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L’intervista a Bersani su Repubblica: un muro di gomma

Negli ultimi due giorni molti si sono agitati, prima in rete e poi sulla stampa e la televisione, per convincere Beppe Grillo e gli attivisti M5S a fare accordi con il Pd «per il bene dell’Italia». Oggi però è comparsa su Repubblica un’intervista di Giannini a Bersani, da cui emerge un Bersani talmente chiuso in sé stesso, talmente incapace di fare autocritica, talmente ripetitivo in certe ossessioni che lo accompagnano da quando è segretario del Pd, che mi pare sia proprio a Bersani e non a Grillo che nei prossimi giorni vadano indirizzate petizioni per chiedergli maggiore apertura e lungimiranza. Continua a leggere

Sono stata a Cortina con @sarofiorello

Sto osservando cosa fanno le star dello spettacolo su Twitter in questi giorni di vacanza. Come tutti sanno, infatti, da qualche mese Twitter va di moda nel jet set italiano e ci trovi un po’ tutti: da Gerry Scotti a Saro Fiorello, da Federica Panicucci a Claudio Cecchetto, da Simona Ventura a Lorenzo Jovanotti, da Alfonso Signorini a Massimo Boldi. E vai, vai: dinne uno a caso, controlla e lo trovi. O, se non lo trovi, vedrai che a giorni arriva.

Obiettivo: coltivare la relazione di vicinanza coi fan, stabilire con loro un’intimità quotidiana, fatta di piccole abitudini ed emozioni condivise. Un po’ come fa Vasco Rossi su Facebook da luglio (vedi Vasco: un bicchiere di verità in un mare di comunicazione), ma senza la reciprocità di Facebook: su Twitter i vip possono stabilire una relazione di broadcasting esattamente come in tv, ma col vantaggio di creare un’intimità molto più stretta.

Perché più stretta? Perché su Twitter i vip si mescolano alle persone comuni e non se ne distinguono se non per il numero di follower: poche centinaia o migliaia i comuni mortali, decine o centinaia di migliaia le star (per ora, ma cresceranno). E perché puoi interagire con loro direttamente, proprio come fai con gli amici. Inoltre, se sei fortunata o molto brava a stimolarli col tweet giusto, ti rispondono o ti retwittano. E così la sera puoi raccontare a tutti che Gerry Scotti o Massimo Boldi hanno parlato con te.

Fra quelli che usano meglio Twitter, segnalo @sarofiorello. Perché meglio? Perché ti fa sembrare davvero, più che in altri casi, di entrare nella sua vita privata. Nella sua famiglia. Di stargli quasi attaccato al corpo e guardare le cose come le vede lui, con la telecamera in soggettiva che accompagna il suo sguardo secondo per secondo.

Fiorello per esempio il giorno di Natale e Santo Stefano ci ha mostrato le foto dei piatti che mangiava (prima e dopo il morso), e della sua faccia sfatta dopo l’abbuffata. Ci ha mostrato il video di come ha accolto il fratello Beppe che arrivava a pranzo il giorno di Santo Stefano: porta di casa chiusa, campanello, voce della madre in sottofondo, Beppe che appare, Saro che grida «Beppe! Beppe! Beppe!» come nella trasmissione #ilpiùgrandespettacolodopoilweekend, Beppe che si accascia fingendo di morire come in tv, ma poi risorge, battuta, risata e tutti a tavola.

Ora Fiorello è in vacanza a Cortina. Da due giorni si alza all’alba e cammina tutto solo per le strade deserte, riprendendo ciò che vede: vetrine addobbate, hall di alberghi famosi, il campanile che si vede nei cinepanettoni, una signora che porta a spasso il cane. Parla da solo, fa battute sonnolente, si ferma a parlare coi pochi che sono già svegli e lavorano: l’operatore ecologico, l’edicolante, i gestori di un bar e gli sparuti avventori. Poi un incontro d’eccezione: due tipi di Kalispéra, che gli fanno un’intervista che andrà in onda domani (anticipazione!).

Fiorello ha una grande abilità personale di entrare in relazione con chiunque, di giocare alla pari e farsi amico. Un’abilità che il mezzo enfatizza, quasi estremizza, perché fra foto, tweet e filmati puoi stargli fisicamente vicino come mai potresti dal vivo. Puoi stargli addosso, quasi in collo, soli tu e lui. A un certo punto, infatti, nel video di ieri Fiorello lo dice: «Bella sta cosa, ahò, dici: “Ahò, oggi so’ stato a Cortina con Fiorello, ahò”, ma vi rendete conto che sono da solo? che ora sono, le sette e mezzo? che ora è? e che sto parlando anche da solo? cioè parlo con voi…».

Infatti arriva il ringraziamento di una fan, puntualmente da lui ripreso: «@sarofiorello grazie che ci tieni compagnia anche quando sei in vacanza! Smack 🙂 »

Non so se Fiorello lo faccia per contratto o se è una strategia di comunicazione specifica del suo marchio. In ogni caso lo fa con partecipazione e divertimento autentici. Perciò l’effetto è potente. Quasi inquietante.

I tweet di stamattina (clic per ingrandire):

Fiorello a Cortina mattina del 29 dicembre 2011

La passeggiata video di ieri mattina:

Questo articolo è apparso oggi anche sul Fatto Quotidiano.

Le finte opposizioni del caso Vasco vs. Nonciclopedia

La polemica Vasco Rossi vs. Nonciclopedia che ieri ha infestato la rete si è ridotta in poche ore a una banalizzazione del tipo: Vasco Rossi, «vegliardo milionario sull’orlo del declino», ha censurato la «libera satira degli innocenti e squattrinati ragazzini che scrivono su Nonciclopedia».

Vasco vivere o niente

Gli insulti contro Vasco che ieri arrivavano sulla sua pagina fb erano tutti più o meno così (e ti evito il peggio): «Fai ritirare la querela, Vasco, dimostra di non essere una vecchia rockstar isterica e in declino», «Ti sei scavato la fossa da solo, mettersi contro la Rete è un suicidio e tu che sei in palese declino hai perso la testa», «Vasco è un vecchio bavoso tossicomane». E così via.

Preciso che qui non è in questione l’essere fan o meno di Vasco Rossi. I problemi sono altri e riguardano:

  • la finta opposizione fra età della vita: Vasco «vecchio» vs. Nonciclopedia «giovane»;
  • la finta opposizione fra nativi digitali che, in quanto nati in un mondo già informatizzato, sarebbero bravi a usare la rete, e migranti digitali che, in quanto nati dopo, sarebbero invece imbranati: Vasco «migrante imbranato» (perché denunciando Nonciclopedia fa autogol) vs. Nonciclopedia «nativa» (che sa come funziona la Rete con la maiuscola);
  • la finta opposizione fra censura (quella di Vasco con gli avvocati) e libertà di espressione (quella di Nonciclopedia);
  • la finta opposizione fra chi fa e capisce la satira e chi non capisce/ride/sta al gioco.

Sui dettagli del caso Vasco vs. Nonciclopedia rimando al bell’articolo di Matteo Pascoletti su Valigia Blu: Se Vasco Rossi denuncia Puzza87 & C.

Aggiungo che:

  • Vasco (59 anni, migrante digitale) si muove su Facebook in modo magistrale, da cui molti nativi hanno molto da imparare, come ho già scritto in Vasco: un bicchiere di verità in un mare di comunicazione. E lo fa in modo perfettamente coerente, da un lato, con la sua personalità, dall’altro, con la strategia di comunicazione più ampia che riguarda la promozione della sua musica e delle sue attività. Un mix di autenticità e sapienza comunicativa che l’ha sempre contraddistinto. (Sull’uso di Facebook da parte di Vasco ho già assegnato una tesi di laurea triennale: se il nativo digitale che la sta preparando fa un buon lavoro, lo pubblico sul blog.)
  • Nonciclopedia non fa sempre satira, ma raccoglie anche molti nonsense e sciocchezze varie, che possono piacere o meno, ma su cui c’è poco da discutere se diventano aggressivi e diffamanti. E se qualche volta ci scappa una bella battuta, non è certo sufficiente a farci chiamare satira tutto ciò che c’è lì dentro. Alcune cose sì, altre no. E la diffamazione è un reato, punto. Il che è vero indipendentemente dall’età di chi scrive su Nonciclopedia: che siano nativi o migranti poco importa.
  • Lo «sciopero» di Nonciclopedia è la vera ragione per cui hanno sospeso le attività, non la censura da parte di chicchessia. Il che mi pare una furbata per guadagnarsi i 15 minuti di notorietà di cui diceva Andy Warhol. Che nativo digitale non era.
  • Il caso Vasco vs. Nonciclopedia sarà trattato da molticome già è stato fatto – come l’ennesima dimostrazione che la rete va imbrigliata e regolamentata. Cioè imbavagliata con l’art.1 comma 29 della legge sulle intercettazioni. In realtà dimostra che non c’è bisogno di nessun art. 1 comma 29, perché gli strumenti giuridici per difendersi dalla diffamazione e dai danni che le parole di qualcuno ci possono arrecare (in rete come fuori) ci sono già tutti. Come ho già detto qui: Il bavaglio ai blog spiegato in 10 punti.

Per cui se io fossi una giornalista che ha molto potere perché va in tv farei questa semplificazione, subito: una bella trasmissione in cui spiego come Vasco Rossi dimostra che la legge ammazzablog va cancellata.

AGGIORNAMENTO: sull’argomento vedi anche il post di oggi su Lipperatura: I conformisti.

Vasco: un bicchiere di verità in un mare di comunicazione

A febbraio pubblica il video della canzone «Eh… già», il giorno del suo 59esimo compleanno: appare grasso, invecchiato, coi capelli radi arruffati, dimostrando un coraggio estetico che avevo apprezzato (vedi Il corpo di Vasco).

In giugno, dopo il concerto a San Siro in cui non pareva in forma smagliante per un dolore alla spalla, annuncia: «Mi dimetto da rockstar… Questa è l’ultima tournée. Magari farò dei concerti all’improvviso, ma uno a 60 anni non può più fare la rockstar…» (vedi «Vasco Rossi: mi dimetto da rockstar»).

Dopo il ricovero a Bologna, a fine luglio comincia a usare i social media come un pazzo: non passa giorno senza che le sue dichiarazioni su Facebook finiscano in prima pagina sui maggiori quotidiani.

Prima ritratta le «dimissioni», dicendo che sono i media ad aver frainteso; poi dice che ha il «mal di vivere», soffre da anni di depressione e tira avanti a furia di psicofarmaci; poi minimizza; poi arriva l’attacco a Ligabue, sempre su Facebook, dove anticipa un’intervista a Red Ronnie – anche lui chiacchieratissimo dopo la collaborazione con Letizia Moratti – in cui definisce Ligabue «Un bicchiere di talento in un mare di presunzione».

Infine, ieri pubblica l’elenco dettagliato degli psicofarmaci che prende. In contemporanea, esce un’intervista sul Corriere a Mario Luzzato Fegiz, in cui parla della macchia nera nel polmone – che non è un tumore, ma «non sanno cos’è» – e dice di non sopportare il silenzio di Ligabue, che non reagisce alle sue provocazioni. Sempre ieri, esce anche un’intervista a Ernesto Assante su Repubblica, in cui dice che non c’è nessun piano dietro tutte queste esternazioni – ma va? – perché lui ha solo deciso di sfogarsi ed è persino imbarazzato da tutto il clamore.

Piaccia o non piaccia Vasco, non importa. A lui e al suo staff va senza dubbio riconosciuta la professionalità con cui stanno gestendo un piano di comunicazione multimediale (stampa, televisione, radio, sito internet, YouTube, Facebook), per rilanciare l’immagine di Vasco, rinforzare la comunità dei fan, promuovere un bel numero di nuove attività:

  1. a fine agosto uscirà il suo nuovo singolo, I soliti;
  2. al Festival di Venezia sarà presentato un docufilm su di lui, Questa storia qua;
  3. ieri sera è andata in onda su RaiUno alle 23.30 L’Ape Regina, una video poesia scritta dal figlio Luca e recitata da lui;
  4. c’è in programma una nuova canzone scritta da lui per Fiorella Mannoia, La luna, uno spettacolo di danza, L’altra metà del cielo, con tredici sue canzoni, che andrà in scena alla Scala di Milano l’anno prossimo;
  5. altro che leggi QUI.

Fra l’altro, il nostro quasi sessantenne sta dimostrando di usare Facebook in modo fantastico. Perché gli viene bene? Perché è l’ambiente giusto per esprimere il fragile ma persistente equilibrio fra autenticità personale (che c’è, i suoi fan la sentono bene) e abilità comunicativo-mediatica che ha sempre contraddistinto Vasco.

L’Ape Regina

Il corpo di Vasco

Che lo si ami o meno, Vasco Rossi non è solo una rock star: è un fenomeno di comunicazione molto rilevante in Italia, che dura dai primissimi anni 80.

Mi ha colpita il video che accompagna il singolo «Eh… già», uscito il il 7 febbraio, giorno del suo 59esimo compleanno, con cui ha anticipato l’uscita dell’album «Vivere o niente». Mi ha colpita perché Vasco ha deciso di non nascondere, ma quasi di ostentare i segni del tempo sul suo corpo: senza il cappello che di solito gli copre la pelata, ha i pochi capelli delle tempie incolti e arruffati, la faccia gonfia e spiegazzata, i vestiti scomposti di uno che si è appena alzato dal letto, la pancia in avanti, le spalle asimmetriche e scivolate.

Come per dire: questo sono io senza i trucchi di scena, esattamente come mi vedreste a casa mia.

Per Vasco è l’ennesimo modo di marcare il suo personaggio ribelle, ma occorre riconoscergli un certo coraggio estetico.

Mi piacerebbe fosse l’inizio di una nuova moda. E mi piacerebbe che ci fosse un equivalente femminile: pensa se Patty Pravo avesse fatto altrettanto, invece di condannarsi all’immobilità facciale. Pensa se Mina, che si ritirò dalle scene nel 1978 (aveva solo 38 anni!), decidesse domani di mostrarsi di nuovo in pubblico, grassa e invecchiata com’è. Così, giusto per rompere gli schemi e dare il buon esempio.

Eh…già (per ragioni di copyright lo devi vedere su YouTube):

Un confronto 1989-2011: