I talk show sono in calo? Si diceva anche durante il governo Monti

Gianluigi Paragone, La gabbia

In questi giorni gira voce che i talk show stiano stufando, in particolare dopo l’esordio deludente di Gianluigi Paragone con il nuovo La gabbia, che mercoledì scorso ha ottenuto solo il 3,97% di share. Bah, ricordo che nei primi mesi del 2012 ci fu un coro di preoccupazioni e lamenti per la crisi dei talk show, che allora si attribuiva alla presunta “sobrietà” di Mario Monti e dei ministri del suo governo che, piazzati nei vari salotti televisivi, non “bucavano”, anzi al contrario: annoiavano. (Leggi ad esempio l’articolo che Eleonora Bianchini scriveva sul Fatto Quotidiano il 17 marzo 2012.) Poi i talk show si ripresero – vado a memoria, correggimi se sbaglio – più o meno quando ricominciarono zuffe e colori: con le primarie del Pd, prima, e con la campagna elettorale per le politiche, poi. Fu festa grande: seggiolini spolverati, cagnolini e giaguari a gogò.

Oggi a cosa si attribuisce la crisi? Alla inefficacia televisiva di Letta e dei suoi? Al fatto che i talk show si somiglino un po’ tutti? Al fatto che circolino sempre gli stessi personaggi, che parlano solo di Berlusconi e di cose lontane dalle preoccupazioni più concrete e quotidiane di tutti? Un misto di queste ragioni, direi, più qualcun’altra. Certo, la diagnosi più curiosa è quella che ieri il direttore generale della Rai Luigi Gubitosi ha fatto in una intervista a Repubblica:

«Quello è un format che si sta cercamente logorando. Capisco la stanchezza dei telespettatori. I talk show riflettono una politica che divide e a loro volta alimentano le divisioni. È un circolo vizioso in cui imperversa un linguaggio sempre più distruttivo.»

Cioè? I talk show andrebbero male perché sono “divisivi”? Perché non riflettono il magico accordo del governo delle larghe intese? Non capisco.

9 risposte a “I talk show sono in calo? Si diceva anche durante il governo Monti

  1. Posta in questi termini l’affermazione è di una banalità disumana.

  2. Gubitosi chi era costui in termini di esperto di comunicazioni di massa? La sua “nomina” mi fa tanto venire in mente, perché si colloca al suo esatto opposto, la call a livello mondiale fatta dalla BBC per scegliere il suo direttore, dopo che il precedente era stato allontanato. Come tutti quelli che occupano un posto al di sopra del proprio livello di competenza, dice ciò che gli sembra utile per conservare una sedia ottimamente pagata.

  3. Una cosa è certa: chi continua ancora a considerare il fenomeno “talk” con l’arroganza spocchiosa del “tanto io non li guardo” sbaglia. Perché molti invece li guardano e da lì traggono poi le loro opinioni.
    L’obiettivo non è non guardare la tv ma proprio il contrario: è guardarla, criticarla e pretenderne una migliore, specialmente quella del cosiddetto servizio pubblico che pagano i cittadini.

    Per capire perché l’Italia è al 57° posto nelle graduatorie internazionali sulla libertà di stampa e informazione basterebbe vedere quanto spazio hanno dato i media allo scambio epistolare fra Eugenio Scalfari e papa Francesco. Un evento rilevante per molti ma non per tutti e che in un paese laico per Costituzione non dovrebbe soffocare e togliere spazio a fatti e notizie di interesse generale coem invece è avvenuto.
    Nonostante il livello bassissimo dell’informazione televisiva da talk show che somigliano sempre di più a pollai ingovernabili penso che giornalisti come Travaglio, Gomez, Barbacetto, Marco Lillo, Andrea Scanzi facciano bene ad approfittare anche del minimo spazio che viene loro concesso per poter almeno dire un po’ di verità in questo paese dove l’irresponsabilità, la menzogna, la calunnia rischiano di diventare l’unico riferimento dal quale trarre le opinioni. E finché in tutte le trasmissioni si continuerà ad invitare bugiardi, servi a libro paga, ci vorrà per forza qualcuno a fare da contraltare. Però credo anche che dovrebbe essere un diritto di tutti non dover assistere allo spettacolo indegno di una cialtrona maleducata che viene inseguita e chiamata da tutti come se fosse una politica di chissà quale spessore, una che per offendere allude ad una presunta omosessualità, come se l’omosessualità fosse un insulto, si permette di chiamare delinquente un uomo perbene, una che nulla aggiunge alla discussione pubblica e che viene cercata, invitata, intervistata da tutti unicamente per armare le risse. Ma la colpa non è della santanché, è di questa anomalia che qualcuno si ostina ancora a chiamare informazione che ha già costruito renata polverini grazie a Ballarò che la invitava una settimana sì e l’altra pure, trasformando un’anonima leader di un sindacato inutile niente meno che in presidente della regione Lazio e adesso sta ripetendo l’operazione con daniela santanchè, che essendo molto più presente rispetto alla sua collega di partito, quello dei moderati per intenderci, rischiamo di ritrovarci direttamente al quirinale.

  4. A me hanno stufato i talk-show: sono troppi e tutti uguali. Vorrei un programma d’intrattenimento (decente, s’intende).

  5. Secondo me stancano i soliti personaggi che si vedono sempre e che tentano di manipolarci con le loro baggianate, il fatto di non potere vedere un talk-show in cui gli invitati non si mettano a urlare e a insultare, e che diventa impossibile seguire un discorso completo a causa delle continue interruzioni di alcuni prepotenti o addirittura del conduttore. La maleducazione alla lunga stanca, almeno spero.

  6. iI discorso è lo stesso che si fa per i social network e la rete; in mezzo a tanta spazzatura, tanto trash inutile violento e volgare c’è anche quell’utile che informa, insegna e apre la mente. Però qua notte e giorno ci stiamo, in tanti, due ore davanti alla televisione per carità, no.
    E siccome più del 60% degli italiani vota in base a quello che vede e sente ai tg, io penso che se al posto di formarsi le opinioni che sappiamo dove poi mandano la gente a mettere la croce su una scheda attraverso studio aperto, il tiggìuno, il cinque, eccetera è preferibile sempre il talk show dove almeno un contraddittorio anche minimo c’è. Se parla la santanchè ma parla anche Travaglio io non smetto di guardare la televisione perché fanno parlare ANCHE la maleducata pitonessa, perché sono sicura che in mezzo al suo inutile dire e gridare Travaglio qualcosa di interessante me la dice.

  7. se è vero che l’audience sia attratto da zuffe e vivacità, certo le larghe intese non aiutano: l’unica cosa su cui poter ancora litigare sono tecnicismi giuridici incomprensibili che riguardano Berlusconi, troppo complicati per animare i più. Quasi quasi è più divertente la Santanchè che dubita della virilità di Travaglio. Per il resto è confusione di proclami che suonano ormai come un disco rotto, mentre il latte aumenta, il lavoro diminuisce, e chi dovrebbe dare una direzione con concretezza per uscire dai nostri problemi e dalle nostre incertezze, sembra piuttosto diretto su Marte, e da tanto tempo!

  8. La gabbia ha fatto quelle percentuali non perché è un talk show, ma perché è un brutto talk show.
    Roba del genere l’aveva tirata fuori vent’anni fa Gianfranco Funari e ogni tanto riciccia nei momenti di stanca dei format, in cui nessuno ha la voglia/coraggio di inventarsi altro.
    Ma a parte questo come si può pensare alla tv senza talk show? Vi do una notizia: la tivvù (generalista) è tutta un talk show.

  9. TV? Una cosa nuova e mai vista. Non mi va di farmi dettare l` agenda da un sistema di broadcast che neanche tiene conto del mio gradimento (a meno che non crediate all` auditel). Preferisco non occuparmi di politica (nel senso della politica di 30-40 anni fa) e mandare a quel paese televisione e la quasi totalita` dei giornali.

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