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Sanremo 2016: perché il Festival è rassicurante. Anche se non ne puoi più

sanremo-2016

Si è conclusa due giorni fa la 66esima edizione del Festival di Sanremo, record di ascolti che ha superato le edizioni degli ultimi undici anni, non solo quella dell’anno scorso che, sempre con Carlo Conti, aveva già fatto boom. Agli italiani e alle italiane Sanremo continua a piacere, insomma. No di più, piace oggi più di ieri. No, ancora di più: in Italia, oggi, di Sanremo abbiamo proprio bisogno. Oggi più di ieri. Un gran bisogno. Disperato. Tutti e tutte: quelli che lo guardano e quelli che non. Quelli che piuttosto che Sanremo, qualunque altra cosa. Quelli che ma non si rendono conto che è roba vecchia? E persino quelli che, per enormità di problemi personali, Continua a leggere

Sanremo: torna lo spot dell’alga Guam, identico a se stesso

Fanghi d'alga Guam

Inossidabile il festival di Sanremo, con ascolti addirittura in crescita. Inossidabile lo spot dell’alga Guam, che anche quest’anno fa capolino fra una canzone e l’altra, e probabilmente ci accompagnerà fino all’estate, dimostrando che per questo tipo di illusioni (metti l’alga e le tue natiche saranno perfette come quelle della pubblicità) non c’è crisi che tenga: se la Guam può investire ancora tanti soldi per acquistare spazi televisivi in prima serata durante Sanremo, Continua a leggere

Sanremo, le donne e la rete: un bilancio mesto

Che quest’anno la rappresentazione delle donne a Sanremo dovesse essere più avvilente del solito era chiaro ancor prima che il festival cominciasse: la scenetta di Morandi e Papaleo allupati attorno alla poco più che maggiorenne Ivana Mrazova, andata in onda il 25 gennaio nel promo del Tg1, parlava già chiaro.

Per questo era nata subito una mobilitazione in rete, stimolata da Lorella Zanardo e Giorgia Vezzoli e ripresa da diversi blog, fra cui il mio; l’Associazione Pulitzer aveva lanciato un appello alla direttrice della Rai Lorenza Lei; e il blog Un altro genere di comunicazione aveva organizzato un mailbombing.

Tardivamente, e cioè solo sabato 18 febbraio, anche il blog del Corriere La 27sima Ora ha pubblicato una lettera aperta a Gianni Morandi «Ma sulle donne cambiate copione», ripresa da Giorgia Vezzoli e altre.

Risultati? Una flebile dichiarazione iniziale, da parte della Rai, sul fatto che il servizio del Tg1 fosse «solo un gioco». Poi la consegna delle firme raccolte dall’Associazione Pulitzer a un’addetta stampa Rai (non a Lorenza Lei in persona, perché «troppo impegnata»). Infine una magra risposta di Morandi alla lettera aperta de La 27sima Ora, pubblicata ieri in un trafiletto sul Corriere:

«Non è vero che le donne hanno avuto un ruolo di sola vetrina in questo festival. Sono venute Federica Pellegrini, Geppy Cucciari, Sabrina Ferilli. Tre donne nei primi tre posti, per me era un festival al femminile».

Insomma diciamocelo senza mezzi termini: stavolta la mobilitazione ha fatto flop. E perché ha fatto flop? La mia diagnosi si riassume in due punti.

Innanzi tutto, dopo le dimissioni di Berlusconi e l’insediamento del governo Monti, si è diffusa l’impressione che le priorità siano altre. Cosa ti stai a preoccupare dell’immagine femminile a Sanremo? C’è «ben altro».

In secondo luogo, nonostante si parli tanto di rete, le varie associazioni, i blog, le testate giornalistiche stentano a fare davvero rete su questi temi. La tendenza è frammentarsi, dividersi, magari pure litigare. O non prendersi nemmeno in considerazione reciproca. Mi stupisce e mi dispiace, per esempio, che la lettera aperta de La 27sima Ora sia arrivata così tardi, e non abbia fatto nessuna menzione delle iniziative che l’avevano preceduta. Brutto segno. E Se Non Ora Quando? Perché non hanno sostenuto l’iniziativa dell’Associazione Pulitzer oltre al semplice mettere il logo in testa all’appello? Con la potenza di fuoco mediatico che hanno, se avessero lavorato in modo che qualche nome noto e visibile facesse qualche dichiarazione su stampa e televisione, sicuramente l’Associazione avrebbe raccolto molte più firme delle 3.792 che oggi il contatore mostra.

Non a caso, poi, a Sanremo, le cose non sono andate meglio che nel servizio del Tg1. Alla faccia della vittoria finale «tutta femminile», come si dice. Un fermo immagine vale per tutti: Morandi che piazza la manona sul seno di Ivana Mrazova, per sistemarle (?) il microfono. In quel momento mi sono vergognata quattro volte: per lui e il suo compare, per la ragazza, per la Rai. E per me stessa, che nel 2012 sono ancora costretta a parlare di queste cose.

Morandi sistema il microfono di Ivana Mrazova

Sul dopo Sanremo vedi anche il post di oggi su Lipperatura, che segnala fra l’altro un appello di Marina Terragni, affinché in rete… si faccia più rete.

Fornero: lo snobismo di chi dice «Non guardo la tv»

È tipico di una certa élite intellettuale e sociale, ricca di beni culturali e/o materiali (accademici, scrittori, supermanager e così via) vantarsi pubblicamente di non guardare mai la televisione (quella generalista, intendono): perché li «annoia», perché «offende il buon gusto», perché ci sono troppi «programmi spazzatura», perché «è meglio leggere un buon libro» e via dicendo. Ognuno ovviamente è libero di scegliere l’intrattenimento che preferisce. Anzi, qualcuno potrebbe dire: se molti/e in Italia seguissero il buon esempio di questi signori, i dati di ascolto televisivo dei programmi più beceri calerebbero e ciò indurrebbe le reti a cambiarli.

Il discorso parrebbe non fare una piega, se non fosse che le cose non vanno così: una gran parte di italiani continua a guardare i programmi che inorridiscono l’élite e la televisione generalista resta com’è. E non importa se le masse guardano la spazzatura perché gli piace o lo fanno per criticare: l’importante è che guardino, perché ciò alza il prezzo degli spazi pubblicitari e la televisione vive di questo.

«Ma 12, 14 o 15 milioni di persone che guardano un programma in prima serata non sono la maggioranza», tipicamente obietta qualcuno. Certo che no, ma sono comunque il maggior numero di italiani che un mezzo di comunicazione riesca a raggiungere in un colpo solo: non ci riescono i giornali e non ci riesce nessuno su internet. A meno che non sia trainato dalla televisione, appunto.

Dunque coloro che nell’élite occupano posti di responsabilità politica, sociale, economica (molti, forse la maggioranza) non possono, da un lato, disprezzare ciò che passa la tv, mostrando di essere ben consapevoli del basso livello, dall’altro volgere lo sguardo altrove e non fare nulla per migliorarla. Non possono perché allo snobismo si aggiunge l’irresponsabilità, purtroppo.

Fornero durante Valore D

Per questo non mi è piaciuto ciò che ieri la ministra Fornero ha detto durante il convegno Valore D a Roma: pur specificando di parlare a titolo personale e non in veste istituzionale, ha detto di sentirsi spesso offesa per come la donna è rappresentata in tv, ma di risolvere la questione spegnendo il televisore o cambiando canale, «che è più salutare».

Detto in altri termini: mentre Fornero spegne, l’immagine della donna in televisione resta identica a se stessa, come stiamo vedendo proprio in questi giorni a Sanremo, fra i tatuaggi inguinali di Belén Rodríguez e l’afasia bamboleggiante di Ivana Mrazova. Peccato che Elsa Fornero abbia anche la delega per le Pari opportunità. E peccato che la televisione italiana svolga un ruolo fondamentale nel perpetuare e diffondere un’immagine femminile che rema contro la parità di genere.

PS: questo articolo è uscito oggi anche sul Fatto Quotidiano.

#Sanremo 2012: parlino bene o male purché parlino. Infatti è record di ascolti

Di Sanremo hanno già parlato tutti malissimo: ieri sera su Twitter, oggi sui giornali e di nuovo in rete. Non c’è niente che sia piaciuto (trovi critiche su tutto e tutti, anche su cantanti chic come Nina Zilli e Chiara Civello), niente che sia andato dritto (sparita Ivana Mrazova per mal di collo, guasti tecnici di tutti i tipi, dal sistema di voto ai microfoni), eppure per l’Auditel lo share è si è attestato al 49.55%, che significa 12 milioni e 700 mila spettatori: il risultato migliore degli ultimi 6 anni (bisogna tornare a Sanremo 2005 con Bonolis per trovare un dato migliore per la prima serata: 54.69% di share).

Celentano e Morandi Sanremo 2012

Per la precisione la prima parte dello spettacolo ha ottenuto il 48.51% di share con 14 milioni e 378 mila spettatori; la seconda, iniziata alle 23.33, ha ottenuto il 55.24%, con un pubblico di 8 milioni 429 mila. La prima serata dello scorso anno aveva realizzato il 46.39% di share (media ponderata); nel 2010 il 45.39, mentre al 47.10% si era attestato l’anno prima (QUI i dati).

Dov’è la notizia? Non c’è notizia: Celentano ha attaccato l’Avvenire, che ovviamente ha risposto. Ha attaccato Aldo Grasso, e anche lui oggi sul Corriere ha risposto. E pure su Twitter, niente di più prevedibile: i 4 milioni e rotti di utenti Twitter italiani (pochissimi!) sono un’élite di intellettuali, giornalisti, star e starlette coi loro fan. E che ti aspetti da un sottoinsieme di quella élite? Critiche su critiche, puzza sotto al naso, sfide a chi spara la battutina più acida. Infatti a questo si è ridotto lo hashtag #sanremo.

Speravo tanto che qualcuno non ci cascasse: la cosa migliore che Grasso avrebbe potuto fare oggi, per esempio, sarebbe stata non scrivere nulla. Nulla di nulla. Silenzio.

Niente da fare, non ce l’ha fatta a tacere. O forse il direttore del Corriere l’ha costretto, chissà. È come al ristorante: se tutti parlano ad alta voce, anche noi dobbiamo urlare per farci sentire al tavolo.

Anch’io mi aggiungo al rumore? Sì ovviamente. Ma lo faccio solo perché spero che parlarne in questi termini possa far venire a qualcuno, prima o poi, la voglia (e capacità) di rispondere col silenzio. È una scusa? Un’autoassoluzione? Non lo so: è da stamane che me lo chiedo. Una cosa è certa: scrivere questo post non mi ha divertita per niente.

Appello alla direttrice generale della Rai contro il servizio del Tg1 «La donna dell’Ariston»

Il 25 gennaio 2012 va in onda sul Tg1 un servizio su Sanremo 2012. Titolo: «La donna dell’Ariston». Protagonisti: Gianni Morandi, 68 anni, cantante e presentatore del festival; Rocco Papaleo, 53 anni, comico e attore; Ivana Maratzova, 20 anni, valletta o, come dice Lorella Zanardo, «grechina», ovvero giovane e bella ragazza con funzioni quasi esclusivamente decorative.

Commento il servizio con le parole che Lorella Zanardo ha usato ieri sul suo blog:

«Non credo ci sia bisogno di analizzare: i peggiori stereotipi sono stati applicati come da manuale:

  1. L’anziano presentatore, quasi nonno per Ivana, prima invita la telecamera a riprenderle il corpo, poi le sposta la giacca per mostrare meglio il seno al pubblico a casa.
  2. L’altro presentatore, quasi padre per Ivana, la guarda con occhio da seduttore, direi inquietante; le chiede un bacio come si fa, purtroppo, anche con le bambine. Entrambi la trattano da deficiente, umiliandola, oggettivizzandola.
  3. La ragazza è straniera, non capisce la lingua e viene trattata come se avesse 2 anni.

Ricordiamo che non ci interessa giudicare le persone ma la RAPPRESENTAZIONE e gli effetti di questa sulle/sugli spettatrici.

Vengono infrante le regole che dovrebbero governare i rapporti intergenerazionali, la stessa modalità che adotta «Striscia la Notizia» da anni: la generazione degli adulti maschi italiani viene rappresentata come non volesse crescere, incapace di rapportarsi in maniera adulta con ragazzine di quasi 50 anni piu giovani.

Ricordiamo che la tv in Italia è il più diffuso e potente mezzo di informazione e intrattenimento e che il Festival di Sanremo viene visto da un quinto di italiani e italiane: potrebbe essere una grande occasione per proporre giovani donne realmente rappresentative delle ragazze italiane. Nessun moralismo: che siano pure carine, che circoli pure seduzione! Qui però assistiamo all’ennesima rappresentazione vecchio/arrapato-giovane/oggetto.

In questo modo si contribuisce a disgregare la coesione sociale e il patto tra generazioni: bisogna smettere di pensare che il rapporto tra una ventenne e un settantenne possa essere solo orizzontale. Le ragazze e i ragazzi sentono la mancanza di una figura simbolica adulta portatrice di valori positivi che sia di ispirazione per la loro vita. Nessuno vieta la galanteria e la seduzione: qui però il rapporto è impari e la ragazza viene presentata in una situazione di inferiorità, spogliata, senza conoscere la lingua, molto più giovane; una situazione che la pone in una posizione di sudditanza, da cui è obbiettivamente difficile uscire.»

Sul servizio del Tg1 dice Giorgia Vezzoli:

«Dopo tutto il dibattito sull’immagine della donna in tv che ha interessato l’Italia negli ultimi tre anni, dopo la sensibilizzazione e l’invio massiccio di segnalazioni allo IAP di pubblicità sessiste, dopo l’appello Donne e Media e i suoi sviluppi, dopo le raccomandazioni dell’ONU all’Italia in tema di rappresentazione della donna sui media e stereotipi di genere. Dopo l’incontro e la lettera alla commissione di vigilianza RAI di Lorella Zanardo, dopo l’incontro nella sede RAI di Milano di Donne in quota sulla rappresentazione delle donne nel servizio pubblico televisivo e la conseguente lettera inviata alla RAI, dopo il discorso di Napolitano sull’immagine della donna in occasione dello scorso 8 marzo…
Dopo tutto questo, fa male dover assistere, ancora, a servizi tv di questo tenore trasmessi dal servizio pubblico radiotelevisivo.»

Che fare dunque? Qualcosa, se si è in molti a protestare, si può ottenere: la rete in queste cose è potente. Firma anche tu QUI l’appello lanciato dall’Associazione Pulitzer alla direttrice generale della Rai Lorenza Lei. E partecipa al mailbombing organizzato da Un altro genere di comunicazione.


Sanremo e l’autoparodia del Pd

YouDem, la tv ufficiale del Pd ha deciso di trasmettere il dopofestival di Sanremo, al grido di «Gliele cantiamo noi» (grazie ad Angelo per la segnalazione). «Un partito popolare deve andare dove sta la gente», ha detto Pier Luigi Bersani per spiegare l’operazione.

Sacrosanto il principio. Non credibile il modo. E ridicolo in senso letterale: fa proprio ridere. Ma si ride del Pd, non dei suoi avversari politici. E non è autoironia. È autogol.

Quei brillantoni della comunicazione del Pd hanno infatti pensato di accoppiare a ogni uomo o donna di partito un cantante, chiedendo agli spettatori di YouDem e ai navigatori del sito di «votare la coppia».

La maggior parte delle coppie (con tanto di & commerciale) sono già risibili in sé: Melandri & Arisa, Marino & Povia, Veltroni & Malika Ayane, Finocchiaro & Valerio Scanu, Fassino & Fabrizio Moro, Vendola & Marco Mengoni, Franceschini & SonHora, Letta & Simone Cristicchi, Bonino & Nino D’Angelo, Marini & Toto Cutugno, D’Alema & Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici (l’elenco completo QUI).

Ma con la presentazione visiva la parodia è completa: facce degne di un tiro al segno del luna park, in una combinazione scontornata che ricorda certi ninnoli gommosi che i preadolescenti attaccano al cellulare, o certi magneti da frigorifero. Con tanto di fiorellino colorato.

Avevo già notato l’anno scorso l’inclinazione del Pd all’autoparodia: ricordi il celebre «I am Pd»? Ricordi il rap che alcuni sostenitori di Rosy Bindi le dedicarono a Pisa? (vedi Credevo fosse una parodia, Un’altra parodia che non lo è).

Ormai la tendenza è sistematica, istituzionale.

Melandri e Arisa

Marino e Povia

D'Alema e Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici

Veltroni e Malika Ayane

Vendola e Marco Mengoni

Idea per una tesi: le produzioni autoparodistiche del Pd da un paio d’anni a questa parte. Un’analisi retorico-semiotica dei dispositivi visivi, verbali e audiovisivi.