Archivi tag: Facebook

Le faccine o reazioni di Facebook: qualche ragionamento per cominciare

Il 24 febbraio Facebook ha lanciato in tutto il mondo un sistema più complesso del solo mi piace per reagire alle parole, alle immagini, ai video che le persone, le aziende, le istituzioni pubblicano sulla propria timeline: sono sei piccole icone, sei reactions, come sono state chiamate: lo stesso Like, che è ovviamente rimasto, e poi anche Love, Haha, Wow, Sad e Angry, con le relative emoji, queste:
Reazioni_Facebook

Da dove vengono queste faccine? Dalle emozioni universali che la ricerca psicologica internazionale Continua a leggere

I genitori ostentano i figli su Facebook. E i pedofili?

«Primo giorno di scuola. Impossibile non notarlo: su Facebook è un continuo postare foto di bambini con grembiulini di vari colori. Colpisce che molti di questi genitori parlino di quanto siano emozionati. Tra le foto spunta spesso quella dello zainetto nuovo, di marca, dei gormiti o supereroi per maschietti o Winx e Disney per le bambine (rigorosamente rosa). I maschietti sono chiamati “ometti” e “campioni”, le bambine sono “principesse”. […] Cosa c’è di strano? Il punto è che tutto questo è pubblico, leggibile da chiunque. Basta inserire su Facebook le parole chiave Continua a leggere

Pisapia e Zingaretti sui social media

Nel preparare una relazione per il prossimo convegno della SISP, sto osservando da qualche mese in dettaglio cosa fanno su Twitter e Facebook tutte le political celebrities italiane.

Studia che ti ristudia, scopro che il lavoro che stanno facendo gli staff di Giuliano Pisapia e Nicola Zingaretti è straordinario: questi si prendono – davvero! – la briga di rispondere in modo pertinente e documentato a chiunque chieda informazioni, faccia commenti, esprima critiche. Un lavoraccio durissimo e capillare ora per ora, minuto per minuto: leggono, si documentano e rispondono dopo qualche ora o il giorno dopo, se la ricerca necessita di più tempo. Un vero servizio alla cittadinanza.

Certo, tutto è migliorabile: sia da parte delle due amministrazioni sia nell’uso che i loro staff fanno dei social media (già immagino che qualche lettore alzerà il dito per criticare questo o quello, la tal risposta mancata o insufficiente). Ma nel complesso chi sta dietro all’account Twitter e alla pagina Facebook di PisapiaZingaretti (non so chi ci sia in quegli staff, ma li immagino seri, appassionati e… sempre distrutti di fatica) merita davvero una lode pubblica. E tanti auguri di buon lavoro! 🙂

Non sono gli unici, eh: anche lo staff del sindaco Virginio Merola a Bologna lavora in questo modo sui social media. Ma vivendo io a Bologna… be’, nemo propheta in patria.

Verifica tu stesso/a: qui c’è l’account Twitter di Pisapia, aperto il 6 luglio 2010, con una media di 4,3 tweets al giorno. Qui quello di Zingaretti, aperto il 2 novembre 2011, con una media di 7,1 tweets al giorno.Ed ecco lo screenshot di qualche buon esempio (clic per ingrandire):

Zingaretti e il wi fi

Zingaretti e le aree giochi

Pisapia e il wi fi

Pisapia e le piscine

Pisapia e le primarie

Idea per una tesi: un’analisi comparata di tutto ciò che fanno i sindaci italiani sui social media. Per concordare impostazione e metodologia, iscriviti a ricevimento.

I primi dieci leader politici su Facebook

Ho trovato su Socialdon la classifica mondiale delle prime 15 fan page di politici su Facebook. Se fossi nello staff di un politico italiano, me le studierei  attentamente. Altri mondi, altri livelli, e mica solo per i numeri. È già interessante vedere che immagine hanno scelto come cover: c’è chi ci ha messo la famiglia, chi un paesaggio, chi se stesso da giovane, chi sta in mezzo alla gente e chi no.

Quanto ai numeri, osservo solo che Barack Obama, con oltre 26 milioni di “mi piace”, supera di molto Sarah Palin, che è seconda in classifica con circa 3 milioni e 300 mila “mi piace”, e si avvicina agli ordini di grandezza che su Facebook ottengono solo le pop star. Ma ancora deve lavorarci, perché Eminem, al primo posto su Facebook fra le celebrities, ha al momento circa 56 milioni di “mi piace” e Rihanna, al secondo posto, ne ha circa 55 milioni.

Riporto qui le prime dieci posizioni, con il link alla relativa pagina Facebook.

1. Barack Obama, Presidente degli USA, 26.171.273 “mi piace” (clic per ingrandire).

1.Barack Obama

2. Sarah Palin, politica americana, esponente del movimento ultra conservatore Tea Party, 3.320.535 “mi piace”.

2.Sarah Palin

3. Dalai Lama, leader della scuola Gelug del buddismo tibetano, 3.315.135 “mi piace”.

3.Dalai Lama

4. Noynoy Aquino, presidente delle Filippine, 2.254.666 “mi piace”.

4.Noynoy Aquino

5. George W. Bush, ex presidente degli Usa, 1.754.659 “mi piace”.

5.George W. Bush

6. Manny Villar, 25° Presidente del Senato delle Filippine, 1.656.121 “mi piace”.

6.Manny Villar

7. Mahathir bin Mohamad, ex Presidente della Malaysia, 1.639.611 “mi piace”.

7.Mahatir bin Mohamad

8. Mitt Romney, ex Governatore del Massachusetts, candidato repubblicano 2012 alla presidenza degli USA, 1.657.325 “mi piace”.

8.Mitt Romney

9. Arnold Schwarzenegger, ex Governatore della California, 1.585.386 “mi piace”.

9.Arnold Schwarzenegger

10. Heriberto Félix Guerra, Segretario dello Sviluppo Sociale, Messico, 1.478.218 “mi piace”.

10.Heriberto Félix Guerra

Sheryl Sandberg, COO di Facebook, parla di gender gap

Ieri al panel «Women and the media» dell’International Festival of Journalism, ho citato la conferenza che Sheryl Sandberg, Chief Operating Officer di Facebook, ha fatto nel 2011 per il Commencement Day del Barnard College, la prestigiosa università newyorkese per sole donne della Columbia University.

È uno splendido discorso sul gender gap nel mondo, fatto da una top manager di 42 anni, che non  si occupa di gender studies, non si autodefinisce “femminista” e al momento riceve da Facebook uno stipendio base di 300.000 dollari, più circa 31 milioni di dollari in dividendi (dati 2011). Certo, molto meno di Mark Zuckerberg, ma… clic per ingrandire:

Mark & Sheryl

(Qui la fonte dei dati e dell’immagine.)

Un passaggio del discorso mi ha colpita, ed è quando Sheryl riprende dal celebre libro Half the Sky del 201o di Nicholas Kristof e Sheryl WuDunn, che ora è diventato il movimento «Half the Sky. Turning Oppression into Opportunity for Women Worldwide», questo concetto (cito a memoria): «Se la sfida del XIX secolo fu combattere lo schiavismo e quella del XX secolo combattere il totalitarismo, la sfida del nostro secolo sarà eliminare l’oppressione delle donne nel mondo».

Ti consiglio di ascoltare con grande attenzione il discorso, ma te lo consiglio ancor più caldamente se provi sempre (in modo più o meno nascosto o esplicito) un certo fastidio quasi fisico (alla pancia, alle mani, in testa o dove ti pare) quando, su questo blog e altrove, leggi o ascolti parole sui problemi delle donne in Italia e sul gender gap in generale. Perché ti sembrano i «soliti discorsi vetero, neo o post femministi», perché «che palle» e perché «le femministe sono ossessive, frustrate, brutte e sicuramente anche un po’ lesbiche».

Il gender gap è un gravissimo problema economico e sociale che riguarda tutto il mondo e tutti gli esseri umani, non poche vetero, neo o post femministe italiane.

L’insostenibile leggerezza dei commenti su Facebook

Di solito posto su Facebook ogni articolo che scrivo per il blog, subito dopo averlo chiuso. È un’abitudine che ho da sempre, qualcosa che gli amici di Facebook si aspettano: se non lo facessi penserebbero che non ho scritto.

Facebook logo Wordpress Logo

Sanno pure, gli amici di Facebook, che preferisco ricevere commenti sul blog e non su Facebook. Di solito lo dico esplicitamente: se qualcuno/a scrive un commento interessante e articolato su Facebook (ripeto: se), immediatamente gli/le chiedo di ricopiarlo qua. «Perché su fb il commento si perde in pochi minuti, sul blog resta», spiego.

Ma la ragione non è solo questa. «Se» il commento è interessante e articolato, dicevo. Altrimenti taccio. Il mio obiettivo è infatti quello di invogliare solo i commenti più motivati e ponderati, scoraggiando provocazioni, parolacce, tifoserie ed esternazioni insensate. Che su Facebook vengono spontanee, qui molto meno.

«Il mezzo è il messaggio», diceva McLuhan, anche se non basta il mezzo a fare un messaggio, come abbiamo detto altre volte.

Tuttavia il mezzo può condizionare (e anche molto) il messaggio, e allora chiediamoci: perché i commenti che arrivano su Facebook allo stesso articolo sono tendenzialmente più improvvisati, emotivi, stracciati e spesso sciocchi di quelli che arrivano qui?

Per ragioni di interfaccia anzitutto: su Facebook lo spazio per i commenti non ha limiti, ma è angusto e scomodo, nel senso che ospita caratteri piccoli, non permette la formattazione, a volte dà problemi con gli «a capo», e così via. Tutti fattori che, congiunti, inducono una scrittura poco curata e poco organizzata. Le stesse persone che qui si scusano anche per un singolo refuso, su Facebook se ne fregano di tutto: segni di interpunzione, errori ortografici, pasticci logici, insensatezze. Perché su Facebook si fa così. Ma si fa così (anche) perché l’interfaccia è quella, e così induce a fare.

E poi c’è il tempo di fruizione: le videate di Facebook fuggono via a una velocità tanto maggiore, quanto maggiore è il numero di amici che hai e il numero di attività che tu e i tuoi amici fate in bacheca. Basta un’ora e puff: tutto sparisce e, se vuoi ripescare qualcosa che hai postato solo qualche ora prima, ci metti un bel po’.

Insomma la scrittura su Facebook è molto più vicina a una conversazione orale di quella che si pratica nella blogosfera: verba volant su Facebook, scripta manent sui blog, verrebbe da dire.

Poi naturalmente dipende dai blog: dal tipo di contenuti (informazione, diaristica, commento politico, gossip, ecc.), dallo stile di scrittura, dal tono di voce di chi gestisce il blog, dal modo in cui risponde ai commenti, e così via. E dipende dalle persone che commentano, naturalmente. Perché – vale la pena ricordarlo una volta in più – il messaggio non è solo il mezzo, casomai è anche il mezzo.

Le finte opposizioni del caso Vasco vs. Nonciclopedia

La polemica Vasco Rossi vs. Nonciclopedia che ieri ha infestato la rete si è ridotta in poche ore a una banalizzazione del tipo: Vasco Rossi, «vegliardo milionario sull’orlo del declino», ha censurato la «libera satira degli innocenti e squattrinati ragazzini che scrivono su Nonciclopedia».

Vasco vivere o niente

Gli insulti contro Vasco che ieri arrivavano sulla sua pagina fb erano tutti più o meno così (e ti evito il peggio): «Fai ritirare la querela, Vasco, dimostra di non essere una vecchia rockstar isterica e in declino», «Ti sei scavato la fossa da solo, mettersi contro la Rete è un suicidio e tu che sei in palese declino hai perso la testa», «Vasco è un vecchio bavoso tossicomane». E così via.

Preciso che qui non è in questione l’essere fan o meno di Vasco Rossi. I problemi sono altri e riguardano:

  • la finta opposizione fra età della vita: Vasco «vecchio» vs. Nonciclopedia «giovane»;
  • la finta opposizione fra nativi digitali che, in quanto nati in un mondo già informatizzato, sarebbero bravi a usare la rete, e migranti digitali che, in quanto nati dopo, sarebbero invece imbranati: Vasco «migrante imbranato» (perché denunciando Nonciclopedia fa autogol) vs. Nonciclopedia «nativa» (che sa come funziona la Rete con la maiuscola);
  • la finta opposizione fra censura (quella di Vasco con gli avvocati) e libertà di espressione (quella di Nonciclopedia);
  • la finta opposizione fra chi fa e capisce la satira e chi non capisce/ride/sta al gioco.

Sui dettagli del caso Vasco vs. Nonciclopedia rimando al bell’articolo di Matteo Pascoletti su Valigia Blu: Se Vasco Rossi denuncia Puzza87 & C.

Aggiungo che:

  • Vasco (59 anni, migrante digitale) si muove su Facebook in modo magistrale, da cui molti nativi hanno molto da imparare, come ho già scritto in Vasco: un bicchiere di verità in un mare di comunicazione. E lo fa in modo perfettamente coerente, da un lato, con la sua personalità, dall’altro, con la strategia di comunicazione più ampia che riguarda la promozione della sua musica e delle sue attività. Un mix di autenticità e sapienza comunicativa che l’ha sempre contraddistinto. (Sull’uso di Facebook da parte di Vasco ho già assegnato una tesi di laurea triennale: se il nativo digitale che la sta preparando fa un buon lavoro, lo pubblico sul blog.)
  • Nonciclopedia non fa sempre satira, ma raccoglie anche molti nonsense e sciocchezze varie, che possono piacere o meno, ma su cui c’è poco da discutere se diventano aggressivi e diffamanti. E se qualche volta ci scappa una bella battuta, non è certo sufficiente a farci chiamare satira tutto ciò che c’è lì dentro. Alcune cose sì, altre no. E la diffamazione è un reato, punto. Il che è vero indipendentemente dall’età di chi scrive su Nonciclopedia: che siano nativi o migranti poco importa.
  • Lo «sciopero» di Nonciclopedia è la vera ragione per cui hanno sospeso le attività, non la censura da parte di chicchessia. Il che mi pare una furbata per guadagnarsi i 15 minuti di notorietà di cui diceva Andy Warhol. Che nativo digitale non era.
  • Il caso Vasco vs. Nonciclopedia sarà trattato da molticome già è stato fatto – come l’ennesima dimostrazione che la rete va imbrigliata e regolamentata. Cioè imbavagliata con l’art.1 comma 29 della legge sulle intercettazioni. In realtà dimostra che non c’è bisogno di nessun art. 1 comma 29, perché gli strumenti giuridici per difendersi dalla diffamazione e dai danni che le parole di qualcuno ci possono arrecare (in rete come fuori) ci sono già tutti. Come ho già detto qui: Il bavaglio ai blog spiegato in 10 punti.

Per cui se io fossi una giornalista che ha molto potere perché va in tv farei questa semplificazione, subito: una bella trasmissione in cui spiego come Vasco Rossi dimostra che la legge ammazzablog va cancellata.

AGGIORNAMENTO: sull’argomento vedi anche il post di oggi su Lipperatura: I conformisti.