Archivi del mese: marzo 2009

Un’adolescente: Wisława Szymborska

Mi hanno chiesto di scrivere un post sull’incontro con Wisława Szymborska di venerdì scorso. Non ci riesco, mi sento inadeguata. Wisława è leggera e profonda, arguta e bellissima. Come i suoi versi.

Ho registrato e riascoltato l’incontro, trascritto qualche poesia. Ti regalo questa, ancora inedita in Italia. Uscirà per Adelphi nella raccolta «Qui».

Un’adolescente

Io – un’adolescente?
Se ora, d’improvviso, si presentasse qui,
dovrei salutarla come una persona cara,
benché mi sia estranea e lontana?

Versare una lacrimuccia, baciarla sulla fronte
per la sola ragione
che la nostra data di nascita è la stessa?

Siamo così dissimili
che forse solo le ossa sono le stesse,
la calotta cranica, le orbite oculari.

Perché già gli occhi è come fossero più grandi,
le ciglia più lunghe, la statura più alta
e tutto il corpo è fasciato
dalla pelle liscia, senza un’imperfezione.

In verità ci legano parenti e conoscenti,
ma nel suo mondo di questa cerchia comune
sono quasi tutti vivi,
mentre nel mio quasi nessuno.

Siamo così diverse,
i nostri pensieri e parole così differenti.
Lei sa poco –
ma con un’ostinazione degna di miglior causa.
Io so molto di più –
ma non in modo certo.

Mi mostra delle poesie,
scritte con una grafia nitida, accurata,
con cui io non scrivo più da anni.

Leggo quelle poesie, le leggo.
Be’, forse quest’unica,
se fosse accorciata
e corretta qua e là.
Dal resto non verrà nulla di buono.

La conversazione langue.
Sul suo modesto orologio
il tempo è ancora incerto e costa poco.
Sul mio è molto più caro ed esatto.

Per commiato nulla, un sorriso abbozzato
e nessuna commozione.

Solo quando sparisce
e nella fretta dimentica la sciarpa –

Una sciarpa di pura lana,
a righe colorate,
che nostra madre
ha fatto per lei all’uncinetto.

La conservo ancora.

Donne clonate, uomo pensoso

Spesso la pubblicità rappresenta le donne in gruppo, e per giunta una uguale all’altra, come fossero cloni privi di identità definita.

L’uomo, al contrario, è fotografato solo e pensoso: è dunque ben caratterizzato come individuo e rappresentato come fosse impegnato in chissà quale riflessione profonda.

Il che equivale a dire: donna = corpo replicabile; uomo = individuo pensante.

Siamo talmente abituati/e a queste rappresentazioni, che non ci facciamo più caso. Ma non occorre fotografare donne nude o simulare stupri di gruppo per offendere la dignità femminile.

Guarda la campagna primavera/estate 2009 di Sisley, per esempio. Il lavoro di queste immagini (clic per ingrandire) è tanto più sottile e infido, quanto più ci sembrano normali.

sisley-donna-per-web

sisley-uomo-per-web

Did you know? (Forse non sapevi che…)

Questa è l’ultima edizione del video «Did you know?» (segnalatomi da Walter) che – con sapiente montaggio – combina numeri e illazioni sul mondo globale e informatizzato.

Creato da Karl Fish e modificato da Scott McLeod e Jeff Brenman, il video è stato usato durante un incontro aziendale di Sony BMG tenuto a Roma nell’ottobre 2008.

Alcuni dati andrebbero già modificati, ma il video è comunque stimolante. Unico problema: il montaggio è rapidissimo e per ragionare analiticamente sulle cifre, e soprattutto sui loro significati, bisogna rivederlo più volte (dura quasi 5 minuti) e prendere appunti.

Ma si può fare un gioco. Guardalo una volta sola e domandati: «Cosa ricordo?», «Che emozioni mi suscita?»

NB: Volendo, puoi trarne una tesi di fine triennio, verificando tutti i dati, aggiornandoli e ricostruendo la strategia retorico-persuasiva che anima il video.


Wisława Szymborska a Bologna

Wisława Szymborska, poetessa fra le più amate nel mondo, vincitrice del Nobel per la letteratura nel 1996, sarà a Bologna domani 27 marzo alle ore 17.00 in Aula Magna Santa Lucia (via Castiglione 36) per il Decennale del Collegio Superiore dell’Università di Bologna.

szymborska-da-giovane

Szymborska leggerà, insieme all’attrice Tita Ruggeri, alcune delle poesie che l’hanno resa celebre in tutto il mondo. Ma potremo anche ascoltare, in anteprima italiana, alcuni versi della sua ultima raccolta «Qui», uscita in Polonia nel gennaio 2009; e potremo vedere, in anteprima mondiale, un video con un’intervista inedita della giornalista Katarzyna Kolenda-Zaleska (TVN 24) a Woody Allen, in cui il regista parla di Wisława Szymborska.

Saranno presenti: Paolo Leonardi, direttore del Collegio Superiore, Pietro Marchesani, principale traduttore italiano di letteratura polacca, Jarosław Mikołajewski, direttore dell’Istituto Polacco di Roma, Andrea Ceccherelli, docente di Letteratura Polacca all’Università di Bologna.

Data l’eccezionalità dell’evento, ti consiglio di venire in Aula Magna molto in anticipo, per non restare in piedi o addirittura fuori.

In questo blog ho parlato della Szymborska un paio di volte: quando l’ho scoperta – meglio tardi che mai – (QUI) e quando ho postato la poesia «Scrivere un curriculum» (QUI).

Leggi ora il suo «Contributo alla statistica» (pertinente anche QUI):

Su cento persone:

che ne sanno sempre più degli altri
– cinquantadue;

insicuri a ogni passo
– quasi tutti gli altri;

pronti ad aiutare,
purché la cosa non duri molto
– ben quarantanove;

buoni sempre,
perché non sanno fare altrimenti
– quattro, be’, forse cinque;

propensi ad ammirare senza invidia
– diciotto;

viventi con la continua paura
di qualcuno o qualcosa
– settantasette;

dotati per la felicità,
– al massimo non più di venti;

innocui singolarmente,
che imbarbariscono nella folla
– di sicuro più della metà;

crudeli,
se costretti dalle circostanze
– è meglio non saperlo
neppure approssimativamente;

quelli col senno di poi
– non molti di più
di quelli col senno di prima;

che dalla vita prendono solo cose
– quaranta,
anche se vorrei sbagliarmi;

ripiegati, dolenti
e senza torcia nel buio
– ottantatré
prima o poi;

degni di compassione
– novantanove;

mortali
– cento su cento.
Numero al momento invariato.

(Wisława Szymborska, da Discorso all’ufficio oggetti smarriti, trad. it. di Pietro Marchesani, Adelphi, Milano, pp. 146-147.)

Quanto conta nel cv il tempo che ci hai messo a laurearti?

Nei giorni scorsi ho avuto uno scambio di mail con Luca, affezionato lettore di questo blog. Tema da lui sollecitato: alcune aziende, nel valutare il cv di un/a candidato/a per un lavoro, tengono in grande considerazione quanto tempo ci ha messo a laurearsi e troppi anni per conseguire la laurea sono visti male.

Io non sarei così drastica, almeno per i cv del settore umanistico. Il tempo è certo valutato dalle aziende, però mai in astratto. Ci sono mille altri indizi che decidono se un anno o due in più per laurearsi siano un segno buono o cattivo: stage, soggiorni all’estero, conoscenza di lingue straniere, esperienze di lavoro durante gli studi. A meno che chi seleziona il personale non sia una macchina. O un/a manager stupido/a. Cosa sempre possibile.

Ecco le mail (per gentile concessione di Luca):

Luca:

Scusi l’intrusione ma gradirei un parere. Leggevo un articolo e mi viene da ridere. Fra le domande frequenti ai colloqui di assunzione c’è il tempo impiegato a laurearsi: un indice di dinamicità, sembrerebbe. No, cazzata galattica!

Specie per il vecchio ordinamento, perché uno può venire da un quartiere difficile e se, invece di andare a spacciare la coca come gli altri, decidesse di studiare, così lo si “fotte”. Se una persona viene da un quartiere difficile o da una famiglia dove non si comprano libri e, magari non si parla neanche in italiano, e decide di fare sacrifici e studiare non si possono applicare i medesimi parametri del “borghese”.

Sappiamo bene che ogni regola sulla terra è sottoposta a numerose variabili individuali. I processi formativi non è che avvengano sotto vuoto spinto; l’esito del singolo dipende dal background in cui sta dalla nascita (il “Capitale Sociale”, come direbbe Chiara Saraceno). Quindi, a prescindere dal “merito”, l’allievo con scarse risorse iniziali è svantaggiato due volte (in partenza e alla fine del percorso formativo) e non possiede i “paracadute” degli altri. Allora non farebbe forse meglio ad andare a spacciare la coca subito invece di studiare? Scusi le parolacce inserite nel testo ma erano funzionali al contesto, almeno mi pare. Grazie, Luca.

Giovanna:

Ciao Luca, sono d’accordo con le tue considerazioni. Inclusa l’amarezza.

In ogni caso, quando lavoravo in azienda, nella selezione del personale che più volte ho fatto, non ho mai valutato la lentezza o velocità di un percorso formativo: ho sempre cercato di capire la persona che stava dietro al cv.

Ci possono essere ragazzi che ci mettono molto a laurearsi solo perché sono figli di papà e possono permettersi il lusso di non fare nulla dalla mattina alla sera; come ci sono ragazzi che ci mettono molto a laurearsi perché non frattempo devono lavorare in osteria per mantenersi agli studi. E non ti preoccupare per le parolacce: non sono una moralista della parolaccia! 🙂
Giovanna

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E tu cosa pensi? Qual è la tua esperienza diretta o indiretta su questo tema?

Il sorriso dei candidati

Ieri su Repubblica Bologna è uscito – senza immagini e col titolo «Giudichiamo i candidati sindaco dal sorriso» – un mio articolo. Eccolo nella versione integrale, destinata al blog.

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La campagna per le amministrative si sta scaldando e le facce di due candidati sindaco, più degli altri, campeggiano per le strade di Bologna. Da metà febbraio, grigio su fondo arancio per Flavio Delbono; da qualche giorno rosa-rosso su blu per Alfredo Cazzola.

In fila sui viali intasati, cerco di capire cosa non va. Nelle due facce, intendo: sull’uso del colore arancio nei manifesti di Delbono mi sono già espressa QUI. Ma quelle facce… più le guardo meno mi convincono. Provo disagio, perché? (clic per ingrandirle.)

del-bono-manifesto

cazzola-manifesto

La fila di auto è lunga e ho il tempo per riflettere. In entrambi i casi è un sorriso intenzionale, voluto; nel caso di Cazzola è anche un po’ tirato. Non sembra spontaneo, insomma, ma frutto  di una posa davanti a un fotografo che ha detto cheese. Da cosa si capisce?

Paul Ekman, noto studioso americano di espressioni facciali, spiega che per distinguere un sorriso spontaneo da uno intenzionale devi guardare le sopracciglia: se si abbassano mentre la persona sorride, con le tipiche zampe di gallina intorno agli occhi, allora il sorriso è spontaneo. Se invece la fronte e gli occhi restano tendenzialmente statici, o addirittura immobili, allora ci sono buone probabilità che il sorriso sia forzato. È chiaro che si può sempre fingere, ma per farlo in modo credibile bisogna sapere come si fa, ed essersi pure allenati. Bisogna essere un po’ attori, in sostanza.

Ma c’è di più. Il sorriso di Delbono, oltre che intenzionale, è anche «smorzato» perché ha le labbra strette e gli angoli della bocca abbassati. È come se stesse trattenendo qualcosa, come se non volesse esprimere emozioni. Risultato: Delbono appare compresso, distante.

Cazzola, dal canto suo, ha le sopracciglia aggrottate, cioè ha contratto quel muscolo della fronte che Darwin chiamava «muscolo delle difficoltà»: già questa definizione fa capire quanto possa essere controproducente fotografare un candidato corrugato. Come non bastasse, Cazzola mostra i denti, trasformando il sorriso in un ghigno un po’ aggressivo, beffardo. Ricorda lo Stregatto disneyano di Alice nel paese delle meraviglie, la cui dentatura esposta, preludio di beffe e tranelli, era tutt’altro che rassicurante.

stregatto-beffardo

Torno a casa e, per par condicio, cerco su Internet i sorrisi degli altri candidati, perché per strada ancora non ci sono. E scopro cose interessanti.

I sorrisi di Pasquino e Guazzaloca sono spesso accompagnati dall’abbassamento delle sopracciglia, e dunque sembrano più autentici. Meglio quando hanno la fronte distesa, per le ragioni già viste. Anche di Flavio Delbono si trovano foto con sorrisi spontanei: perché non le hanno usate per le affissioni?

guazzaloca32

pasquino

del-bono-che-ride

Meglio ancora quando i candidati sorridono alla gente. In questa pratica Guazzaloca è maestro. Non a caso, la sezione «foto e video» del suo sito è collegata a Flickr, dove diversi album fotografici lo ritraggono in mezzo alle persone comuni: donne uomini anziani ragazzini, tutti lo ricambiano e perfino lo abbracciano nei luoghi di lavoro, nelle piazze, nei centri sociali in cui li va a trovare. Ottimo. Se fossi in lui userei quelle immagini per le affissioni. Se fossi negli altri candidati, farei una cosa analoga.

Restano Monteventi, Morselli e, ultimo arrivato, Mazzanti. Che dire? Dei loro sorrisi, su Internet, ci sono scarse tracce. Monteventi ne ha fatto un marchio, il che implica, evidentemente, che i suoi lo riconoscano in quella stilizzazione; ma implica pure, purtroppo,  una certa chiusura verso l’esterno. In tempi di spiccata personalizzazione della politica, se non «ci metti la faccia» – quella vera, non disegnata – vuol dire che non sei abbastanza interessato a presentarti a chi non stia già dalla tua parte.

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Quanto a Morselli, sul sito della Destra federale la sua faccia c’è. Ma di sorrisi, neanche a parlarne. E per Mazzanti, candidato solo da qualche giorno, staremo a vedere.

morselli-ridotto

Tecnostress

Pare che il termine sia stato coniato dallo psicologo statunitense Craig Brod, che nel 1984 ha pubblicato il volume Technostress: The Human Cost of the Computer Revolution (Addison-Wesley Publishing Company, Reading, 1984). Da allora la situazione è molto peggiorata, naturalmente.

Pare che l’uso simultaneo di tutte le tecnologie che abbiamo a disposizione per comunicare – pc, notebook, cellulari, mail, messenger, facebook e chi più ne ha più ne metta – possa causare difficoltà di concentrazione, ansia, dipendenza psicologica, problemi respiratori, tachicardia.

Pare che domani, 21 marzo, sia la giornata in cui tutti dovremmo spegnere per 24 ore computer e cellulari, sconnettendoci dal mondo on line. Per vedere l’effetto che fa.

Pare che «Oggi mi sconnetto» sia lo slogan dell’iniziativa, indetta dalla Netdipendenza onlus, che a questo proposito ha creato un video intitolato «Oggi respiro senza tecnostress», che è in concorso al Babelgum Film Online Festival di Spike Lee, e viene così definito:

«Il primo video di prevenzione del tecnostress in azienda. Un progetto di Netdipendenza onlus. Scritto e diretto da Enzo Di Frenna, musiche di Gabriele Ducros, vocalist Simona Adrian.»

Tutte notizie che ho letto su IO Donna del Corriere sabato scorso.

Sarà.

Ma poi sono andata a vedere il video. E mi sembra un pochino una presa in giro.

Prevenzione?