Ancora su emozioni e storytelling

Camera dei Deputati 7 maggio 2015

Oggi nessuna storia, nessun racconto – che sia pubblicitario o politico, giornalistico, televisivo o altro – può accedere a un pubblico di massa, può diventare virale in rete e portare attenzione, fama e soldi a chi lo ha prodotto, se non ha la capacità di suscitare emozioni nei lettori e nelle lettrici, negli spettatori e nelle spettatrici, negli ascoltatori e nelle ascoltatrici. È ciò che emerge dalla migliore ricerca internazionale sullo storytelling (Harvard Business School e MIT, tanto per fare due nomi) ed è ciò che ho sintetizzato in meno di quindici minuti durante l’incontro, organizzato dalla community dei Wwworkers assieme all’Intergruppo Parlamentare sulla Sussidiarietà, che si è tenuto presso la Sala Aldo Moro della Camera dei Deputati il 7 maggio scorso, sul tema “Artigiani Digitali. Wwworkers Camp 2015”.

Grazie a Key4biz per le riprese e il montaggio.

18 risposte a “Ancora su emozioni e storytelling

  1. Scusa Giovanna, ma dovresti dirci un po’ di più o darci l’indirizzo dove poter trovare i risultati della ricerca di Harvard Business School e MIT. Non credo che il dibattito si possa sviluppare sulla scoperta dell’acqua calda o su quanto visto dal video sull’incontro in Sanofi, francamente poco interessante e non saprei quanto utile a chi lo ha sponsorizzato. Non vorrei essere frainteso. Sono state dette cose vere e interessanti sullo stato dell’arte del digitale sull’atteggiamento autocelebrativo o ininfluente delle aziende grandi e piccole, e su come oggi il web sia utilizzato per essere un catalogo in rete e quasi mai come un’occasione unica per creare relazioni. Ma sulle emozioni non mi pare che vi sia niente di nuovo sotto il sole. Suscitare emozioni è sempre stato l’obiettivo dei pubblicitari e dei media, il fatto che oggi lo debba essere per la comunicazione in rete mi sembra ovvio visto che gli astanti sono sempre esseri umani. Le emozioni nelle storie mi pare siano di antica memoria il Prof. Robert McKee (insegnava story analisis e film script alla Southern California di Los Angeles) all’inizio del suo corso nel 1981 disse: “se siete in grado di comprendere come è strutturata l’Odissea siete in grado di capire come si costruisce una storia”, aggiungeva che con 5$ si poteva comunque acquistare la Poetica di Aristotele e risparmiare i 750$ del suo corso. Possiamo sicuramente dire che molti sceneggiatori, pubblicitari, scrittori ecc. non hanno tratto beneficio da queste letture; che molti industriali non sarebbero in grado di comprendere se il “racconto” susciti emozioni, ma non possiamo discutere di emozioni come obiettivo del narratore di storie, perché non c’é niente da dire se non che senza suscitare una minima emozione una storia di qualsiasi natura non è una storia. Alla domanda: cos’è una storia Mckee rispondeva: A story is a story, guys.

  2. Il tema storytelling è stato ripreso anche venerdì scorso 15 maggio al forum di Milano dal guru del marketing Philip Kotler che lo ha unito a web e alle neuroscienze come nuovo processo di conquista del cliente .
    Alle tradizionali 4 P del Marketing mix , Kotler ha unito altre 3 P : Profitto, Persone , Pianeta /attenzione all’ambiente

  3. @tino, vecchio mio, ma questa sorta di “specificazione” sulla narrazione di storie, non ti sembra acqua calda? E una vita che raccontiamo storie o perlomeno ci proviamo, non ci voleva anche il vecchio (più di me) Philip a ricordarci che conquisterai un cliente se apprezzerà la tua storia, senza dimenticare mai la P di prezzo. E’ con una storia che mia moglie si è fatta sposare? Ed è grazie alla mia storia che ancora qualcuno mi paga per raccontare storie.

  4. @Pier Danio , vecchia quercia , in realtà andrebbe vista un po’ tutta la giornata del forum dedicata al vecchio Philip..
    ( “vecchio mio” , “vecchia quercia” , “vecchio Philip” .. qui siam tutti in geriatria !)

  5. Difatti anche lo storytelling è in geriatria, adesso qualcuno vuol farci credere che sia in pediatria neonatale. Comunque, se Giovanna ne parla così tanto vuol dire che i ragazzi sono all’oscuro del “bollito misto”.

  6. Pier Danio, confermo: i ragazzi sono all’oscuro del bollito misto. E anche le aziende lo sono. Detto questo, in dieci minuti di qua e dieci minuti di là, non potevo fare riferimenti accademici e pizze varie, altrimenti mi avrebbero accusata di essere noiosa, pedante, professorale eccetera. Sto attraversando giorni di lavoro frenetico. Appena mi fermo, posto nei commenti i link del caso.

  7. Magari serve alla discussione.

    Dal blog della Harvard Business Review Italia:

    Come un aneddoto può aiutarti a dirigere
    di Stew Friedman

    http://hbritalia.it/leadership/come-un-aneddoto-puo-aiutarti-a-dirigere/

  8. Non concordo con lo svilire lo storytelling . A livello di FERPI ( Federazione Relazioni Pubbliche Italiana )e di EUPRERA (The European Public Relations Education and Research Association) si documenta un forte sviluppo dello storytelling. Di conseguenza è logico parlarne e che diventi argomento anche nei corsi di scienze della comunicazione

  9. Ma davvero siete vecchi. Storytelling, in italiano si traduce: raccontar balle.
    Prima o poi i nostri figli si accorgeranno che esistono anche le emozioni da realtà con la quale faranno i conti. (E non basta che P. Kotler aggiunga qualche P per Pianeta). Perché, invece che a infiocchettare balle conto terzi –scienzadellemerendine–, non insegniamo alle nuove generazioni come si aprono gli occhi e si guarda fuori dai display?

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  11. Chiariamo che il lavoro del “raccontare storie” è ovvio e di indiscutibile efficacia nel creare relazioni empatiche. Dobbiamo dividere la “tecnica” aristotelica dalla convenienza di raccontare storie. Stabilita la convenienza nel adottare questo modo di comunicare dobbiamo chiederci quale storia funziona e quale no. Prima però dobbiamo chiederci cosa accade quando un “comunicatore” si trova difronte a un personaggio della politica o a un prodotto che posseggono storie banali e di nessun interesse. La storie strutturate per convenienza sono sempre manipolate anche quando sono vere. Poi ci sono quelle finte (perché Oscar Giannino ha raccontato quella balla sul suoi titoli di studio?) perché Ferrero racconta storie di nonne, mamme e figli che mangiano una crema a base di nocciole quando nella Nutella ci sono il 6% di nocciole e tanto olio di palma? Mi pare ovvio che questi “comunicatori” abbiano deciso che raccontare quella storia poteva essere vantaggioso. Condivido il giudizio sulla traduzione in italiano di Guydebord, la “balla” ha stroncato la carriera politica di Giannino, ma aumentato a dismisura la notorietà e le vendite della Nutella, soprattutto perché alla Ferrero sono stati bravi a non fare dichiarazioni mendaci, ma a sollecitare la percezione … anche se l’antitrust USA li ha condannati per pubblicità ingannevole a rimborsare i consumatori. Le storie vere che possano produrre emozioni positive e relazioni tra emittente e ricevente sono rare. La storia che funziona sempre è quella vera, ma anche quella se raccontata male può non funzionare o funzionare poco. Riguardo ai prodotti in molti casi il prodotto in sé non ha storie da raccontare molto diverse da quelle dei concorrenti, potrebbe però modificare il servizio e poter raccontare una storia convincente. Personalmente passo più tempo a cercare di suggerire cambiamenti di prodotto o di servizio che a raccontare storie, ma forse è la stesa cosa, se c’é la storia ci sarà anche il racconto. Guydebord dice che dovremmo insegnare … io credo che ci sia in giro ancora molta ingenuità tra i consumatori e che il marketing e i sui guru prendano solo strade affollate, ma noto anche che il detto. “le bugie hanno le gambe corte” è sempre più corrispondente alla realtà. La gente non è più disponibile alla fiducia sulla parola, il consumatore non è cretino. Quando si accorge della balla ti volta le spalle. Quando la storia “balla” funziona è perché il consumatore è d’accordo con la balla che poi diventa una verità: la Nutella piace da morire e me ne frego se dentro ci sono molte o poche nocciole, poi non so nemmeno cosa sia l’olio di palma, sicuramente non ti ammazza, altrimenti la Ferrero non lo userebbe. Può la Ferrero fare una crema di nocciole più salutare e quindi raccontare una storia affascinante? Si ma costerebbe il triplo. Le 3 P ci sono ancora.
    La storia può sembrare affascinante anche quando raccontata le nefandezze umane. Grillo racconta con tattiche che vanno dalla commedia alla tragedia le nefandezze della politica italiana, tanti italiani sono stati ad ascoltare. Sulle fondamenta “nefandezze” ha fatto proposte populiste a volte convincenti perché possibili, altre assurde, alcuni italiani non lo seguono più, altri hanno iniziato a seguirlo. Questo tipo di storie, come tante altre, seguono il contesto temporale della società, vanno di moda. In Norvegia le storie della politica corrotta e inefficiente non vanno di moda e nessuno le racconta. In Italia Grillo manipola la realtà storica, la carica di significati rivoluzionari, ingigantisce alcuni fatti e ne tralascia altri, fa esattamente quello che fanno i pubblicitari quando il prodotto del cliente non ha una storia credibile da raccontare. E’ probabile che il M5S possa prima o poi andare al Governo, in questo caso la sua storia verrà confrontata con la realtà e quando dovrà come Sipras andare a Berlino con il cappello in mano, quando dorà accettare la realtà smentirà le “balle” che aveva raccontato. I comunicatori professionisti dovrebbero chiedersi: è conveniente raccontare una storia poco convincente o forse è meglio lasciar perdere lo storytelling e adottare strategie differenti. Così come non esiste la verità, ma le verità, non esiste una sola strategia di comunicazione, ma tante. Come diceva Ovidio: scusate se non ho avuto il tempo di essere breve.

  12. Il ” CONTAR BALLE ” è una scelta – etica- personale . Lo puoi fare con lo storytelling e in mille altri modi. Lo storytelling è un semplice strumento , uno dei tanti, della comunicazione; il modo di usarlo dipende dalla nostra serietà-professionalità-intelligenza …

  13. Sarà anche un semplice strumento, lo storytelling, ma è probabilmente l’incarnazione teoretica di una forma di annichilimento della persona: quando Giovanna Cosenza dice che la “TRISTEZZA” è, dei sei elencati, lo stato emotivo fondamentale meno utile per costruire una storia efficace ci fa intendere l’abisso emotivo verso il quale l’essere umano viene dunque scaraventato. Per abisso intendo un buco nero dal quale nulla più emergerà. La psicoanalisi spiega infatti che l’incapacità di provare “tristezza” è sempre da correlarsi con una perdita di empatia per gli altri esseri umani, ci si chiude in un guscio fatto di terrore, odio, rancore, paura. E la paura, come diceva Peter Gabriel in una nota canzona di fine anni settanta, è la Madre della Violenza.

  14. @pier danio
    Sono chiaramente convinto che agire sul lato emozionale produca effetti maggiori e più profondi. E non avremmo raccontato di Babbo Natale ai nostri figli se la stessa storia non ci avesse emozionato da bambini.
    Però che Philip Kotler –di cui conservo la prima edizione isedi con copertina in imitlin verde e pagine da me consunte– faccia finta di guardare al futuro, aggiungendo alle altre philippate la P di Pianeta, lo trovo analogo al rompiballe che la domenica mattina suona alla porta per proporre Lotta Comunista. Almeno il comunismo ha avuto la decenza di ammettere il suo fallimento. Cosa che il capitalismo di rapina del capitale del Pianeta non si decide a fare. Fa invece mosse ipocrite come l’inserire l’attenzione ecologica “P” in un mostro divoratore, tanto per darsi un’aria giovanile, allo stesso modo di un noto Superbone che si dice gggiovane dicendo cose stravecchie tramite storytelling lavagnesche messe a punto da esperti –ma de che?– di comunicazione.
    Chi sa cosa c’è dietro quella messa in scena –regista, trovarobe, scenografo, tecnico delle luci e del suono, acconciatori e truccatori, copy…– sa anche quanto c’è costata l’imbonizione.
    Allora, Babbo Natale va bene, sempre che si abbia, noi adulti, coscienza della sua natura fantastica, come i peli superflui, le sette età della pelle, l’influenza e la febbre maschile e quella femminile, i cibi ecologici, la riciclabilità delle plastiche… per non dire di isis, delta del Niger vs. Eni ecc. ecc. poiché, se c’è coscienza, probabilmente c’è anche senso del limite e del limite della decenza che ogni autore di balle spaziali dovrebbe avere.

  15. @guydebord
    le agenzie di comunicazione sono delle imprese, i consulenti sono delle imprese, debbono conquistare clienti produttori cercando di essere percepiti come innovativi. Se non sembrassero tali perché pagarli? Piccola o grande che sia l’attesa o la tendenza ai plus ecologici, salutistici, vegani, ecc. di prodotti e servizi (secondo me molto piccola) fa molto rumore. I marketing manager cavalcano spesso la “moda” vedi storytelling senza sapere come usare la vecchia strategia, sono affascinati da quello che appare nuovo, la P di Kotler è una buona mossa per conquistare clienti, che a loro volta sperano di conquistare consumatori. Non credo che a Kotler o ai molti marketing manager che conosco freghi più di tanto del pianeta, o il loro interesse sia superiore alla media del cittadino comune. Business is business guys.

  16. Mi va bene il Mulino Bianco, compresi i torpedoni che realmente portano famiglie credenti dalle parti di San Galgano a vedere dove un idiota che parla con le pollastre fabbrica i biscotti. Gradisco molto meno –dato che non capisco il perché- nella finzione si macina la farina con la ruota verticale da frantoio e non con la mola. Gradisco ancora meno che la stessa Impresa faccia falciare, nel noto spot di Wenders, il grano con la falce fienaria e non con quella messoria, dimostrando un’ignoranza abissale proprio nelle aree che dovrebbe dominare. E se conta balle sulla mietitura e sulla macinatura, perché dovrei credergli circa gli ingredienti e la bontà?
    Ma se su queste favole (ma meglio il gattino di Gavino Sanna o persino i “rigatoni” di Fellini) potrei sorridere, data la bassa incidenza e la venialità, non posso accettare che i professionisti della comunicazione (forse non vogliono passare solo per quelli delle merendine) si permettano di trattare la realtà di chi dovrebbe gestire il nostro presente e determinare il futuro ricorrendo a lavagne e altre simili idiozie. La differenza, ci è stato raccontato più in alto, è il comportamento del governo USA verso Nutella.
    Ciò che pier danio dice nelle prime righe qui sopra è, sostanzialmente: tengo famiglia. Ma ciò non giustifica il debordare dello storytelling nella politica e nella realtà. Come dicevo, la favola di Babbo Natale è bella, ma solo a patto che qualcuno abbia sempre coscienza che di favola si tratta. Diversamente, quando andremo –e presto– a schiantarci contro la realtà e, ad esempio, quando i ragazzi dell’isis verranno a Roma a farci fuori con le armi che noi (35 miliardi/anno) gli vendiamo a nostra insaputa, non basteranno le agenzie di comunicazione e i loro business a salvarci il posteriore.

  17. Ci sono balle volute e errori dati dalla poca attenzione a tutti i particolari del racconto, certo molto meglio il gattino e anche il rigatone in tasca al papà. Credo che in Barilla non ci siano manager ai quali interessi mettere in scena “cose vere” anche se errori banali tipo falce e macina potevano evitarli. L’interesse è raccontare storie di favole incredibili a chiunque ma desiderate da molti il cui razionale può essere brevemente questo: voglio credere che il biscotto che compro sia fatto con tutto l’amore che ci mette Banderas quando recita la parte del mugnaio. L’idiota che parla con le galline non lo vede praticamente nessuno. Il disinteresse (della persona) guru o semplice pubblicitario in questioni che riguardano la società è in secondo piano rispetto al suo business, come del resto quello della maggioranza delle persone, se non mettessimo davanti il denaro prima di tutto, non saremmo in questa situazione. Ricordo un libretto (interessante e cattivo) “Ascolta piccolo uomo” di Wilhelm Reich (morto in galera durante il periodo McCarthy perché accusato di comunismo) in cui esprimeva questo concetto: tutti viviamo di aria, acqua, terra, rispettare questi elementi dovrebbe essere interesse di tutti quelli che sono interessati alla loro vita e a quella dei loro figli, ma non è così perché l’uomo è piccolo e ha prospettive brevi. Aggiungeva una frase celebre: “L’amore, il lavoro e la conoscenza sono la fonte della nostra vita. Dovrebbero anche governarla.” Per le armi direi che noi siamo dei peccatori veniali, pensiamo agli USA che si sono fatti ammazzare in Afganistan e Iraq con le loro stesse armi, quelle date prima ai vecchi alleati per combattere l’Unione Sovietica e L’Iran. Anche in questi casi si sono raccontate storie incredibili che però sono state credute a sufficienza per scatenare guerre, le storie possono essere molto pericolose.

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