Perché il rosa è femminile

Ti propongo una breve ricostruzione del perché il rosa è femminile, tratta dal libro La donna perfetta. Storia di Barbie (Laterza, 2008 ) di Nicoletta Bazzano, libro che la settimana scorsa ho avuto il piacere di discutere in pubblico, assieme all’autrice e a Chiara Rapaccini, per iniziativa dell’associazione PerWilma e dalla Libreria Trame di Bologna.

Abbiamo già parlato di simbolismo dei colori in questo post. Trovi tutto su questo argomento nei lavori di Michel Pastoureau, dal Dictionnaire des couleurs de notre temps. Simbolique et société (Bonneton, Paris, 1992), a quelli tradotti in italiano da Ponte alle Grazie: Il piccolo libro dei colori (scritto assieme a Dominique Simonnet, 2006), Blu. Storia di un colore (2008), Nero. Storia di un colore (2008).

Per capire il rosa, Nicoletta Bazzano parte dal rosso:

«Il rosso è il colore per eccellenza. Per la cultura cristiana, il rosso richiama il sangue, ossia ciò che dà la vita, che purifica e che santifica. Rosso è il sangue versato sulla croce da Gesù Cristo; rossa la fiamma dello Spirito Santo. Rosso inoltre è il colore del dinamismo: le sua vibrazioni sono tali che un oggetto rosso sembra più vicino all’occhio di chi lo guarda di quanto lo sia in realtà. Per la cultura progressista, rosso è il sole dell’avvenire, speranza per gli sfruttati che sognano un mondo migliore. Rosso acceso è il colore dell’infanzia, dei giocattoli, delle confetture e dei frutti più golosi. Rosso, soprattutto, è il colore del lusso e della festa. […]

Tuttavia, il rosso ha un valore ambivalente. Le sfumature scarlatte indicano l’errore, il pericolo: in rosso sono sottolienati gli errori sui compiti scolastici; utilizza il rosso la segnaletica stradale, ferroviaria, marittima, aerea per indicare i divieti; rossa è una zona piena di insidie; rossa è la linea di attacco durante i conflitti…

[…] Il rosa è parente stretto del rosso, appartiene alla medesima scala cromatica ed è, nella cultura occidentale, il colore per antonomasia delle femminucce appena nate, così come l’azzurro lo è per i maschietti. L’uso di attribuire ai bebè, rispettivamente, l’azzurro se maschi e i rosa se femmine era una pratica nata nell’Ottocento tipica dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti. […]

La coppia azzurro/rosa può essere […] una declinazione della coppia blu/rosso. Si tratta di colori pastello, ovvero bianchi leggermente colorati, in cui il bianco richiama la purezza e l’innocenza, legate alla nascita di un nuovo individuo, mentre il viraggio diverso rispetto al sesso riprende una distinzione nata alla fine del Medioevo: il blu è maschile e il rosso è femminile. […]

E mentre il celeste, malgrado indichi preferibilmente il maschio, può essere portato anche dalle femmine, senza tema che l’indentità sessuale ne soffra, il rosa, quando è attribuito al maschio, indica lo scherno, è beffa della virilità: non a caso, rosa era il triangolo che nei campi di concentrameto nazisti gli omosessuali erano costretti a esibire sulla giubba. […]

Se nella sfumatura più tenue esso comincia a fare capolino nel guardaroba dei gentiluomini degli anni Ottanta, è per testimoniare una sorta di anticonformismo; ma in effetti il rosa continua a essere colore femminile, in qualsiasi modo si interpreti la parola “femminilità”.»

(N. Bazzano, La donna perfetta. Storia di Barbie, Laterza, Roma, pp. 100-103.)

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