Archivi categoria: blogosfera

Riflessioni d’inizio anno su bufale, post-verità, filtri bolla e… carrelli della spesa

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Interrompo la pausa natalizia per fare alcune riflessioni su quanto abbiamo letto e sentito, nei giorni scorsi, a proposito di bufale e cosiddette post-verità, da un lato, e a proposito dei molti commenti che ho letto, sempre su questi temi, gironzolando sui social media. Aggiungo una nota a margine dell’ultimo post che ho scritto su Renzi che faceva la spesa col carrello. C’è un nesso fra queste cose? Secondo me sì, vediamo come. Continua a leggere

I fashion blog: cosa sono, da dove vengono, dove vanno?

The Blonde Salad

Continuo a pubblicare alcune delle migliori tesi di laurea triennali in Scienze della comunicazione discusse la settimana scorsa: è stata una sessione prolifica e sono orgogliosa di molti dei lavori che ne sono usciti. È la volta della tesi di Michele Persici, che ha indagato con metodologia semiotica il mondo dei fashion blog:

Definiamo f​ashion blog u​n blog tematico che tratta argomenti inerenti al mondo della moda. La loro comparsa sul cyberspazio risale agli inizi degli anni 2000, un periodo di grande fermento per la diffusione dei blog in generale. In questo prolifico scenario spiccano alcuni siti come Continua a leggere

Lavorare in USA: stipendi, ferie, clausole contrattuali e altri miti

Lavorare_in_USA

Trovo sul blog Vivere in Usa, che ieri ho segnalato fra quelli che possono darti una mano se desideri lavorare all’estero, una interessante lista di miti da sfatare sulle condizioni di lavoro negli Stati Uniti. Eccola: Continua a leggere

Vuoi lavorare all’estero? Alcuni blog per orientarti

Keep Calm and Expat Yourself

Trovo sul blog di Francesca, che si è laureata con me diversi anni fa e oggi vive e lavora a Groningen, una lista di blog (c’è anche un gruppo Facebook) che ti possono essere utili se l’Italia ti sta stretta e vuoi tentare di espatriare. Sono moltissimi (sempre di più) i giovani che ogni giorno mi chiedono consigli su come fare per andarsene da un paese che sembra non lasciare loro più nessuna speranza. Prima regola, ovviamente: conoscere bene (… bene!) l’inglese. Dopo di che, passa qualche giorno a leggere con attenzione questi blog e ne riparliamo. Continua a leggere

Se un papà legge “Stasera mi butto” alla sua bambina

Stasera mi butto

Il Comizietto mi ha fatto tre bellissimi regali. Il primo è che ha letto Stasera mi butto. Il secondo è che lo ha recensito sul suo blog. Il terzo è che ha letto ad alta voce alcuni stralci del libro alla sua bambina per farla addormentare. Ne è nato un dialogo tenero ed esilarante. Eccolo: Continua a leggere

Come si diventa un “cervello in fuga” in tre mosse

Sul blog di Francesca, che si è laureata con me  alcuni anni fa e ora vive e lavora felicemente in Olanda, trovo una spiegazione breve e chiara del fenomeno dei cosiddetti “cervelli in fuga”:

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Un venerdì da cinepanettoni

Mi segnala Igor lo spot con cui in questi giorni Sky Cinema sta pubblicizzando il fatto che, dal 14 settembre, manderà in onda un po’ di cinepanettoni.

Lo spot valorizza positivamente i cinepanettoni e negativamente la «cultura» e l’«arte», mettendo in scena due caricature: quella di chi «si interessa di cultura e arte», tanto antipatico/a quanto vacuo/a, e quella di chi «preferisce divertirsi», laddove il divertimento è appiattito sulla soneria truzza e la visione dei cinepanettoni.

Un venerdì da cinepanettoni

Così facendo, i pubblicitari hanno chiaramente focalizzato il loro target, e in questo senso lo spot è perfetto: persino chi decide, per una sera, di concedersi un cinepanettone (magari vergognandosene un po’), in quel momento sarà indotto a pensare al se stesso che va a teatro o vede un «film impegnato» come a un personaggio barboso. Per non parlare dei cinepanettoniani convinti, quelli che se li sono già visti tutti e li rivedranno pure su Sky: loro già pensano che l’opposizione fra «cultura» e «divertimento» sia letteralmente come si vede nello spot.

Ora, la pubblicità lavora sempre con stereotipi, perché altrimenti non raggiunge un pubblico vasto, e spesso con caricature, perché fanno ridere o almeno sorridere. E questo lo sappiamo. Ma era proprio necessario che l’agenzia pubblicitaria e il suo committente scegliessero di nutrire l’immaginario dei telespettatori Sky con questa ennesima ridicolizzazione dell’«avere cultura» e del «fare cose culturali» in un paese che già fatica a valorizzare cultura, educazione, istruzione?

Non era necessario, solo facile, perché qualla svalutazione sta già nella testa del target (cinepanettoniani convinti o occasionali) e un po’ in quella di tutti: basta solo riprenderla, senza inventarsi nulla. Ma riprendendola, non fai altro che rinforzarla. Et voilà, il circolo vizioso (al ribasso) è fatto.