L’editoria è in crisi, si sa. Ma per fortuna qualcuno non ci sta

È questo il modo in cui finisce il libro

Da qualche giorno è uscito È questo il modo in cui finisce il libro: un ebook tanto leggero (costa solo 1,99 euro) quanto potente (in due ore ti rovescia un mondo), che denuncia i mali dell’editoria italiana “da dentro”, nel senso che l’autore è una persona che ha lavorato per anni come editor e ora, per ovvie ragioni, preferisce restare anonimo. Dovrebbero leggerlo tutti, non solo chi lavora nell’editoria (che queste cose le sa), ma soprattutto chi usufruisce dei suoi prodotti (che certe cose non le immagina nemmeno): operatori culturali, insegnanti, studenti, semplici lettori e lettrici. Qui un primo assaggio:

Il problema cruciale è […] la qualità di quello che si pubblica. Questa dovrebbe essere il criterio discriminante, ed è invece considerata una caratteristica ininfluente nella decisione di pubblicare. Talora anzi è una pregiudiziale negativa perché suggerisce l’idea che si tratti di una cosa troppo difficile da vendere. […]

Il problema non sta ovviamente nella negazione della sostenibilità economica di un’impresa, anche culturale, perché se non c’è questa non c’è nemmeno lavoro e all’orizzonte si staglierebbero solo licenziamenti e nessun passo avanti culturale. Il problema è però quello di far combaciare i conti a posto con il possesso di un’identità, e di conseguenza con l’avere cose da dire (pubblicare) che altri non hanno. Sarebbe un presupposto fondamentale per qualunque marchio che si voglia degno di questo nome, tanto più quindi dovrebbe esserlo per un marchio di idee. […]

Nell’editoria oggi invece vale il principio di uniformazione: tutti cercano gli stessi libri, ossia quelli che vendono – come se si potesse sapere in anticipo quali sono, come se i lettori non avessero un loro diritto al libero giudizio, come se la storia fosse ferma e non potesse più consentire cambiamenti nei gusti, negli interessi, nelle priorità. In più, visto che pochissimi editoriali ormai leggono, i libri che si ritiene saranno bestseller e su cui tutti cercano di mettere le mani a suon di rialzi degli anticipi sono quelli che altri rappresentanti dell’editoria internazionale o gli agenti letterari hanno decretato essere tali. Non c’è più spazio per alcuna ricerca dunque, ossia non c’è più spazio per quello che costituiva una parte sostanziale del lavoro editoriale. La sola ricerca che si può fare è quella di farsi accogliere nei salotti che contano, per sapere un minuto prima degli altri quali siano i libri imperdibili del momento, a insindacabile giudizio di pochi (che peraltro sono quelli che vendono i diritti).

Anche i lettori in Italia sono pochi (meno della metà della popolazione dichiara di aver letto almeno un libro in un anno) e pochi sono gli autentici bestseller. Con questi si fanno i numeri dell’editoria nel suio complesso. […] Tutti cercano di accalappiarsi lo sportivo, l’uomo di spettacolo, l’imprenditore di turno, chiunque abbia visibilità sui mass media. […]

Se tutto ciò non fosse che un gioco suicida dell’impresa editoriale, sarebbe triste ma in fin dei conti trascurabile (anche perché, una volta defunta questa editoria, forse ne nascerà una migliore). Quello che dovrebbe risultare intollerabile ai più è la ricaduta che questo modo di funzionare delle case editrici ha sulla cultura di un paese. Anche dal valore di quello che si pubblica discende la possibilità per una democrazia di formare buoni cittadini, liberi di pensare bene e di aver un gusto per il bello, piuttosto che plebi pronte a farsi trascinare dal primo pifferaio. Si è tanto accusata la televisione di aver troppo abbassato il suo livello e di aver così imbarbarito il carattere dei telespettatori, mentre nulla si dice dell’impresa culturale per eccellenza – quella che ancora gode della fama di libera attività intellettuale –, né dell’effetto che ha sul suo pubblico. Oggi nessuno leggerebbe più un classico che comporti un livello di attenzione troppo elevato (Proust e Musil pare siano fuori discussione): colpa della scuola, colpa delle nuove tecnologie che distraggono, colpa di tutti, eccetto che dell’editoria. Eppure l’editoria che seleziona sempre meno e secondo criteri di qualità sempre più discutibili non dovrebbe essere chiamata in causa a sua volta?

16 risposte a “L’editoria è in crisi, si sa. Ma per fortuna qualcuno non ci sta

  1. Gentile Professoressa, ho avuto modo di leggere il libro, le riflessioni e gli spunti sono molti e tutti interessanti. Essendo un addetto ai lavori (sono socio di una piccolissima casa editrice indipendente – e non a pagamento – che pubblica al ritmo di 10 titoli/anno investendo tanto sul digitale), non posso che condividere in toto quello che c’è scritto. Se i lettori sono pochi e per giunta leggono solo ciò che gli propina il mercato (libri di cucina, dan brown, saviano e pochi altri) la colpa è innanzitutto dell’editoria. Editoria intesa in senso ampio: autore, editore, distributore e libreria.
    L’autore: in Italia si dice spesso che ci sono più scrittori che lettori, non so se è vero ma una cosa è certa (testata sulla mia poca esperienza da editore), molti autori sono disposti a pagare profumatamente per vedere in libreria la loro opera (spesso di qualità scadente).
    L’editore: i grandi marchi editoriali, come ben spiegato nel libro, badano al profitto e preferiscono puntare sul sicuro: autori noti, libri di cucina (legati ai programmi televisivi, un pò come Amici e X Factor per la discografia)…ecc. I piccoli editori, dal canto loro, non fungono da “vivaio”, ma, approfittando dell’ingenuità e delle ambizioni degli autori, si sono trasformati in stamperie a pagamento.
    La libreria: Eccezion fatta per alcuni casi rarissimi (ad esempio la libreria Trame a Bologna), in generale grandi e piccoli librai preferiscono chiedere al distributore i titoli di successo. Dopotutto seguono le logiche del mercato (perchè dare spazio all’esordiente di qualità che vende 10 copie se posso inserire all’ingresso il nuovo libro della Parodi o di Vespa che me ne vende 1000 e mi fa guadagnare?). E’ questo il motivo che ha portato alla chiusura di tante piccole librerie, uniformarsi al mercato e non essere originali o proporre qualcosa di diverso paga solo nel breve periodo.
    Il distributore: I grandi marchi della distribuzione sono stati rilevati dai grandi editori, quindi ragionano con le stesse logica. I piccoli distributori dal canto loro preferiscono puntare su titoli di nicchia (la casa editrice che scrive testi sull’equitazione quella che pubblica libri dedicati ad un determinato territorio e così via) che garantiscono successo sicuro.
    Ancora una volta il web potrebbe essere la salvezza dell’editoria piccola, indipendente e di qualità. Non è un caso che nella mia personalissima esperienza, le maggiori soddisfazioni le sto avendo proprio da internet, qui i miei libri hanno lo stesso spazio di Mondadori. Anzi, il grande marchio (Amazon) è anche stuzzicato dal titolo alternativo e si può permettere di fare esperimenti promuovendolo a costo zero.
    Mi scuso per la lunghezza.

  2. Specchio di un periodo storico. In cui bisognerebbe provare a stravolgere le 3 S che governano molti degi editori ( Soldi, Sesso, Sangue ). con la positività, la serenità, la diffusione di stili di vita sani.

    Grazie per la condivisione Giovanna.

  3. Gli editori sono poco lungimiranti, il governo è ladro come da tradizione, gli italiani non leggono e quelli che leggono leggono male
    e in più i siti web sono fatti per scoraggiare il mercato del sapere. La pagina linkata porta in mezzo al deserto.
    Non c’è un link che mi consenta l’acquisto, non vi è scritto dove acquistare, non vi è scritto quanto dura la promozione e come
    fare per averla. Il sito ha uno shop e allora vado lì a cercare. Ma la ricerca nel sito non trova il libro, né per titolo né per ISBN.
    Sfogliando le 7 pagine di proposte nello shop non porta a nulla. Il mio desiderio di sapere vacilla. Il mio acquisto impulsivo
    (per 2 euro si può fare!) si è spento. Però non demordo: vado su webster e lo trovo. Non in offerta. Ci penserò su quando arriverò a casa.

  4. La buona notizia è che ci sarebbe dunque spazio per iniziative editoriali innovative.

  5. Io sarei interessatissima a leggere il libro. Purtroppo ho avuto lo stesso problema del Comizietto. Che temo che quando arriverà a casa si ritroverà la stessa amara sorpresa che ho avuto io su libreriauniversitaria, lafeltrinelli, webster e tutte le librerie online da cui ho trovato e cercato di acquistare il titolo:

    Non è stat_o possibile aggiungere al carrello i seguenti prodotti:
    EIT9788896919148: Prodotto non esistente

  6. Con me sfonda una porta aperta: in Italia si legge poco al punto che chi varca la soglia di una libreria si sente giá un intellettuale, salvo poi acquistare il primo best seller di Kinsella che la Mondadori gli/le fa trovare impilato davanti all’entrata. Ma che fare? A parte il “consumo critico”, a parte regalare libri e consigliare quelli di qualitá, come contrastare tale sistema editoriale? 😕

  7. Se vai solo appresso a quello che dice il pubblico non fai cultura, non fai innovazione. E lui ha ragione, imbarbarisci il carattere delle persone. Ed è vero, vale per tutto; assecondando il gusto degli altri alla ricerca del soldo prima o poi ti mordi la coda da solo. Sarebbe ora di iniziare a farla, questa cultura.

  8. Posso dire che è lo stesso identico destino della discografia (campo d’azione della mia famiglia da decenni …..! )zero cultura, si pubblica solo quello che si pensa che venda, non si pensa alla qualità, non si sperimenta, non si incuriosisce. Motivo: non ci sono soldi da investire!….e il risultato è sotto i nostri occhi….
    l’unico vero modo per contrastare questo appiattimento culturale è la cultura stessa…..dall’infanzia! sarà banale ma è così….

  9. io non so bene che cosa sia successo con il nostro distributore, bookrepublic, comunque l’isbn del libro è 9788864631486 – mi risulta disponibile su bookrepublic, ovviamente, e almeno su amazon. Non c’è su internetbookshop, e non mi spiego perché. Cerco di capire con il distributore. In home di http://www.etal-edizioni.it c’è un link con tutti i nostri e-book in vendita presso bookrepublic. Mi dispiace questo disagio nel trovare l’e-book, che ovviamente non è intenzionale 🙂 Probabilmente la spiegazione è questa, che inspiegabilmente l’ebook è stato inizialmente messo in vendita da parte del distributore con un codice sbagliato, che non do, così evitiamo altri casini.
    editore di editor dissidente

  10. Ho scritto all’editore per sapere cosa fare per avere il libro. Vi farò sapere.

  11. Ci ha fatto sapere prima lui… 🙂

  12. gli editori non sono un mucchio di gentaglia e i lettori non sono degli allocchi. sarebbe il caso di discriminare e argomentare, cercare con pazienza e cautela di sciogliere una matassa ingarbugliatissima e non tirarne i fili per poi dire solo che è un casino e che è colpa dei soliti italiani ecc…
    ho appena comprato il libro e mi accingo a leggerlo, ma il tono di alcuni commenti mi pare poco comprensibile.
    (fare l’editore significa lucro, l’editoria è e deve rimanere una attività a scopo di lucro, cioè con una remunerazione).
    (i bestseller non sono il male, e chi li legge non è né un cretino né un malato, ma è e rimane soltanto un lettore non privo di dignità).

  13. E’ un problema di soglia attentiva e di sovraccarico di segnali, per così dire. C’è troppa roba e quasi tutta irrilevante e si finisce per essere fruitori superficiali perché è il modo più adeguato di sorbire quello che ci viene proposto. Tuttavia un buon marketing può far leggere a milioni di bambini, letteralmente divorandola, una saga corposa come Harry Potter.
    Il successo è per pochi, e più sono i concorrenti più sono gli insuccessi siccome i bestseller non aumentano con l’aumentare degli autori.

    Non ci sono i soldi? E che facciamo, finanziamenti pubblici per garantire che ciò che è “bello” venda di più? Sul mercato è bello ciò che piace, per questo vince il marketing. D’altra parte se si ambisce a un bello, diciamo così, “accademico” ci si dovrebbe disinteressare del successo se non presso i posteri.

  14. Interessante. L’ho appena ordinato 🙂

  15. io non credo al fatto che in Italia si legga poco. Lo dico da lettore compulsivo, amico o conoscente di una miriade di lettori compulsivi. La gente si sta allontanando dai libri per lo stesso motivo che la sta portando ad allontanarsi dalla televisione: abbassamento della qualità.
    L’editoria è vittima di se stessa. Come una casa discografica che investe in mediocri album commerciali pur di vendere qualche copia in più, ha riempito gli scaffali delle librerie con vera e propria robaccia. In questo sistema che tarpa le ali a chi avrebbe le potenzialità per portare una ventata d’aria fresca nel panorama letterario, chi vuole sopravvivere artisticamente ha davanti due alternative: affidarsi a un piccolo, coraggioso editore che non potrà garantirgli nemmeno un rimborso spese per la bile versata oppure lanciarsi a spada tratta nell’ipervia via dell’autopubblicazione, sebbene troppo inflazionata.

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