Archivi tag: sondaggi

Pd, calo nei sondaggi. Cosa può fare Renzi per rimediare?

Matteo Renzi

In questi giorni rimbalzano sui media i commenti sul calo del Pd nei sondaggi: secondo Demos, se si votasse domani, il Pd prenderebbe il 32,2%, per Ipsos il 31,5%, ben al di sotto, in entrambi i casi, del superamento del 40% che il Pd aveva ottenuto alle europee del 2014. I sondaggi – lo sanno tutti – sono fallibili, effimeri e strettamente relativi al momento in cui sono fatti, ma un’indicazione, pur di massima, la danno lo stesso, anche perché, pur nella loro fallibilità, temporaneità e relatività, mesi fa erano ben più incoraggianti per il Pd di Renzi. Aggiungo un commento ai commenti, chiedendomi cosa potrebbe mai fare Renzi, in termini di comunicazione, per fermare e magari recuperare questo calo. Continua a leggere

La piramide invertita del governo Renzi

Giorni complessi mi tengono, in questo periodo, più lontana dal blog, dalla rete e dai media. Non abbastanza per non aver notato, ieri, il sondaggio Demos pubblicato da Repubblica, secondo il quale, da un lato, il consenso nei confronti del governo Renzi sta calando (nel giugno 2014 il 69% degli intervistati gli dava un voto uguale o superiore a 6, oggi solo il 54%), dall’altro, Continua a leggere

L’elettorato M5S è ancora un’«incognita»?

Incognita

Dicevo l’altro giorno della sempre maggiore aleatorietà, negli ultimi anni, della politica italiana, da un lato, e del suo elettorato dall’altro. Un’aleatorietà che i sondaggi fanno fatica a inseguire, ad anticipare. Aggiungo oggi una considerazione sulla cosiddetta “incognita” del Movimento 5 Stelle, come i media hanno più volte etichettato lo spiazzamento che Continua a leggere

L’insostenibile leggerezza dei sondaggi in tv

Sondaggio Agora Rai 4 aprile 2014

I sondaggi politico-elettorali sono limitati e fallibili, e lo sono in termini e modi che i professionisti seri ben conoscono e sempre esplicitano. Pur limitati e fallibili, i sondaggi possono dare indicazioni utili ai leader e alle forze politiche, tanto che negli ultimi anni i partiti ne hanno abusato e non a caso si parla di “sondaggismo” e “sondocrazia” per indicare la tendenza a commissionare sondaggi prima, durante e dopo (quasi) qualunque cosa, non solo per le elezioni. Ma un conto sono i sondaggi in sé e l’uso che ne fanno i partiti nelle segrete stanze, un altro è Continua a leggere

L’insostenibile leggerezza della decisione di voto

Ho sentito molti dolersi dell’assenza dei sondaggi in questi giorni. Talk show, siti web, opinion leader alludono, suppongono, inferiscono. Dicono e non dicono. Alcuni addirittura li camuffano scherzosamente da corse di cavalli. Ma anche fuori dai media, nelle strade e nelle case ci sono sempre quelli che la sanno lunghissima: tipicamente, vince il candidato per cui credono sia giusto votare, perdono gli altri. O “rischia di vincere” (pericolo!) il candidato che più si teme, per cui, ti prego ti supplico, vota X, non vorrai mica che vinca Z? (È questo il “voto utile”, nella sua versione più rudimentale).

Facsimile scheda elettorale 2013 Campania

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La passione per i sondaggi

L’anno scorso è uscita per ISBN Edizioni la traduzione italiana di Nouvelles Mythologies, una sorta di aggiornamento corale (a cura di Jérôme Garcin, giornalista e condirettore del Nouvel Observateur) dell’indimenticabile Mythologies di Roland Barthes.

Nel complesso il lavoro è molto deludente: niente a che vedere con l’acume e la capacità di scrittura del grande Barthes. Non comprarlo: posterò qui dentro le poche osservazioni degne di nota che contiene.

Questa è una.

«La curiosità quasi divinatoria che sottintende la richiesta di sondaggi – che è una curiosità nei confronti del futuro – si accompagna […] a una curiosità nei confronti di noi stessi, che è una curiosità che concerne il presente. Perciò è necessario distinguere fra due diverse funzioni del sondaggio: una funzione prospettica e una introspettiva. Ciò che ci attendiamo dal sondaggio è che ci dica chi è il candidato maggiormente suscettibile di vincere in un momento specifico, e nel contempo ci riveli in che società viviamo, con chi dividiamo la decisione, quanti sono quelli che la pensano come noi, quanti coloro che la pensano in modo diverso. Insomma, che ci metta in scena come corpo politico che decide dell’avvenire, e gli oracoli del quale vengono letti regolarmente in attesa del suo verdetto.

Naturalmente, i sondaggisti, che sono persone esperte e abili nel difendere il loro mestiere dalle innumerevoli polemiche che esso suscita, rifiutano questo vocabolario. “Un sondaggio non è una predizione, – ripetono tutto l’anno. – È una fotografia dell’opinione in un momento specifico e in un luogo determinato”. E potremmo aggiungere: una fotografia sfocata, un po’ storta, dai contrasti spesso discutibili, sempre ritoccata e aggiustata prima di essere resa pubblica.

Non importa: a dispetto di queste precauzioni d’uso e di questi artifici, il sondaggio è ricercato come l’equivalente di una profezia e di una verità che elevano l’opinione del momento al rango di fatto compiuto e generalizzato. Molti di questi oracoli incerti non vedrebbero nemmeno la luce, se l’attesa del pubblico non fosse precisamente quella.

D’altronde, quando la “foto” compare finalmente sulla prima pagina dei quotidiani e sui principali siti internet, le dichiarazioni di virtù dei professionisti sono presto dimenticate. Il commento cambia tono, e una voce fuori campo sembra installarsi nel cuore dello spazio pubblico: “Nicolas Sarkozy parte in testa” (vincerà), “Ségolène Royal spera di rimontare” (ma perderà), “Chirac raggiunge Balladur” (è finito), “Le Pen al secondo turno” (bisogna credere ai sondaggi?).

Nella pratica, le due facce della libido sciendi democratica (curiosità per il futuro e curiosità per il presente) sono indissociabili. Perché, dalle nostre parti, l’identità collettiva non si riceve dal cielo o da una qualsivoglia tradizione superiore: essa si identifica con la manifestazione di un’intenzione comune. Somiglia molto, in questo, a una sorta di proiezione nel futuro. È il destino di un essere collettivo quello di non realizzare la propria unità se non nell’espressione della propria volontà.

Ma è forse la funzione introspettiva a spiegare meglio l’attuale passione dei francesi per i sondaggi. Perché, più delle altre, la società francese è diventata opaca a se stessa. Gli strumenti utilizzati per descriverla suonano falsi. […] Non esiste più, come un tempo, un “mondo operaio” ben identificato, ma operai di condizione abbastanza variegata. Non esiste più una classe media conquistatrice, investita da una missione storica, ma categorie intermedie, una buona parte delle quali si interroga sul proprio avvenire e teme il declassamento per i propri figli. Accanto agli impiegati dell’amministrazione di ieri è cresciuto un piccolo proletariato dei servizi abbastanza disperso e poco cosciente di sé.

In breve, la maggior parte dei grandi racconti sociali che costituivano la trama complessiva della società francese si disfa, rendendo sempre più urgente la foto di famiglia, lo specchio in cui la loro sfinente varietà si troverà finalmente ricondotta a una media, razionalizzata, insomma semplificata

(“La passione per i sondaggi” di Thierry Pech, in Nouvelles Mythologies, sous la diréction de J. Garcin, Seuil, Paris, 2007, trad. it. di Maria Cristina Maiocchi, Nuovi miti d’oggi. Da Barthes alla Smart, ISBN Edizioni, 2008, pp.117-119).