Al colloquio di lavoro con mamma e papà. Non solo in Italia

Alcuni giorni fa il post “Andare a chiedere alla prof con mamma e papà. A vent’anni e passa” ha suscitato una discussione vivace in rete, e persino sui media tradizionali: leggi questo articolo sul Corriere della sera e ascolta “Cuore e denari” del 6 maggio su Radio24, in cui ero ospite. Come hanno osservato alcuni commentatori, qui e in radio, e come io stessa ho precisato in trasmissione, il fenomeno non riguarda solo l’università, né solo l’Italia: la “vicinanza” fra genitori e figli – chiamiamola così – anche quando i figli sono adulti si registra anche in azienda, specie nel momento in cui i giovani tentano di entrarvi facendo colloqui di lavoro: i genitori li accompagnano, li aspettano fuori, addirittura entrano con loro.

Una ricerca condotta da Adecco USA nel 2012 su un campione di 507 neolaureati/e statunitensi fra 22 e 26 anni ha mostrato che:

  • il 14% dei ragazzi e il 9% delle ragazze del campione raccontano che i genitori li/e aiutano a individuare liste di aziende e possibili lavori (pare che i maschi siano più assistiti dai genitori delle femmine);
  • l’11% dei ragazzi e il 4% delle ragazze riferiscono che i genitori li/e aiutano a preparare il cv o la lettera/mail di accompagnamento;
  • l’8% riferisce che un genitore l’ha accompagnato/a al colloquio di lavoro, e il 3% ammette che papà o mamma ha addirittura assistito al colloquio.

È una minoranza insomma, negli USA come – suppongo – anche in Italia. Ma ricordiamo che c’è. Ecco la tabella di Adecco:

Generation I depens on Mom and Dad

18 risposte a “Al colloquio di lavoro con mamma e papà. Non solo in Italia

  1. Incoraggiare, assistere, accompagnare al limite. Ormai l’età della maturità completa s’è spostata in avanti e non ci trovo niente di male: i genitori stanno semplicemente ricoprendo il loro ruolo. Ma assistere persino al colloquio, miseria?
    PS Se sei già preoccupato, magari alla prima offerta e molto giovane (ma non è detto). Poi il selezionatore ti fissa. E tua madre ti fissa. E tuo padre di nascosto ti da una pacca. Pensi forse di essere rassicurato? Io credo che papà e mamma possano finire per mandare definitivamente a monte l’assunzione

  2. Gentile Prof,
    sono mamma di tre figli:” 25 anni, 23 e 17.
    con i grandi non c’è stato nessun problema a far sentire la mia presenza accanto a loro,ma con il 17enne ho potuto costatare che il mio essergli vicina e dialogare con i suoi professori,ha dato dei risultati positivi; oggi frequenta il quarto anno di liceo delle scienze umane, e come ogni fine anno scolastico è in preda a mille paranoie su come si concluderanno gli scrutini, proprio ieri mi ha chiesto di andare a scuola e parlare con gli insegnanti,la cui materia è a rischio,ma proprio ieri seduta al sole, godendomi il mio bel terrazzo fiorito gli ho detto che era venuto il momento dello svezzamento, con questo non taglierò definitivamente i ponti con i rapporti scuola famiglia,ma un sano senso di responsabilità basato anche su una sana autostima in formazione, bisognava che l’avvertisse da parte mia.
    Per quanto riguarda i colloqui di lavoro accompagnati dai genitori..mi sa che l’articolo andrebbe ribaltato,dando la responsabilità ai genitori,gli stessi genitori che fin dall’asilo hanno avallato i propri figli di fronte a insegnanti,facendoli passare (gli insegnanti) a gli occhi dei figli,come incompetenti e insensibili al cuore di mamma.
    Con questo la saluto,se vuole rispondere,aspetto curiosa!

  3. C’è anche un altro problema, secondo il mio parere. Certe donne si fanno accompagnare ai colloqui di lavoro per non correre il rischio di subire violenza sessuale, un problema da non sottovalutare. Molti annunci sono ambigui ma non puoi esserne sicura al 100% finché non ti presenti.

  4. chi lo sa a volte un genitore ha la funzione di “pilastro” agli occhi di chi fa una selezione lavorativa…. un po’ come dire “arriva da una famiglia sana e presente quindi è “responsabile” bah, parlo peripotesi…. 🙂 giorno, art

  5. Sono solo io che noto una netta differenza fra aiutare a fare il CV e accompagnare il figlio al colloquio? Possibile che nessun genitore e nessun figlio veda in questo secondo caso la sega che taglia il ramo su cui si è seduti?

  6. @ilcomizietto è proprio quello che volevo dire io

  7. @Marco
    Scusa, non avevo letto con attenzione tutti i commenti. Siamo in due! 🙂

  8. ..si sta rinegoziando tutto , rapporti e ruoli, difficile trovare via d’uscita..questo che si legge è un modo per continuare a cercarla , è un modo per aiutarsi . Al colloquio con mamma e papà (conoscendo tante ragazze e ragazzi), penso che siano veramente pochi.

  9. Ho lavorato all’interno dell’Università, in uno degli uffici adibiti all’attivazione dei tirocini didattico curricolari, e varie volte si sono presentati studenti e studentesse accompagnati dai genitori. Non erano lì solo per accompagnare, ma proprio per “proteggere” e capire la procedura, nonostante fosse stata spiegata più e più volte al figlio di turno e nonostante non fosse difficile. Detto questo, non mi stupisce che vengano assistiti anche nella ricerca del lavoro, qualora non abbiano la possibilità di imbucare i propri pargoli da qualche parte.

  10. partidilui è noto che la parte più difficile per i genitori (specie per la mamma ) è proprio “staccare” per il bene di tutti/e , non avrei voluto leggere questa tua testimonianza che indica quanta strada ancora da fare, anche in rapporto ad altri paesi..per non parlare del problema che mette a fuoco Francesca..

  11. A mio parere, in questi casi (compreso quello dell’università) non c’è soltanto la volontà di proteggere il figlio dalle insidie del mondo. C’è anche questa, sì; ma, in alcune circostanze, gioca un ruolo importante la mancanza di fiducia nei confronti del proprio figlio, mancanza di fiducia che sfocia in un’ossessiva volontà di controllo (che, oltretutto, a volte è una causa dell’insuccesso dei figli negli studi e in altro). In altri casi ancora, si tratta di puro egoismo tipico di chi vuole tenere il figlio legato a sé, impedendogli quindi di muoversi da solo nel mondo.

    Mi viene in mente una mia ex compagna di liceo che avrebbe voluto studiare lingue all’università. Solo che, per farlo, avrebbe dovuto iscriversi all’unibo, vivendo lei a Modena. Ebbene, sua madre la obbligò a scegliere giurisprudenza, presente a Modena, con la scusa di una maggiore spendibilità nel mercato del lavoro. In realtà, non voleva che la figlia prendesse il treno per andare a Bologna. Non sto scherzando, è verissimo. Da notare che la ragazza era ovviamente maggiorenne. La madre le impediva persino di andare con le amiche al parco, nei pomeriggi primaverili, con la scusa di una non meglio precisata presenza di maniaci. Ora, posso assicurare che i parchi di Modena non abbondano di maniaci: io li ho sempre frequentati con le amiche (e senza genitori) fin dai tempi delle scuole medie, e sono ancora viva e vegeta. 😀
    Ricordo anche un’altra mia ex compagna di scuola che non usciva con le amiche perché sua madre non voleva che prendesse l’autobus da sola. Non l’ha mai fatta viaggiare. E, per quanto possa sembrare strano, di casi così non ne ho visti pochi.

    Mi scuso per la lunghezza del commento, ma era solo per dire che, più che altro, bisognerebbe prendersela con i genitori. Spesso nascere in certe famiglie è un’autentica disgrazia per certuni, che poi scontano a vita le manie e l’egoismo di mamma e papà.

  12. condivido molto del tuo commento ,Romina, ma , “prendersela coi genitori” è inutile..il cambiamento culturale è lungo e faticoso, servirebbe forse, l’educazione per i genitori ma anche per i figli/e che possono imparare (specie se maggiorenni) a dire qualche no e gestire i conflitti che ne deriverebbero..oppure come dice qualcuno..”se ne farebbero una ragione” dico questo partendo dal mio vissuto come figlia.

  13. Concordo con te, luci. Ovvio che i figli dovrebbero ribellarsi, ma qui si entra in un discorso molto complicato, che coinvolge anche le doti personali dei singoli.

  14. @luci io cerco solo di aggiungere un tassello al quadro generale, e riguardo al problema sollevato da @francesca ho accompagnato delle mie amiche a dei colloqui, ma perché io non mi fidavo 🙂 anche se la parte del gorilla mi riesce davvero male.
    Purtroppo, lo dico da figlio, bisogna anche che alcuni miei coetanei si prendano delle responsabilità. Voglio dire, vedo a volte un atteggiamento di superiorità tipica di chi ha il culo parato. Io so che la mia famiglia ci sarà nel caso avessi bisogno, e sono fortunato, ma di certo non ho la spocchia di certe persone che credono di essere dei geni, perché sono i genitori stessi a fargli credere che sia così.
    Dico questo perché, sempre riferendomi alla mia esperienza lavorativa, c’era chi aveva un atteggiamento attivo nel ricercare un tirocinio, e chi lo pretendeva come diritto divino imposto dall’alto. Lavorare fa aprire gli occhi su chi hai davanti.

  15. Il commento di zerogravity (“chi lo sa a volte un genitore ha la funzione di “pilastro” agli occhi di chi fa una selezione lavorativa…. un po’ come dire “arriva da una famiglia sana e presente quindi è “responsabile” bah, parlo peripotesi…. 🙂 giorno, art”) mi fa star male.
    E’ il genere di ragionamento che può fare un genitore per convincersi che la sua presenza migliori il colloquio del figlio: “Guarda come l’ho tirato su bene!”, e già s’immaginano una pacca sulla spalla dal datore di lavoro che assumerà il figlio e inviterà la famiglia al barbecue della settimana dopo. Genitori talmente pieni di sé che pensano che i propri figli brilleranno di luce riflessa.
    Il prete della parrocchia in cui sei cresciuto forse potrebbe pensare che anche tuo figlio sia un bravo bambino, quando glielo porti la prima volta a catechismo. Una maestra vecchio stile e con la mente chiusa forse potrebbe pensare che i “figli di una famiglia solida” siano più seri e potrebbe preferirli agli altri. Ma si parla di bambini, e di adulti pieni di pregiudizi.
    Un datore di lavoro non se ne fa nulla di un cocco di mamma/papà. Vuole uno che lavori, e possibilmente lo faccia instancabilmente, senza creare problemi e senza chiedere troppo. Non gliene frega niente di quando è bella, felice e magari pure religiosa la tua famiglia. AL DATORE DI LAVORO NON GLIENE PUO’ FREGARE DI MENO DI COM’E’ LA TUA FAMIGLIA!!!

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