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Lorella Zanardo in tv fra Telese, Porro e Santanchè

Il 26 settembre una puntata del programma «In onda» su La7, dal titolo «Donne sull’orlo di una “crisi”», aveva come ospite in studio Lorella Zanardo, che dialogava con Daniela Santanchè in collegamento video. La loro interazione è stata intervallata da interviste a Francesco Merlo, Giuliano Ferrara, Sabina Began e da uno stralcio della ormai celebre intervista a Terry De Nicolò.

Zanardo e Santanchè a In Onda

Il compito di Lorella, in quel contesto, era difficile. Poiché dopo la puntata le sono arrivati diversi commenti, dai più entusiastici ai più arrabbiati e delusi «perché ha lasciato troppo spazio alla Santanché», Lorella mi ha chiesto di buttar giù una breve analisi, che potesse servire da spunto per ulteriori riflessioni.

Ieri Lorella ha postato il mio pezzo sul Corpo delle donne.net, e riprende la questione anche oggi.

Credo che analizzare cosa in quella puntata è stato detto e fatto, i rischi e problemi che c’erano e cosa ne è venuto fuori possa farci capire meglio sia il funzionamento di un talk show televisivo sia il dibattito attuale sui problemi delle donne italiane. Perciò pubblico anche qui il mio scritto e ringrazio fin d’ora per ogni spunto ulteriore che ci vorrete regalare.

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La posizione in cui Lorella Zanardo si trova a «In onda» non è facile. Il fatto che sia messa in contraddittorio con Daniela Santanchè dà per scontata una polarizzazione politica che non avrebbe ragione di essere: metterle Santanchè contro implica infatti che la questione femminile possa essere quanto meno contestata da destra. O meglio: nessuno di fatto dice apertamente che la questione femminile sia di pertinenza esclusiva della sinistra (Telese esordisce con «dottoressa Zanardo, lei non è una moralista di sinistra»). Ma il contesto allude a questa contrapposizione, la dà per scontata.

Dal mio punto di vista, dunque, Zanardo fa benissimo a non entrare mai in contrasto con Santanchè. Dico di più: non ha altra scelta, pena il rischio di incanalare il dibattito in una direzione stereotipata e banalizzante. Bisognerebbe infatti che in Italia si smettesse di considerare la difesa dei diritti delle donne come qualcosa che spetta solo alla sinistra: i problemi delle donne riguardano tutti, non solo una parte politica.

La trasmissione è inoltre costruita per appiattire la questione su un’altra polarizzazione: berlusconismo vs. antiberlusconismo. In questa direzione vanno per esempio gli interventi di Giuliano Ferrara e Francesco Merlo, sempre centrati sullo stile di vita del Presidente del consiglio. E anche le interviste a Terry De Nicolò e Sabina Began portano acqua a questo mulino.

Come dire: se sei contro Berlusconi, sei anche più attento ai problemi delle donne, o addirittura femminista; se invece voti Berlusconi, no. Una contrapposizione che non è solo fuorviante, ma falsa: l’Italia è piena di antiberlusconiani che hanno idee, comportamenti e stili di vita niente affatto favorevoli alla parità di genere. O che sono addirittura misogini.

Anche qui: bisognerebbe invece liberare la questione femminile dal contrasto fra chi è a favore e chi contro Berlusconi. I problemi delle donne (discriminazione, disoccupazione, stipendi più bassi, e tutto ciò che sappiamo) stanno a destra come a sinistra, negli ambienti colti come in quelli meno colti. È illusorio pensare che riguardino solo Berlusconi e il berlusconismo.

In questo senso, all’inizio Zanardo fa un errore: parla infatti del premier come di un uomo che ha «problemi evidenti», senza riuscire però a specificare su cosa basa l’«evidenza» che dichiara. In assenza di «prove», diciamo così, l’affermazione la mette subito dalla parte dell’antiberlusconismo, il che può forse piacere agli antiberlusconiani, ma dal mio punto di vista andrebbe evitato.

Dopo di che, però, Zanardo è abile per tutto il resto della trasmissione, evitando di cadere nelle numerose trappole che i due conduttori le tendono. Dice per esempio che «non le interessa giudicare» Terry De Nicolò; dice che la compravendita del corpo femminile non è un prodotto del berlusconismo, ma di tutta la cultura italiana; evita di rispondere a una domanda di Porro dicendo di «aver quasi paura» a farlo, perché poi sarà etichettata inevitabilmente come di destra o sinistra; impone infine temi di cui in televisione non si parla quasi mai: educazione ai media, scuole, inserimento della questione femminile nell’agenda politica.

Insomma, Zanardo evita di prendere una posizione politica non per qualunquismo, ma perché è l’unico modo di ragionare in modo costruttivo e concreto sulla questione femminile.

Chiudo con un ultimo rilievo: è un vero peccato che la maggiore abilità di Daniela Santanchè nell’occupare lo spazio di parola faccia sì che, nel complesso, Lorella Zanardo parli meno di lei.

D’altra parte, prendersi il turno di parola in televisione è qualcosa che si impara per pratica, a furia di farlo. È evidente che Santanchè ha molta più consuetudine di Zanardo con le presenze televisive: a questo si deve la sua maggiore abilità. Peccato, dicevo. Va detto però che si può essere incisivi anche parlando meno; e che imporre uno stile diverso, meno urlato, è comunque un obiettivo importante, che Lorella è riuscita a ottenere.

Puoi rivedere qui la puntata di «In onda» La7, 26 settembre 2011, «Donne sull’orlo di una “crisi”».