Archivi tag: gender studies

A che punto stanno le donne, in Italia?

Lunedì 8 marzo ho pubblicato un articolo su LabParlamento, in cui faccio il punto sulla situazione di disparità che vivono e soffrono le donne italiane, messe molto peggio della media europea per disoccupazione, stipendi più bassi degli uomini (a parità di merito e carriera), difficoltà di raggiungere i vertici nelle aziende e nelle pubbliche amministrazioni. Eppure, ancora molte e molti di noi si fanno il viaggio (l’espressione gergale rende l’idea) della parità raggiunta. Ecco invece i dati.

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Che fine ha fatto il neofemminismo di dieci anni fa?

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Venerdì 8 marzo è uscito sul Fatto Quotidiano questa mia riflessione, che ripropongo ora perché di alcuni problemi non bisogna parlare solo in occasione dell’8 marzo, ma tutti i giorni: Continua a leggere

Spot Fineco: perché dire (ancora) «uomo» quando si poteva parlare di «esseri umani» o «persone»?

Fineco

In Italia l’uso del genere grammaticale femminile nel caso di parole riferite alle donne e l’attenzione a evitare il più possibile il maschile generico, quello con cui si indicano uomini e donne in generale, sono molto più diffusi oggi di cinque o dieci anni fa. In questo anche la lingua italiana si sta adeguando a una soglia di attenzione che nei paesi anglosassoni è alta da anni: si pensi all’uso di «person» invece di «man» che già nel 2000 indusse la rivista Time a cambiare il celebre «Man of the Year» in «Person of the Year» nella copertina di fine anno. In Italia molti e molte ancora considerano queste attenzioni un’esagerazione, una forma di Continua a leggere

La violenza sulle donne colpisce anche i loro figli. Occorre intervenire subito, non c’è più tempo #timeout

#timeout

Molti studi e molte statistishe mostrano che, quando le donne che subiscono violenza sono madri, a subire violenza (fisica o psicologica) sono spesso anche i loro figli. In 2 casi su 3, ad esempio, i bambini assistono alla violenza inflitta alla madre e per questo hanno più probabilità di agire o accettare violenza a loro volta, quando saranno adulti. WeWorld Onlus, ONG italiana che ogni giorno lavora per Continua a leggere

Muratore o muratrice? Allenatore o allenatrice? Perché l’uso del femminile per le professioni svolte da donne dà ancora fastidio?

Emma, muratrice

Quindici anni fa – lo ammetto – se qualcuno insisteva nel proporre l’uso del genere grammaticale femminile nel caso di parole riferite alle donne, laddove la maggioranza usava il maschile per indicare genericamente uomini e donne, consideravo l’insistenza un’esagerazione, una forma di pedanteria, un’attenzione petulante per dettagli in fondo poco rilevanti, visto che i problemi delle donne “sono ben altri”, pensavo, secondo il noto ritornello del più bieco benaltrismo. Quindici anni fa. Sbagliavo. Dal 2007, poi, anche grazie alla diffusione in rete di molte informazioni e riflessioni sulla mancanza di parità di genere in Italia, sono nati Continua a leggere

I bambini e le bambine precocemente adulte dei marchi di moda

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Sull’ultimo numero di Leggendaria è uscita una mia riflessione sul modo in cui sono spesso rappresentati i bambini e le bambine nella comunicazione commerciale e nei servizi fotografici dei marchi di moda da vent’anni a questa parte. E sul modo in cui queste immagini condizionano la comunicazione – e la nostra vita – ben al di là dei fashion brands. Ecco l’articolo: Continua a leggere

Hillary Clinton, la malattia, il femminismo, il potere

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Ricevo da Michela Pusterla, laureanda alla magistrale di Italianistica all’Università di Bologna, che ha trascorso un anno negli Stati Uniti per motivi di studio, una interessante e articolata riflessione sulla questione dello stato di salute della candidata alle elezioni presidenziali americane Hillary Clinton, vista in relazione al suo essere donna, vale a dire ai pregiudizi di genere che la sua candidatura porta con sé. Scrive Michela:

«La storia personale dei Presidenti americani è anche una storia di malattie, più o meno nascoste: Wilson ebbe un ictus che lo semi-paralizzò, Roosevelt non aveva l’uso delle gambe dopo aver contratto la poliomielite; Eisenhower soffriva del morbo di Crohn ed ebbe un infarto e un ictus; Kennedy nascose a lungo il morbo di Addison e soffriva di mal di schiena fortissimi; Reagan venne operato alla prostata e per un cancro alla pelle e, verso la fine del suo mandato, già soffriva di Alzheimer; Bush senior aveva la malattia di Basedon-Graves.

Per Hillary Clinton sembra sussistere un regime diverso, secondo quello che negli Stati Uniti si direbbe un «double standard». Sembrerebbe che a Clinton, una candidata del tutto politicamente convenzionale, non possa essere concessa nemmeno una polmonite: Continua a leggere