Perché i media italiani demonizzano Internet? Un esempio eclatante

Immagine sulla solitudine dei social network, Repubblica 14 marzo 2015

Non sopporto la tendenza a demonizzare Internet che i media italiani (stampa e tv) mettono in scena quasi ogni giorno. In un paese con statistiche di accesso a Internet fra le più basse d’Europa (vedi Internetworldstats), con una cultura informatica e di rete traballante e poco diffusa persino fra i cosiddetti “nativi digitali”, con un’agenda digitale della quale molto si parla ma a favore della quale (ancora) poco si fa, trovo culturalmente reazionario e irresponsabile l’accanimento allarmistico e apocalittico con cui in Italia giornalisti, politici, intellettuali spesso parlano di Internet, social media e tecnologie digitali. Cosa vuol dire demonizzare? Vuol dire associare alla rete e ai media digitali automaticamente, sempre e comunque, senza distinguere realtà che sono più complesse e spesso anche del tutto diverse da come sono rappresentate dai media, significati e emozioni negative (ansia, paura, rabbia, angoscia): i videogiochi “fanno male” ai ragazzini, i social media contribuiscono all’isolamento e alla solitudine delle persone, la rete è piena di rischi e pericoli per tutti, adulti e ragazzini (pedofili, pirati, ladri, criminali vari), e persino se un adolescente si suicida finisce per essere “colpa” di episodi di cyberbullismo e cattive frequentazioni in rete. Queste tesi sono a volte implicite e/o presupposte da titoli, occhielli, interi articoli e trasmissioni televisive, ma spesso sono affermate in modo esplicito e diretto, ai limiti del ridicolo. Senza che gli autori si rendano conto del ridicolo, naturalmente.

Sto dicendo che la rete e i media digitali sono solo belli e buoni, non contengono pericoli e non fanno male a nessuno? Nossignore: in rete e sui social media (come nell’uso compulsivo di computer, tablet, smartphone, videogiochi) ci sono pericoli e problemi, esattamente come ci sono nella vita fuori dalla rete e senza i media digitali. Ma la realtà di ciò che accade agli esseri umani è per fortuna sempre più complessa dei nessi banalizzanti e deterministici fra tecnologie e effetti negativi del loro uso che i media costruiscono. Anche il tecnoentusiasmo cieco e deterministico, per cui usare la rete e i media digitali sarebbe in sé e per sé, sempre e comunque, cosa positiva, innovativa, intelligente e magari pure democratica è una posizione sciocca. Tanto sciocca quanto l’atteggiamento demonizzante e apocalittico dei media italiani. Ma con l’arretratezza digitale che ci ritroviamo in Italia, meglio peccare di tecnoentusiasmo che di tecnofobia, dico io. E gli intellettuali, i giornalisti, i politici tecnofobici queste cose dovrebbero saperle.

Gli esempi di questa demonizzazione sono molti. E quotidiani. L’ultimo, eclatante, è di due giorni fa su Repubblica del 14 marzo, ed è stato smontato con perizia da Valigia Blu, in un articolo firmato da Antonio Scalari e Angelo Romano. In sintesi, dicono gli autori:

Tutto l’articolo di Repubblica si fonda su una argomentazione fallace per cui, poiché stiamo vivendo in un momento in cui si registra un elevato tasso di solitudine e isolamento e questo momento storico coincide con l’era digitale, dunque la responsabilità va attribuita ai social media. E in questo contesto l’identificazione del XXI secolo come «il secolo della rivoluzione digitale, degli smartphone, dei social network» (addirittura dei «messaggini», benché fossero ormai di uso comune già alla fine degli anni ’90) e il continuo e insistente riferimento ai social media e all’«era digitale», a partire dal titolo, risultano scorretti e ingannevoli perché inducono il lettore a pensare che gli autori dello studio abbiano individuato una correlazione o, addirittura, un rapporto di causa-effetto tra un aumentato rischio per la mortalità e l’utilizzo dei social media, invece che la solitudine e l’isolamento sociale, qualsiasi siano le loro motivazioni.
Leggi con attenzione l’articolo intero su Valigia Blu. Ne vale davvero la pena: La ricerca inesistente su social network e solitudine, di Antonio Scalari (con la collaborazione di Angelo Romano).
Idea per una tesi triennale o magistrale: selezionare un corpus di articoli tratti dalla stampa quotidiana nazionale e analizzare i modi con cui si demonizzano Internet e i social media, attribuendo loro “colpe” e “cause” di diversi “mali” sociali e/o episodi di cronaca nera. Per selezionare il corpus e impostare la metodologia, vieni a trovarmi a ricevimento.

14 risposte a “Perché i media italiani demonizzano Internet? Un esempio eclatante

  1. Giovanna, la risposta è molto molto semplice!
    Giornali e giornalisti che scrivono certi articoli lo fanno solo perchè sono loro i primi ad avere paura. Si vedono minacciato il loro posto, il loro ruolo di giornalisti e vedono nei nuovi media una minaccia invece di un’opportunità.
    Sono fuori dalla digitalizzazione, non riescono o non vogliono cambiare e stare al passo con i tempi perchè richiede tempo, impegno e fatica. Così è più facile “cavarsela” e portare acqua al loro mulino (la stampa tradizionale, la comunicazione dei “veri giornalisti”).
    E sono gli stessi che pubblicano gli articoli dicendo che le facoltà di Comunicazione non servono; che chi esce laureato in Comunicazione (soprattutto nella comunicazione digitale) è un fallito, sarà un disoccupato a vita, che in Italia non troverà mai un lavoro. E così si innesca il circolo vizioso; le nostre imprese, invece di investire nella digitalizzazione, se ne scappano spaventati da certi articoli e così si avverano le “profezie”.
    Se invece questi “giornalisti” si mettessero tutti a scrivere il contrario (cosa che difficilmente accadrà) finalmente potremmo sperare di eliminare il gap che ci divide dagli altri Paesi.
    Ma a loro non conviene… vedersi “rubare” il posto da ragazzini, brucia…

  2. Ottima osservazione. I media “tradizionali” italiani tendono sempre a mettere in cattiva luce internet e i social media, ma si fa davvero poco per informare ed educare sulle opportunità, non solo in chiave lavorativa, ma anche culturale e sociale, del digitale.
    Per quale motivo un’amicizia nata sui social media dovrebbe essere “malsana” a prescindere?

  3. Una correlazione non fa primavera:
    http://attivissimo.blogspot.it/2014/10/il-sito-delle-statistiche-impossibili.html

    Il metodo “allarme internet” funziona, devo dire. Quante volte ho dovuto rassicurare i miei che il TG o il giornale di carta stavano sparando fesserie o dati vecchi e stranoti…

    Perché accade? Penso che le ragioni siano essenzialmente due:
    1) ignoranza
    2) perdita di potere
    La Rete è complessa, multiforme, fluida. In Rete sono possibili cambiamenti repentini, è difficile controllare il fluire delle informazioni (nel bene e nel male), è relativamente facile fare le pulci ad un articolo. La lettura delle informazioni in Rete obbliga, se non si vuole fare una brutta fine, a tenere il cervello perennemente collegato. Per chi ha la forma mentis della macchina da scrivere tutto questo è insopportabile e la Rete è realmente il Diavolo.

    Personalmente, come metodo di difesa, la prima reazione agli articoli dei giornali e ai servizi TV su internet e dintorni è: “l’informazione è falsa.” Solo quando ho riscontri su altri canali mi muovo per approfondire. Se è il caso.

  4. Anch’io comunque ho la stessa percezione di consolataplatone. Per promuovere la mia attività di editoria digitale prendo contatti esclusivamente con blogger e testate online, mi sono stufato di prendere porte in faccia dai giornali cartacei perché “noi non scriviamo di ebook”; non amo citare Andreotti, ma “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”…. Poi ovviamente c’è qualche eccezione, ma credo molto rara.

  5. L’ha ribloggato su alexurbee ha commentato:
    Any rudiments of media theory by Marshall McLuhan? Che noia i quotidiani italiani.

  6. Non finirò mai di stupirmi su come in Italia (anche all’estero?) si demonizzino mezzi di comunicazione, tecnologie, piattaforme social e quant’altro … come se fossero essere senzianti? Come se fosse colpa loro? “Su internet è pieno di pedofili, bulli, ladri!” … succede anche offline? Da millenni?
    Sono strumenti. Possono più o meno facilitare questa o quest’altra forma di interazione, quella e quell’altra azione, ma rimangono pur sempre strumenti. Certo, certo, possono creare assuefazione in maniera più o meno intenzionale, ci sono strategie di vendita – ma la coscienza critica del consumatore-utente non si può creare condannando in blocco i media digitali.
    Se chi di dovere è tanto preoccupato dalla deriva sociale alla quale il Web ci sta portando (!!!), perché non fare un po’ di sana, reale informazione sul tema?

  7. Puntualizziamo. Non i media, ma la tv e la stampa italiane demonizzano Internet perché non sono Internet (e vorrebbero).

  8. Un bellissimo videogioco di fantascienza (del 1999) rispondeva a questa vecchia polemica (che allora era più forte, perché più acerba la rivoluzione informatica) con le parole di un personaggio, una suora: ” Evil lurks in the datalinks as it lurked in the streets of yesteryear. But it was never the streets that were evil.” -Sister Miriam Godwinson, da “Alpha Centauri”

  9. Non sono d’accordo. E’ vero che non abbiamo la banda larga ma se avessi un figlio che fosse sempre su Facebook e facesse amicizia e prendesse appuntamento con dei perfetti sconosciuti mi preoccuperei seriamente. Mi preoccuperei seriamente anche se avessi un figlio di due anni che non fa altro che armeggiare con il mio tablet (che non ho). Li inviterei a fare amicizia con persone reali, a fare i compiti e a giocare all’aperto. Quando saranno più grandi li incoraggerei anche a darmi una mano nei lavori domestici, a farsi un futuro reale.

  10. Per una volta concordo piemamente con la prof. Cosenza. Questo atteggiamento di demonizzazione (leggi “paura”) è sintomo di una forte insicurezza e crisi di carta stampata e tv, media che han visto negli anni venire intaccata la loro leadership. “Ogni generazione odia quella che viene dopo, ed i media non ne sono certo immuni”, scrissi nella mia tesi di laurea sul web 2.0. Detto ciò, sia demonizzare che idolatrare (Morovoz docet 😉 il web 2.0 è sbagliato e sintomo di totale assenza di lungimiranza nonchè spirito critico.

  11. Pingback: Internet, il demonio? | Pietroalviti's Weblog

  12. @Marco: splendida citazione, grazie per averla riportata.
    @Francesca: ti posso assicurare che dopo che parli su Facebook con una persona per qualche mese, non e’ piu’ un perfetto sconosciuto. Io e il mio ragazzo, ad esempio, ci siamo conosciuti su un forum, abbiamo stretto una bella amicizia che si nutriva di chiacchiere su Skype e, dopo due anni, ci siamo accorti di esserci innamorati, ci siamo visti – lui abita a 300 e passa km da me – e cosi’ e’ iniziata la nostra relazione. Quello che succede attraverso Facebook e Skype non e’ meno reale a prescindere. Spesso le amicizie ‘a distanza’ nate su Facebook sono altrettanto profonde e ricche di quelle nate ‘nella vita reale’, e talvolta di piu’, perche’ si basano sulla condivisione di interessi piuttosto che sul fatto di essere, che ne so, cresciuti insieme nel piccolo paesino.

  13. Io ci credo, mi suona ragionevole, ma per una tesi universitaria sarei curioso di leggere uno studio senza preconcetti: magari ci sono molti articoli di stampa nazionale in cui Internet e la digitalizzazione non vengono demonizzati, ma ci sfuggono perché la nostra visione della stampa italiana non è delle più rosee, e la tesi di partenza è già distorta dal nostro pregiudizio (negativo)(giustamente).

    Sarebbe appassionante discutere se le fonti del giornalismo e giornalettismo Web siano o meno da prendere in considerazione o se sono da considerarsi ‘di parte’ (anche quelle apocalittiche 🙂 )

    Magari

  14. Molto molto interessante, grazie.
    serena

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