Maternità surrogata: chi strumentalizza e chi è strumentalizzata/o?

Mirco e Patric

A proposito delle polemiche che in questi giorni infuriano sulla maternità surrogata, mi limito a riprendere un post che avevo pubblicato il 30 marzo, riprendendo un’intervista andata in onda alle Invasioni barbariche. Scrivevo allora: «L’intervista dura circa 50 minuti e vale la pena vederla fino in fondo con grande concentrazione, specie in questo periodo in cui in Italia sulla maternità surrogata e sulla genitorialità delle coppie omosessuali si sono spese parole, quando va bene, vacue e disinformate, quando va male, volgari e offensive. Mirco e Patric testimoniano il coraggio di affermare non solo i propri bisogni e desideri, ma la propria normalità. La testimonianza di Jasmine, dal canto suo, dissolve in poche e semplici parole i pregiudizi secondo i quali le cosiddette “madri surrogate” sarebbero a qualche livello usate, strumentalizzate, o agirebbero solo per soldi.»

Oggi la discussione sulla maternità surrogata si è fatta ancora più accesa, a tratti accanita, e l’intreccio con il tema delle genitorialità delle coppie omosessuali la rende scivolosissima, a rischio – grave e insidioso – di strumentalizzazioni e condizionamenti provenienti dai partiti e dalle componenti più omofobe dell’opinione pubblica. Attenzione, fra l’altro, che di omofobia più o meno consapevole soffrono spesso, in Italia, anche le persone che si presumono più “open minded” e “gay friendly”, quelle sempre pronte a dirti “I miei migliori amici sono gay, ma…”.

Scrivevo il 30 marzo:

Mirco e Patric, ovvero: il coraggio di essere se stessi. Contro pregiudizi, leggi, convenzioni

Mercoledì 25 marzo, alle Invasioni barbariche, è andata in onda una splendida intervista di Daria Bignardi a una coppia gay, intervista che andrebbe diffusa (come minimo) nelle scuole secondarie (di primo e secondo grado) e in università, perché mostra in modo limpido e diretto come il coraggio di essere pienamente e autenticamente se stessi in una relazione d’amore possa superare ostacoli di ogni tipo: distanze geografiche e anagrafiche, pregiudizi, convenzioni sociali, leggi nazionali e internazionali. Nessun cliché romantico, anzi: è una storia unica, singolare. Mirco, 47 anni, italiano di Ferrara, e Patric, 30 anni, americano del Maine, sono sposati da sei anni (non in Italia, ça va sans dire) e si amano da dieci. Da settembre 2014 sono genitori di tre deliziosi gemelli, avuti da Jasmine, che tecnicamente si definisce “madre surrogata” e che in realtà ha maturato con loro un rapporto di profonda amicizia, no di più: di vicinanza affettiva, di vera e propria parentela.

L’intervista dura circa 50 minuti e vale la pena vederla fino in fondo con grande concentrazione, specie in questo periodo in cui in Italia sulla maternità surrogata e sulla genitorialità delle coppie omosessuali si sono spese parole, quando va bene, vacue e disinformate, quando va male, volgari e offensive. Mirco e Patric testimoniano il coraggio di affermare non solo i propri bisogni e desideri, ma la propria normalità. La testimonianza di Jasmine, dal canto suo, dissolve in poche e semplici parole i pregiudizi secondo i quali le cosiddette “madri surrogate” sarebbero a qualche livello usate, strumentalizzate, o agirebbero solo per soldi.

L’intervista integrale:

L’estratto con la testimonianza di Jasmine:

 

4 risposte a “Maternità surrogata: chi strumentalizza e chi è strumentalizzata/o?

  1. Il tema del cosiddetto “utero in affitto” va ricondotto ad un problema molto più ampio: di chi è il proprio corpo. E’ un problema che rimanda alla concessione del proprio corpo o di parti di esso in comodato d’uso gratuito/pagato, ai propri diritti sul proprio corpo vivo o morto, a quanto di questo corpo è legittimo assoggettare a norme sociali. Alcune fattispecie: l’utero in affitto (o in donazione transitoria), la vendita o donazione di prestazioni sessuali, la vendita o donazione di propri organi o prodotti corporei (vendita di rene, fegato, pelle, midollo spinale, sangue, muscolo, sperma, ovulo ecc), la vendita o donazione post mortem di organi vitali e non, il proprio cadavere come res nullius di cui la società può fare ciò che vuole, il suicidio assistito e il suicidio tout court, l’eutanasia. Aggiungo a tutto questo che anche il cervello a tutti gli effetti è una parte del corpo, e mi incuriosisce in termini teorici e di neuroscienze il concetto di proprietà/possesso del proprio cervello, della sua alienazione ecc. In sostanza, lasciamo perdere la zuccherosa retorica dell’amore-che-tutto-nobilita, compreso l’amore etero- o omosessuale: una retorica un po’ troppo presente nel tuo post. Riportiamo la discussione al rapporto corpo/sistema sociale, ai loro confini reciproci, alle funzioni e limiti della norma rispetto ai territori dell’Io (Goffman può servire anche qui…), alla potenza razionalizzante del diritto, alla eventuale formalizzazione e gerarchizzazione delle varie fattispecie elencate sopra. Certo così è tutto più noioso, pedante e freddo. Ma forse più lucido. Se trovo il tempo, ci scrivo sopra.

  2. con tutto il rispetto per la storia di mirco e patric e jasmine (che non mettoin discussione), credo sia lecito avere dubbi etici sulla GPA a prescindere dall’eterosessualità o meno della coppia richiedente e senza voler vietare a nessuno di gestire il suo corpo come vuole (incluso in maniere che a noi personalmente non piacciono) che è un principio sacrosanto
    dopodichè l’appello di SNOQ è sbagliato nei tempi e nei modi

  3. una cosa è l’adozione di un bambino che auspicabilmente – dal mio punto di vista – dovrebbe riguardare anche coppie gay.
    altra cosa è l’utero in affitto e, gay o etero che si sia, ci sono limiti alla propria libertà nel momento in cui ogni nostro desiderio non può diventare automaticamente un diritto.
    “La testimonianza di Jasmine, dal canto suo, dissolve in poche e semplici parole i pregiudizi secondo i quali le cosiddette “madri surrogate” sarebbero a qualche livello usate, strumentalizzate, o agirebbero solo per soldi”. Io invece penso che non si tratti di pre-giudizi, ma di una triste realtà e la testimonianza di Jasmine sia una piccola goccia, un’eccezione, in una realtà dove le cose vanno in tutt’altro modo, modo che SNOQ ha perfettamente sintetizzato.
    Quando leggo poi (scusa Paolo) “senza voler vietare a nessuno di gestire il suo corpo come vuole (incluso in maniere che a noi personalmente non piacciono) che è un principio sacrosanto”, e ne leggo tante di queste precisazioni, allora ha proprio ragione Monica Ricci Sargentini quando afferma «C’è sicuramente un clima di intolleranza che spesso porta anche all’autocensura. A volte si ha paura di dire quello che si pensa per non essere bollati come razzisti, omofobi, islamofobi e chi più ne ha più ne metta. Personalmente giudico pericolosa la dittatura del politically correct».
    In ogni caso potrebbero risultarmi dati sbagliati, ritornando alle dichiarazioni di Jasmine, per cui chiedo se Jasmine rappresenta la norma oppure l’eccezione, con dei dati ovviamente; l’idea che non ci siano donne sfruttate e usate come contenitori mi farebbe solo piacere.
    E rimane sempre il problema delle adozioni, costosissime e faticose: di questa questione e degli interessi che ci stanno dietro si parla pochissimo.

  4. Io chiedo scusa ma Jasmine sembra una single mom…o sbaglio?

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