Attenzione, fotoritocco

Sappiamo tutti – si dice – che i corpi fotografati in pubblicità e sui rotocalchi ci appaiono belli, smaglianti, perfetti, grazie a Photoshop. Sarà, ma ogni volta che ne parlo in pubblico, trovo sempre alcuni – troppi! – che fanno la faccia stupita. E in parte hanno ragione, perché la forza dell’immagine fotografica è tale che t’illudi sia realistica anche se ti spiegano che è fittizia.

Il 15 settembre scorso la deputata conservatrice Valérie Boyer ha presentato all’Assemblea Nazionale francese una proposta di legge sulle fotografie di corpi umani ritoccate con strumenti digitali.

La legge, se sarà approvata, imporrà di accompagnare tutte le immagini in questione con questa dicitura: «Fotografia ritoccata per modificare l’apparenza corporea di una persona». Il non rispetto dell’obbligo sarà punito con una multa che va da un minimo di 37.500 euro alla metà del costo dell’intera campagna pubblicitaria.

La proposta di Valérie Boyer si inserisce in un lavoro complessivo di lotta contro la «rappresentazione erronea dell’immagine del corpo nella nostra societa» e di prevenzione dei disturbi alimentari (anoressia e bulimia, ma non solo) che in Francia affliggono fra 30.000 e 40.000 persone, soprattutto ragazze giovani.

Infatti – si legge nella motivazione della proposta (QUI il testo originale) – le immagini di corpi umani ritoccati in modo che appaiano innaturalmente perfetti «possono indurre alcune persone a credere a realtà che, spesso, non esistono». E queste credenze – spiegano da anni gli psicologi – unite a un complesso di fattori personali e familiari, concorrono a determinare molti disturbi alimentari, i più gravi dei quali possono portare a svariati problemi fisici e alla morte (per approfondire, scarica queste dispense).

Ovviamente, non basta inserire un avviso sotto le fotografie ritoccate con Photoshop per risolvere tutto. Ma è un primo passo concreto, e soprattutto, il segnale di un’attenzione più ampia al problema, perché la proposta vuole inserire la legge nel codice di salute pubblica, e in particolare nel capitolo «Alimentazione, pubblicità e promozione», da rinominare come «Alimentazione, rappresentazione del corpo, pubblicità e promozione».

Non credi al lavoro più ampio? Allora studiati il «Rapporto n. 791 della Commissione di affari culturali, familiari e sociali per combattere l’incitazione all’anoressia».

Non credi che con Photoshop si possa modificare un’immagine fino a farle contraddire la realtà? Allora guarda il video qua sotto, che mostra come si passa da Angela Merkel a Paris Hilton.

Abbiamo già parlato di questo argomento:

Bellezze photoshoppate

Nessuno vuol guardare la gente brutta

21 risposte a “Attenzione, fotoritocco

  1. Il fotoritocco lo propone il fotografo già quando richiedi una banale fototessera…
    e la Merkel senz’aiutino è decisamente più bella 😉

  2. Lodevole l’intento, però si rischia di rincorrere le farfalle. Si taglia fuori dal provvedimento la chirurgia estetica, il trucco, le luci (ricordo una mia compagna di università, normalissima, che sotto l’obiettivo del suo fidanzato fotografo sembrava una star e non esisteva photoshop) e tutte le tecnologie future. Sarebbe forse meglio che da qualche parte si parlasse alle nuove leve su come funziona la comunicazione di massa (almeno una vaga idea). La scuola (dell’obbligo) sarebbe il luogo ideale, sarebbe…

    Vabbè, torno ad occuparmi di fantascienza. 😐

  3. Invece secondo me è un ottimo provvedimento. A parte che approcciare un problema molto complesso da un lato non impedisce affatto che qualcun altro lo faccia da un altro, o la stessa persona con altro provvedimento. E poi comunque, suvvia il trucco e il parrucco sono cose che possiamo studiarci di ottenere, mentre la sparizione dell’ombelico è già più tosta…:)
    Ma ecco, quella diciturina sotto, quel richiamo alla razionalità alla veridicità in termini di recezione e meccanismi psichici è una cosa ottima. E’ un seme nella coscienza, un aggancio alla razionalizzazione, all’esame di realtà, un freno alla mitizzazione che fa meglio di duecento sermoni. In termini psicodinamici impone una frattura ai processi di idealizzazione e di scissione. Questo per la pubblicità avrebbe degli effetti negativissimi, perchè la pubblicità cresce rigogliosa sui meccanismi di difesa più arcaici, e a quel punto rinuncerebbe direttamente a fotoshop.

  4. Povera Merkel

  5. Secondo me non solo sotte le foto delle persone, ma pure delle cose si dovrebbe mettere quella dicitura.
    Ho letto da qualche parte che le foto pubblicitarie del cibo, per esempio, richiedono una preparazione lunghissima: pasta, pomodoro, frutta, verdure, formaggi, dolci… tutto è trattato e truccato prima di essere fotografato. E anche dopo, immagino.
    Non so, è come se con quella dicitura uno scrivesse sotto una mela truccata, che poi è l’idea platonica della mela: ceci n’est pas une pomme.
    Insomma, non credo sia un caso che Magritte abbia fatto pure il pubblicitario.

  6. Ho sempre creduto con minoica certezza che Photoshop e affini servissero a edulcorare, manipolare, magnificare, adulterare, truccare, falsificare,mistificare.
    Mai avrei sospettato che potessero disvelare una verità nascosta, il volto di Diana Prince celato dietro Wonder Woman. Altro che Merkel e Paris Hilton, qui non c’è gabola. Avremmo dovuto sospettarlo da tempo, Giovanna.

    PS Una notizia così non potevo che scoprirla qui a Beijing 🙂

  7. Ugooooooooo, aaaaarggggggggghhhhh 😀
    E vabbe’, ogni scarrafona è bella al lettore di blog suo.

    Meno male che gli altri commenti sono seri… 🙂

    Ange, comizietto: certo il fotoritocco è onnipresente e ci sarà sicuramente – se la legge passerà – una moltiplicazione delle scritte del tipo “Attenzione, fotoritocco”.

    D’altra parte, se andate a vedere la proposta di legge, vi si fa un paragone esplicito con le indicazioni sui dolcificanti sintetici, l’aggiunta di aromi e sale, ecc. Trovare un alimento che NON contenga queste indicazioni è una gara dura. E solo da poco alcuni consumatori vanno consapevolmente a cercarsi alimenti PRIVI di additivi: da quando la cultura (e il relativo commercio) di alimenti BIO hanno cominciato a diffondersi.

    Questo per dire che ci vuole un intensivo lavoro culturale ed estetico per valorizzare foto NON contraffatte digitalmente e rappresentare il corpo in modo meno idealizzato e astratto di quello oggi così diffusa nella culturo di massa, con fotografi che – magari – recuperino i vecchi trucchi di luci e inquadrature giuste, proprio per evitare di dovere, poi, apporre la fatidica scritta. Immagino attrici e attori chiedere esplicitamente al fotografo di NON ritoccare nulla, per carità, che poi la scritta non la vogliono… ma ripeto: tutto ciò non basta senza un lavoro culturale parallelo e capillare. Il “Rapport” della Boyler pare auspicarlo. Speriamo bene, per loro. E nel caso lo facessero, beati loro. In Italia siamo ben lontani da una proposta del genere.

    Valeria: certo, anche le fotografie di alimenti sono fotoritoccate. Tutta la fotografia digitale usa, per definizione, trucchi digitali: anche se fotografi un bullone per una ditta che produce bulloni, poi lo scontorni e gli aggiungi un riflesso azzurrino.

    Ma la legge riguarda solo la fotografia di corpi umani e immagino che solo nel caso di gravi e pesanti modifiche digitali (un collo troppo lungo per essere vero, come nel celebre spot “Evolution” della Dove, una pelle troppo plastificata, ecc.), si avrebbero denunce da parte di associazioni di consumatori e consumatrici. Il punto è un po’ quello che anche zauberei sottolinea: a furia di leggere quella scritta, il nostro occhio e la nostra mente si abituerebbero a pensare che quel mondo è posticcio, molto più di quanto attualmente lo pensiamo, anche quando già sappiamo che lo è.

  8. Pingback: Kataweb.it - Blog - Lipperatura di Loredana Lipperini » Blog Archive » LE GAMBE DI CORONA

  9. Ho letto l’intervento su Lipperatura: è paradossale che gente che per mestiere comunica non comunichi tra se. Al di là dei tempi televisivi, e dai e dai, probabilmente non lo sa più fare od ha paura di sbagliare e per tanto non ci prova nemmeno. Oggi è un problema anche della politica, anzi lì parte più dai valori in cui non sembrano credere ( candidato un giorno a destra e il giorno dopo a sinistra) ma questo è un altro argomento.

    Per quanto riguarda gli stereotipi della femminista baffuta o della velina stupida ecc torno a insistere sulla faccenda degli esempi sani e normali di femminilità. Che esistono. Come li possiamo fare emergere? Come li comunichiamo? Anzi come “obblighiamo” la comunicazione a proporli..

  10. Sì, certo la legge riguarda solo le foto dei corpi, il mio post era per dire che quella dicitura è un warning sacrosanto. Dice: attenzione questa è una rappresentazione ritoccata della realtà, ma non è la realtà.
    Avvertimento che, almeno in teoria, dovrebbe evitare poi di incaponirsi a cercare di adeguare la realtà alla sua rappresentazione.
    Certo, come dice Loredana, una legge non basta, si devono i cambiare i modelli. Ma quella dicitura per me serve ad allenare sguardi e cervelli, e questi coi modelli un po’ ci hanno a che fare.

  11. Il provvedimento francese è senz’altro buono. Anche se molti sanno già che le immagini (in particolar modo quelle utilizzate in pubblicità) sono TUTTE ritoccate. Ma, ovviamente c’è fotoritocco e fotoritocco. Se da un lato sono assolutamente favorevole al fotoritocco “tecnico”, ad esempio aggiungere qualche ombra nei capelli della modella, che in fase di ripresa hanno “sparato”, sono totalmente contrario al ritocco finalizzato al totale cambiamento: sparisce la cellulite, si alzano le sopracciglia, si cambia il taglio delgi occhi, e così via. Il fotoritocco non deve essere un mezzo per omologare. Giusto quindi che si apponga quella scritta.
    Per Valeria: le foto alimentari sono certamente ritoccate, ma molto spesso si utilizzano dei moke-up, cioè degli alimenti finti fatti con materiali non alimentari, ma perfetti nella realizzazione e praticamente indistinguibili dagli originali.
    Altre volte (ad esempio per l’immagine della besciamella che cola dalle lasagne nell’immagine sul packaging) si utilizza vera besciamella, ma andata a male, il che consente di “tirare” la goccia a proprio piacimento…

  12. Sì, certo, il fotoshop con i cibi c’entra e non c’entra. Il punto che per me è importante, però, è educare lo sguardo delle persone alla diffidenza, a non lasciarsi catturare dalla finzione, a capire che il trompe l’eoil, così clamorosamente verisimile, anzi più vero del vero, è un inganna-occhio.
    Forse sono solo una moralista illuminista ma per me questo aspetto è importante.

  13. scusate, correggo: trompe l’oeil.

  14. Concordo con Valeria per quanto riguarda l’educazione all’osservazione critica.
    Il punto è che il fotoritocco non è altro che un aspetto di una società dove regna sovrana l’omologazione, in particolar modo in televisione. E la pubblicità non fa eccezione. L’individualità di ognuno viene sacrificata sull’altare di ciò che si chiama “cool”.
    E ormai ci siamo abituati a vedere sempre le stesse facce, lo stesso trucco, gli stessi vestiti.
    John Stuart Mill, nel 1858 scriveva: “Le persone perdono rapidamente la capacità di concepire la diversità se per qualche tempo si sono disabituate a vederla”.
    Un vero profeta.

  15. Grazie Guido! Ho avuto tempo solo ora di seguire il tuo link… attrici che rifiutano in fotoritocco per farsi pubblicità, appunto. È questo uno dei possibili circoli virtuosi, per una volta, da innescare.
    🙂

  16. All’inizio degli anni ’80 la rivista Lei-Glamour usciva ogni mese con un tema (il cinema, le fiabe…), ed un intero numero fu dedicato al tema del “cosa c’è dietro” un servizio di moda: allora non c’era photoshop, ma fecero vedere come gli abiti fossero fissati con le mollette per cadere meglio, e tra i vari trucchi svelarono anche l’uso del nastro adesivo sotto le ascelle per migliorare l’altezza del seno.

    Sarebbe fondamentale ritrovare questa sorta di educazione alla consapevolezza, questo spirito critico, anche da parte delle riviste femminili dirette e scritte in genere da donne, ed un provvedimento come il decreto in questione (per quanto più facile ad applicarsi in teoria che in pratica) andrebbe in questa direzione…ma il potere della pubblicità è probabilmente un grosso freno. Quale casa cosmetica pubblicizzerebbe un fondotinta con la scritta “foto ritoccata” sotto?
    Un cambiamento è necessario, ma deve coinvolgere più livelli, a cominciare dai valori di riferimento delle pubblicità e delle immagini-simbolo. Soprattutto deve coinvolgere il livello etico.

  17. comunque non bisogna confondere la “post produzione” con il “fotoritocco”
    nella post produzione lavori sui toni, contrasti per portare lo scatto grezzo verso il colori reali, a volte forzandoli per dargli profondita, vivacità

    come diceva qualcuno della carne, la puoi far diventare più rossa ecc. ma questo non c’entra nulla, anche al supermercato la macelleria hai delle luci apposite per far apparire la carne più rossa.
    e la post produzione c’è sempre stata, non è una questione digitale, prima si sceglieva una certa pellicola, certi acidi ecc.. oggi si scelgono certi programmi. (per alcuni fotografi oltre che essere piu pratica è anche meno inquinante)

    il fotoritocco invece va a cambiare qualcosa nella foto, quindi leviga la pelle, leva brufoli, leva cellulite, rughe, allunga colli, ingrandisce occhi (Dove ecc)

    (per es. nelle foto di reportage serio è proibito. Un esempio: il National Geographic compra la foto con la post produzione che il fotografo sceglie di fare, ma pretende di avere anche il file grezzo come garanzia di veridicità. E sullo scatto è possibile soltanto intervenire con variazioni di post produzione che riguardino la totalità della foto e non una parte: se abbiamo 3 oggetti rossi puoi intervenire modificando il rosso, renderlo piu brillante, ma questa operazione sarà applicata a tutti e 3 gli oggetti non è possibile farlo solo a uno, pena il rifiuto della foto da parte della rivista)

    Le luci, su menzionate, non c’entrano nulla, la fotografia è solo luci, e il fotografo dovrebbe saper usare le luci per dare una certa forza all’immagine.. quindi può essere che in una bella immagine, costruita bene la ragazza o il ragazzo appaiano più piacevoli che in uno scatto fatto al volo con una compatta, perchè ovviamente si cerca sempre di valorizzare il soggetto..

    (riguardo la Knightley, mi fece ridere quando lessi l’articolo. D’estate eravamo nello stesso ristorante e quindi l’ho vista molto da vicino, e beh.. non ha bisogno di molto photoshop :-P)

    Riguardo al discorso generale concordo con Giovanna, non sarà la dicitura a cambiare e cose ma è l’iniziare un tipo di discorso che porti a una maggiore consapevolezza.
    Riguardo alle etichette del cibo a Londra, per es., hanno la mania di scriverci tutto: per vegetariani, conservanti, tracce di altre sostanze che può contenere per chi fosse allergico ecc ..molto di più che in Italia

    In televisione hai detto che nei quadri c’è una valorizzazione delle diversità, che è vero, e a volte le diversità, le unicità dipendono proprio da alcuni difetti che rendono le donne diverse le une dalle altre. Le donne belle, alla moda, hanno tutti gli stessi vestiti, gli stessi capelli, lo stesso trucco, sono equivalenti già prima del fotoritocco, poi ci sono quelle con i difetti e i difetti portati con eleganza diventano subito più affascinanti, e lì non serve nessuna dicitura sul retro.

  18. Un buon antidoto è seguire siti come Photoshop Disasters, che mettono alla berlina le manipolazioni che producono risultati improbabili (http://photoshopdisasters.blogspot.com/search/label/baroque%20anatomy).

    Come nel caso di questa modella di Ralph Lauren: http://www.boingboing.net/2009/10/06/the-criticism-that-r.html

  19. Francesca Pincelli

    grazie Giovanna. l’ho postato sulla mia pagina fb.

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