Sono felice di annunciare che il gruppo Facebook “Studio materie umanistiche, lavoro, guadagno”, che qualche giorno fa ho creato come primissima iniziativa per valorizzare, in modo sistematico e concreto, le competenze umanistiche sul mercato del lavoro, in pochissimo tempo ha raggiunto (finora) oltre 630 iscrizioni. Ma il tema non è solo la quantità. È che cominciano a vedersi i primi risultati. In particolare:
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Primi risultati del gruppo Fb “Studio materie umanistiche, lavoro, guadagno”
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Le faccine o reazioni di Facebook: qualche ragionamento per cominciare
Il 24 febbraio Facebook ha lanciato in tutto il mondo un sistema più complesso del solo mi piace per reagire alle parole, alle immagini, ai video che le persone, le aziende, le istituzioni pubblicano sulla propria timeline: sono sei piccole icone, sei reactions, come sono state chiamate: lo stesso Like, che è ovviamente rimasto, e poi anche Love, Haha, Wow, Sad e Angry, con le relative emoji, queste:
Da dove vengono queste faccine? Dalle emozioni universali che la ricerca psicologica internazionale Continua a leggere
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I genitori ostentano i figli su Facebook. E i pedofili?
«Primo giorno di scuola. Impossibile non notarlo: su Facebook è un continuo postare foto di bambini con grembiulini di vari colori. Colpisce che molti di questi genitori parlino di quanto siano emozionati. Tra le foto spunta spesso quella dello zainetto nuovo, di marca, dei gormiti o supereroi per maschietti o Winx e Disney per le bambine (rigorosamente rosa). I maschietti sono chiamati “ometti” e “campioni”, le bambine sono “principesse”. […] Cosa c’è di strano? Il punto è che tutto questo è pubblico, leggibile da chiunque. Basta inserire su Facebook le parole chiave Continua a leggere
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Pisapia e Zingaretti sui social media
Nel preparare una relazione per il prossimo convegno della SISP, sto osservando da qualche mese in dettaglio cosa fanno su Twitter e Facebook tutte le political celebrities italiane.
Studia che ti ristudia, scopro che il lavoro che stanno facendo gli staff di Giuliano Pisapia e Nicola Zingaretti è straordinario: questi si prendono – davvero! – la briga di rispondere in modo pertinente e documentato a chiunque chieda informazioni, faccia commenti, esprima critiche. Un lavoraccio durissimo e capillare ora per ora, minuto per minuto: leggono, si documentano e rispondono dopo qualche ora o il giorno dopo, se la ricerca necessita di più tempo. Un vero servizio alla cittadinanza.
Certo, tutto è migliorabile: sia da parte delle due amministrazioni sia nell’uso che i loro staff fanno dei social media (già immagino che qualche lettore alzerà il dito per criticare questo o quello, la tal risposta mancata o insufficiente). Ma nel complesso chi sta dietro all’account Twitter e alla pagina Facebook di Pisapia e Zingaretti (non so chi ci sia in quegli staff, ma li immagino seri, appassionati e… sempre distrutti di fatica) merita davvero una lode pubblica. E tanti auguri di buon lavoro! 🙂
Non sono gli unici, eh: anche lo staff del sindaco Virginio Merola a Bologna lavora in questo modo sui social media. Ma vivendo io a Bologna… be’, nemo propheta in patria.
Verifica tu stesso/a: qui c’è l’account Twitter di Pisapia, aperto il 6 luglio 2010, con una media di 4,3 tweets al giorno. Qui quello di Zingaretti, aperto il 2 novembre 2011, con una media di 7,1 tweets al giorno.Ed ecco lo screenshot di qualche buon esempio (clic per ingrandire):
Idea per una tesi: un’analisi comparata di tutto ciò che fanno i sindaci italiani sui social media. Per concordare impostazione e metodologia, iscriviti a ricevimento.
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I primi dieci leader politici su Facebook
Ho trovato su Socialdon la classifica mondiale delle prime 15 fan page di politici su Facebook. Se fossi nello staff di un politico italiano, me le studierei attentamente. Altri mondi, altri livelli, e mica solo per i numeri. È già interessante vedere che immagine hanno scelto come cover: c’è chi ci ha messo la famiglia, chi un paesaggio, chi se stesso da giovane, chi sta in mezzo alla gente e chi no.
Quanto ai numeri, osservo solo che Barack Obama, con oltre 26 milioni di “mi piace”, supera di molto Sarah Palin, che è seconda in classifica con circa 3 milioni e 300 mila “mi piace”, e si avvicina agli ordini di grandezza che su Facebook ottengono solo le pop star. Ma ancora deve lavorarci, perché Eminem, al primo posto su Facebook fra le celebrities, ha al momento circa 56 milioni di “mi piace” e Rihanna, al secondo posto, ne ha circa 55 milioni.
Riporto qui le prime dieci posizioni, con il link alla relativa pagina Facebook.
1. Barack Obama, Presidente degli USA, 26.171.273 “mi piace” (clic per ingrandire).
2. Sarah Palin, politica americana, esponente del movimento ultra conservatore Tea Party, 3.320.535 “mi piace”.
3. Dalai Lama, leader della scuola Gelug del buddismo tibetano, 3.315.135 “mi piace”.
4. Noynoy Aquino, presidente delle Filippine, 2.254.666 “mi piace”.
5. George W. Bush, ex presidente degli Usa, 1.754.659 “mi piace”.
6. Manny Villar, 25° Presidente del Senato delle Filippine, 1.656.121 “mi piace”.
7. Mahathir bin Mohamad, ex Presidente della Malaysia, 1.639.611 “mi piace”.
8. Mitt Romney, ex Governatore del Massachusetts, candidato repubblicano 2012 alla presidenza degli USA, 1.657.325 “mi piace”.
9. Arnold Schwarzenegger, ex Governatore della California, 1.585.386 “mi piace”.
10. Heriberto Félix Guerra, Segretario dello Sviluppo Sociale, Messico, 1.478.218 “mi piace”.
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L’insostenibile leggerezza dei commenti su Facebook
Di solito posto su Facebook ogni articolo che scrivo per il blog, subito dopo averlo chiuso. È un’abitudine che ho da sempre, qualcosa che gli amici di Facebook si aspettano: se non lo facessi penserebbero che non ho scritto.
Sanno pure, gli amici di Facebook, che preferisco ricevere commenti sul blog e non su Facebook. Di solito lo dico esplicitamente: se qualcuno/a scrive un commento interessante e articolato su Facebook (ripeto: se), immediatamente gli/le chiedo di ricopiarlo qua. «Perché su fb il commento si perde in pochi minuti, sul blog resta», spiego.
Ma la ragione non è solo questa. «Se» il commento è interessante e articolato, dicevo. Altrimenti taccio. Il mio obiettivo è infatti quello di invogliare solo i commenti più motivati e ponderati, scoraggiando provocazioni, parolacce, tifoserie ed esternazioni insensate. Che su Facebook vengono spontanee, qui molto meno.
«Il mezzo è il messaggio», diceva McLuhan, anche se non basta il mezzo a fare un messaggio, come abbiamo detto altre volte.
Tuttavia il mezzo può condizionare (e anche molto) il messaggio, e allora chiediamoci: perché i commenti che arrivano su Facebook allo stesso articolo sono tendenzialmente più improvvisati, emotivi, stracciati e spesso sciocchi di quelli che arrivano qui?
Per ragioni di interfaccia anzitutto: su Facebook lo spazio per i commenti non ha limiti, ma è angusto e scomodo, nel senso che ospita caratteri piccoli, non permette la formattazione, a volte dà problemi con gli «a capo», e così via. Tutti fattori che, congiunti, inducono una scrittura poco curata e poco organizzata. Le stesse persone che qui si scusano anche per un singolo refuso, su Facebook se ne fregano di tutto: segni di interpunzione, errori ortografici, pasticci logici, insensatezze. Perché su Facebook si fa così. Ma si fa così (anche) perché l’interfaccia è quella, e così induce a fare.
E poi c’è il tempo di fruizione: le videate di Facebook fuggono via a una velocità tanto maggiore, quanto maggiore è il numero di amici che hai e il numero di attività che tu e i tuoi amici fate in bacheca. Basta un’ora e puff: tutto sparisce e, se vuoi ripescare qualcosa che hai postato solo qualche ora prima, ci metti un bel po’.
Insomma la scrittura su Facebook è molto più vicina a una conversazione orale di quella che si pratica nella blogosfera: verba volant su Facebook, scripta manent sui blog, verrebbe da dire.
Poi naturalmente dipende dai blog: dal tipo di contenuti (informazione, diaristica, commento politico, gossip, ecc.), dallo stile di scrittura, dal tono di voce di chi gestisce il blog, dal modo in cui risponde ai commenti, e così via. E dipende dalle persone che commentano, naturalmente. Perché – vale la pena ricordarlo una volta in più – il messaggio non è solo il mezzo, casomai è anche il mezzo.
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