Stamattina apro Facebook e sulla bacheca di Vittorio Zambardino leggo: «Ma il giovane “indig-nado” che domani sfila per Roma urlando a Draghi, ai banchieri e alla Bce, saprà che il suo urlo è di destra?». Bella domanda, Vittorio. Non so se lo sa. Non so cosa sa.
Se è in buona fede è solo arrabbiato/a e confuso/a. Molto.
Se è un perditempo, cavalca l’onda per darsi un ruolo, per stare in mezzo agli altri, per sentire di esserci. Meglio quest’anno di altri, perché indignarsi va di moda, e si pronuncia separando la g dalla n e mettendoci la d. Indig-nados.
Se è in cattiva fede vuole solo menare le mani. O ottenere il microfono e la camera di qualche giornalista per apparire in tv e in prima pagina. Sappiamo tutti che il «volto gggiovane con aria pulita e assorta» è ottimo per i primissimi piani nei talk show (ne abbiamo visti tanti in questi giorni). Specie considerando che in Italia i giovani anagrafici (15-24) sono in via di estinzione.
Ma gli slogan? Hanno senso? E dove portano?
E gli obiettivi? Quali sono? Ma soprattutto: ci sono? Una protesta non ha necessariamente obiettivi, mi si risponde. E vabbe’.
Mi limito allora a raccomandare alcune letture. Da fare se scendi in piazza. Ma anche se non ci vai e vuoi lo stesso ragionare su ciò che sta accadendo. O se non hai ancora deciso.
Dino Amenduni: «Ma perché #occupiamobankitalia?».
Mario Seminerio: «Indignati, protesta informata? Ecco cosa si rischia a non pagare il debito».
Ricordo anche due post che ho scritto alcuni mesi fa:
Dieci cose da ricordare quando si scenda in piazza, del 22 febbraio 2011.
Perché in Italia l’indignazione non funziona?, del 24 maggio 2011.
E se trovi riflessioni ben argomentate e documentate sulla protesta di questi giorni, segnalamele! Grazie.