Archivi tag: Mario Monti

I talk show sono in calo? Si diceva anche durante il governo Monti

Gianluigi Paragone, La gabbia

In questi giorni gira voce che i talk show stiano stufando, in particolare dopo l’esordio deludente di Gianluigi Paragone con il nuovo La gabbia, che mercoledì scorso ha ottenuto solo il 3,97% di share. Bah, ricordo che nei primi mesi del 2012 ci fu un coro di preoccupazioni e lamenti per la crisi dei talk show, che allora si attribuiva Continua a leggere

Enrico Letta fra vecchia politica e nuova sobrietà

Enrico Letta

Nonostante gli sforzi di novità nella composizione del governo – da molti banalizzati in termini di età anagrafica (i ministri sono mediamente giovani) e di attenzione al gender (7 donne su 21 ministri) – la sigla che in questi giorni è stata più spesso associata a Enrico Letta è quella della DC, Democrazia Cristiana. Il campo semantico che le gira attorno include concetti tendenzialmente negativi: vecchia politica, scarsa trasparenza, tatticismi e inciuci vari. Non mancano però alcuni tratti positivi: Continua a leggere

Lo so: parlare di Monti in rete non funziona

È un dato: ogni volta che scrivo di Monti – qui o sul Fatto Quotidiano – le visite e i commenti si fanno al lumicino. Colpa di quel che scrivo? Forse. Ma, data la popolarità di molti altri post, credo che il tema ci metta del suo: è come se fra Monti e il “popolo del web” ci fosse un gelo difficilmente scaldabile. Insomma, è anche un po’ per ridurre i commenti e le visite che negli ultimi due giorni hanno tempestato il blog, che ho deciso di condividere il pezzo che ho scritto per lo Speciale Elezioni del portale Treccani. Tiè, raffreddati i bollenti spiriti con questo. 🙂 (Se leggi bene, nel pezzo trovi  fra l’altro spiegato cosa c’è, fra Monti e la rete, che non funziona.)

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Se Crozza e Berlusconi dettano l’agenda, Monti si fa “empatico”

In principio fu Maurizio Crozza, che pochi giorni dopo la prima conferenza stampa del governo Monti, s’inventò Monti-Robot, inchiodando il Presidente ai tratti principali del suo eloquio: la tendenza a parlare lentamente, con pause lunghe, ritmo monotono e tono grave. Tutte caratteristiche che, da un lato, paiono esprimere una personalità incline al riserbo e all’autocontrollo (la ben nota “sobrietà”); dall’altro però ci restituiscono l’immagine di un Monti privo di emozioni e incapace di suscitarle.

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Monti: fra (ex) sobrietà e politica pop

Da quando Monti è entrato in campagna elettorale non passa giorno senza che qualcuno ne evidenzi la «svolta comunicativa»: come se d’improvviso fosse riuscito a cambiare radicalmente stile di comunicazione, passando dall’argomentazione agli slogan facili, dalla ponderazione ai toni accesi.

In realtà già nei primi mesi del suo governo, Monti aveva dato prova più volte di sapersi ben adattare alla politica spettacolarizzata che Mazzoleni e Sfardini hanno chiamato «politica pop». È sempre stato abile, per esempio, a confezionare formule facilmente traducibili in titoli di giornali e di servizi televisivi: dalle manovre «salva Italia» e «cresci Italia» con cui ha descritto le azioni di governo, alla più recente «salita in politica», con cui ha etichettato il suo ingresso in campagna elettorale per distinguersi dalla «discesa in campo» di Berlusconi nel 1994.

Monti in tv

Ma entrare nel circo mediatico senza esperienza comporta rischiare gaffe e scivoloni. Anche di questi Monti ha dato spesso prova, insieme ad altri membri del suo governo. Cominciò nel febbraio 2012: «I giovani devono abituarsi all’idea che non avranno un posto fisso tutta la vita. E del resto, diciamo la verità, che monotonia un posto fisso tutta la vita». Soffiò sul fuoco la ministra Fornero: «Il posto fisso per tutti è un’illusione». Rincarò la dose la ministra Cancellieri: «Noi italiani siamo fermi al posto fisso nella stessa città, di fianco a mamma e papà».

Di esempi analoghi è costellato tutto il 2012, ma mi limito a questi perché li considero rappresentativi, da un lato, della capacità di Monti – e del suo governo – di guadagnare le prime pagine, dall’altro della scarsa empatia verso il vissuto delle persone, in questo caso masse crescenti di precari e disoccupati, specie giovani. Una volta in campagna elettorale, poi, ha preso di mira gli avversari politici: si pensi alla frase sulla necessità, per il Pd, di «silenziare» le ali estreme, rappresentate dall’alleanza con Nichi Vendola, da un lato, e dall’economista Fassina al suo interno; una frase infelice e autoritaria, che certo non esprime pacatezza.

D’altra parte accade a molti: la girandola mediatica prima seduce, poi ipnotizza, infine stordisce. Riuscirà Monti a trovare un buon equilibrio fra sobrietà e vena pop? Finora non ci è riuscito. In futuro chissà.

Questo articolo è uscito oggi anche sul Fatto Quotidiano.

Monti: non basta una piattaforma per la credibilità e-democratica

Accanto al sito Agenda-Monti.it – ora invaso dai due mastodontici loghi «con Monti» per la Camera e il Senato – negli ultimi giorni del 2012 è nata anche la piattaforma partecipativa Peragendamonti.it. Stefano Ceci, promotore dell’iniziativa, comunicava il 1 gennaio alcuni numeri: nelle 48 ore a cavallo del capodanno, oltre 12.000 visite con 63.000 pagine visualizzate, 1000 cittadini attivi sulla piattaforma, 200 proposte sui temi in programma, 295 commenti.

Evidente la curiosità che la cosa poteva destare all’inizio: Monti come Grillo? Monti prima e meglio di Grillo? Tuttavia a guardarla ora non si vede un gran fervore: i gruppi con 1 o 2 partecipanti sembrano la stragrande maggioranza, ma è pur vero che i gruppi sono molti, e chissà. Certo, le immagini in home – l’omino e la donnina disegnati senza bocca e con le mani dietro la schiena – non aiutano la partecipazione, perché, pur volendo simboleggiare lo stato del/la cittadino/a prima della sua partecipazione all’Agenda Monti, in un ambiente già vuoto o scarsamente popolato sembrano in realtà rappresentare il mutismo e l’inazione che vi regnano.

Stufo di stare a guardare donna

Stufo di stare a guardare uomo

Va detto però che l’idea di una comunicazione online «partecipata» e «dal basso» contrasta molto con la comunicazione elitaria, professorale e scarsamente empatica che il senatore Monti ha dimostrato per oltre un anno come capo del Governo. Può riuscire, a colpi di faccine su Twitter – come ha fatto sabato scorso, in modo peraltro discutibile e di fatto discusso – a dare di sé un’immagine meno distaccata? Più vicina ai bisogni comuni della cosiddetta “gente comune”?

Io ho molti e seri dubbi. La partecipazione viva ed effettiva in rete non si crea dal niente in pochi ore e giorni, con la complicità di qualche apparizione televisiva, ma si costruisce giorno dopo giorno, in molti mesi e anni di immersione piena, continua e – soprattutto – coerente anche con quanto si fa fuori dalla rete, non tanto e non solo in televisione, ma sul territorio.

L’impresa mi pare piuttosto il tentativo di dare una patina di e-democracy e innovazione tecnologica alla campagna elettorale di Mario Monti. Qualcosa che chiamerei “e-democracy washing”, perché ricorda il green washing che fanno alcuni marchi quando si rifanno il look gridando ai quattro venti che rispettano l’ambiente. Se poi rispettano davvero l’ambiente anche con azioni reali, la comunicazione corrisponde alla sostanza e il green washing è efficace. Ma come non bastano una campagna green e pochi mesi di buone azioni per costruirsi un’immagine ambientalista credibile, così non basta una piattaforma di partecipazione online per darsi un’immagine tecnologica, innovativa, e-democratica credibile.

Questo articolo è uscito oggi anche sul Fatto Quotidiano.

Berlusconi e Monti: questioni di «rango»

Ieri a «Uno Mattina» Berlusconi ha commentato l’ormai celebre «salita in politica» di Monti, con queste parole:

«Lui dice che “sale in politica” perché ha ragione: aveva un rango inferiore a quello di Presidente del consiglio [tende il braccio verso l’alto]. Io ho detto [il braccio va ancora più alto] “sceso in campo” [il braccio piomba in basso] perché avevo un rango superiore, e quindi è giusto: questo è il linguaggio.»

Berlusconi a Uno Mattina 27 dicembre 2012

Berlusconi ha usato la tecnica retorica della concessione: dare ragione all’avversario per ritorcere questa ragione contro di lui. Di solito «si concede» qualcosa su un tema secondario, o parziale, per vincere su uno più importante e decisivo (si perde una battaglia per vincere la guerra). In questo caso, invece, Berlusconi dà ragione a Monti per degradarne il ruolo e innalzare il proprio, ribadendo e rinforzando l’espressione della «discesa in campo», da lui introdotta nel 1994, a cui Monti ha contrapposto la «salita in politica».

Un colpo da maestro, che dimostra quanto Berlusconi sia ancora abile in  comunicazione. È chiaro che oggi non è più quello di una volta (per ragioni che ho illustrato qui). È chiaro che la mossa di Berlusconi ha senso solo sullo sfondo di un sistema di valori condiviso dal suo elettorato (e non solo: attenzione!), per cui un Imprenditore-con-la-i-maiuscola (quello che lui era nel 1994) ha un «rango» più alto di un Professore-con-la-i-maiuscola (quello che Monti era prima di diventare Presidente del Consiglio; ma in realtà aveva molti altri incarichi). Detto in altri termini: se non condividi questo sistema di valori, la mossa di Berlusconi ti dà fastidio o ti sembra ridicolmente spocchiosa.

Ma in ogni caso Berlusconi ci sa fare: gli avversari potrebbero imparare molto da lui. Faccio notare che lo stesso Monti, nella conferenza stampa del 23 dicembre, in cui aveva detto «faccio fatica a seguire la linearità del pensiero di Berlusconi», mostrando con esempi quanto invece fosse contraddittorio (tutt’altro che lineare), aveva basato la sua ironia su una concessione: «Sento qui il dovere di dire una parola di gratitudine e di… sbigottimento al tempo stesso nei confronti di Berlusconi». Anche da Monti gli avversari hanno molto da imparare.

Questo articolo è uscito oggi anche sul Fatto Quotidiano.