Enrico Letta fra vecchia politica e nuova sobrietà

Enrico Letta

Nonostante gli sforzi di novità nella composizione del governo – da molti banalizzati in termini di età anagrafica (i ministri sono mediamente giovani) e di attenzione al gender (7 donne su 21 ministri) – la sigla che in questi giorni è stata più spesso associata a Enrico Letta è quella della DC, Democrazia Cristiana. Il campo semantico che le gira attorno include concetti tendenzialmente negativi: vecchia politica, scarsa trasparenza, tatticismi e inciuci vari. Non mancano però alcuni tratti positivi: capacità di mediazione, equilibrio, concretezza. E questi emergono – sui media e in bocca a diversi commentatori – non tanto e non solo perché la lista dei ministri, costruita a bella posta per accontentare un po’ tutti, permette anche ai più critici di salvare almeno qualche ministro, ma perché tutta l’operazione, dalla rielezione di Napolitano alla formazione del governo, ha avuto un’evidente funzione rassicurante, che lo stile di comunicazione di Enrico Letta ha ulteriormente rinforzato (non a caso è stato scelto).

Starebbe bene a Letta la parola che per oltre un anno – prima della campagna elettorale a colpi di Twitter e cagnolini – era stata associata a Monti: sobrietà. Se non fosse che, da un lato, il concetto è già stato fin troppo usato (dunque è bruciato), dall’altro Letta è talmente sobrio che nemmeno si nota che lo è. La sua comunicazione è neutra infatti, quasi trasparente. Talmente neutra che ha pure cancellato (quasi) la sua toscanità dal parlato, così invadente invece in Renzi.

Inefficace? Nooo, al contrario: efficacissimo. Talmente efficace che è riuscito persino a infilare qualche gaffe, come l’aver chiamato più volte Napolitano “Presidente del Consiglio”, senza che i media lo massacrassero (l’hanno notato, sì, ma non massacrato). Detto da altri, sarebbe stato quasi un autogol, perché implica ammettere il proprio ruolo secondario; detto da lui, è filato quasi liscio.

C’entra la vecchia DC con il modo in cui comunica Letta? No, perché lui parla semplice e diretto, cioè non ha nulla a che fare con il politichese dei tempi andati. È roba tutta nuova? Nemmeno questo. Sembra piuttosto la traduzione contemporanea della capacità che avevano certi politici di lungo corso della Prima Repubblica: accumulare e gestire il potere senza farsi notare, esserci senza apparire. Si farà ipnotizzare anche lui dalla girandola mediatica, come ha fatto Monti? Cadrà presto nella polvere? Chissà. Per ora è sobrio. Più sobrio del sobrio.

Questo articolo è uscito oggi anche sul Fatto Quotidiano.

11 risposte a “Enrico Letta fra vecchia politica e nuova sobrietà

  1. sempre sagace.stringo la mano

  2. Enrico Letta e’ un padre di famiglia come me. A soli 46 anni ha la possibilita’ di essere protagonista di uno storico giro di boa. Quello che potrebbe riconsegnare credibilita’ alle Istituzioni. La ns nazione ha bisogno di fatti, e quelli si possono realizzare anche con una comunicazione sobria, specie dopo aver vissuto anni di comunicazione esaltante, efficace ma al tempo stesso ingannevole come quella di Berlusconi. Onestamente dubito della sua trasparenza e sulla sua effettiva intenzione di cambiare il sistema visto che lui stesso ha goduto della forza del sistema per essere li dov’e’. In ogni caso siamo qui ad aspettare fatti su cui esprimere giudizi positivi o negativi ma sppratutto su cui gioire per un beneficio collettivo. Un giorno i suoi figli potrebbero essere orgogliosi di essere italiani con un papa’ che ha cambiato la storia della nazione.

  3. Un aspetto della sobrietà di Letta jr è che non è mai polemico con l’interlocutore. Vedi lo streaming coi 5 stelle.
    Da un lato, questo contribuisce a farlo apparire quel pesce lesso che a molti appare, me incluso.
    Da un altro lato, è una dote formidabile per chi debba negoziare con parti avverse, e facilitare mediazioni.
    Ad esempio, è una dote essenziale in contesti di psicoterapia e di mediazione familiare. Non tanto dissimili, sotto qualche aspetto, dal contesto politico italiano attuale.
    Forse non è una dote altrettanto utile in una campagna elettorale.

    Essendo personalmente sprovvisto di questa dote (che cerco di recuperare con sforzi artificiosi), ammiro molto le persone che la manifestano con naturalezza negli ambiti professionali in cui è utile.
    La apprezzo come dote professionale. Può darsi, lo spero per i suoi intimi, che in privato Letta jr sappia essere diverso.

  4. Perdonate se infine a me pare il classico pupazzo. Chi tira i fili?

  5. Efficace. Rassicurante nella propria fallibilità.
    A scelta:
    fra un fratello maggiore VEL uno minore, un padre VEL un figlio, un bicchiere mezzo pieno VEL uno mezzo vuoto.
    Un terrone berlusconiano VEL una negra.

    Con la benedizione di un povero nonno che mi auguro solo NOI (SI’: NOI) riusciremo a non accoppare. LETTERALMENTE.

    In ogni caso, una novità assoluta: oltre ai 6 mesi, la maggioranza di noi non ricorda costruttivamente nulla. Tralascio oltre l’anno,oltre i 10, oltre i 20, 30…

  6. Dai commenti sopra letti traggo una conclusione non positiva:Noi italiani non siamo mai contenti e sopratutto abbiamo scarsa capacità critica, non riusciamo a coniugare i credo personali(ideologia?)con la realta del paese e sopratutto con il rispetto di chi pensa in maniera diversa da noi. Mi auguro che Letta riesca a realizzare il programma presentato e sopratutto riesca a realizzare la “pacificazione”. Un sincero augurio e spero di n on leggere ed ascoltare più termini quali inciucio, impresentabili etc.

  7. @vincenzofarace

    I termini “inciucio”, “impresentabili”, etc sono in effetti il belato di chi ripete il verso del vicino ovino. Tuttavia il termine “pacificazione” è chiedere a quell’agnello di convolare a nozze col lupo. I casi sono due: o la sinistra per 20 anni ha sparato a zero su Berlusconi ingiustificatamente, e allora il termine pacificazione va inteso come una sua ammissione di mea culpa nonché un invito a riflettere sulla sedicente differenza di metodo tra sinistra e destra visto che non c’erano luopi e non c’erano agnelli; o la sinistra aveva ragione di credere che lupo e agnello non possono conciliarsi e allora questo è un accordo inaccettabile.
    Ma a riguardare bene tutto torna: gli ex dc di sinistra e gli ex dc di destra hanno fatto un governo dc. O, per dirla meglio, gli ex dc di entrambi gli schieramenti, ovvero la loro intersezione e quindi il Centro di sempre.
    Però se permette non può pretendere che chi la pensa diversamente da lei, ed è di sinistra davvero e sciaguratamente ha votato PD non avendone letto accuratamente l’indirizzo sulla carta d’identità, debba accettare un governo con l’avversario di sempre. Perché in tal caso la domanda lecita è: e allora negli ultimi 20 anni cosa vi siete scornati a fare?
    C’eravamo tanto odiati che poi ci siam sposati.

  8. ps
    Avviso ai naviganti in mare aperto: il governo di pacificazione sarebbe dovuto essere quello di Monti. Formalmente tecnico, fungeva da alibi dietro il quale i partiti di destra e di sinistra avrebbero potuto realizzare riforme salvando la faccia ed evitando di doversi giustificare presso il proprio elettorato.
    Non ce l’hanno fatta in quel governo, come potrebbero mai mandare in cantiere le stesse riforme ora?
    Non c’è pacificazione possibile tra destra e sinistra. In termini tecnici chi sostenga la possibilità di esistenza di questo soluzione sta esplicitamente affermando che il governo non serve e basta un parlamento (il che è un filo in contrasto con la nostra architettura costituzionale). Se invece si forma un governo, che non possiede manco la natura formale del governo tecnico, per quanto illusora, come tenere assieme le istanze contrapposte espresse da posizioni politiche che si combattono da sempre e sono così diverse?
    A meno che non mi si stia dicendo che le posizioni politiche non sono così diverse e che quindi avere 3 partiti o uno solo è indifferente.
    Il che, detto a titolo di giudizio personale, corrisponde al vero. C’era enormemente più distanza politica tra le linee espresse da Kruscov e Breznev negli anni ’60 o tra Ligaciov e Gorbaciov negli anni ’80.
    Oh, e si parla dei vituperati sistemi a partiti unici, non dei beatificati sistemi pluripartitici.

  9. Ugo scrive: “A meno che non mi si stia dicendo che le posizioni politiche non sono così diverse e che quindi avere 3 partiti o uno solo è indifferente.
    Il che, detto a titolo di giudizio personale, corrisponde al vero.”
    Concordo.

    Ritengo che le divergenze più sostanziali, quelle che fanno differenza per il futuro dell’Italia, siano trasversali ai partiti principali — su questo non so quanto Ugo o Giovanna Cosenza siano d’accordo. Fa molta differenza, anche riguardo alla comunicazione politica.

    Ad esempio, ho appena sentito, stamattina in un convegno organizzato a Bologna dalla FIOM, le relazioni di Landini (che esprime tesi che si ritrovano anche in Vendola, Cofferati e Rodotà) e di Fabrizio Barca (ministro del governo Monti e candidato leader di una sinistra aggiornata): incompatibili, a mio giudizio.
    Ammiro l’intelligente tentativo di Barca di dare una linea ragionevole a quell’area. Compito estremamente difficile, a mio giudizio.
    Vedremo presto se sarà un compito perseguibile con qualche probabilità di successo — nel caso che il sistema dei partiti si riconfiguri rapidamente, com’è forse possibile.

  10. Ugo, ti seguo quando parli di belati.
    Ma ammettiamolo, ‘sto governo è il teatrino di Berlusconi. Deciderà ogni cosa. Lo sta già facendo.
    Nel frattempo, potrà evitare di comparire in tribunale, farsi processare e forse (forse, forsissimo) condannare.
    Nel frattempo, il casualmente catapultato agli interni segreti di stato Alfano farà da custode massimo di cartelle troppo pesanti.
    Nel frattempo, nel mettere una bella pietra sopra all’intera vicenda MPS, si sgretolerà pure quel residuo di cittadinanza che crede possa sussistere in Parlamento una forza, assente da trent’anni, capace di far valere le ragioni delle parti sociali; verrà polverizzato lo stato sociale.

    Chiamiamolo come vuoi tu, ma è la cosa peggiore che potesse capitare. Dal meraviglioso caos creativo in cui potevamo trovarci, verranno a ripescarci dall’ennesima tomba democristiana. Basta.

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