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Esselunga e il non superamento del Mulino Bianco

Ieri sul Fatto Quotidiano è uscito un mio commento sullo spot di cui tanto si parla. Finora (28/09/2023 ore 11.40), conta circa 350 commenti (help!), la maggior parte dei quali mi imputa di “non accettare” le famiglie etero, di essere io stessa infelice (!), di invidiare la felicità altrui (sic) e di non capire che i/le bambini/e soffrono se i genitori si separano. Non ho mai scritto queste cose, in questo periodo mi sento felice (dita incrociate) e, se penso ciò che penso dello spot, è anche perché credo che i/le bambini/e andrebbero tenuti lontanissimi dalle pastoie delle separazioni coniugali, mentre lo spot ci costruisce sopra una bella strumentalizzazione. Bah. Ecco il testo.

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I miei ultimi interventi sul Fatto Quotidiano

Per recuperare un po’ degli arretrati che ho accumulato nei mesi di silenzio su questo blog, pubblico i link ai miei ultimi articoli sul Fatto Quotidiano, in ordine cronologico inverso:

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Spot Fineco: perché dire (ancora) «uomo» quando si poteva parlare di «esseri umani» o «persone»?

Fineco

In Italia l’uso del genere grammaticale femminile nel caso di parole riferite alle donne e l’attenzione a evitare il più possibile il maschile generico, quello con cui si indicano uomini e donne in generale, sono molto più diffusi oggi di cinque o dieci anni fa. In questo anche la lingua italiana si sta adeguando a una soglia di attenzione che nei paesi anglosassoni è alta da anni: si pensi all’uso di «person» invece di «man» che già nel 2000 indusse la rivista Time a cambiare il celebre «Man of the Year» in «Person of the Year» nella copertina di fine anno. In Italia molti e molte ancora considerano queste attenzioni un’esagerazione, una forma di Continua a leggere

Come innamorarsi di Scienze della comunicazione, laurearsi e trovare il lavoro dei propri sogni

I simboli della laurea

Tempo di lauree, in questi giorni. Per l’occasione pubblico una mail che ho ricevuto un paio di settimane fa da Francesca (nome fittizio), ex studentessa di Scienze della comunicazione, che ha intrapreso un percorso professionale positivo e soddisfacente grazie ai suoi studi ed è felice di poter incoraggiare ora, con la sua testimonianza, chi sta per affacciarsi al mondo del lavoro con la sua stessa laurea. Scrive Francesca: Continua a leggere

Contro ogni pregiudizio etnico o razziale, il DNA ci mostra che le nostre origini sono sparse nel mondo

momondo

La recente campagna di Momondo, piattaforma web di viaggi che punta molto sui valori della tolleranza e dell’apertura mentale, culturale e umana, ci fa riflettere sul fatto che basterebbe un’analisi del DNA per scardinare alcune convinzioni che molti di noi hanno sulla loro identità etnica e geografica (sono italiano/a, inglese, francese al 100%) e alcuni pregiudizi che, anche inconsapevolmente, molti nutrono su persone di altri paesi, etnie, razze, religioni (non sopporto i tedeschi, perché freddi e rigidi, non mi piacciono i popoli latini, troppo chiassosi, ecc.). Il video dura poco più di cinque minuti, guardalo fino in fondo, che ne vale la pena (trovato grazie a Luisa Carrada): Continua a leggere

Perché non mi piace l’ultimo spot di Tampax Italia “Facile, a prova di uomo”

Facile, a prova d'uomo

Da un paio di mesi è in circolazione la campagna di Tampax Italia “Facile, a prova di uomo”, su cui ho ricevuto diversi commenti, ora perplessi (“Non so perché, ma non mi convince”), ora entusasti (“È proprio vero: noi donne abbiamo una marcia in più!”), e molte sollecitazioni (“Ma tu, che ne pensi?”). Non mi piace e spiego subito perché: Continua a leggere

“Come non detto”, ovvero: come lasciare intendere, alludere, presupporre, dare per scontato, sottintendere (e altri impliciti)

Come-non- detto-cover

In questi giorni ho letto (e presentato in una libreria di Bologna) Come non detto. Usi e abusi dei sottintesi, di Filippo Domaneschi e Carlo Penco, due colleghi che insegnano all’Università di Genova. Consiglio vivamente di leggere (no anzi, studiare) questo lavoro a chiunque si occupi di comunicazione, in qualunque ambito e a qualunque livello, perché spiega con linguaggio chiaro e scorrevole i meccanismi attraverso i quali riusciamo a comunicare in modo implicito – a volte senza volerlo, ma spesso intenzionalmente – molto più di quanto diciamo in modo esplicito, aperto, diretto. E il “non detto” non è solo – sempre – quantitativamente superiore a ciò che viene detto, ma qualitativamente – spesso – molto più rilevante. Dal prologo “Attenti a quell’iceberg”: Continua a leggere