Tre Italia: la biondona svampita e l’uomo che paga per lei

Tre spot televisivo

Con la scomparsa di Belén Rodríguez dalle campagne Tim, credevo che le aziende di telecomunicazioni in Italia avessero finalmente smesso di associare marchio, tariffe e promozioni all’ennesimo corpo femminile, che non sta lì per nient’altro che per la sua bellezza. E invece no: nell’ultimo spot, Tre mette assieme  l’attore napoletano Carlo Buccirosso e la showgirl greca Ria Antoniou, con lui fa che l’uomo sbavante e pagante, e lei che fa la bellona, biondona e desiderante. Ma invece di desiderare («Carletto, è da tanto che avevo un desiderio…») ciò che lui spererebbe (allusione evidente), lei desidera solo un nuovo smartphone, «ma che sia il top… top come lei…» precisa Carletto, mentre le sussurra nun te proccupa’. Poi la bionda insiste con voce suadente: «Ho tanto bisogno di…» (allusione). «Cento giga le bastano?», chiede la commessa Tre.

E via così, per promuovere: se compri un top smarphone hai 100 giga inclusi. Il più trito, abusato e ormai malconcio stereotipo sull’ometto bruttino e un po’ scemo, che si può permettere la biondona mozzafiato solo perché paga lo shopping. Povera donna, povero ometto. E complimenti a Tre per l’originalità della campagna.

17 risposte a “Tre Italia: la biondona svampita e l’uomo che paga per lei

  1. Quello che mi chiedo è: questo tipo di impostazione, che dire “povera” è fargli un complimento, quanto viene scelta per conformismo e paura di rischiare con messaggi diversi, e quanto invece perché magari le vendite premiano questo tipo di scelta (che magari è perfetta per un certo target di clientela)?

  2. Eppure mondi diversi sono possibili: giusto per dare un’idea linko una pubblicitá olandese sulla telefonia mobile che ha vinto il premio per la pubblicitá dell’anno nel 2011. Il claim é “Sempre insieme” per stare in contatto con amici e famiglia. Mette in scena giovani papá che si chiamano tra loro per scambiarsi consigli utili mentre sono alle prese con i loro bimbi. Godibile anche se non si capisce l’olandese.

  3. Se i 100 gighi servissero ad aumentare il livello culturale della massa avremmo fior fiore di personaggi filosofici antroposcientifici che sgomiterebbero per snocciolarci i loro epiteti e noi tutti staremmo qua a commentare quale avrebbe arricchito di più il nostro essere.

    Purtroppo oggigiorno i gighi servono per spedirsi porno e idiozie su wazzap quindi è di questo che bisogna parlare per farsi capire.

    Guardacaso gli ebook reader non si vendono così… (o sì?)

  4. Vivo in francia e non ho la TV , il ché mi tiene ben alla larga dal rischio di incorrere in Carletto & co. Ma guarda caso, proprio ieri al telefono mia madre , una “casalinga di voghera” solo un po’ più meridionale, e sensibile alla simpatia dell’attore partenopeo, mi ha parlato di questa pubblicità. Purtroppo non si è accorta degli stereotipi, dell’oggettivazione della donna, dell’immagine culturale dell’Italia popolare che in questo modo continua a marciare nel fondo degli abissi. Ha solo trovato Carletto esilarante, e probabilmente se dovesse compiere una scelta d’acquisto relativa alle compagnie telefoniche , si ricorderà di Tre… Sembra sempre la questione dell’uovo e della gallina, quella della pubblicità. Deve avere una funzione didattica, o deve cavalcare i vizi e le aberrazioni della nostra cultura, per raggiungere il suo pubblico? Io sarei per la prima opzione, ma marketing e pubblicità servono a fare soldi, non ad educare…o almeno mi pare che vada così in Italia

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  6. Non è cambiato nulla. Anzi, prima di questa pubblicità era la stessa identica cosa, con la differenza che i due non stanno insieme, anche lui è un bellone e lei fa morire dal ridere.

  7. Io lo trovo azzeccato, piuttosto mi dà più fastidio le tette della commessa se proprio vogliamo polemizzare lo status della donna oggetto. Loro no, Carletto e la biondona interpretano nient’ altro che il proprio ruolo dettato dalla natura umana maschile e femminile. E la rivendicazione femminile, a parole così offesa ma nei fatti molto labile, non serve a nulla.

  8. La risposta è insita nel commento di Gianna: una cultura scambiata per natura, com’è opinione di maggioranza soltanto in Italia e pochi altri paesi civilmente sottosviluppati. I pubblicitari hanno il metro di quella maggioranza, ed è a quella che puntano, non alle minoranze che si mobilitano contro questo tipo di rappresentazioni.

  9. lo spot è stupido, triste basato su un immaginario da commediola sexy con Vitali e la Fenech, non vedo “donne oggetto” vedo solo tristezza. Erano meglio Raul Bova e Chiara Francini.
    il commento di Gianna è delirante

  10. Ma fatevele due risate. Non prendete sempre tutto così sul serio…

  11. Gianna, tutto apposto? Che la mantenute esistano non l’ho metto in dubbio, ma il considerarlo “ruoli dettati dalla natura umana” è ai limiti della follia: quindi, se ti dicessero “torna a casa a cucinare!” tu lo prenderesti come motivo di orgoglio e gli diresti anche grazie?

  12. Ecco, stavo giusto aspettando il commentatore che arrivava per dire “E fatevela ‘na risata”. Argomentare in qualche modo almeno? Coraggio, un po’ di originalità per dire alle donne di stare zitte.

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  14. Infatti Zuril, ribadisco che lo trovo molto divertente grazie anche alla simpatia e bravura degli attori.

  15. Sarebbe interessante avere il riscontro di questa pubblicità in base alle fasce di di età. Mi verrebbe da ipotizzare livelli di successo molto differenti tra “baby-boomers” e “millennials”.
    Ma credo che questo lo sappiano quelli di Tre…
    E sappiano anche che la fascia facoltosa sono i “baby-boomers”.

  16. Perché si dà per scontato che un “bruttino” non possa essere amat da una “bellona” e che la “bellona” debba per forza essere una mantenuta sfruttatrice solo perché le viene regalato un telefonino? non mi sembra lo spot dia informazioni in tal senso.

    In questo spot sinceramente non ho letto allusioni sessuali nei momenti sospensivi di dialogo, ma una implicazione della capacità del gestore di anticipare i desideri del cliente. Le fisicità sono sì esaltate, ma questo non c’entra niente con l’impostazione del dialogo. Le risposte dei due clienti, infatti, sono di totale conferma e soddisfazione alle proposte del gestore, non di sorpresa come se avessero voluto altro. Qui il giochetto lo spot lo ha fatto a noi, che ormai basta che vediamo un capello biondo e una pelata per pensare subito, noi, a Lino Banfi e la Bouchet. Facciamo una bella prova di commutazione con due personaggi “normali”: troviamo ancora, intrinseco alla narrazione, quel portato allusivo che gli attribuiamo?

  17. Esempio: il secondo spot della Francini e Bova postato qui da Francesca, lo trovo complessivamente più discriminante rispetto a quello attuale, pur essendo tutte e due i soggetti, diciamo, “mediamente belli” e quindi paritari. Lui, infatti, al termine dello spot apostrofa direttamente lei con un bel “non pensi a niente!” a sanzionare uno status di oca che nello sviluppo dello spot sinceramente non era nemmeno così marcato. Quindi il tonto chi è? (e qui discrimino io 😀 )

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