Archivi del giorno: mercoledì, 29 aprile 2009

Vita da sottilette

Scena Numero Uno. «Certo che lavare i piatti tutti i giorni è proprio una bella scocciatura,» dice Gaia con le maniche rimboccate e i guanti di gomma rossa, mentre si affaccia su un acquaio ricolmo di stoviglie sporche. «Ma oggi ho scoperto “sottilette in carrozza”, cloc cloc cloc (fa il verso), che sono così buone, ma così buone che i piatti sono arrivati già belli puliti e i bambini non hanno lasciato nemmeno una briciola!»

Nel frattempo entra di corsa il fratellino, che finora era altrove a giocare: si arrampica su uno sgabello, lancia un giocattolo nell’acqua e le procura uno schizzo di sapone negli occhi.

Happy end: mentre il fratellino si degna almeno di asciugare un piatto, Gaia dice raggiante: «Devo proprio farle di nuovo. Niente è meglio di Sottilette Kraft».

Scena Numero Due. Sofia, cappello di paglia e filo di perle, camicia di trine e gonna al ginocchio, guarda in camera e si lamenta: «Tutte le volte che c’è la partita mio marito non c’è proprio,» dice indossando un paio di occhiali scuri. «E quando gli parlo mi fa sempre shhhhh», aggiunge mentre la camera rivela che non sta parlando con noi, ma con un cane di pezza.

Happy end provvisorio: «Ma io ho un trucco: gli preparo le mie buonissimissimissime lasagne con sottilette e tutto cambia: lui mi sorride pure!».

Epilogo con sospiro: purtroppo, a dispetto dell’ottimismo di Sofia, si sente un goal dalla tv accesa, seguito dal tipico urlo maschile. Non le resta che concludere, sempre rivolta al cane di peluche: «Cosa ti avevo detto? I soliti maschi…».

Sembrano casalinghe anni Sessanta, ma sono due bambine di quattro cinque anni che vivono nel 2009. Mettono in scena la più desolante solitudine e oppressione femminile (maschi nullafacenti o assenti, femmine ai lavori domestici), ma sono talmente belle, ammiccanti e sorridenti che suscitano solo commenti entusiastici, specie da parte delle donne: «Voglio una bimba come Gaia!», «Che carine!».

Insomma, l’ultima campagna Kraft mette in scena la stessa identica idea di femminilità e maternità che la pubblicità proponeva negli anni Sessanta, ma nessuno ci fa caso perché «è un gioco, non è sul serio».

Peccato che, a furia di vedere (e fare) giochi così, poi le cose si fanno serie. Specie per i bambini, che di spot (e sottilette) si nutrono tutti i giorni.

[PS. questo pezzo è uscito anche nella sezione «Controimmagine» di www.zeroviolenzadonne.it, con cui ho iniziato una collaborazione.]

Spot con Gaia

Spot con Sofia

Spot con protagonista innominata: «No, sul gelato no!»