa di più. […] Pensiamo a Josephine Baker, che trasformò la danza in America ed Europa negli anni ’20 e ’30. […] Ma conosciamo tutti la storia della Baker. Benché alcuni la considerassero come l’epitome della Bellezza, altri la trattarono come l’animale domestico della società parigina, un animale la cui bellezza mobile fu attribuita e ridotta ad abilità razziale conseguente alla genetica. E non cambiò nulla in Europa o negli Stati Uniti del come noi umani conviviamo, chi consideriamo umano, cosa intendiamo per umanità, ecc. […]

Molti europei, per esempio, sostegono di apprezzare Obama, ma non vedo poi uno sforzo corrispondente nell’affrontare la disuguaglianza e le tensioni etniche e razziali nelle società europee. È a posto fintantoché rimane per loro un simbolo e uno spettacolo televisivo, così possono imitare la sua danza in modo superficiale.»

Barack Obama come Josephine Baker: solo una provocazione?

Mentro cercavo di rispondere a questa domanda, ho trovato questo video, in cui Obama accenna alcuni passi di danza durante una puntata del The Ellen DeGeneres Show (ottobre 2007).

Mi si è gelata la schiena.