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L’uomo senza paura (o quasi)

Continuo la ricognizione delle rappresentazioni mediatiche della mascolinità.

Lo spot norvegese (agenzia Try, Oslo) per la nuova Volkswagen Golf Estate mostra le acrobazie del ciclista parkour Danny MacAskill in giro per Lisbona.

Un altro supereroe dalle prestazioni inarrivabili, un altro campione in cerca di sfide estreme.

E tuttavia, appena entra in auto… 🙂

«New Volkswagen Golf Estate. Suits every side of you» è il claim.

Il brano musicale si intitola «Austere» ed è di The Joy Formidable.

Abbiamo già discusso della rappresentazione del corpo maschile in pubblicità:

L’uomo in ammollo

Bello e impossibile

L’uomo instancabile

L’uomo normale

L’uomo che fa ridere

Un’alternativa alle Bratz e Winx?

La californiana OHC Group LLC ha creato nel 2004 la serie di bambole The Only Hearts Club™, progettandole come «real dolls for real girls», e cioè con proporzioni, tratti somatici e vestiti più vicini – dicono – a quelli delle ragazzine in carne e ossa.

Così l’azienda le presenta sul sito:

«The toy industry’s hottest new dolls, the Only Hearts Club™, is a content-based brand of real dolls for real girls that is drawing raves for combining beautiful, real-looking dolls, with content that delivers a much-needed, positive message to girls. Only Hearts Club™ dolls look and dress like real girls, and they deal with the same experiences and issues as well.»

Con le bambole, una serie di libri:

«Most importantly, through a series of books, the Only Hearts Club™ delivers a very positive message and image – namely, that it is good to “listen to your heart and try to do the right thing.”»

Sono sette le «vere amiche » che compongono The Only Hearts Club:

«A group of bright, cute and energetic young girls – Taylor Angelique, Olivia Hope, Lily Rose, Briana Joy, Karina Grace, Anna Sophia, Kayla Rae and Hannah Faith – who formed the Only Hearts Club™ in a bond of true friendship. They are a fun-loving group of friends who are always there for one another. They laugh, share secrets and have the greatest adventures together. Most importantly, they encourage one another to think with their hearts and to try and do the right thing

Le bambole sono – implicitamente e ovviamente – proposte come alternativa alle Bratz e Winx che, per contrasto, non rispecchierebbero costumi, esperienze e corpo delle «real girls». E pare stiano avendo un discreto successo negli Stati Uniti. (Non ho trovato numeri, ma il fatto stesso che sopravvivano dal 2004 è un buon segno).

Eccole (clic per ingrandire):

onlyheartsclub

Encomiabile l’intento, visti i problemi di Bratz e Winx che stiamo ancora discutendo QUI.

Però sono perplessa.

Ai bisogni di quali e quante «real girls» le bambole rispondono? Chi sono, come sono, quanti anni hanno le bambine che ci giocano? E quelle che ci giocano le desiderano davvero, o lacrimano d’invidia per le coetanee che hanno le Winx, chiaramente molto più «cool»?

Inoltre, sono davvero alternative le storie e i valori «very positive» che esprimono, o si limitano a confermare certi stereotipi femminili, però mascherandoli a uso e consumo di una nicchia di famiglie presuntamente più illuminate e colte?

Cercasi tesi di laurea. (I dettagli, a ricevimento.)

Fa già freddo in pubblicità

Ho dato un’occhiata alle campagne pubblicitarie delle collezioni fashion autunno-inverno 2009-2010. E ho capito che andrà di moda il nero. Bello, mi sono detta, pensando al tubino di Audrey: può essere molto elegante.

Che però un marchio chic come Lanvin metta in scena una donna cadaverica, per pallore e occhi sbarrati (ma ovviamente a gambe allargate), illuminata da luce obitoriale e completa di gatto nero con occhi gialli fissi in camera… be’ siamo alle solite.

Si prevede un inverno freddo in pubblicità, per le donne.

Un freddo da morire.

😦

Fa’ clic per ingrandire.

Lanvin autunno inverno 2009-2010

Lanvin 2 autunno-inverno 2009-2010

Lanvin 3 autunno inverno 2009-2010

Lanvin 4 autunno inverno 2009-2010

L’uomo in ammollo

Vorrei cominciare una riflessione sulla rappresentazione mediatica del corpo maschile, che sia parallela e complementare rispetto a quanto stiamo facendo su quello femminile. Nella comunicazione si deve sempre lavorare in modo sistemico: per capire un elemento, devi capire il sistema di relazioni in cui è inserito. Per capire un genere, devi capire gli altri.

E allora.

Dal 24 maggio le città italiane sono tappezzate dalla versione contemporanea del celebre «uomo in ammollo» di Bio Presto.

Negli anni ’70 l’uomo in ammollo era il chitarrista jazz Franco Cerri.

Autoironico, casalingo e rassicurante, Cerri se ne stava beatamente immerso in acqua, tutto vestito in camicia e cravatta, spiegando come la potenza di Bio Presto avrebbe cancellato le terribili macchie di cui era cosparsa la sua camicia.

«Sporco impossibile? Nooo, non esiste sporco impossibile per Bio Presto» era il tormentone della campagna, che durò 15 anni e negli anni ’80 continuò a mostrarci Cerri che, oltre a stare in acqua, girava per case e supermercati, sempre occupandosi (come una donna!) di lavatrici, detersivi e panni sporchi.

Oggi il testimonial è Umberto Pelizzari, campione mondiale di apnea profonda, e la headline delle affissioni è «Un pulito da record».

La differenza è lampante: negli anni ’70-’80 Bio Presto rappresentava un uomo piacente ma normale, pronto a mettere da parte le sue abilità di chitarrista per pensare al bucato; oggi ci mostra un recordman dal fisico eccezionale, al cui volto, in realtà segnato da sole e mare, il fotoritocco ha cancellato rughe e imperfezioni, per omologarlo a mille altri belloni da passerella.

Corpo di plastica e prestazioni da supereroe, insomma.

Lo spot del 1977 (ripreso da un frammento di Blob: non badare al Pasolini iniziale e Cossiga finale 🙂 ):

L’affissione di oggi (per ora non ne ho trovata una più grande):

Un pulito da record

TTTLines: fra noia e proteste

La compagnia di navigazione TTTLines lo rifà. Nel 2008 aveva promosso la rotta Napoli-Catania con questa affissione (clic per ingrandire tutte le immagini):

Vesuvio ed Etna

Quest’anno ha scelto la headline «Abbiamo le poppe più famose d’Italia» per presentare i fondoschiena seminudi di alcune turiste che prendono un traghetto. Il formato è gigantesco:

Abbiamo le poppe

Niente di nuovo sotto il sole estivo. Nella pubblicità italiana l’uso di seni e sederi femminili, nudi o seminudi, risale almeno ai primi anni Settanta. Solo che oggi è più frequente. Meno frequente è il tentativo, da parte di gruppi e associazioni femminili o femministe, di scagliarsi contro queste immagini con iniziative come quella di Napoli, quartiere Fuorigrotta:

Protesta Abbiamo le poppe

Non facciamoci illusioni. Queste iniziative sono preziose, ma le persone – donne e uomini – che trovano «divertenti», «simpatiche» e «azzeccate» le similitudini di TTTLines sono più numerose di quelle che se ne sentono offese. Basta farsi un giro in rete per constatarlo. Sentire le chiacchiere in autobus.

Perciò coprire le immagini con striscioni e tasselli non basta. Innanzi tutto attira subito l’accusa di moralismo censorio e limitazione della libertà individuale. Quale libertà? Quella di girare in short e minigonne, naturalmente. Già me li immagino, donne e uomini, ragazzine e ragazzini, tutti a scuotere la testa: «Ma sono rimaste indietro? si scandalizzano per un bel culo?». Oppure: «Non capiscono il gioco, l’ironia? non sono capaci di ridere?». Infine l’acidità peggiore: «Le femministe sono invidiose perché non hanno niente di bello da mostrare».

Dunque, come uscire da questa impasse? Credo che alle manifestazioni di protesta vada aggiunto un lavoro minuzioso e attento sulla comunicazione. Su tutti i media, in tutti gli ambienti, tutti i giorni. Il modo migliore per corrodere la comunicazione è usare le sue stesse regole. Specie se si vogliono raggiungere le masse e ottenere risultati duraturi.

Inventiamo campagne di contro-pubblicità, per esempio. Che siano davvero intelligenti e nuove. Originali. Non ripetitive fino alla noia, tutte seni e sederi. Un po’ quello che su altri fronti fanno gli Adbusters, ma in modo meno intellettualistico di loro, più mirato al grande pubblico.

Ancora più facile: inventiamo campagne che giochino sul corpo maschile. E non mi si obietti che la pubblicità già lo fa, perché esibisce pure corpi maschili. Attenzione: i bei ragazzi della pubblicità – comunque meno delle ragazze – alludono spesso al mondo gay. Ma nessuno gioca su quei corpi come fa TTTLines con le donne. Io invece penso a campagne rivolte a tutti, con questo obiettivo: scherzare col corpo maschile, metterlo alla berlina. Come da sempre si fa con quello delle donne.

Ma invertendo i ruoli, una buona volta.

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NB: questo articolo è uscito oggi su www.zeroviolenzadonne.it, nella sezione Controimmagine.

Vita da sottilette

Scena Numero Uno. «Certo che lavare i piatti tutti i giorni è proprio una bella scocciatura,» dice Gaia con le maniche rimboccate e i guanti di gomma rossa, mentre si affaccia su un acquaio ricolmo di stoviglie sporche. «Ma oggi ho scoperto “sottilette in carrozza”, cloc cloc cloc (fa il verso), che sono così buone, ma così buone che i piatti sono arrivati già belli puliti e i bambini non hanno lasciato nemmeno una briciola!»

Nel frattempo entra di corsa il fratellino, che finora era altrove a giocare: si arrampica su uno sgabello, lancia un giocattolo nell’acqua e le procura uno schizzo di sapone negli occhi.

Happy end: mentre il fratellino si degna almeno di asciugare un piatto, Gaia dice raggiante: «Devo proprio farle di nuovo. Niente è meglio di Sottilette Kraft».

Scena Numero Due. Sofia, cappello di paglia e filo di perle, camicia di trine e gonna al ginocchio, guarda in camera e si lamenta: «Tutte le volte che c’è la partita mio marito non c’è proprio,» dice indossando un paio di occhiali scuri. «E quando gli parlo mi fa sempre shhhhh», aggiunge mentre la camera rivela che non sta parlando con noi, ma con un cane di pezza.

Happy end provvisorio: «Ma io ho un trucco: gli preparo le mie buonissimissimissime lasagne con sottilette e tutto cambia: lui mi sorride pure!».

Epilogo con sospiro: purtroppo, a dispetto dell’ottimismo di Sofia, si sente un goal dalla tv accesa, seguito dal tipico urlo maschile. Non le resta che concludere, sempre rivolta al cane di peluche: «Cosa ti avevo detto? I soliti maschi…».

Sembrano casalinghe anni Sessanta, ma sono due bambine di quattro cinque anni che vivono nel 2009. Mettono in scena la più desolante solitudine e oppressione femminile (maschi nullafacenti o assenti, femmine ai lavori domestici), ma sono talmente belle, ammiccanti e sorridenti che suscitano solo commenti entusiastici, specie da parte delle donne: «Voglio una bimba come Gaia!», «Che carine!».

Insomma, l’ultima campagna Kraft mette in scena la stessa identica idea di femminilità e maternità che la pubblicità proponeva negli anni Sessanta, ma nessuno ci fa caso perché «è un gioco, non è sul serio».

Peccato che, a furia di vedere (e fare) giochi così, poi le cose si fanno serie. Specie per i bambini, che di spot (e sottilette) si nutrono tutti i giorni.

[PS. questo pezzo è uscito anche nella sezione «Controimmagine» di www.zeroviolenzadonne.it, con cui ho iniziato una collaborazione.]

Spot con Gaia

Spot con Sofia

Spot con protagonista innominata: «No, sul gelato no!»

Un canale per sole bambine

Assieme a Loredana Lipperini e Annamaria Testa ho partecipato a una tavola rotonda nell’ambito di Cartoons on the Bay. Dove abbiamo discusso i risultati di un’indagine Doxa Kids & Co. sulle abitudini mediatiche dei ragazzini dai 5 ai 13 anni. E dove ho imparato che Raisat ha aperto a gennaio un canale per sole bambine, Smash Girls.

Interessante la discussione. Meno interessante il canale per bambine. Per ragioni che puoi leggere su Lipperatura di ieri, in un articolo di Alessandra C. sull’uso femminile dei videogiochi, e in questa sintesi che Guido Tiberga ha scritto per La Stampa.

LA TELEVISIONE ORA ASSALTA I SOGNI DELLE BAMBINE

Nasce il primo canale solo per loro: musica, cartoni e tante Winx

GUIDO TIBERGA
INVIATO A RAPALLO (Genova)
C’era un tempo in cui le scuole italiane tenevano lontani i bambini dalle bambine: maschi di qua e femmine di là, un bel muro in mezzo per evitare contatti e salvaguardare antichi decori. Presto potrebbe arrivare un tempo in cui sarà la televisione a separare il mondo: programmi diversi, personaggi diversi, soprattutto pubblicità diverse. Giovani consumatori di qua e giovani consumatrici di là, un telecomando in mezzo e molto denaro in ballo.
Gli uomini marketing sono convinti: il muro della tv va costruito. I nostri, ha spiegato Andrea Fabiano della Rai al «Cartoons of the bay» di Rapallo, sarebbero «bambini post-digitali già calati in un contesto di offerte articolato». Tradotto: piccole creature tecnologiche capaci di muoversi sul web e tra i canali satellitari, non più bersagli pronti a bersi una tv dei ragazzi qualunque, ma in grado di scegliersi non solo il programma, ma anche il canale preferito. E allora le distinzioni per età non bastano più, ci vogliono quelle per sesso.

Di personaggi al femminile la storia recente dei cartoni animati e della fiction per giovanissimi è piena: ieri, sugli schermi di Rapallo, sono sfilate più o meno tutte: dalla Pimpa alle Winx. Alcuni sono cresciuti insieme a chi le guarda, le pay tv di oggi offrono Heidi adolescenti e Superchicche teenager. La programmazione Disney spazia da Hanna Montana, la pop star che come i supereroi di una volta finge di essere una persona normale, al Mondo di Patti, la soap argentina dove la protagonista sembra una Arisa in scala ridotta: anche lei cantante, ma bassina, con gli occhialoni e un bel po’ di problemi da portarsi dietro.

Il primo canale per sole ragazze è partito senza troppo clamore a gennaio. Si chiama «Rai Smash Girls» e va sul pacchetto di Sky. I programmi non sono troppo diversi dai palinsesti classici per ragazzini: interattività, musica, serie dedicate a ragazzini che fanno musica, gruppi di amici, e la solita razione di cartoni con dosi massicce delle Winx, le streghette italiane che hanno conquistato le tv del mondo.

È una scommessa in cui la Rai crede molto, anche se le cifre presentate per sostenerla non sembrano andare nella stessa direzione. La ricerca Doxa sugli under 15 illustrata ieri subito dopo la presentazione delle Smash Girls fotografa una realtà in cui ragazzini e ragazzine non sembrano tanto diversi. Non più di sempre, comunque: i maschi fanno e vedono più sport, le femmine sono poco interessate ai videogiochi.

La svolta lascia scettici gli accademici. La distinzione maschi-femmine è vecchia per Giovanna Cosenza, semiologa dell’Università di Bologna: «Il marketing ragiona per categorie – spiega – ma i bambini di oggi sono individui con una personalità che sfugge alle classificazioni tradizionali». All’estero, però, guardano all’esperimento della tv solo per donne con molto interesse. «È un fatto molto positivo – dice Sergi Reitz, il produttore spagnolo che ha lanciato nel mondo la sitcom animata Lola&Virginia, sbarcata in questi giorni su Raidue –. Nel 2003, quando abbiamo creato i personaggi, ci dissero che nessuna tv avrebbe voluto la serie: troppo femminile».

Lola è una ragazzina «normale», bruna e con gli occhiali. Virginia è una piccola fashion victim bionda. Il pubblico tifa tutto per le prima. «Perché sorprendersi? – chiede Maya Gotz, tedesca, direttrice del premio Jeunesse International –. Recentemente abbiamo chiesto a un gruppo di bambine che cosa cambierebbero nelle loro eroine. Ci hanno detto che vorrebbero vite meno strette, corpi meno sexy: le bambine disegnate devono assomigliare alle bambine vere».

Una rivelazione, per gli uomini marketing: «Stiamo cercando un produttore di giocattoli per lanciare le bambole di Lola e Virginia – racconta Reitz –. Vogliono fare solo la bionda. L’altra, giurano, non la comprerebbe nessuno».

Guido Tiberga, La Stampa 4 aprile 2009