Bernardo Bertolucci e l’Alka-Seltzer

Ultimo tango a Parigi, scena del burro

Nei giorni scorsi si è acceso un dibattito su quanto dichiarato da Bernardo Bertolucci sulla famosa scena con il burro dell’Ultimo tango a Parigi. QUI le opinioni di Archibugi, Lipperini, Repetti, Stancanelli su Repubblica Sera. QUI anche l’opinione di Marina Terragni. Riprendo per esteso l’intervento che Ivano Porpora ha mandato a Loredana Lipperini venerdì scorso, perché lo trovo particolarmente equilibrato e lucido. Ma anche duro, della stessa durezza che ha la realtà. La vita.

Bernardo Bertolucci e l’Alka-Seltzer, di Ivano Porpora

“Con un cuscino in faccia vanno tutte bene”.
“Finché non ti fa un bocchino non le offri neanche un Alka-Seltzer”.
“Me la sono fatta”.

Questi sono alcuni dei commenti sulle donne – dirò il vero: una piccolissima percentuale – che mi è capitato di sentire negli anni. Non su una donna, ma sulle donne tutte. Le persone dalle cui labbra ho sentito uscire queste frasi – né io ero scandalizzato, chiariamoci – ragionavano, come è immediato constatare, non su una donna particolare, nemmeno quando la frase era declinata al singolare, quanto su norme che è opportuno rispettare nel rapporto fra uomo e donna.

Ne dimenticavo una, che inserisco qui: “Quella è una puttana”. La diceva un mio zio ogni volta che vedeva una donna svolgere un qualsiasi lavoro. Era una scena piuttosto comica, devo dire il vero. Non era volta solo alle donne al volante (“Quella è una puttana”), o alle vigilesse (“Quella è una puttana”), o alle dottoresse (“Quella è una puttana”), ma anche alle annunciatrici della tv. Si sedeva sul divano, si faceva passare da noi bambini o dalla moglie il telecomando, metteva sul tg; e, quando compariva la signorina Buonasera, diceva, tra sé e sé, “Quella è una puttana”.

Mi sono venuti in mente questi piccoli aneddoti l’altro giorno durante una discussione legata alla famosa intervista di Bernardo Bertolucci. Si parlava delle vessazioni legittime del regista sull’attore e dell’opera plasmatrice di un artista che, come uno scultore, opera in un rapporto di forza per modificare la materia portandola a nuove potenzialità e a farsi supporto di un’idea che era solo lì, nella sua testa. Ed ecco, mi sono venute in mente queste frasi. Ora, facciamo un piccolo ponte.

Io sono un convinto assertore della necessità di questa opera vessatoria. Esattamente come Fontana che buca la tela, come Michelangelo che piazza le sue martellate, come Lars von Trier che si fa odiare da Björk perché la porta allo stremo in Dancer in the dark: la vessazione, il rapporto di forza è necessario per andare al di là delle capacità esplicite della materia stessa e creare l’indicibile, l’inespresso. A volte questa vessazione può essere, in qualche modo, a doppio senso: Malcolm McDowell canta Singin’ in the rain per sua propria ispirazione in Arancia meccanica, così come celebre è il rapporto tra Steve McQueen e Michael Fassbender che ha portato l’attore in Hunger a plasmare il proprio corpo fino a renderlo scheletrico, quasi etereo nella sua matericità.(Potessi, vorrei fare lo stesso per Battiston. Ma questa è un’altra storia).

E a volte, beninteso, questo rapporto di forze può essere a senso unico. Si sa come Björk abbia detestato per lungo tempo von Trier a causa del succitato film; lo stesso Bertolucci, nell’intervista, esplicita una differente modalità di comportamento nei confronti di Marlon Brando e dell’emergente Maria Schneider per le riprese dell’Ultimo tango. (Né penso che fosse un atteggiamento dettato da sessismo: Brando nel ’74 era un attore con storia e capacità comprovate mentre la Schneider aveva una ventina d’anni, poca esperienza, tanto da imparare).

L’opera vessatoria, in questo caso, rientra per me nei canali di quanto descritto sopra. La scena di sesso anale, non spiegata alla Schneider per ricreare il senso di uno stupro, rientra in un mondo abbondantemente calcato da violenze implicite ed esplicite nei confronti delle donne. Un mondo nel quale la Schneider non solo girava scene di sesso anale non annunciate, ma, probabilmente, nel tornare a casa si sentiva fischiare alle spalle, lasciare sguardi lumacosi, sentiva pronunciare frasi del tipo “Te la metteresti a pecora una così?”. E qualcuno, vedendola lavorare, avrà pensato “Questa è una puttana”.

Non credo che sia stata quella scena di sesso subìta a portarla all’eroina. Ma credo che una scena di sesso subìta, in un clima compiacente e all’interno di un progetto nel quale due uomini si gettano uno sguardo complice mentre imburrano il pane, può averle portato una sofferenza psichica su cui non mi paiono opportune le difese del genio, indiscusso, di Bertolucci.

Si dice che Kim Rossi Stuart, durante le riprese del pregevole Anche libero va bene, dopo ogni Stop! abbracciasse l’allora piccolo Alessandro Morace per tutelarlo da traumi legati agli scatti d’ira del protagonista-regista del film. Non siamo, nell’affaire Bertolucci, a contestare la scena di sesso, né l’inserimento di parti non previste dal copione. Sennò contesteremmo Salò di Pasolini, o appunto Arancia meccanica, o tutto l’estro creativo del cinema mondiale quando, al di là di copioni più o meno blindati, si è acconsentito all’imprevisto di entrare e farsi storia. Ciò che del tutto non mi è andato giù sta nel fatto che la prima cosa che un artista deve avere, così come Fontana ha nei confronti della sua tela, è il rispetto per la materia.

Se accetti che la tua materia sono gli attori, devi capirne sensibilità, limiti e limiti da non valicare. Sennò si corre il rischio che il grande artista sia, irrimediabilmente, un piccolo uomo.

77 risposte a “Bernardo Bertolucci e l’Alka-Seltzer

  1. E qualcuno, vedendola lavorare, avrà pensato “Questa è una puttana”

    il problema è ovviamente tutto nella testa di chi lo pensa.
    Su Bertolucci: anche il più “manipolatore” dei registi anche un Von Trier ti informa per tempo su cosa prevede la scena che devi fare e cosa deve fare il tuo personaggio . Sul set si può pure improvvisare (dipende dal film) ma perlomeno sulla base di un “canovaccio” noto a tutti gli attori coinvolti quindi Bertolucci (di cui continuo ad apprezzare i film) non ha giustificazioni neanche sul piano artistico

  2. Sono fondamentalmente d’accordo con le considerazioni di Ivano Porpora.

    C’è però anche da dire che il racconto che ha fatto recentemente Bertolucci sembra notevolmente romanzato e cozza con altre descrizioni della vicenda fatte dalla Schneider stessa negli anni passati. E anche senza queste descrizioni, per dire, mi pare comunque poco verosimile la scena di due tizi che fanno colazione e appena imburrano il pane hanno un’epifania sul sesso anale! 🙂

    Il fatto, secondo me, è che Bertolucci voleva fare il suo punto sull’opera vessatoria in regia, ha scelto una scena universalmente nota e l’ha infiorettata un po’ per renderla più rappresentativa. Dopodiché, i giornali hanno ripreso l’infiorettatura e l’hanno riletta in chiave ulteriormente sensazionalista.

    Detto come va detto: la Schneider quando ha iniziato a girare la scena del burro sapeva benissimo cosa avrebbe girato. Avrebbe potuto opporsi, visto che la scena non era prevista dal copione, ma, vuoi per timore vuoi per inesperienza, non lo fece.

    Che poi la scena l’abbia turbata e sia stata percepita da lei come una violenza, era già noto e affermato in alcune interviste, ma l’odio dell’attrice per il regista non era certo causato da quella singola scena, ma da tutto il contesto produttivo, dal suo atteggiamento manipolativo e dal fatto, banalmente, che, rispetto al successo del film e al trattamento riservato ai colleghi, il cachet della Schneider fu ridicolo.

  3. Rispetto per la materia. Che meravigliosa supercazzola.
    Dai su, spiegatemi cosa vuol dire al di là della frase che suona bene, fa un bell’effetto. Ripetiamola assieme: rispetto per la materia. Wow. Fontana buca la tela, il che, volendo restare alla stessa delirante intepretazione ideologica femminista che è stata applicata al caso Schneider, è uno stupro. Ma la materia in questo caso è rispettata. La materia non si è ribellata, la tela non ha rilasciato interviste su come si è sentita violata, di come avrebbe preferito che l’autore iniziasse la sua opera dal titolo, così, per rispetto nei suoi confronti, avvisandola di quali colori, di quali temi sarebbero stati impressi su di lei, pennellata dopo pennellata, graffio dopo graffio, in questo elogio della violenza sulla passività. E questo Porpora pretenderebbe anche di insegnare a un regista come si trattano gli attori sulla base della sua moralità d’accatto.
    Ora, per tutti gli stupidi: rimanete alla tautologia. Non datevi all’astrazione per poi ipostatizzare alla cazzo. La tautologia ci dice che un attore è un attore. Fin qui ci siete? E quindi considerato come attore non è una radice quadrata, non è un gol, non è un saluto, non è la persona fisica. Un attrice come la Schnedier può parlare di violenza solo in senso retorico, iperbolico. La scena incriminata è chiaramente un montaggio di più inquadrature, quindi è stata girata più volte. Tra l’altro di fronte a svariate persone. Un attore firma contratti, si fa pagare, ha diritto a negare liberatorie. Nessuno costringe nessuno in un ruolo di finzione, figuriamoci se si possa invocare una subalternità della dignità personale e non attoriale.
    Naturalmente una persona non invasata dall’ideologia fa due occhi così a sentir parlare di violenza e infatti l’aspetto più interessante di tutta questa faccenda non consiste tanto nel leggersi gli assurdi articoli e post del pensiero femminista in cerca di visibilità quanto i commenti che rivelano come la maggior parte delle critiche abbia interpretato la notizia come la denuncia di uno stupro, di un amplesso realmente consumato ai danni dell’attrice inconsapevole. Commenti che, pur nella pur ingenua credulità di un falso, rivelano almeno di avere una chiara nozione della differenza tra realtà e simulazione.
    Ma domandiamoci assieme: come mai la maggior parte dei critici commentatori ha interpretato l’articolo che di volta in volta trattava la questione dando per scontato che se notizia ci fosse, e parlasse di violenza di una scena anale non prevista dal copione, di stupro VERO si trattasse?
    Perché appunto nessuna persona sana di mente confonderebbe il mestiere di un attore con la condizione del rappresentato; altrimenti la maggior parte dei film con attori e attrici finiti nel dimenticatoio della storia cinefila – a differenza della Schneider immortalata per sempre a gloria imperitura per quella sua parte da esordiente – di quante e quali violenze raccapriccianti potrebbe essere testimone?
    A mero titolo di esempio vogliamo mettere i milioni di film di guerra in cui si interpretano vittime di violenza e di morte storicamente vere, quindi con un pathos identificativo ben più degno della parola rispetto? Quali traumi psicologici potrebbe lasciarci l’immedesimazione con qualunque personaggio tragico della storia cinematografica? Molti ebrei ad esempio considerarono offensivo che l’olocausto fosse rappresentato in opere di finzione, quindi si potrebbe parlare di violenza subita perfino dallo spettatore oltre che dall’attore. Chi pone fine a questo soggettivismo semantico? Qual’è dunque il problema? Ma che il termine “violenza” è diventato un’astrazione per poi essere reificato nuovamente in ogni occorrenza rappresentabile, anche la più blanda.
    Ragioniamo: tutto è inaccettabile nel momento in cui si percepisce una disforia e si concede a chi se ne dichiari vittima il diritto di chiamarla giuridicamente violenza. Che sia inattesa oppure no è irrilevante ed è solo una delle tante variabili che ne definiscono lo statuto. Diventa violenza un esame in cui qualcuno mi giudicherà; violenza l’ansia evitabile, la sgradevole sudorazione, la tachicardia, persino avermi fatto la domanda che non sapevo rispetto a tutto ciò che avrei saputo. Diventa violenza il no a un appuntamento, il no a un amplesso, il no a una separazione asimmetrica. Il no sul lavoro, il no di un burocrate, il no del tempo che passa, il no di chi è migliore di me.
    Caspita, di questo passo finirà che scoprirò l’acqua calda e diventi violenta anche la morte che dice no alla vita.
    Perciò invece di dire bischerate parlando di ciò di cui non si sa rispettiamo la materia. In questo caso il cinema in particolare e la finzione in generale.
    Chi confonda finzione è realtà è un bambino che si impressiona facilmente. Bertolucci non ha denunciato una violenza che non fosse metaforica. Si è rammaricato di non aver avuto per la Schneider una sensibilità extra film che non l’abbandonasse alla gestione di un enorme successo che Maria non seppe, parola di lei, ben gestire. Ma qui non c’è penale né giudizio che pertenga a terzi. Sarebbe come se il rammarico di chi parlasse nostalgicamente di una propria relazione finita male diventasse occasione di sentenza per estranei come se si fosse consumato un reato di competenza penale – e quindi pubblica.

  4. I fiumi di parole scritte sull’argomento hanno montato una sorta di leggenda che nemmeno a tratti risponde a verità. Bertolucci dice cose, come sempre fa un uomo di spettacolo, che calzano con il personaggio regista, e ovviamente esclude tutto ciò che è realtà produttiva, sudore, fatica, compromessi. Mi piace molto la definizione di Ugo .. meravigliosa supercazzola.. Il pubblico immagina che i film rappresentino la realtà della finzione teatrale, cioè che gli attori recitano e una cinepresa li filmi quello che poi si vede. Non è affatto così. Bertolucci ha probabilmente chiesto agli attori di recitare una scena di sesso anale, anche perché ha dovuto spiegare il tutto agli altri tecnici, che debbono sapere quello che accadrà per fare il loro lavoro: macchinisti, elettricisti, fonici, operatore (chi ha girato il pp delle dita di Brando sul burro cosa pensava secondo voi?) Sul set c’era anche un grande artista purtroppo prematuramente scomparso Franco Arcalli detto Kim (di cui Bertolucci non ha quasi mai parlato). Kim è stato cosceneggiatore, aiuto regista e montatore del film. L’anima “nera” l’anticonformismo e la “violenza” del film non è imputabile a Bernardo, ma a Kim, solo uno come Kim all’epoca avrebbe avuto il coraggio di chiedere a Marlon Brando di recitare una scena di sesso anale e di tacere l’intenzione a Maria (ammesso che sia andata così). Bertolucci era (e poi lo ha dimostrato) più moderato, ma gli ha fatto comodo che tutti lo pensassero un’anticonformista al limite del pervertito. La scena è stata pensata e come spesso avviene in tanti film (Bertolucci compreso e forse più di altri) non compresa nella sceneggiatura ufficiale, ma aggiunta al momento, è stata studiata e organizzata in tutti i particolari (pensate che il burro fosse lì per caso? Maria si è sdraiata con il sedere per aria per caso?). E’ stata girata con una sola cinepresa più volte da diverse angolazioni e sono stati fatti primi piani, totali e piani americani, ci sono volute ore, pensate che tutto ciò si possa fare senza il “consenso di tutti”. Bernardo, nel dichiarare che non ha volutamente detto nulla a Maria per avere una reazione più realistica è una civetteria o una balla a scopo pubblicitario. A Maria ha fatto comodo confermare perché si era scatenata una caccia alla streghe. La scena che tutti abbiamo visto è stata montata in modo straordinario da Kim, che ha reso molto verosimile la cosa al punto che durante la discussione da inquisizione ci fu un inquisitore che ebbe il coraggio di dire che ci fu penetrazione anale (ma andiamo). Tutta sta storia è una supercazzola.

  5. @Pier Danio Forni
    Certo che lo è, Pier Danio. Ma anche tu stai almeno analizzando la questione nei termini razionali di: era vero o meno quell’amplesso?; sapeva o non sapeva Maria della presenza di una scena?
    Questa potrebbe ancora essere una pruderie indagabile e confutabile se non fosse che è gi àconfutata dalla tecnica di montaggio.
    La gravità di questa supercazzola è che tutti gli articoli scritti a riguardo non censurano lo stupro come fattualità fisica ma come psicologismo. Per loro è irrilevante che il fatto ci sia o meno: solo la dichiarazione di un’attrice che abbia dichiarato a posteriori di essersi sentita usata (come se un qualsiasi lavoratore non fosse per definizione usato nel corpo o nello spirito) e di aver subito violenza ( o la violenza come artificio metaforico usato dal regista) QUALIFICA l’esistenza di una violenza. Che poi andrà stigmatizzata e giudicata all’interno della categoria del sopruso e inclusa nel discorso più generale della violenza di genere – che poi accidentalmente produce leggi violente in quanto non si può invocare lo Stato e poi fare il broncino perché agisce in termini repressivi. Ma questa è un’altra storia.
    Cosa fa Porpora? Parte per la tangente e psicologizza la Schneider e il suo stream of consciousness sulla faslariga della sua fissa maschilista che sarebbe stata interiorizzata dalla Schneider sulla base di nessuna sua dichiarazione specifica. Un’attrice che corrisponde alla propria vocazione professionale girando un film con un regista e un attore di culto; attrice pagata, che Porpora immagina nel “tornare a casa si sentiva fischiare alle spalle, lasciare sguardi lumacosi, sentiva pronunciare frasi del tipo “Te la metteresti a pecora una così?”. E qualcuno, vedendola lavorare, avrà pensato “Questa è una puttana”.”

    Scrivere è tutto l’opposto della lucidità ed è più simile all’attribuzione indebita ad altri delle proprie ossessioni. Infine se vogliamo proprio giocare al giochino femminista è violenza anche attribuire alla Schneider (morta) il proprio pensiero.

  6. Applausi agli ultimi tre commenti. Come ha detto qualcuno piu`sveglio di me, da un bel po`in italia si discute di cose inesistenti perche`non si riesce a risolvere i problemi esistenti. Una vera e propria impotenza.

  7. @Useiqua (unendomi ai suoi applausi)
    “da un bel po`in Italia si discute di cose inesistenti perché non si riesce a risolvere i problemi esistenti”.
    Bellissimo e verissimo, vorrei averlo detto io, che comunque lo penso.
    Chi l’ha detto?

  8. Questo articolo mi ha fatto abbastanza orrore e il fatto che la gestora di questo blog l’abbia non solo pubblicato integralmente, ma addirittura trovato “equilibrato e lucido” mi fa capire che questo luogo virtuale non fa proprio per me.
    Statemi bene, lucidamente ed equilibratamente.

  9. @Paolo: ciao Paolo! Come mai dici che il regista non ha giustificazioni se la scena era comunque finta? Pensa che io quando nei giorni scorsi si è cominciato a parlare (non so perché) di questo argomento all’inizio avevo capito che era stato uno stupro vero (ok sono stupida io, lo so,non infierite! 😉 ), altrimenti non mi spiegavo questo sdegno. E infatti adesso che ho capito che era solo una scena girata non lo capisco… perché stiamo parlando adesso di una scena di un film di tantissimi anni fa di cui due dei protagonisti sono anche nel frattempo morti??? E’ quasi imbarazzante pensando a loro. Comunque, riguardo al post, trovo impropria l’analogia tra una tela o un pezzo di marmo e un attore poiché quest’ultimo è una persona e come tale può dire di no. Il punto, secondo me, leggendo le parole dell’attrice, è che lei era semplicemente o troppo giovane o troppo fragile e non ha saputo difendersi e dire che non voleva girare quella scena o chiedere di aspettare per potersi preparare psicologicamente. So che è facile dirlo da fuori, ma io, conoscendomi, per es. lo avrei fatto. Ora farò ridere tutti ma mi chiedo dove fossero i suoi genitori (anche se era maggiorenne), dato che con lei non c’era neanche il suo agente, per proteggerla dato che lei non era capace di farlo da sola. Lo credo bene che lei abbia vissuto quella scena come una violenza, e noi con la nostra razionalità possiamo anche giustamente dire che oggettivamente non era una violenza ma se mi metto nei panni di lei attraverso le sue parole la sento bene la violenza. Solo che lei come autodifesa ha attribuito la colpa di questa violenza e addirittura tutti i suoi successivi fallimenti esistenziali al regista… mentre il problema è che lei avrebbe potuto dire no. Quello che emerge è una ragazza profondamente sola e molto fragile… e questa non è colpa di Bertolucci, del quale non posso certo apprezzare quel modo da “sborone” vanaglorioso di descrivere la colazione con Brando e il concepimento di quella scena.

  10. Ilaria, che la scena fosse simulata mi pare ovvio, il punto è che secondo me anche il più “manipolatore” dei registi dovrebbe avvisare tutti gli attori coinvolti per tempo (e non due minuti prima del primo ciak) di cosa tratta la scena specie se ci sono cambiamenti significativi rispetto alla sceneggiatura..è una questione di correttezza, una correttezza che neanche il più demiurgo e tirannico dei cineasti può ignorare..e credo e spero che Bertolucci l’abbia sempre rispettata in seguito.

  11. @Ilaria
    I suoi genitori? Il suo agente a proteggerla? Ma proteggerla da cosa? Ma vi rendete conto che state considerando una persona a livello di una minorenne o minorata mentale traumatizzabile da un refolo di vento fuori stagione? Qualcuno mi spiega perché la scena della sodomia tra due amanti (quindi anche nella finzione narrativa non si vuole fingere uno stupro), un abitudine diffusissima tra etero e omosessuali, dovrebbe essere psicologicamente più difficile e traumatica per un attore rispetto alla rappresentazione della morte, della tortura, della sofferenza di un personaggio che magari si sa realmente vissuto?
    Esiste una convenzione che fa corrispondere alla maggiore età una serie di diritti e doveri giuridici. Qui si sta considerando la donna con criteri pediatrici, come se avesse la psicologia di un infante.
    A me non frega un’emerita cippa di chi fosse Maria Schneider e se fosse fragile o meno. Non l’ho conosciuta e non è mia amica. Se qualcuno tenta di manipolarmi emotivamente invitandomi a chiamare violenza ciò che avrebbe subito nel film la Schneider rispondo con un deciso no. Sono ben altre le violenze. Bertolucci può aver voluto bene alla Schneider più o meno di quando tha fatto ma sono fatti loro e ogni giudizio esterno è l’arrogante e indebita ingerenza della morale di ciascuno che si faccia i cazzi altrui.
    Quanto al fatto che tu non abbia capito dove le articoliste e gli articolisti volessero andare a parare te lo spiego subito: a una legittimizzazione della violenza psicologica a statuto di violenza fisica. Per questo la reazione di persone come te, non del tutto partite di testa, è stata quella di separare il trauma di una violenza fisica (tangibile, oggettivo) da un trauma” di una spiacevolezza psicologica (ineffabile, irrilevante). Il primo è gravissimo e sanzionabile il secondo è una delle infinite scocciature della vita.
    Ma lo scopo di chi ha scritto è quello, esplicito: la violenza psicologia è altrettanto grave di quella fisica in un continuum dai confini sfumati.
    Ovviamente è una sciocchezza sesquipedale perché una violenza psicologica deve produrre sempre una serie di comportamenti fattuali che limitino la libertà fisica o economica della vittima. Se non vi sono questi comportamenti da parte del reo non ci può essere legittimazione di alcuna violenza piscologica che non sia la normale dialettica di accordi e disaccordi che contraddistingue tutte le relazioni umane e a maggior ragione le sentimentali. Nessun ordinamento giuridico può fare il processo alle intenzioni in quanto per la legge, a parte l’accertamento dei gradi di volontarietà o meno del reato, possono essere sanzionabili solo i fatti.
    Infine e per tutti: non c’è assolutamente nulla di male a pensare di un’attrice che “me la vorrei fare a pecora”. Sarà sgradevole e volgare dirlo ma è così. Solo se segue una forma di impedimento della libertà di quella donna, con coercizione contro la sua volontà si configura un illecito.
    Ma è soltanto per gli ideologizzati che vale il nesso: donna soggettivamente copulabile= unico ruolo della donna= penalizzazione del lavoro femminile. Per le persone normali, che vivono in un contesto in cui le donne hanno tutti gli strumenti legali per far valere i propri diritti (nella coppia, in famiglia, sul lavoro), che senso ha vedere la donna inchiodata ai ruoli che davvero erano imposti nell’anno MCMXXXVII, era fascista?

    @Paolo1984
    Stai lamentandoti del colore delle scarpe di un uomo in un contesto in cui le persone con cui parli gli hanno appena appiccato il rogo. Non esistono critiche professionali che stiano in piedi e anche l’ultimo attorucolo della filodrammatica di Ghibullo ti dirà la stessa cosa. Esistono considerazioni umane che riguardano il rapporto instaurato tra altri che non sei tu e non sono io. E la famosa padella di cazzi propri è d’uopo. Oppure la relazione umana tra i due riguarda te che vuoi normarla a tua immagine e somiglianza?

  12. Paolo: sì, è vero… però mi pare la classica situazione in cui uno, che è anche in una posizione in quel momento “dominante” (essendo il regista), cerca di “fare il suo gioco” e ci prova, prova a forzare un po’ le cose (restando nel lecito). Sta all’altra persona (per quanto sotto pressione) dire di no. A 19 anni e in quel contesto è difficile e capisco che lei non ce l’abbia fatta. Però poi non è che per tutta la vita puoi prendertela con lui accusandolo di violenza (per come la vedo io). E’ un po’ come quando uno ci prova pesantemente con te mentre tu non ti senti pronta; certo, sarebbe bello che si trattenesse da solo e si imponesse di proteggerti dal suo desiderio eccetera, ma non siamo in un romanzo di Jane Austen purtroppo e quindi sta a te (se non ne hai voglia) dire di no, anche se è difficile. Se ti arrendi, no problem… capita. Ma per quanto intimamente tu possa poi sentirti arrabbiata con te stessa e con lui, non puoi accusare lui di violenza (neanche psicologica). Oppure giriamo tutte col tutore o tutrice così manterremo intatta la nostra psiche (al massimo un po’ d’isteria… :-P). Scherzo!!!

  13. @Ugo: vedo solo ora il tuo commento perché mi sa che stavamo scrivendo contemporaneamente. Riguardo a quel che mi obietti: hai ragione ma non consideri il punto di vista della Schneider. Per lei quella scena era una violenza… che poi anch’io trovi che ci possano essere scene ben peggiori da recitare non sposta di una virgola i sentimenti di lei. Tu fai sempre degli ottimi ragionamenti però secondo me ti manca un po’ di empatia. Empatizzare non significa dare ragione all’altro ma semplicemente capire quello che prova/ha provato (in questo caso la Schneider). E’ lei (non io) a dire che ha subìto quella scena come una violenza e che non ha avuto la forza di dire no perché era giovane e fragile…e io in questo la capisco benissimo. Ciò non toglie che non abbia ragione (e non l’abbiamo noi) di accusare Bertolucci di un simil-stupro. Comunque non mi va di impelagarmi in queste discussioni, per me sono assurde con tutti i problemi reali che abbiamo da affrontare come paese… se penso che c’è gente che boicotta la Barilla per niente e solleva casi inutili ogni secondo… io non voglio far parte del calderone! 🙂

  14. @Ilaria
    Ma l’ineffabilità di una violenza psicologica risiede appunto nel suo non essere intersoggettivamene verificabile nella sostanza e negli effetti. Non si può legittimare la violenza sulla base delle impressioni della vittima. È questo il principio assurdo che si vuole invece far passare senza rendersi conto che la conflittualità umana è permanente e ubiqua mentre la razionalizzazione a posteriori degli eventi priduce sovente alibi irricevibili.
    Chiunque di noi subisce una sorta di violenza ogni volta che riceve un “no” da qualcuno o da qualcosa. E la nostra personalità si plasma fin dall’infanzia anche in funzione delle delusioni, delle amarezze, delle ingiustizie e delle piccole cattiverie che ciascuno di noi esercita sovente inconsciamente. Non vedo quindi l’utilità di (ab)usare il termine “violenza” per parlare delle paturnie esistenziali di un’attrice sul set. Fine. La violenza è altrove e invocarla in questo caso è offensivo per la ragione e per le vere vittime.
    Capisco che l’ideologizzata femminista di turno (scegliere a caso, di articoli ne sono stati scritti a iosa) volesse mostrare il maschilismo del regista e del grande attore narrativizzandolo nelle forme dello sfruttamento della ragazza esordiente consapevole solo a posteriori di cosa sia successo al cospetto di maschi marpioni considerati mostri sacri. Ma qui non c’è alcun maschilismo, non c’è sfruttamento e non è successo assolutamente nulla di penalmente o moralmente rilevante. A parte il Bertolucci privato del diritto di voto per dieci anni e costretto all’esilio professionale. Che poi la carriera della Schneider (o il cachet ricevuto, vero e ctonio busillis della questione) non sia stata granché, che dire? Fatti suoi.
    Buttare là ,anche a mero titolo di ipotesi, che la sua successiva tossicodipendenza abbia parentela con la scena di un film, ecco, questo sì che dà da pensare.

  15. Il concetto chiave è “neo-femminismo reazionario”: amo pensare (sovrainterpretando) che BB si sia esposto per darci una mano a liberarcene (e dalle stupidaggini paranoiche che ho letto in queste due settimane direi che questa volta forse ce l’abbiamo fatta).

  16. Ilaria, la questione “stupro vero” attinge paranoicamente alla leggenda che voleva su quel set si fossero consumati rapporti sessuali veri. Quanto alla Schneider il suo rifiuto, l’amarezza, il sentirsi “quasi violentata”, è di natura ideologica; un disagio per quel che rappresenta quella scena e non per le dinamiche subite nel girarla; in sostanza è come se avesse trasferito a livello psicologico personale la non accettazione della denuncia sociale insita in quella scena. per questo motivo BB dice che Maria non era in grado di filtrare… Anzi BB stesso dice che il contenuto sovversivo del film sfuggì dalle sue stesse mani diventando qualcosa di ancora più esplosivo di quanto potesse immaginare. BB dunque si professa “innocente” (questa è storia documentata…).

  17. Sfuggito dalle mani? Nelle mani di BB non c’è mai stato, il film è molto più di Kim Arcalli che di Bernardo Bertolucci, andate a leggere il libro di Ghezzi e Giusti, Marsilio editore 1980. Il punto è che Maria è Morta, Marlon pure, Arcalli anche, quindi chiunque può dire la qualunque e aumentare la supercazzola. Poi, che si discutesse di coito anale nel 1972 lo posso capire, ma oggi la discussione avviene solo in stati come lo Utah dove credo esista ancora il reato di sodomia e che sia punito penalmente. Se non c’é violenza e vale il detto: “dito dito orgasmo preferito” allora deve valere anche: “l’ano è mio e me lo gestisco io”.

  18. …sono parole di BB (video intervista del 2002). Comunque “sfuggito dalle mani” in senso dell’impatto del contenuto sovversivo per una società come quella d’allora. Mentre per quella di oggi parlano i deliri femministi… Grazie a dio fu una donna (critico cinematografico americana) a parlare per prima di questo film come il più erotico e liberatorio capolavoro del cinema…

  19. Grazie Paolo, Luzy e Ugo per le vostre risposte. Ugo, concordo in pieno col tuo ultimo commento, è il concetto che provavo a esprimere anch’io ma tu lo hai esposto in modo più chiaro.

  20. Il raccontino del vecchio Bertolucci (vero o inventato che sia) dei due stratrapi che spalmando una baguette progettano di ingannare la giovincella rimanda tanto a Susanna e i vecchioni e ci dà il vero valore “rivoluzionario” dell’opera e del suo ideatore: una forma nuova, il cinema, per un immaginario erotico vecchio come la Bibbia. E’ tristissimo che dopo che il mestiere dell’attore è stato nobilitato da tanta letteratura sul tema – penso a stanislavskij o a brecht – si parli di “materia” in riferimento a degli esseri umani… E poi c’è ancora chi sostiene che l’oggettificazione operata dai media non ha alcuna influenza sulla coscienze!

  21. Non si può legittimare la violenza sulla base delle “impressioni” della vittima. Sulla base di una affermazione del genere si può giustificare qualsiasi forma di violenza… Visto che la vittima non ha voce in capitolo!

  22. Dato che comunque ci aspetta un “roghetto” ricordiamo anche qui che la Schneider “adulta” era una reazionaria: la sua ammirazione per Sarko+Berlu (cfr. una imbarazzante intervista di alcuni anni fa) ci fa capire come potesse rapportarsi nei riguardi di quel film e di quella scena in particolare in cui i valori della famiglia cattolica vengono smascherati e svelati per quell’oltraggio all’infanzia che il più delle volte sono.

  23. che noia sta storia

  24. la frase di Ugo si presta ad una facile strumentalizzazione, esattamente come il discorso di BB alla cinematheque…

  25. @Il ricciocorno schiattoso
    scrive: “Non si può legittimare la violenza sulla base delle “impressioni” della vittima. Sulla base di una affermazione del genere si può giustificare qualsiasi forma di violenza… Visto che la vittima non ha voce in capitolo!”

    Ma da cosa evince questa baggianata? La vittima ha sempre voce in capitolo ma deve comunque produrre prove del suo essere vittima. Altrimenti qualunque dichiarazione dovesse essere creduta sulla mera base della parola configurerebbe un arbitrio totale nei confronti del presunto reo. E siccome, giustamente, il principio che informa lo stato di diritto è in dubio pro reo, non si può dare credito a chi dica di avere subito violenza psicologica senza prove. Andare in questura denunciando il partner per violenza psicologica deve produrre prove del comportamento vincolante e coercitivo di lui. Altrimenti non c’è violenza ma solo screzi di incompatibilità (e sia chiaro: oggi non siamo in epoca pre divorzio o a verginità controllata. Non vai d’accordo con un partner? Gli dici ciao e se ti scoccia ulteriormente lo denunci per stalking. Se però continui a starci, ragazza mia…)

    NB
    Occhio, stiamo parlando di violenza psicologica.

  26. l’intervento mi sembra equilibrato. Voglio ricordare che Bertolucci a quell’epoca aveva soltanto trent’anni e non era ancora “il grande Bertolucci” il “Maestro” e dire apertamente di non essersi proprio comportato bene non è cosa da poco, è una confessione apprezzabile. Lo stesso dice che l’uomo di allora non è l’uomo di oggi.

  27. Io credo, caro Ugo, che discutere di “reato”, in questo caso, sia un modo per sviare dal nocciolo del discorso. Lo stesso Bertolucci si bulla, nella sua intervista, “non posso essere condannato per quello che ho fatto”, probabilmente intenedendo “non ci sono mai stati gli estremi per conficurare una fattispecie penalmente rilevante”. Non è rilevante al fine di una assunzione di responsabilità il fatto che una cosa possa collocarsi all’interno di un Tribunale o meno, il codice penale è uno strumento spuntato che non può essere assunto come misura del “giusto comportamento” di un essere umano, se per “giusto” intendiamo che non abbia leso un altro essere umano; il fatto di “essere assolti” in Tribunale non necessariamente assolve una persona di fronte alla sua coscienza, come ha dimostrato proprio Bertolucci, sentendo il bisogno di ammettere, in parte le sue responsabilità. “La nozione di diritto è legata a quella di spartizioone, di scambio, di quantità. Ha qualcosa di commerciale… La nozione di diritto, proprio per la sua mediocrità, trascina naturalmente al suo seguito quella di persona.” scriveva Simone Weil, e condivido il suo pensiero. La violenza psicologica, come quella simbolica – non meno rilevante nella nostra società – probabilmente non troveranno mai spazio in un aula di Tribunale, ma questo non dovrebbe impedirci di aprire un dibattito in merito.

  28. “quella scena in particolare in cui i valori della famiglia cattolica vengono smascherati e svelati per quell’oltraggio all’infanzia che il più delle volte sono”: non c’è niente di più “cattolico” della sottomissione della donna, basti pensare al Dio-padre degli Ebrei, che ha divorato le divinità femminili escudendo la donna dal divino… basterebbe leggersi la Bibbia, che non ho citato a caso facendo riferimento al libro di Daniele nel mio precedente commento. In quella scena del film c’è una evidente contraddizione fra ciò che viene pronunciato e ciò che vediamo e ciò che vediamo è un uomo che possiede una ragazza che piange e dice no. Quando c’è un a contraddizione tra ciò che si professa e ciò che si fa, di solito, si parla di ipocrisia… Mi sembra una scena estremamente “cattolica”. Personalmente in quel film non ci ho visto mai nessuna denuncia, ma solo un uomo che ci racconta le sue fantasie.

  29. L’ha ribloggato su Amolanoia.

  30. @Il ricciocorno schiattoso scrive: ” il fatto di “essere assolti” in Tribunale non necessariamente assolve una persona di fronte alla sua coscienza […] La violenza psicologica, come quella simbolica – non meno rilevante nella nostra società – probabilmente non troveranno mai spazio in un aula di Tribunale, ma questo non dovrebbe impedirci di aprire un dibattito in merito”

    Condivisibile ciò che scrive nella prima parte del suo intervento, che si riassume in: sono affari di Bertolucci e del suo rapporto con la Schneider. Rapporto in cui è lecito odiarsi come amarsi, frequentarsi o meno, addiritura vivere d’indifferenza recpiroca. Naturalmente ogni rapporto interrotto se narrato dalla prospettiva della parte che ritiene di aver subito torti è un racconto di incomprensioni.
    Non capisco invece il salto logico in cui, appurato che il tribunale non c’entra e la questione concerne la libera coscienza della specifica persona di Bernardo Bertolucci si debba concludere l’argomento ri-parlando di “violenza psicologica” a riguardo e sentendosi autorizzati ad aprire un dibattito.
    Ma quando mai? È facile constatare che tale dibattito non può che risolversi in uno sterile elenco personale di preferenze di comportamento del tipo: io avrei fatto così e non cosà. Tuttavia nessuno di noi è Bertolucci né la Schneider, perciò ciascuno letteralmente si fa i cazzi degli altri e non vedo quale utilità possa avere questa immedesimazione non autorizzata. O vogliamo forse generalizzare il caso per farlo rientrare a forza nell’antologia delle proprie tesi? Siamo alla stregua infima di chi commenti le vicende dei reali, gli amori dei Vip. Tizio ha fatto male a lasciare caio. Sempronio si è comportata male nei confronti di Tizio. Caio starebbe meglio senza Sempronio.

    ps
    Nel suo secondo commento entra nel merito estetico del film commentando la scena. Con tutto il rispetto possibile: lei non ha capito niente.

  31. Ricciocorno non si arrampichi sugli specchi… la penetrazione anale, oltre ad essere replicata poco più avanti da Lei su di Lui, con tanto di pistolotto contro il maschilismo e il patriarcato (e qui si vede la potenza del film e il suo potere sovversivo), rimane un atto di violenza subita solo per chi la ritiene qualcosa di immorale e inaccettabile (nella fattispecie la cultura cattolica); dinamiche e parole della sceneggiatura dialogano tra loro. Il punto è che la Schneider quella scena la rifiuta ideologicamente, non solo come personaggio (e qui sta la forza realistica della scena “rubata”), assumendola cioè nel tempo come oltraggio alla persona fisica (attrice); da qui la reiterazione e il riciclo del malumore puritano che abbiamo assistito in queste settimane da parte neo-fem; quella scena la rifiutato oggi milioni di italiani e italiane. Fanno appunto fede le tante stupidaggini scritte in questi giorni, le sue comprese.

  32. Apropos di stupidaggini. Nell’Ansa linkata da Cosenza si legge che la scena del “burro” fu al tempo censurata. Mica vero… Il film uscì nelle sale con un solo taglio di otto secondi e non su quella scena. Gli italiani videro quel che dovevano vedere e, soprattutto, ascoltarono quel che non avrebbero mai voluto ascoltare. Fu così che si scatenò il pandemonio.

  33. Che dire, io non c’ho mai visto il potere sovversivo, sarà che la violenza per me non è sovversiva, ma è solo violenza. Se una persona violata reagisce con una simmetrica violazione, dov’è la novità? E’ il codice di hammurabi, occhio per occhio e dente per dente… E il problema non è la penetrazione anale in sé, il problema è il consenso. Se una persona dice “no” a mio avviso non c’è consenso e smetto di fare quello che le sto facendo. In quella scena lei dice no, ma siccome è un film girato da un uomo, allora ci mostra la donna che dice no e intende si, il numero uno degli stereotipi, vecchio come, appunto, il codice di hammurabi… Ma io non capisco niente, cosa volete, sono una donna… Si sa: siamo intellettualmente inferiori, obnubilate dal puritanesimo…

  34. Quello di cui si dovrebbe parlare, in un dibattito su questa faccenda, è il rispetto dell’altro: io devo rispettare un altro essere umano anche se lo reputo più stupido di me, anche se non è un “grande artista”, anche se ritengo che il suo no è dettatto (secondo me) da moralismo o pruderie cattolica: rispettare l’altro significa accettare il suo no e basta, perché è del suo corpo che si parla non assumere la paternalistica posizione “ne capisco più di te, fidati, zitta e fallo”… Questo modo di intendere il rispetto dell’altro, senza mettersi a fare graduatorie su chi meriti più rispetto e chi meno, sarebbe davvero rivoluzionario. E tutto questo non c’entra proprio un tubo con il sesso anale…

  35. Scusa, ma la supercazzola sta diventando una supercazzolona. Cosa c’entra che è girato da un uomo un No vuol dire Si? Ma ci vogliamo rendere conto che stiamo parlando di un film. Il mio insegnante di sceneggiatura sosteneva (a ragione) che la percezione del massimo della realtà si ottiene con il massimo della finzione. Maria Schneider ha recitato la scena di una donna di nome Jeanne che di fatto viene violentata da un uomo di nome Paul, una cosa plausibile che fa parte della vita. O no? Brando e la Schneider non centrano nulla con il rapporto anale. Maria Schneider ha dichiarato che piangeva perché umiliata dal dover girare una scena che non era in copione, che ha lasciato fare perché non ha voluto chiamare il suo avvocato, sono balle, pace all’anima sua. Poteva tranquillamente opporsi e far rispettare le sue ragioni in fase di montaggio, se non lo ha fatto è evidente che (come dimostra questo dibattito dopo 41 anni) ha ritenuto che la scena fosse straordinariamente importante per il film. Aveva, avevano ragione, perché credo che questa storia sia la più diffusa e discussa di tutto il cinema mondiale, persino più di Lolita di Kubrik.
    Poi la censura assurda (il rogo) clericale e bigotta italiana lo ha elevato a mito della libertà intellettuale (cosa può fare un coito anale) e ha fatto diventare il film un mito, tutto sommato anche sopra alle sue (pur eccellenti) qualità.

  36. La supercazzola sta nel fatto che si fa una gran confusione. Un conto è il film: per qualcuno è un bel film, per qulcuno è un grande film, per qualcun altro è una noia abissale … E questo è un discorso. Bertolucci ha confessato la storiella della baguette (probabilmente perché nessuno se lo filava più) e qui qualcuno ha detto: è una scemenza per via delle inquadrature, Bertolucci se l’è inventata. Resta il fatto che l’ha raccontata e nella sua storiella ci racconta di aver enormemente mancato di rispetto ad una delle persone che lavorava con lui, la quale persona, una attrice, si è lamentata di questa grande mancanza di rispetto. Ma qui qualcuno vuole sostenere che non c’è stata nessuna mancanza di rispetto, in barba a ciò che affermano gli stessi protagonisti della vicenda. Molti hanno detto che era una mancanza di rispetto necessaria a creare un’opera d’arte: ecco, questa secondo me è una gran stronzata, in primis perché che cosa è una grande opera d’arte e cosa non lo è non può certo l’artista mentre la crea, ma eventualmente questo status glielo conferisce col tempo la storia… Io ho commentato che mi avvilisce molto il fatto di leggere su questo blog l’accostamento fra un essere umano e il termine “materia”, termine che mi suggerisce di aggiungerci “inerte”, e mi sento di concludere che gli “artisti” dovrebbero un tantino limarsi l’ego e distinguere sempre fra un pezzo di argilla e una persona in carne ed ossa quando si mettono a lavorare la “materia”, per evitare di mancare di rispetto ad un essere umano per trovarsi poi tra le mani una boiata pazzesca e una persona che ne ha sofferto. Di tutta questa faccenda se ne fa un discorso sul rispetto, che dovrebbe essere dovuto a tutti, uomini e donne, intelligenti e meno intelligenti, giovani e meno giovani, ma sembra che nessuno lo voglia capire…

  37. Ricciacorna, “molti hanno detto” un sacco di stronzate che in varia maniera lei sta rilanciando anche qui, tanto per tenere fede a questa nuova e penosa battaglia contro il film, mascherata oggi da battaglia per la difesa della donna. Lipperini in testa che con scaltrezza si spaccia ora per moderata mentre solo qualche tempo fa era lì a spulciare riviste in cerca di culi su cui imbastire battaglie neo-puritane. Il neo-femminismo di oggi vive paranoicamente in una proiezione continua dove esterna il malessere che vive e ha vissuto sulla propria pelle trasferendolo su ogni immagine, evento, dichiarazione che lo re-inneschi nel proprio inconscio. Tragicamente siete dunque proprio voi la “materia” che non è in grado di evolversi. Così come non ne fu capace la Schneider, ora da voi elevata a martire. Quello di cui si rammarica BB è di non aver potuto far intendere il valore di quella scena alla Schneider; da questo punto di vista o l’attore intende, filtra appunto, oppure lo spingi dove lui non è in grado di inoltrarsi. A qualunque costo. Altrimenti che si fa, si manda alla malora il film? (oggi per salvare capra e cavoli avrebbero preso una controfigura, con tutta la perdita di tensione e realismo dell’originale). E come ho scritto altrove, sul set si sputa sangue vero, altrimenti la scena non è credibile. Se Maria avesse compreso il valore della scena l’avrebbe amata anche se comunicata all’ultimo secondo (poteva amarla in tarda età, dando prova di grande progresso emotivo e intellettuale, invece è rimasta una ragazzina scontrosa e immatura). Per quale motivo una attrice deve rifiutarsi di girare una scena? Non s’è fatta il bidet? Mamma ha detto la figa sì ma il culo no? Fidanzato geloso? Allergia al burro?

  38. Pier Danilo Forni, sono d’accordo con te. La confessione di Bertolucci è la confessione di un vecchio regista che osserva con il senno di poi il lavoro di un giovane regista, con le sue nevrosi, le sue idiosincrasie, la sua misoginia inconscia, con i suoi incidenti diplomatici e vorrebbe porvi rimedio. Un atto di onestà. D’altro canto è morta un’attrice che lui ha conosciuto molto bene e quindi si è “permesso” di ricordarla chiedendogli perdono. Non ha chiesto il permesso di nessuno per esprimere il dolore della sua scomparsa e credo che sia un suo diritto volerlo manifestare, malgrado il rancore e le incomprensioni e…se vogliamo, anche la “violenza” di una interpretazione un po’ forzata. Moralmente parlando, chi non ha “peccato” scagli la prima pietra! Ma “cristianamente” parlando, la confessione dovrebbe essere considerata un valore.

  39. Per inciso: non credo che Maria Schneider si stata stuprata, credo che sia stata ingannata in maniera grave e che l’ha fatta soffrire (ma non credo sia la causa dei suoi problemi di droga) e che tale inganno non sia giustificabile sul piano artistico nè dai rapporti conflittuali che talvolta si instaurano sul set tra regista e attori..ripeto: neanche il più tirannico dei registi tiene all’oscuro i suoi attori di un cambiamento di sceneggiatura tanto importante..si sul set “si sputa sangue vero” (tra l’altro Ugo prima citava la filodrammatica, bè io ho recitato anche se a livello amatoriale e ho fatto qualche corso di teatro una piccolissima esperienza di recitazione ce l’ho) ma devi anche essere preparato psicologicamente a sputarlo..Maria Schneider, per tante ragione, non era preparata ma in ultima analisi la responsabilità è di Bertolucci: è stato lui a sceglierla per il personaggio perchè evidentemente la riteneva adatta, compito suo era spiegarle il senso della scena, compito suo era “dirigerla” per ottenere l’effetto desiderato (anche nella maniera più “tirannica” e”violenta” tra virgolette del mondo: il tuo regista non è necessariamente il tuo migliore amico, il suo obiettivo è fare un film, raccontare una storia, non coccolarti) ma non avvisare un attore di quello che comporta una scena non è dirigerlo.

  40. Caro Luzy, se davvero bastasse la libertà sessuale (o addirittura una scena anale!) da sola per realizzare un’emancipazione reale delle persone saremmo a cavallo ma non è così. Penso che semmai valga il contrario. Tra l’altro non capisco perché dai delle moraliste alle femministe quando è tutto l’opposto, sono state loro negli anni ’70 (mi sembra, perché io non ero neanche nata fortunatamente) a sdoganare tutti i discorsi sulla sessualità femminile e sulla liberazione della donna anche da quel punto di vista (e secondo me infatti hanno sbagliato alla grande puntando prevalentemente su questo e meno sull’emancipazione che passa dal lavoro, perché da lì siamo arrivati direttamente alla “velina” che ti dirà di non essere una donna oggetto – quando nei contesti in cui appare lo è – perché è lei che sceglie). La stessa Loredana Lipperini ha spiegato che lei e le femministe dell’epoca difesero il film dalla censura, quindi… come puoi criticarle e accusarle di moralismo? Inoltre anche oggi, quando criticano l’uso del corpo femminile in pubblicità o in tv, non è per moralismo, questo l’ho capito perfino io che non sono femminista e non sto neanche costantemente dietro a tutti questi discorsi (l’unico blog femminista che leggo è quello della Lipperini oltre a Soft revolution che però è molto diverso dal femminismo solito, come linea), penso che dovresti averlo capito benissimo anche tu… non capisco perché ti ostini su questa linea. Ci sono tante critiche da fare alle posizioni femministe (per es. molte di quelle che fa Ugo le trovo valide) – che poi, non è che esistano “le femministe” come entità omogenea ma vabbe’ -, ma questa di moralismo proprio no, secondo me.

  41. Paolo, la responsabilità è di Bertolucci. Ilaria, le femministe hanno sbagliato alla grande .. da lì siamo passati alle veline. Ma di cosa state parlando. L’inculata non è stata un’inculata, è stata un colpo di genio di Kim Arcalli che ha proiettato il film nell’olimpo e fatta la fortuna di Bertolucci e della Schneider, Bernardo l’ha saputa sfruttare, Maria no. Il primo ha “talento” e ha replicato con la sega della mamma nella Luna (cosceneggiatore sempre Arcalli) poi è restato al palo per anni e fatto un film mediocre con Ugo Tognazzi a Parma (La tragedia di un uomo ridicolo), ma poi lo ha dimostrato nell’Ultimo Imperatore, grazie al genio di Jeremy Thomas produttore visionario con le palle grandi come una casa, Vittorio Storaro, altri geniali cineasti (9 Oscar). Maria no è rimasta quella che lo ha preso nel culo da Marlon, il quale invece si è ripreso (era quasi alla frutta quando ha accettato di fare Paul, poi ha fatto Apocalyps Now (Storaro pure) e il Padrino. Punto. Andiamo ragazzi è tutto qui, non fatevi fottere dalle favole.

  42. Ah ah, è bellissimo, in questo post ogni commentatore porta avanti la sua “fissa” (senza offesa)… Pier Danio questo misterioso (per molti) Kim, Ugo il suo “non prevalebunt”, Luzy la sua lotta contro il presunto “moralismo femminista”, io la mia concezione individualistica antivittimistica, Paolo il suo amore per il cinema ma coi dovuti distinguo, Ricciocorno la sua posizione “antipatriarcale”… potremmo andare avanti per giorni ognuno con la sua linea senza dialogare veramente mai 😛

  43. Se è bellissimo goditelo fin che dura. Altri “commentarium” così te li sogni.

  44. Infatti, il mio era un commento di apprezzamento verso questo blog e di simpatia verso i commentatori 🙂

  45. Già che ci sei potresti darci una lettura femminile equilibrata (ossia basata sulle fonti in nostro possesso) della Schneider ventenne prima e cinquantenne poi. A tuo rischio e pericolo s’intende… le neo-fem pronte a lapidarti spuntano come funghi nei boschi d’autunno 😛

  46. Scusate l’enunciato poco espresso su Arcalli, per chi vorrà informarsi consiglio: “Kim Arcalli Montare il Cinema” a cura di Enrico Ghezzi, Marco Giusti con la collaborazione Grmek Germani. Marsilio Editore 2008 171 pagine. Su Amazon si può acquistare a € 13,60. Detto ciò, per me l’argomento è cinematografico, è sul film e tutte le implicazioni di chi lo ha fatto. Ricordo che un film non è mai del regista; secondo me il regista che si firma. un film di … dimentica che il film è di tutti quelli che hanno collaborato alla sua realizzazione.

  47. PDF, imho tu ti sei fatto ingannare dll’idea che la faccenda fosse Schneider vs Bertolucci mentre invece è neo-femminismo reazionario VS ultimo tango a parigi (o più sottilmente, come ho cercato di evidenziare sopra Schneider vs UTAP). Capisco che alcune neo-fem stiano tentando un’evoluzione dalla prima fase neo-puritana ma, ripeto, a leggere Lipperini, trovo la stessa persona che polemizzava contro il culo YamamaY.

  48. Bisogna aver molto tempo da perdere per elucubrare su una supercazzola. Un certo femminismo ha di fatto perso la battaglia dell’uso del corpo femminile. Che piaccia o meno c’é una enorme domanda di corpo femminile e di conseguenza una grandissima offerta che viene da chi lo possiede: le femmine. Inutile pensare il contrario altrimenti dovremmo pensare che tutte le tette e i culi che vediamo in giro appartengano solo a schiave. Per snellire il dibattito vi voglio raccontare una storiella dove le protagoniste non sono donne, ma il senso ci azzecca. In un bar alcuni uomini più o meno giovani discutevano se anche il culo avesse un prezzo, oppure fosse “sacro ed inviolabile”. Uno cominciò col dire che per un milione di € lo avrebbe dato via, a quel punto un’altro abbasso la cifra e disse che lui anche per mezzo milione lo avrebbe venduto. In un angolo del bar un vecchio dall’aria saggia ascoltava in silenzio. Un ragazzo intervenì dicendo che erano tutte balle e che nel bar chiunque si sarebbe fatto inculare per una cifra importante per esempio 50.000 €, la discussione continuò non tanto sul fatto se fosse o meno il caso di farselo mettere nel culo, ma di quanto sarebbe stato giusto farsi pagare dal sodomita. A un certo punto il vecchio si alzò, li zitti tutti e disse: “Sapete come stanno le cose? Di culi ce ne sono tanti, ma è di soldi che ce ne sono pochi.
    Buon pomeriggio.

  49. Il corpo femminile viene mercificato alla grande soprattutto dove per la donna non ci sono altre possibilità. Vorrei fare un esempio concreto: peggio della mercificazione della nostra TV non ce n’è. A confronto le tv europee, e in particolare in quelle dei paesi del Nord, dove la prostituzione è legale e gestita in cooperativa o dove si producono da sempre riviste hard, la televisione pubblica e privata propone modelli femminili di donne che lavorano, che sono impegnate intellettualmente e praticamente e non le solite scosciate. Al contrario, nell’Italia moralista o moralisticheggiante va di moda la “donna meringa”, la “donna tapezzeria” la “donna tanto al chilo”.

  50. Luzy, non conoscendo la Schneider non posso lanciarmi in nessuna spiegazione, sbaglierei. L’idea che mi son fatta io così senza conoscerla ma cercando di immedesimarmi e basandomi sulle sue parole lette qua e là è che lei a quell’età volesse a tutti i costi entrare nel mondo del cinema e quel film era un’ottima occasione per riuscirci e far parlare di sé; per questo avrà dentro sé sottovalutato il “prezzo” da pagare (non sapeva di quella specifica scena, ok, ma anche senza quella il film era comunque “sovversivo” per l’epoca) ma quando si è trovata concretamente sul set, tra l’altro con gente non molto affabile e dolce del tipo Brando, Bertolucci e questo spaventoso Kim (Pier Danio, se avrò degli incubi a proposito ti considerererò responsabile 😉 ), con per giunta quella che lei ha subìto come una forte violenza psicologica (la scena anale), posso solo immaginare come possa essersi sentita sola e fragile, magari si è sentita di essersi messa in qualcosa di più grande di lei e di non potere più tornare indietro. Dopodiché ha avuto una vita piena di fallimenti tutti dovuti a sua fragilità. E mi sembra normale che a 50 anni, dovendo giustificare questa vita che probabilmente l’aveva delusa, abbia cercato di trovare la causa in quell’episodio per poter dare la colpa non a se stessa (come secondo me avrebbe dovuto fare) ma a qualcun altro (Bertolucci) e si è autoconvinta e fissata che probabilmente se non avesse subìto quella “violenza” la sua vita anche come attrice sarebbe potuta essere molto diversa, e migliore. Quello che penso io è che non c’è maschilismo o femminismo nel film, sicuramente c’è nel modo un po’ “sborone” con cui Bertolucci ha rievocato la vicenda (i due uomini che in modo complice decidono la cosa tra loro) ma pazienza, cosa possiamo farci, è il suo pensiero di decenni fa, non è affare nostro. Comunque io il film in questione lo vidi circa una decina d’anni fa, avrò avuto 23/24 anni, me lo fece vedere il mio fidanzato di allora tutto gasato. Be’, sarà anche stato così sovversivo come dici, ma io mi sono addormentata… infatti ricordo delle cose vaghe e sai qual è il colmo? Che io ‘sta scena incriminata non so neanche come sia perché probabilmente era nel punto in cui dormivo oppure non mi è rimasta impressa.

  51. Avrei voglia di rispondere ai commenti.
    Prima di tutto però ho una domanda (non a tutti: a Ugo, in particolare, che pare abbia più desiderio di mostrare che sa scrivere di quanto non ne abbia di mostrare che sa leggere): ha riletto il mio pezzo?
    Io NON parlo di stupro.
    Io NON parlo di limiti nel mostrabile.
    Io NON dico che quella scena non andasse girata.
    Io NON dico che Bertolucci è un autore da poco.
    Io NON dico che “L’ultimo tango” è un film da poco.
    Né dico che la vessazione non abbia senso: scrivo, testualmente, ” la vessazione, il rapporto di forza è necessario per andare al di là delle capacità esplicite della materia stessa e creare l’indicibile, l’inespresso”.

    Il paragone, tutto suo, tra Fontana che buca la tela e uno stupro, è – appunto – tutto suo.
    Però, mi lasci dire. Lei scrive, credo a Ilaria:
    ====
    Per questo la reazione di persone come te, non del tutto partite di testa, è stata quella di separare il trauma di una violenza fisica (tangibile, oggettivo) da un trauma” di una spiacevolezza psicologica (ineffabile, irrilevante). Il primo è gravissimo e sanzionabile il secondo è una delle infinite scocciature della vita.
    Ma lo scopo di chi ha scritto è quello, esplicito: la violenza psicologia è altrettanto grave di quella fisica in un continuum dai confini sfumati.
    ====
    Io rispondo: certo, sì. La violenza psicologica è altrettanto grave di quella fisica in un continuum dai confini sfumati.
    Ma probabilmente son partito di testa.
    Chiedo scusa a tutti, e in particolare alla professoressa Cosenza, per la risposta piccata. Una cosa che mi piace fare, però, è avere un confronto dialettico su opinioni diverse – cosa accaduta, tra l’altro, in merito a questo stesso fatto con un collega. Detesto non esser presente per cinque giorni e leggere di supercazzole da chi non mi conosce.
    Ivano

  52. @Ivano Porpora
    “Detesto non esser presente per cinque giorni e leggere di supercazzole da chi non mi conosce.”

    Ma io non doveo conoscerla per leggere e commentare le sue supercazzole. Inoltre se manca per 5 giorni cosa dovrebbero fare gli altri? Saperlo? E aspettarla? Ma scherza?
    Quanto al merito:
    “Io NON parlo di stupro.
    Io NON parlo di limiti nel mostrabile.
    Io NON dico che quella scena non andasse girata.
    Io NON dico che Bertolucci è un autore da poco.
    Io NON dico che “L’ultimo tango” è un film da poco.”

    Lei infatti parla del niente; l’impanto argomentativo del suo articolo è contraddittorio e quindi nullo: lei si spende per 75 righe parlando rispettivamente del maschilismo pecoreccio della società, dell’evidente demenza precox di suo zio, e di una serie di episodi “violenti” dell’arte e del cinema. Ovviamente, parlando del caso Bertolucci, la conclusione per il lettore che ha letto quelle 75 righe è: la finzione non è realta quindi in questo caso non c’è violenza e non ci sono sentenze da depositare.
    E invece uno si trova la seguente conslusione, completamente dissociata dall’argomentazione che la precede, una chiusa che logicamente a se stante:
    “Ciò che del tutto non mi è andato giù sta nel fatto che la prima cosa che un artista deve avere, così come Fontana ha nei confronti della sua tela, è il rispetto per la materia.
    Se accetti che la tua materia sono gli attori, devi capirne sensibilità, limiti e limiti da non valicare. Sennò si corre il rischio che il grande artista sia, irrimediabilmente, un piccolo uomo

    Capisce che questa conclusione non discende dall’argomentazione usata e al massimo ci parla di come funzione la sua libera associazione d’idee? Interessante forse, ma per il suo analista.
    Senza quella frase finale – cavolo a merenda – da temino di terza media del paraculetto che cerca con la marchetta la lode della maestrina patosensibile, il suo pezzo nega la tesi di una violenza bertolucciana. E quindi non può essere in nessun caso ripreso da chi l’abbia vista e la legittimi. Se ne è reso conto?

    Ps
    Fontana di fontana che buca la tela l’ha tirato fuori lei. Io mi sono limitato a constatare, in rigorosa parodia femminsita, che era l’esempio più sciagurato possibile per parlare di risspetto alla materia metaforizzata alla donna.
    Cordialmente

  53. @Ivano: ciao! Infatti mi chiedevo come mai l’autore del post non intervenisse, come facevo a sapere che tu fossi via 5 giorni? 😉 Ti faccio una domanda (so che potrebbe sembrare polemica, ma non lo è): i tuoi post vengono in qualche modo (semplificando) presentati come “femministi” o “dalla parte delle donne” (a giudicare dai blog in cui vengono proposti). Invece a me – che non sono neanche femminista! – paiono intrisi di maschilismo, più di una pubblicità della Brio blu (per citare un commento del post sopra). Devo ancora riprendermi da quello sugli sguardi maschili verso i cartelloni pubblicitari. Tu… come la vedi? Cioè tu pensi di scrivere qualcosa di “femminista”? Pensi invece di scrivere qualcosa che rappresenti “gli uomini”? No, perché io da queste parti passo sempre per maschilista o “replicante inconsapevole del perfido sistema patriarcale” (sic! Quando non sono né maschilista né femminista, ma semplicemente Ilaria, coi suoi specifici cuore e cervello) e poi mi trovo qua o da Loredana i tuoi post “osannati”, che a me sembrano molto più maschilisti e “patriarcali” di qualunque cosa io possa farmi venire in mente anche impegnandomi… la cosa potrebbe anche turbarmi, se non fossi una donna felice 😉 Ti ringrazio se vorrai rispondermi passando sopra al mio tono un po’ scherzoso… a me piace sorridere (non deridere).

  54. Ilaria, grazie per la domanda.
    Grazie davvero, perché mi toglie da un impaccio – ossia dal dovere di spiegare da che punto di vista parlo.
    Ho spiegato diverse volte a Loredana, che lo sa bene, che il mio non è un punto di vista femminista né maschilista. È il punto di vista di un uomo cresciuto in un sistema valoriale all’interno del quale certi comportamenti erano incoraggiati a parole o fatti. Quindi, nel momento in cui si è cominciato a parlare della questione femminile – e di quella omosessuale – ho sentito il dovere di prendere la parola per spiegare perché alle marce di Se non ora quando, come al Gay Pride, partecipassi anche io. Rivendicando il fatto che questa cultura, e questa visione del mondo, non è lesiva solo nei confronti delle donne ma dell’intera popolazione.
    Guardare una donna e cercare di scrutare nel momento in cui si piega in avanti le tette non è così naturale. Ho dovuto ammettere di farlo per cercare di capire perché non fosse normale, e da dove tutto partisse. E, sì, in questo è fondamentale intendere come la violenza psicologica e quella fisica vanno a braccetto e hanno lo stesso peso.
    Ivano

  55. comunque anche lasciando da parte le tette, uomini e donne si scrutano e si “ammirano”..in sè non c’è nulla di strano (lo si può fare anche senza sbavare, certo). E la cosa del “naturale” come ripeto spesso è un falso problema: noi tutti siamo un mix di natura cultura e storia intrecciati tra loro

  56. @Ilaria
    Vorrei permettermi la presunzione di risponderti dopo l’autore, tanto per vedere se so guardare dalla prospettiva giusta.
    I pezzi di Ivano Porpora piacciono alla femministe perché mettono in scena la psicologia maschilista così come la vedono (e la vogliono vedere) loro. Nell’opera di Porpora vi vedono la denuncia riuscita e acuta. E siccome chi la fa è un uomo essa diventa la sensibilità che vorremmo in ciascuno di loro, la catarsi auspicabile per tutti gli altri che ancora non hanno fatto autocritica. Oltre a dimostrare come ogni femminista vera riesce benissimo a discutere proficuamente con gli uomini intelligenti tanto da pubblicarne il contenuto e che quindi il femminismo non è una riserva, anzi un recinto, di scemenze che si parlano tra loro.
    Per questo Porpora in questo articolo ha infilato una chiusa finale completamente in contraddizione (o, se si preferisce, non pertinente) all’argomentazione che la precede: per dare il contentino, il colpo al cerchio e alla botte, anche alle femministe che lo pubblicano a difesa delle loro tesi. L’autore si è reso benissimo conto che nel caso Bertolucci-Schneider sproloquiare di violenza così com’è stato fatto in un’infinità di articoli filofemministi è un’assurdità. L’autore ha capito benissimo come funziona l’arte: il suo articolo è in sua difesa. Ma quella frase finale suona all’orecchio delle femministe come una strizzata d’occhio, la concessione alle loro tesi. E quindi, nella logica binaria amico-nemico che è il massimo che questa pletora di scriventi che hai citato sembra articolare, basta e avanza per riconoscerlo come uno dei nostri.
    Che poi personalmente consideri la psicoogia maschilista che Porpora vorrebbe derscrivere una caricatura fuori tempo e luogo statistico, ad oggi, è un altro paio di maniche che mi riconferma la natura delle ossessioni. Ovvero che occorre cercare col lanternino ciò che statisticamente è sotto soglia di percebilità sociale.
    Ribadiamolo: Porpora ha diritto a scrivere ciò che vuole e io lo leggerò pure. Quello che non dovrebbe fare, a mio mdesto avviso, è essere tirato per la giacchetta e strumentalizzato – il termine è quello, no? – per cause che deformano il suo pensiero facendo di lui un porporato della Papessa e della sua religione.
    Avrei apprezzato volentieri il suo pezzo sulle accuse piovute a Bertolucci, perché è questa la ragione d’attualità di quel pezzo, con una conclusione in accordo con il testo. E non con la frase ad effetto a uso e consumo femminista.

  57. Ecco che lo hai rifatto… quella volgarità che in ogni tuo post emerge. Una volta sono le donne paragonate a tranci di animali perché nella tua terra si macellano i maiali… nel post su Bertolucci quei commenti volgari sempre legati all’uomo che vede una donna e gli vengono in mente solo “quei” pensieri, per non parlare dell’associazione mentale donna-materia (anche se “da rispettare”… adesso il guardare le tette. Tutte cose che esistono ma nei tuoi post – è questo il “mio” problema – esiste solo quello. Ora forse viviamo in contesti molto diversi, ma insomma… siamo sempre in Italia (nord Italia, regioni limitrofe) quindi non penso. La mia umile e personale opinione è che inchiodare gli uomini a questo solo tipo di sguardo e di pensieri e le donne a vittime di esso è così riduttivo e in un certo senso “menzognero” (anche se tu e le autrici che rientrano nel suddetto modo di raccontare donne e uomini siete in buoba fede) da risultare offensivo (per chi per es. ha una sensibilità simile alla mia) e anche un po’ (scusa) “inutile”. A cosa serve una bugia? Oppure, affinché non risulti una bugia, dovresti sempre specificare che stai dando voce/vuoi dare voce solo a un tipo di sguardo. Non sono un’ingenua ma non mi sento immersa in questo schifo che racconti tu, dove dagli uomini vengo considerata solo un corpo (di donna o di maiale che sia) o una “puttana”. Perché intanto non tutti gli uomini condividono questo sguardo così “sporco”. Secondo, un uomo che si piega per guardare le tette (ormai poi non c’è neanche più bisogno di piegarsi come una volta) o fa una battutaccia non è inchiodato a quello sguardo o a quella battutaccia. E’ una persona nel suo complesso, lo vedo anche sul lavoro, uno può anche farmi una battuta un po’ sessista, ok è umano, gli è venuta! Poi però se ho bisogno di aiuto magari lui sarà il primo a farsi in quattro per me, magari è un buon padre che gioca tutta la sera coi figli, o semplicemente è bravo nel suo lavoro. Invece nei tuoi post l’uomo è sempre (scusa) un “porco”, così come nei post delle “femministe” la donna è sempre una povera vittima… Perché del mondo volete guardare solo una parte (quella negativa) e non l’insieme? Il mondo (anche nella dimensione dei rapporti uomo-donna, sia su scala personale che a livello di immaginario culturale e rappresentazione) non è affatto questo schifo orribile che trovo rappresentato qui… le donne, sia in tv sia nella realtà, non fanno solo le “veline” ma i medici, le avvocate, le giornaliste, guidano gli autobus e i camion della spazzatura; gli uomini sono anche persone che non passano tutto il tempo solo a sbavare e biascicare “puttana” dietro (o davanti) alle donne ma colleghi, padri, mariti, uomini che salvano vite, che mandano avanti la baracca con amore, dedizione, rispetto. Sono circondata da uomini al lavoro, non vado a indagare cosa ci sia ogni secondo nei loro pensieri, ci sarà anche qualche “pensieraccio” ogni tanto o spesso, ma il rispetto, il sorridersi, il collaborare non mi manca mai. Il mondo è più colorato di come lo rappresenti tu. Scusami ma ora devo andare a tagliarmi i capelli e poi esco, se mi rispondi ti leggerò domani. Buon sabato! 🙂

  58. Ma no, Ilaria! Né io considero le donne solo come un corpo, né le associo alla materia. Il punto è che queste mie considerazioni nascono da una sorta di “sentirmi usato”. Punto il dito laddove mi sento usato. Del momento in cui usato non mi sento non parlo – così come ho ritenuto opportuno parlare di Barilla e Buitoni ma non, chessò, di Nestlé. O ho pensato importante cercare di focalizzare il mio pensiero su Bertolucci e non su Erika Lust.
    Di solito funziona così: quando ho un’opinione cui voglio dar corpo chiamo Loredana Lipperini e glielo chiedo. Lavoro sul pezzo per almeno 4-5 ore (per esser sicuro non mi escano pensierini, per intenderci). E poi spedisco.
    Semplicemente.
    Buon taglio a te.

  59. Eccomi… Leggo solo ora l’ultimo commento di Ugo, probabilmente ieri avevamo scritto contemporaneamente, e mi trovo d’accordo… è un po’ quello che ho scritto anch’io nel mio commento di ieri: tu Ivano e le “blogger femministe” (non so come chiamarle meglio) vi trovate su questa mentalità negativa, anche secondo me; entrambi tendete a concentrarvi sul peggio della realtà (tu Ivano in modo forse più “sincero”), enfatizzandolo e facendolo sembrare la normalità quando invece non lo è affatto. Questo è esattamente quello che personalmente mi dà tanto fastidio e che mi spinge a volte a intervenire. Comunque ti ringrazio, sono molto felice che tu mi abbia spiegato direttamente il tuo punto di vista, così ora almeno lo conosco quando leggerò i tuoi post 🙂

  60. Dovere 🙂
    Solo una cosa. Le femministe, i gay, nonché le persone che – in generale – protestano per i propri diritti urlano perché ricevono pedate sotto il tavolo.
    Protestare per i loro strepiti è sciocco; meglio interrompere quelle pedate.

  61. Non stiamo più parlando del film di Bernardo e Kim, Ok. Ilaria: qui… le donne, sia in tv sia nella realtà, non fanno solo le “veline” ma i medici, le avvocate, le giornaliste, guidano gli autobus e i camion della spazzatura. Sono fermamente convinto che anche le veline debbano essere rispettate come esseri umani femminili e con uncervello. Ma ciò non toglie che le lavoratrici di cui sopra possono essere sexy. Conosco una ginecologa che in maschilese si definirebbe da “paura”. Perché un maschio che guarda una donna e ne apprezza (non conoscendola) la bellezza della sua femminilità le sue curve il suo sguardo, le sue labbra, deve essere chiamato porco. Cos è un porco? E’ porco colui che apprezza l’erotismo? E’ porco un settantenne che adora il corpo di una ventenne? Si è porci quando si hanno pensieri e fantasie erotiche in autobus quando nella calca ti senti un seno che ti spinge nella schiena? E’ ovvio che ad un maschio, il valore sexy della femmina, sia la prima cosa che apprezza appena la vede, è ovvio perché è un maschio e lei una femmina che sono una delle dimensioni dell’uomo e della donna. Il maschio uomo è in grado di apprezzare nella donna anche tutto il resto, intelligenza, carattere, personalità, professionalità ecc. , se però il soggetto femminile è sexy questo aspetto (il maschio uomo) difficilmente potrà ignorarlo anche se apprezza e riconosce tutto il resto. Conosco una avvocatessa brava, intelligente, haimé (direbbe qualcuno) è anche una gnocca pazzesca. Sono un porco perché riconosco in lei questa qualità? Lei è felice di essere considerata una gnocca pazzesca; è una vanesia narcisista per questo, una controfemminista? Le donne sono esseri bellissimi e sexy, vogliamo togliere questa prerogativa? Fatemi sapere come la pensate.

  62. Pier Danio… queste cose non dirle a me, ma a Ivano. Ho usato quella parola perché è lui (nei suoi post) che dà l’impressione di considerare sempre sporco lo sguardo maschile e io stavo criticando questo fatto. Io sono in disaccordo con quel modo di rappresentare gli uomini (e le donne); sta’ tranquillo che il mio pensiero sull’argomento è ben diverso. Almeno tu centra il bersaglio giusto… grazie 😉

  63. @Pier Danio
    Concordo in tutto.

    Aggiungerei ciò che diceva un mio prozio, gran signore e grande “amatore” (ma discretissimo) di tempi lontani: “Sono capaci tutti di desiderare e apprezzare le donne più belle, esserne altrettanto capaci con le meno belle è un’arte”.
    Dava per scontato, a differenza di un celebre politico italiano ormai fuori scena, che nessuna donna è indesiderabile — mi riferisco alla famigerata battuta su Angela Merkel, che quel mio prozio avrebbe trovato molto più sciocca che volgare.

    Forse per le donne le cose sono leggermente diverse, avendo le donne buoni motivi per essere più selettive di noi.

  64. Pier Danio..personalmente sono d’accordo con te, penso che il sexy o l’essere attraenti faccia parte della vita e non sia peraltro una esclusiva femminile..anche un uomo (qualunque lavoro faccia) può essere bellissimo ed esercitare attrazione nell’altro sesso (e non solo)..ripeto: il sexy e l’attrazione erotica fanno parte di noi…però Bertolucci non c’entra

  65. @Ilaria
    Concordo in tutto con Pier Danio, tranne che nell’averti fraintesa. 🙂

  66. Scusate. Concordo con molte cose che vengono dette; ciò che non capisco è perché vengano dette in risposta a me. Non solo non ritengo porco un uomo che apprezzi la bellezza femminile, per dire, ma sto pure organizzando un corso di scrittura erotica. Mi infastidisce notare quando questo volgersi alla bellezza femminile diventa un vincolo per il soggetto a causa del sovraccarico sessuale di questi tempi. Questo è ciò che mi turba.

  67. @Ivano Porpora
    Quindi suppongo che il suo rapporto con Snoq, Lipperini, etc., che invece considerano maschilista e porcello questo approccio, sia schizofrenico e tutto motivato alla sua personale vanità.
    Ma era lei quello che scriveva giusto ieri e qui che
    Guardare una donna e cercare di scrutare nel momento in cui si piega in avanti le tette non è così naturale. Ho dovuto ammettere di farlo per cercare di capire perché non fosse normale, e da dove tutto partisse. E, sì, in questo è fondamentale intendere come la violenza psicologica e quella fisica vanno a braccetto e hanno lo stesso peso.

    Insomma, si decida. Non può tenere il piedino su due staffe. O di qua o di là. Va bene che si chiama porpora ma così ci fa arrossire tutti per lei.

  68. Che articolo insignificante. E le ultime quattro righe sono in totale antitesi rispetto alle premesse.
    Cos’è, iniziamo a pubblicare ogni boiata ben scritta purché sia chikkosamente femministaiola militante?
    La logica dov’è? Dov’è lo spunto, l’intelligenza? La metafora della tela di Fontana, poi. Fantastico.
    Povere donne. Così accerchiate da piccoli Ghedini non richiesti.

  69. No, eh? Piccoli Ghedini non richiesti se lo tenga per sé.
    Grazie.

  70. Ah, ecco svelato l’arcano: “corso di scrittura erotica”… Vado a tagliarmi le vene, anzi l’uccello.

  71. Però, scusate una cosa. Mi sono esposto, ho scritto una cosa. Mettiamo pure faccia schifo. Ma come vi permettete, in virtù di essere dall’altra parte di uno schermo e di stare nell’anonimato, di uscire con commenti gratuiti nei confronti di chi non conoscete?
    Con questo, ahimé, chiudo ogni discussione qui. E mi dispiace.

  72. A parte forse Bileonair tutti abbiamo commentato il tuo post, non ho letto giudizi su di te. Se si pubblica un post significa implicitamente che si è disposti a discuterlo. Anche a me non piace molto l’anonimato ma se si sta su internet occorre accettarlo; in fondo è anche un modo per mettere in evidenza il confronto tra le idee rispetto alle persone che le propongono, evitando (in teoria) attacchi personali. Comunque io non sono mai anonima: ovunque commenti metto sempre il link al mio blog, dove c’è il mio nome, cognome e indirizzo mail… e aggiorno perfino l’avatar ogni volta che cambio la messa in piega ^_^

  73. @Ivano Porpora
    Guardi che sarebbe stato gratuito anche un commento che le avesse detto bravo, o, per usare i termini di Cosenza, ” particolarmente equilibrato e lucido. Ma anche duro, della stessa durezza che ha la realtà. La vita.”
    In quel caso l’anonimato e il commento sono stati (e sarebbero) salutati come positivi, ci ha pensato?
    Porpora, lei scrive e appare su blog e quindi si espone ai commenti che sono gratuiti o non sono commenti. O si aspettava che dovessero essere solo estasiati riconoscimenti della sua biografica penitenza maschilista e ora che ha invece ricevuto scappellotti se la prende? Certo che se si mandano i propri testi di denuncia del maschilismo a Lipperini e poi si dice, candidi come il (cer)vello delle pecore, che si sta organizzando un corso di scrittura erotica siamo già passati al ridicolo e se qualcuno glielo dice magari lo ringrazi.

  74. La mia battuta “tagliente” sul “corso di scrittura erotica” menzionato dall’autore dell’articolo in topic non si risolve in un “lol”. E’ vero che l’idea in sé rasenta il ridicolo, specie a margine di una discussione su UTAP, ma ci dovremmo sforzare nell’esaminare come una tale idea possa essere partorita solo in quel clima ideologico neo-puritano che nelle “zanardo” sostenute dalle “lipperini” (due nomi che valgono anche per altri) ha eletto le “maestrine” incaricate di una ri-educazione erotica del popolo italiano. In altre parole l’idea del corso su citato è tanto aberrante quanto quella di corsi scolastici funzionali all’educazione ai sentimenti e alla sessualità. L’erotismo fiorisce nella cultura. Così come l’educazione sessuale è implicita ad un’educazione culturale in senso lato. Come scrissi anni fa, forse proprio su questo blog, certe cose della vita non si insegnano attraverso specifiche discipline ma s’infondono nell’individuo attraverso altre discipline. Attraverso la cultura generale. Dunque ribadiamo che l’erotismo fiorisce nella cultura. Ora che questa gente dal talento critico mediocrissimo cerchi di trovare lavoro mi sta anche bene, ma non mi sta bene che cerchi di farlo indottrinando un paese fino ad influire sul legislatore che a breve si sentirà in dovere di stabilire i centimetri di cosce mostrabili in uno spot o quando e come sia possibile mostrare un nudo a fini d’intrattenimento. Da qui alla censura che 40 anni fa volle e ottenne il rogo per UTAP il passo è brevissimo. Per questo motivo l’uscita di Lipperini (ben oltre quella del Porpora) su laRepubblica non ci convince affatto. Non convince (cara Ilaria) perché rimuove ideologicamente, e psicologicamente, la percezione di un danno millantato da una donna frustrata, ingenua, depressa, sola, infelice. Una donna incapace di percepire il mondo intorno a sé, e che a ventanni voleva solo diventare una grande attrice, senza però mettere in discussione la propria visione borghese e reazionaria della vita, sessuale in particolare; Brando e Bertolucci gliela sbattono in faccia brutalmente, è vero. Ma si tratta di crescere e capire. A volte la vita riserva comunicazioni/insegnamenti violenti. La Schneider cercherà tutta la vita un capro espiatorio per giustificare il suo fallimento. Oggi, sebbene in maniere diverse tra loro, le nostre femministe cercano capri in Bertolucci e Brando riciclando e strumentalizzando il disagio e le sventure della Schneider. In questo intravvedo anche uno sfruttamento del dolore altrui a fini ideologici e politici. Altro che dalla parte delle bambine.

  75. Porpora. Il bello di un blog è il commento non ha importanza il commentatore. Come vede io (come Ilaria) scrivo sempre firmandomi con nome e cognome, digitando il quale lei può trovare nel web tracce di me, del mio operato e anche la mia foto non photoshoppata. Questo non significa che io scrivo quello che penso, o no? Per dirla alla Bergonzoni, il suo haimé lo trasformi in hai me, dove ciò che hai è il commento vivido e reale. Io non mi sono mai preso la briga di pensare a come sono fatti e chi sono Ugo o Luzy, dibatto con loro su questo blog e la loro rappresentazione verbale mi dice molto dei valori e della cultura che porta con se. Lei scrive, dovrebbe quindi sapere che le parole non sono soltanto parole e che con un’ottima preparazione in PNL la rappresentazione verbale di un individuo lo rappresenta. Indubbio che la parola scritta possa trarre in inganno ed essere ingannatrice, ma l’inganno è di per se rappresentativo, così come lo sono i personaggi di un romanzo così come lo è Paul e Jeanne. Quando guardo e sento Paul che sodomizza Jeanne che geme e piange, mica penso a Marlon e Maria. Quando leggo Ilaria non mi viene voglia di andare a cercarla sul suo blog, manco sapevo che lo avesse, Ilaria per me è come Cyrano. Non ci abbandoni, si diverta con noi.

  76. Pingback: Bernardo Bertolucci e l’Alka-Seltzer | D I S . A M B . I G U A N D O | NUOVA RESISTENZA

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