Le “morte viventi” delle pubblicità sui giornali

Nel contesto politico, economico e sociale di questi mesi le immagini pubblicitarie che vedi sui maggiori quotidiani nazionali sembrano ancora più distaccate dal mondo di quanto non siano di solito. Ancor più irreali, fredde, lontane dalla nostra vita di tutti i giorni. Al punto che puoi facilmente trasferire anche alla pubblicità l’area semantica dei “morti viventi” che Grillo applica alla politica e ai media. Le immagini sono infatti dominate dal rigor mortis di alcune bellissime (?) quanto immobili, rigide e spente zombies di sesso femminile. E sono tante, accidenti. Guarda qua (clicca per ingrandire).

Composizione di parti umane tratte da vari corpi:

Kaos

Collezione di arti staccati:

Casadei

Innesto su cadavere di gambe (vengono dalla collezione Casadei?):

Stuart Weitzman

Salma vestita per foto funebre, ovvero “La morte ti fa bella”.

Liu Jo

Natura morta con capelli e borse:

Twin Set

E per finire in bellezza, foto di gruppo in obitorio:

Chanel

49 risposte a “Le “morte viventi” delle pubblicità sui giornali

  1. Chiunque voglia trascinare la folla non deve forse essere un attore che impersona se stesso? (NIETZSCHE)

  2. Verissimo. E le prime pagine riservate alle griffe più celebri, che in altri periodi lontano sono state un piacere per gli occhi, sono diventate un angosciante museo delle cere.
    laura a.

  3. (“periodi lontani”, errata corrige)

  4. oggi vi siete lette nel pensiero, quindi l’osservazione è un trend: la morte le fa belle http://killingsnobbery.com/mannequin-le-corps-de-la-mode/

  5. la morte di queste immagini sta nella decontestualizzazione dalla situazione attuale, nulla di ciò che viene pubblicizzato può essere acquistato dalle persone che vivono nel nostro paese, si rivolgono come il governo mortis a chi ha almeno un milione di euro di reddito annuo…
    complimenti per il post,
    ciao,
    GB

  6. a me questa analisi pare un po’ forzata, per lo meno su 3 casi su 6 (le foto 3, 4, 5). il grillismo sta davvero facendo danni…

  7. Molto bello. Condivido anche la scelta strategica di scrivere un pezzo corto e di far parlare le immagini corredate di opportune didascalie.
    P.S. Apomorfina: la frase di Grillo è citata en passant come espediente retorico per una delle tante analisi della comunicazione pubblicitaria che la prof. Cosenza ci offre da qualche anno su questo blog. Com’è del resto ben noto a tutti i frequentatori assidui.

  8. è incredibile questo blog: come uno scrive un commento “contro” subito parte lo stuolo degli studenti a sostegno della maestra. anche questo sa molto di grillismo (en passant). contenti voi…

  9. Ma al peggio non c’è limite. Vi invito a vedere il sito cofanifunebri.com, che dal 2003 realizza i calendari “Belle e bare”. Un esempio illuminante di kitsch branding. Ma non è l’unico. In Polonia c’è un altro produttore di quella che un annuncio pubblicitario degli anni ’70 aveva definito “L’ultima casa”. Si chiama Zbigiew Lindner e anche lui realizza calendari con signorine svestite accanto a bare. Bare polacche, per di più.

  10. apomorfina: ma non sono mica miei studenti o mie studentesse tutti quelli che intervengono su questo blog! 🙂

    E cosa c’entra il “grillismo”, scusa? Ho citato Grillo perché è il fenomeno mediatico del momento, perché le sue parole circolano e rimbalzano nei posti più disparati. Se dovessero essere “a favore” di Grillo tutti quelli che in questo momento scrivono su, o parlano di, o citano Grillo e M5S, il movimento avrebbe preso l’80% altro, che 25%. Tranquillizzati, va’. 😉

  11. anche tu tranquillizzati. sta di fatto che nessuno ha risposto sul merito di quanto notavo, ossia che 3 immagini su 6 non avevano troppo a che fare col concetto di “morta vivente”.
    comunque si fa per discutere, se vi interessa discutere (ma appunto, la “grillitudine” che tutto pervade sembra aver fatto dimenticare a molti questa possibilità)

  12. Sei tu apomorfina che continui ad essere aggressiva, scusa eh. Come fai a non rendertene conto?

    Comunque, le tre immagini che tu dici comportano comunque: espressione del viso immobile, bocca semiaperta, occhi inespressivi, rigidità negli arti (la 3: prova a metterti tu in quella posizione e dimmi come ti senti), abbandono come se la modella fosse senza forza (soprattutto la 5 ma anche la 4)… Tu non vedi questi tratti? Io sì e molti con me, e sai perché li vediamo? Non per esagerazione, sai, non perché ce l’abbiamo con Kate Moss o il mondo della moda, ma perché sono gli stessi tratti che si ritrovano in migliaia di immagini di moda e cosmesi, tutte identiche. Il che li enfatizza. Certo, se fossimo in un contesto di grande varietà e vivacità, tre immagini come quelle non richiamerebbero il rigor mortis. Ma la ripetizione porta a quello…

    Ti ho risposto, ora? Grazie comunque per essere intervenuta. Io sono tranquillissima, ma tu la prossima volta cerca di essere un po’ meno spinosa e vedrai che ottieni subito di più. 😉

  13. @Apomorfina
    Nessuno le ha risposto nel merito perché chi tace acconsente. Certo, siamo nel campo del degustibus e lei può affermare di non vedere quel che a me pare evidente. Nell’immagine 3 Cosenza si è certo lasciata tentare dal’arguzia di notare che le gambe sembrano provenire dagli avanzi di magazzino dell’imagine 2 (e ci mette anche un’emoticon per sottolineare la licenza umoristica in un tema che altrimenti è già mortifero di suo).
    Ma l’immagine 4 è paralizzante: la rigidità della postura, l’occhio non proprio indovinato e la posa da manichino inducono in noi buon un principio di carità e l’augurio che quella fotografata sia morta davvero, perché se la foto è di una donna viva equivale a ucciderla due volte.
    Infine la foto 5. Qui forse ha ragione lei: non ricorda un morto vivente. Ricorda un vivo morto. Still life ma non live.

    Però se lo faccia dire, Apomorfina: non abusi troppo della sostanza del suo nome. Non so se lei soffra di Alzheimer o disfunzione erettili, per i quali l’apomorfina è terapeuticamente indicata, ma non vorrei che queste patologie, che implicano nei vivi rispettivamente la morte cerebrale e sessuale, la portassero a sentirsi urtata per la mancanza di tatto nelle osservazioni che Giovanna Cosenza ha rivolto contro altre morti viventi.

  14. veramente non sono stato io ad accendere la miccia, ma vabbè.
    mi interessa la comunicazione, pur non essendo un esperto, e avevo notato una debolezza nella tesi del post. non è la prima volta che lo faccio e già in passato sono stato zittito dagli studenti (lo so perché rispondevano dicendo: “a lezione la prof. Cosenza ecc.”). io non seguo le lezioni, quindi se leggo una cosa che non mi quadra lo scrivo, sperando in una risposta, non in un polverone (che tra l’altro sono stato io a spazzare via, riportando questo scambio al nocciolo dell questione). ma vabbè.
    rimango della mia opinione: le biondine di cui sopra mi sembrano quanto di più distante dal concetto di morte, mentre per le altre il discorso è valido. ma vabbè.
    @ugo invece di cercare su internet che cos’è l’apomorfina per poi fare dei commenti totalmente fuori luogo, leggiti qualche libro di un certo scrittore americano e magari capirai il riferimento del mio nickname. ma vabbè anche a te.

  15. @Apomorfina
    E vabbé, non è colpa mia se lei si è scelto un nickname che dimostra il tipico tratto adolecenziale e pseudo anticonformista di chi si è appena imbattuto nella letteratura beat e in preda all’entusiasmo ha eletto il pasto nudo a modello estetizzante.
    Io speravo di poter glissare sul fatto che l’apomorfina sia stata contrabbandata da parte di uno scrittore dalla fortunata fama alla stregua di disintossicazione da eroina. Anche perché in questo caso lei avrebbe commentato delle morti viventi parlando da una posizone di compartecipazione.
    Nomen omen

  16. Le pose delle modelle sono sempre state a mio parere ridicole in tutte le pubblicità e i visi son sempre molto lugubri. Se dovessi citare oggi una comunicazione diversa direi Dolce&Gabbana. Almeno tra la Bellucci e la Balti c’è un pò di sole, sorrisi e voglia di vivere. Tempo fa una ragazza aveva girato un video (che purtroppo nn riesco a trovare più su Youtube) in cui in mezzo alla gente si metteva in pose da modella ridicolissime e stava ferma immobile vestita molto fashion e la gente le girava intorno guardandola come fosse una pazza. Era davvero esilarante.

  17. Ma questa pubblicità fa vendere? Oppure è utile alla brand equity? E perché?

  18. Non riesco davvero a percepirle come mortifere, persino l’ultima – che invece, mi piace proprio. Per la sua negazione della morte, per una sua paradossalità.
    Ma avvero un cortocircuito – tra devitalizzato perchè pare falso, come materiale, come bambola plastificata senza vita, e morto, che per me è una soggettività che la vita prima ce l’aveva e ora l’ha persa. Alcune foto sono eccessivamente plastificate forse, ma non evocano davvero la fine, la morte – tipo per me la due e la tre. Un po’ la cinque mi sa e la sei in modo molto ironico, ma poca roba.
    Penso che vendere facciano vendere, ma per qualcosa di contrario alla presenza della morte, che ho incontrato per davvero solo in alcuni vecchi servizi, per altro veramente belli anche se lo dico da profana, su vogue italia. (Ma i volti erano cerei, con vistose occhiaie rivoli di sangue agli angoli della bocca e vestiti da sera – stupendi. Era un servizio sugli zombie:) ) Secondo me queste immagini vendono perchè propongono un ritratto di femminile che sta fuori dal tempo, che è immobilizzato in una fermezza falsa e incorruttibile. Sono pubblicitàà per donne upper class, che non hanno proprio vent’anni e spendono palate di quatrini in antirughe. Non vogliono stare nel tempo vogliono starne fuori. La morte è tutta nel tempo e nella materia vitale.

  19. Neppure io le percepisco come “mortifere”. Alcune di queste immagini direi abbiano addirittura qualcosa di sensuale. In altre parole questo di Cosenza è un post “suicida”, dato che la questione (morte, necrofilia, fantasmi, zombie, horror, etc) è una costante presenza simbolica sia del mondo artistico, che letterario, cinematografico e musicale: dunque che la fotografia di moda come deriva artistica intercetti questa interessantissima tematica è veramente straordinario. Ricordo peraltro ne “parlammo” anni fa sul blog della Zanardo (o forum) in relazione a D di Repubblica e a molte foto di modelle che dalle trame orrorifiche di film culto traevano le posture, il trucco e anche il fascino erotico. Insomma la tematica è superlativa e merita approcci più profondi. Peccato 😦

  20. @Zauberei /Luziferszorn
    “Secondo me queste immagini vendono perchè propongono un ritratto di femminile che sta fuori dal tempo, che è immobilizzato in una fermezza falsa e incorruttibile. Sono pubblicitàà per donne upper class, che non hanno proprio vent’anni e spendono palate di quatrini in antirughe. Non vogliono stare nel tempo vogliono starne fuori. La morte è tutta nel tempo e nella materia vitale.”
    “Alcune di queste immagini direi abbiano addirittura qualcosa di sensuale”

    Del resto quando si tresca troppo con la coppia Eros-Thanatos il rischio è di non poter scindere l’uno dall’altro. E quindi finire nella supercazzola.

  21. L’ultima immagine – la foto di gruppo all’obitorio – è agghiacciante, almeno per me, per come io la percepisco. Ho fitto clic per ingrandirla, l’ho guardata e ho faticato a sostenere il mio sguardo. Senso di morte, senso di putrefazione, disgusto totale.

    Orribili anche quelle gambe rigidissime, plastificate, da manichini, nella foto Casadei.

  22. Cara Giovanna (se mi passa la confidenza),
    volevo condividere il senso delle considerazioni di questo post…
    Diciamo che, dal mio punto di vista, darei ai termini “morte viventi” e “zombie” un senso un poco meno “fisico”.
    Nel senso che, a parte la postura nelle immagini delle bellone imbambolate, trovo davvero rigide le forme – e le immagini che le rappresentano, oggi – di questa femminilità da glamour, da moda che trasuda dalla pubblicità di questi tempi.
    Posso fare ancora un passo?
    Ormai anche la pubblicità dell’intimo femminile (e maschile) è di normale diffusione da parte dei media di massa (giornali quotidiani, ecc.).
    E devo dire che nessun femminicidio più crudele è mai stato compiuto (vi prego, dato il furore che si rischia di ingenerare con l’uso di questo mio termine, femminicidio, di tenere presente che lo uso come una metafora, dura, ma anche non sanguinaria).
    Le immagini a corredo (involontaria ironia della parola) di questa visione della donna, rigida, seminuda, come un burattino nelle mani del suo burattinaio bolso, bisognoso a sua volta di surrogati di virilità chimica, sono quanto di peggio serva all’universo femminile (oltre che a quello della moda e, Ça va sans dire, a quello della bellezza).

    Mi pare che tutto venga mercificato, i corpetti, i costumi … e i reggiseni, che, fatemelo dire, da marito più che venticinquennale, oggi, con le loro protesi riempienti mi richiamano alla mente quelle altre protesi che gli adolescenti insicuri che erano stati i giovani della mia età si mettevano nelle mutande per sembrare più dotati… o forse solo per trovare un appiglio alle loro insicurezze…. e pensa un pò, che adesso, in una pubblicità di qualche mese fa, ho trovato reclamizzate mutande maschili con .. protesi riempiente incorporata…

    Tutte merci.
    Abiti, abitini e sottoabiti.
    Corpi, parti di corpi e protesi varie…
    Tutto appartenente alla sfera dei robot.
    Pezzi sostituibili, fungibili, surrogabili…

    Ah, la bellezza… dov’è mai fuggita?
    La bellezza di un’imperfezione che rechi ragione della sua unicità!
    Rigor mortis, ecco, nel senso, che questa bellezza come di plastica niente ha a che vedere con quell’altra, viva e palpitante, che sprizza invece dai corpi vivi dei viventi che non si fanno mercificare…

    In questo senso, anche il riferimento alla politica, lo trovo giusto: non è forse ormai di plastica anche la politica?
    Anzi, di più.
    Dopo la fase del partito di massa, morto alcuni decenni fa… dopo il partito di plastica, oggi, ormai agonizzante insieme al suo fondatore/padrone… ecco, finalmente, siamo all’epoca del partito liquido, rigido nelle sue espressioni praticamente dittatoriali: un capo, un guru, un messaggio liquido, un esercito di soldatini di plastica… eletti ed elettori che altro sono, se non bambolotti nelle mani dei fotografi (cfr. la scena dei fotografi che hanno accerchiato i grillini all’hotel romano dove hanno tenuto la prima convention….).
    Per esser chiaro, concludo, però, precisando che i fotografi (e giornalisti) che assediavano i marziani scesi da grillo, erano gli stessi (metaforicamente parlando) che fotografano le mannequinrigormortisdistese.
    Anche loro prigionieri del sistema di cui sono soldatini (forse) inconsapevoli.

    La vogliamo rompere la dittatura della comunicazione?
    E’ la dittatura della confezione rispetto al contenuto.
    Io sono antico!

    Pieperrone

  23. @pierperrone
    Concordo in gran parte. Se prova ad aprire le confezioni, dentro ci troverà il vuoto pneumatico. La comunicazione è tutto, la realtà non esiste.
    Ieri sera mi sono imbattuto per caso in un filmato che ritraeva una grassa contadina Moldova. Una persona sicura e decisa, grassa e rugosa, spettinata e vestita di stracci: bellissima. Viva. Una donna che non ha nulla a che fare con le nostre fotomortelle. Potrebbe però essere attratta dalle sirene del packaging di lusso della Lidl, chissà… così va il mondo. Se lei, amico di tastiera, è antico, io sono antiquato. Saluti

  24. “Senso di morte, senso di putrefazione, disgusto totale.”
    – – – – – – – –

    Esatto. Chi l’ha detto però che la fotografia di moda debba addolcire il reale mistificando la sofferenza del nostro vivere quotidiano? Le donne che conosco sono tutte mediamente furibonde per come va il mondo reale. Sono vive le elettrici di Berlusconi? Sono vive le Carfagne, le Minetti? Sono vive le Binetti??? Qui siamo al puritanesimo di ritorno che vede la morte negli immaginari artistici e pseudoartistici ma non la vede negli occhi della vicina di casa o in quelli della propria figlia 13enne. Disgusto totale. Quoto.

  25. @Luz
    Le medicine, Luz, hai dimenticato di prendere le medicine.
    Un po’ di aloperidolo e vedrai che torni in vita anche tu. 🙂

  26. All’ultima foto, oltre alla dimensione “rigor mortis”, c’è da aggiungere quella di geisha…(che aggiunge un altro universo semantico al concetto di “donna” su cui di certo ci sarebbe da discutere….). Quelli sono i “cuscini” tipici su cui le geishe erano obbligate a dormire, appunto per non apparire mai…”scomposte”!

  27. Grazie Ugo, ma mi sono appena liberato da doxorubicina e porcate varie.

  28. @Luziferzorn
    Scherzavo, Luz.
    Quanto all’esserti liberato da doxorubicina ne sono lieto.
    Auguri

  29. Volevo riportarti al reale e alla discussione, Ugo 🙂
    Davvero credi che personaggi femminili come quelli di alcuni film horror (Ring ad esempio, ma anche il vecchio Carrie di De Palma e indietro fino a Romero; e per non parlare della musica, Marilyn Manson su tutti) non influenzino la creatività artistica dei fotografi di moda? Non è qui una questione di Eros e Thanatos ma più di morte che arriva e ci divora…. Sbattere in faccia all’umanità le foto di Toscani con la ragazza anoressica è stata davvero una mascalzonata come sostengono molte madri e neo-fem o è stata una denuncia nel pieno di un processo di occultamento del dolore psichico?
    L’ultima foto della sequenza è inquietante? Ok, è un bene o un male che lo sia? Il rigor mortis imbellettato alla Barbie è o non è la condizione della donna di oggi? Come vogliamo reagire a questa condizione cadaverica, solo occultandola o indicando un modo migliore per rappresentarla su stupidi giornaletti il cui fine è sempre stato sedante? Giorni fa ho sentito parlare di un nuovo Carosello. Vedremo forse “belle ragazze” (cfr Zanardo che si imbroglia sullo stereotipo nella sua ultima intervista rai/sanremo) buone e brave, intelligenti e preparate ma, o buon gesù, educate, passare forse dai fornelli e le lavanderie anni sessanta alle poltrone dirigenziali?

  30. @Luziferszorn
    Non è che forse sei un po’ fissato sulla Zanardo? Ma chi è la Zanardo per essere diventata il tuo sole attorno a cui tu continui a gravitare, perfino controvoglia.
    Cosenza ha mostrato una tendenza del marketing della moda a usare registri mortiferi e trova che la cosa non sia così gradevole da ve(n)dere, oltre a comunicare valori non proprio di vitalità.
    Ma è un’operazione inutile quella di andare a pescare nella rappresentazione artistica dell’horror, spero tu te ne renda conto. Che la condizione umana sia complessa e dolorosa è una cosa; che la letteraratura e la cinematografia abbiano creato strutture narrative, anche con esiti estetici riusciti, giocando sulla paura, la morte e il fantastico è un’altra. Ma che la moda usi gli stessi registri è fuori tema; altri destinatari, e quindi lettori modello; altri testi, e perciò non tutte le interpretazioni sono lecite. Cosenza si è limitata a prendere atto di una tendenza. Sei tu che già la imparenti alla tua ossessione per l’inconsistenza neo fem che vorrebbe ricoprire anche le statue greche (e se è inconsistente, com’è, perché continuare a insistere? Non starai mica criticando la droga che ti dà però dipendenza?).
    Se poi si vuole partire per la tangente e vedere tutto ciò che ci circonda con la paranoia delle proprie depressioni e legittimare uno stile mortifero nella moda solo perché il vicino di casa si è suicidato, si ritorna lì: prozac a go go.

  31. Zanardo è l’esempio più fulgido di neo-femminismo reazionario italiano. Che piaccia o meno è parte della nostra storia recente. Tu invece sei un intellettuale piuttosto conservatore (chiaro che giudico per come scrivi e appari qui) e che non perde occasione per attaccare l’interlocutore sul privato insinuando subdolamente dipendenze, bisogni di cure psichiatriche e altro. La battuta è divertente ma ha da tempo stancato, quindi saresti gentilmente pregato di piantarla e venire al sodo.

    Ora, stabilire a priori che la fotografia di moda e il mondo in genere che le gravita attorno sia fuori tema nell’usare registri immaginifici pescati nella cultura alta o di massa, cinema o musica, filosofia o pornografia è decisamente limitante sul piano della libertà creativa. Ti vedo a corto di argomentazioni in sostanza. Un po’ come Cosenza quando sulla questione satira lecita o meno se la battuta e’ sessuale replicò in seconda istanza stabilendo che i suoi lettori si erano animati perdendo in lucidità. Forse quelli del FattoQ che infatti evito come la morte… tanto per rimanere in tema…

    passo e chiudo salvo novità/stanco di consigli farmaceutici

  32. @Luziferszorn
    Permettimi di vedere come una tua paranoia personale ilfatto che “piaccia o meno [Zanardo] è parte delal nostra storia recente”. Chi se la caga, con tutto il rispetto?
    Quanto alla battuta sulle dipendenze, lungi dall’essere un attacco nei tuoi confronti: al massimo è un alibi che ti concedo per non dirti in modo più sintetico che sei un fissato e che tendi ad abdicare al principio di realtà vedendo unicorni dove gli altri vedono asini.
    Circa l’essere a corto di argomentazioni nel criticare l'(ab)uso interpretativo che associa tutto a tutto e non rispetta la nozione semiotica di testo e contesto, che dire? Io conosco la differenza semiotica tra intepretazione e uso del testo – e tu? La psicoanalisi no, ad esempio, infatti è il caso più parossisitico di delirio interpretivo in cui tout se tient. Ma solo il fatto che tu possa ritenere mancanza di argomenti la constatazione della somma inconsistenza di chi mostra di non avere la minima idea di cosa sia il rispetto di un testo, ha a che fare con il mio essere, a tuo giudizio, un conservatore. Un conservatore interessato a conservare la salute mentale dell’interlocutore al posto di farlo progressivamente e gratuitamente a pezzi.

    ps
    Questo tuo tirare fuori il neofemminismo e Zanardo a tutte l’ore è sinonimo di fissazione, vista l’irrilevanza di entrambi. Capisco che il ricordartelo ti infastidisca: sbattere il muso contro la realtà è fatale per i nevrotici ma la cura passa da lì.

  33. Dell’insistere su LZ da parte di Ugo…. 🙂
    Ugo, la tua considerazione del lavoro svolto da Lorella Zanardo sembra essere prossima allo zero (anzi diciamo si coglie il solito livore denigratorio che riservi a tutti coloro che non riesci a tramortire con le armi dei tuoi intellettualismi).
    Il mio interesse critico nei riguardi di Zanardo e del cosiddetto “corpodelledonne” la colloca invece come un elemento fondamentale di un processo di presa di coscienza “femminista” di questi anni. Che poi non concordi con le sue derive reazionarie e ormai consideri in questo senso il suo ruolo definitivamente compromesso non mi crea alcun problema di quelli che tu insisti a enumerare. Sostenere peraltro che il “neo-femminismo reazionario” non sia stato un fatto di questi ultimi anni è paradossale: non se ne parla molto, questo è vero, ma da Cosenza alla Marzano (dunque docenti universitarie e saggiste, non “maestrine improvvisate”) abbiamo avuto continui esempi di derive reazionarie in cui l’elemento della “sessualità” (rapporti immagine/femminile/comunicazione non possono prescindere dal “sessuale”) non riesca ad essere inquadrato senza una “regressione paranoica” (ho cominciato a parlare di “paranoia” nel 2009 quindi credo di non fare il verso alle tue parole, ok?) che ci conduce ad un clima ideologico stile anni cinquanta, pre-rivoluzione sessuale. La differenza tra Cosenza (o Marzano) e Zanardo (o Lipperini) è evidente e non mi pare il caso di infierire con altre specifiche proprio oggi… Basti cmq vedere la gestione dei rispettivi blog e la qualità delle discussioni…..
    Cosciente che la tematiche sia complessa e piena di sfaccettature, al diavolo l’otto marzo e finiamola con i salamelecchi 🙂

  34. @Luziferszorn scrive: “Ugo, la tua considerazione del lavoro svolto da Lorella Zanardo sembra essere prossima allo zero (anzi diciamo si coglie il solito livore denigratorio che riservi a tutti coloro che non riesci a tramortire con le armi dei tuoi intellettualismi).”

    Classico caso della mucca che dà del cornuto all’asino. Veramente ho verso il lavoro della Zanardo un sana e rispettosa indifferenza al contrario di te che hai una fissazione e sono anni che sento vomitare il tuo inalberaramento perché Zanardo non capirebbe ciò che da mattina a sera le ripeti. Io non ho mai commentato nulla dalla (e della) Zanardo perché, a differenza di te, io conosco quale battaglia persa in partenza sia lo sbattezzare i religiosi. Forse non ci arrivi perché anche tu hai la tua personale religione psicodinamica e allora il tuo rapporto con Zanardo & co. è la tipica guerra di religione. eheheh

  35. Annamaria Arlotta

    A mio avviso sono sì morte viventi, ma con una forte componente sensuale (decadente). Sto analizzando le tipologie di réclame di moda e ho scoperto che la combinazione di espressione imbambolata e labbra socchiuse ma non sorridenti è la più comune. Ritengo che indichi disponibilità sessuale, se infatti immaginate le modelle con le labbra chiuse l’effetto svanirà ( gli uomini in pubblicità molto, molto raramente hanno le labbra socchiuse, e se accade le sono appena ). Tra le categorie ho poi individuato: 1) la ragazzina triste che non aspetta che lui (stessa posa )2) la dea inavvicinabile come quella rilucente d’oro della Dior 3) l’incazzosa, sicura di sé 3) la pazzoide, per provocare l’impulso a sottometterla. 4) la ragazzina indiavolata come quella della Sisley con i cetrioli,per ottenere lo stesso fine immagino. Sono d’accordo con Giovanna che un senso di morte emani da tutte queste immagini, peggiorato dal fatto che le testimonial sono tutte troppo magre, ma sono anche convinta che servano a far identificare la donna acquirente con donne percepite come l’essenza della sensualità e della capacità di seduzione. E’ una trappola, tante compreranno quegli abiti o quelle scarpe perché a livello inconscio pensano, così facendo, di ottenere quel sex appeal che l’immagine trasmette. Così come tanti uomini compreranno degli abiti perché la pubblicità fa loro immaginare di essere avventurosi ( per es. North Face) Gli stereotipi si sprecano, naturalmente!

  36. che la “pazzoide” (che suppongo non avrà le labbra socchiuse) debba provocare (in chi?) l’impulso a “sottometterla” mi pare una interpretazione un po’ forzata e anche le altre forse. Che poi la pubblicità giochi sui nostri desideri più o meno consci..non è una novità (ma il desiderio di essere sessualmente attraenti, che è peraltro legittimo, non è solo delle donne, credo che i pubblicitari lo sappiano)

  37. Annamaria Arlotta

    Certo che il desiderio di essere sexy è comune a tutti: l’istinto sessuale, insieme a quello che ci porta a nutrirci, è il più potente, e per questo motivo la trappola è di sicuro successo. Riguardo alla “pazzoide”, se sia messa lì per stimolare desideri di conquista o meno decidetelo voi uomini, ve ne ho trovata una ma la foto non è importabile ed è presto perché arrivi su “immagini”, comunque nel seguente link è la prima delle donne col fiore in testa che compare se si aspetta un attimo, e che è stata scelta per essere pubblicata sulle riviste
    http://class.robertocavalli.com/index_class.plp#/home
    Guarda Paolo, sono arrivata alla conclusione che tutte queste pubblicità siano esternazioni di fantasie erotiche maschili. C’è la donna sulla paglia in una stalla, ce n’è una che per pubblicizzare non mi ricordo più quale borsa è messa su un letto in un modo che sembra che abbia i polsi legati alla spalliera e invece si tratta della tracolla della borsa. Donne sempre più sdraiate o appoggiate mollemente, in piedi sono una minoranza. Il sogno erotico è imposto a tutti con grave danno: la ragazzina cresce pensando che per essere grandi bisogna essere seducenti, le altre qualità non contano, visto che oltre alla pubblicità in quasi tutti i riferimenti alla donna che troviamo sui media predominano cantanti, veline, modelle e attrici, di professioniste manco l’ombra perché non attraggono lo sguardo del lettore quanto due belle gambe. La stampa di sinistra, vedi Repubblica, non fa eccezione, ho scritto a nome del mio gruppo “La pubblicità sessista offende tutti” http://www.facebook.com/home.php?sk=group#!/home.php?sk=group_139046259478883&ap=1 al direttore per chiedere che siano pubblicati articoli su donne giovani interessanti dal punto di vista del successo professionale e ho allegato diversi esempi. Manco mi ha risposto, il “colonnino infame” della versione online attira di più!
    Termino il post dicendo che ho dimenticato di menzionare, nel mio elenco di tipologie, il più deprimente di tutti: le bambine sessualizzate. Uno dei terribili esempi è questo

    Ecco qui, invece, l’allegra infanzia della Silvan Heach
    https://encrypted-tbn3.gstatic.com/images?q=tbn%3AANd9GcSc8MfknOeCc4dz7DycMTnY0gYISCR47LyEJXnsFoKAhejxTo50
    Le immagini proposte da Giovanna sono mortifere. Per la gravità dell’espressione delle bambine, per la tristezza infinita che emana, a questa foto darei il primo posto come provenienza dall’oltretomba!

  38. Credo l’associazione tra “pazzia” e “sottomissione” sia alimentato nella società contemporanea da un lugubre e recente passato costellato da repressioni violente attuate in ambito psichiatrico. Ma se “sottomissione” si intende in senso prettamente sessuale si rischia la solita deriva paranoica in cui ogni manifestazione di eros al femminile venga tradotto come un invito alla sopraffazione da parte del maschio spettatore. Da qui il passo a “via le minigonne” è breve. Il “via ai cetrioli” mi pare infatti fu accolto e la pubblicità della Sisley censurata. Domandarsi cosa ci abbiamo guadagnato ci servirebbe forse a ricalibrare i meccanismi di lotta ideologica messi in atto in questi anni.

  39. Annamaria, la foto di Cavalli la trovo leggermente inquietante, non corrisponde ad alcuna mia fantasia erotica ma francamente non ci vedo nulla di pericoloso (mentre invece disapprovo totalmente le foto ipersessualizzate delle bambine ma trovo anche disonesto metterle nello stesso pentolone con le foto di modelle adulte) . E respingo totalmente la tua evidente ostilità contro attrici, ballerine e cantanti che sono artiste e professioniste assolutamente degne di considerazioni e rispetto così come la seduzione (maschile o femminile che sia) è una qualità legittima quanto le altre e che non nega le altre (e poi non è che cantanti, attori ballerini e modelli anche belli e attraenti siano inesistenti), bollarle come “pessimo esempio” rispetto a non si sa chi è sbagliatissimo e manca di riguardo a chi lavora con passione nello spettacolo (e sì per me anche lo spettacolo può essere arte) e nella moda. Mi dispiace ma temo che luziferszorn abbia ragione

  40. Forse dovrei circostanziare un po’ più il mio pensiero, ma ecco, no le foto di moda spesso altamente sessualizzate sono espressione di fantasia sessuale di entrambi i generi. Quando la prospettiva femminista si inalbera su questa idea, per cui il femminismo è questione di blocchi di generi e non di bloccchi culturali, fa un autogol clamoroso. Finchè non ci si rende conto della cocostruzione di una semantica, da parte di uomini e donne, che risponde a istanzie psicologiche e culturali di uomini e donne, declinate per blocchi diversi, non ci si smuoverà di un passo.

  41. Concordo con Zauberei e aggiungo un motivo in più: chi ama e conosce a fondo i suoi partner, può conoscere o intuire le loro fantasie sessuali, e farle proprie.
    Anche per questo molti hanno insieme fantasie sessuali di vario genere, maschili, femminili e quant’altro.
    L’idea che i maschi abbiano (solo) fantasie sessuali maschili e le donne (solo) fantasie sessuali femminili, è una caricatura ingenua della realtà.

    Credo che Zauberei intenda giustamente che c’è una grande commistione maschile-femminile nei blocchi culturali “inter-genere” di cui parla.

  42. Idem l’idea di distinguere e opporre “maschile” e “femminile” nella cultura, nel linguaggio, nella politica, perfino nella conoscenza scientifica — insomma ovunque sembri possibile.

    E’ un atteggiamento ideologico, più che un’ipotesi di ricerca seria.
    Forse utile in una prospettiva di conflitto antagonistico fra uomini e donne, assai meno in una prospettiva diversa.
    My two cents.

  43. Chiarisco subito un concetto: anch’io penso che le fantasie sessuali siano le stesse per i due generi, quando divergono è a causa di “gusti” personali. Sì, ho detto che le foto rappresentano l’esternalizzazione grafica di un sogno erotico maschile, perché se non sbaglio sia i pubblicitari che i fotografi di moda sono quasi sempre maschi, e loro creano le tipologie, ma si vede che mi sono spiegata male o che le mie parole devono essere prese necessariamente come se venissero da un’ultrafemminista . Essendo le donne il target per abiti e accessori, saranno loro a dover essere sollecitate a immedesimarsi con la ragazzina triste, la dea superba, l’eccentrica, la “occhi da cerbiatto” eccetera, e verranno invitate a invidiare la loro magrezza ( che passa per cosa positiva e nessuno pensa che levando il trucco da quei volti si troverebbero ragazze che rischiano un arresto cardiaco ad ogni momento, come ha rivelato Oliviero Toscani. Morte viventi, dunque, in senso letterale)
    Però…tempo fa vidi sul New Yorker un articolo accompagnato da foto di tre modelle africane in posa per pubblicizzare abiti nel loro Paese, purtroppo ho perso il riferimento. Erano di giusto peso, allegre, simpatiche, vitali, trasmettevano gioia di vivere. Da noi, invece…dice bene Pierperrone in un post qua sopra: “Rigor mortis, ecco, nel senso, che questa bellezza come di plastica niente ha a che vedere con quell’altra, viva e palpitante, che sprizza invece dai corpi vivi dei viventi che non si fanno mercificare…
    In Italia si sessualizza tutto, ve ne siete accorti? Dallo yogurt Muller ( all’estero la Muller fa spot completamente diversi ) all’antivirus AVG dai doppi sensi pietosi, con l’uomo che in ufficio cerca di spiare sotto la corta gonna di un’impiegata perché “ 110 milioni di persone nel mondo amano la stessa cosa”, dalle navi con le poppe più famose alla ricorrenza dell’8 marzo, il cui spirito viene stravolto da diverse discoteche, come questa:

    I vestiti servono anche ad andare al lavoro, le donne non sono tutte giovani e belle e gli uomini non tutti muscolosi e aitanti. Ma a causa del business che c’è dietro, ragazze e donne sono portate a sentirsi sbagliate se il fisico non risponde a certi criteri, e il fatto che sul lavoro o a scuola una sia bravissima già importa meno, a causa della pressione dei media. Cosa abbiamo guadagnato dalla censura della pubblicità della Sisley, Luz? Uno stimolo in meno in quel senso, di sessualizzazione di una ragazzina. Forse non te le ricordi , ti incollo i link a due immagini: cosa stiamo dicendo alle nostre adolescenti ?


    Finisco rispondendo a Paolo su due questioni. 1) Le bambine sessualizzate. Mi devi spiegare perché trovi “disonesto metterle nello stesso pentolone con le foto di modelle adulte”, proprio non l’ho capito, si tratta a mio avviso di una degenerazione dello stesso fenomeno di iper-sessualizzazione da parte di alcune ditte abbastanza ciniche. 2) Le attrici e le cantanti. Non ho usato le parole “pessimo esempio” , questo l’hai scritto tu. Non ho dettoa Ezio Mauro di Repubblica “ pussa via quelle foto”, perché, forse non è ancora chiaro, non è la nudità il problema, ma il fatto che quando si rappresenta la donna si privilegia l’aspetto fisico, tanto che neanche a te viene in mente chi possano essere le altre donne di cui vale la pena parlare, e dici “rispetto a non si sa chi”. Non si sa perché nessuno ne parla Paolo! Perché, e qui davvero il femminismo viene fuori dalle mie parole, all’uomo secca ancora riconoscere che ci sono donne di grande valore, si sente minacciato. Non tutti gli uomini magari, ma in generale sì. Ecco qui un esempio di “non si sa chi”, la 26enne ricercatrice che ha fatto una scoperta che può contribuire a sconfiggere il cancro. http://www.ilgiorno.it/pavia/cronaca/2013/01/22/833826-quattro_eliche.shtml

  44. Marzano recentemente s’è espressa proprio nei termini ideologici qua sopra descritti (mi pare fosse sul FQ a propos di Post-porno).

  45. Annamaria, per me un’attrice, una cantante, una ballerina e sì addirittura una top model può essere nel suo ambito professionale e pure al di fuori di esso, una persona e una donna di grande valore al pari di una scienziata o una sportiva, un medico, una poliziotta, un’attivista, una regista e vale la pena parlare di tutte loro. Continuo a considerare ingiuste le tue parole..perchè chi lavora esibendosi (recitando, cantando, ballando o altro, nudo/a o vestito/a non è quello il problema) davanti ad un pubblico dovrebbe “valere meno” rispetto a chi fa un’altra professione? La passione, il talento, l’impegno non sono uguali? Forse la differenza è che in certe professioni in maniera diversa la fisicità (anche nella sua dimensione estetica, forse) è più importante che in altre? E con ciò’? Per me non si può eliminare l’estetica (nè tantomeno la sua versione più sexy) dalla nostra vita, tutti più o meno dobbiamo farci i conti, tutti più o meno badiamo al nostro aspetto. Jacques Derrida era detto il Richard Gere della filosofia per via del suo bell’aspetto..ma giustamente non lha mai visto come sminuente rispetto al suo essere filosofo
    Se non capisci perchè è disonesto mettere sullo stesso piano foto erotizzate di bambine di nove o dieci anni con foto di donne adulte..a questo punto è un problema tuo. Per me è evidente e non ha bisogno di spiegazioni

  46. e non tutte le ragazze dal fisico esile sono anoressiche

  47. Annamaria Arlotta

    “Quel che noi chiamiamo col nome di rosa, anche se lo chiamassimo d’un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo” scrisse il buon Shakespeare. Puoi chiamare le ragazze con 15-20 chili di meno della norma “magre” ma ti possono morire davanti un momento all’altro.
    Su attrici e ballerine: stai dicendo, Paolo, che un attore ha pari valore sociale di uno scienziato geniale o di un capace leader politico? O il tuo criterio si applica solo alle donne? L’ho già detto, Repubblica lasci tranquillamente gli articoli su donne dello spettacolo, che sono professioniste nel loro campo, ma accompagnati da servizi su donne di valore anche in altri ambiti, quelli mancano!
    Non metto sullo stesso piano le bambine erotizzate e le donne, sono le ditte a farlo. Continui a essere criptico, cerchi di farmi sentire in colpa di non comprendere qualcosa ( pedofilia? Ma in che senso?) e visto che non ti spieghi rinuncio a capire.
    Finisco copiando uno stralcio di articolo di Lorella Zanardo di qualche tempo fa. Con umorismo rende l’idea di come sia rappresentata oggi la donna. E’ questa situazione che mi ha spinto a fondare il gruppo “La pubblicità sessista offende tutti”.
    “Ecco cosa accade: esco di casa e appena in strada, un culo bene in vista accoglie me e mia figlia di 11 anni dal muro di fronte. Correndo verso scuola, do un occhiata alla farmacia, e un viso tiratissimo da star trek, mi invita a fornirmi di crema antirughe SUBITO, prima che sia troppo tardi e io cada a pezzi. Continuando e passando per il parco, non possiamo evitare l’edicola: e lì c’è solo l’imbarazzo della scelta, tra tettone, bicipiti, boccone, donne con donne, donne con uomini, a quattro zampe in spiaggia nudi e ingrifati… ecc ecc. Scendendo le scale del metrò mi impongono la free press LEGGO e così vengo a sapere che in Emilia c’è una barista supersexy che balla e si dimena mentre serve i clienti creando code fuori dal locale (in prima pagina, ca va sans dire). Arrivo in Stazione Centrale. Il nuovo negozio di lingerie da cui tutti passiamo per accedere ai binari, espone un video enorme per pubblicizzare dei nuovi slip: e l’oggetto preferito dagli italiani giganteggia felice anche da lì.”

  48. “Su attrici e ballerine: stai dicendo, Paolo, che un attore ha pari valore sociale di uno scienziato geniale o di un capace leader politico? O il tuo criterio si applica solo alle donne?”

    No, il mio criterio si applica a tutti, uomini e donne

  49. Pingback: L’estetica da obitorio di certa pubblicità di moda | D I S . A M B . I G U A N D O | NUOVA RESISTENZA

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