Compagnie telefoniche: se dici o scrivi parolacce a un servizio di risposte automatiche, riesci a parlare con un essere umano?

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Diversi amici e conoscenti mi hanno segnalato, negli ultimi mesi, un fenomeno curioso nelle loro relazioni con le compagnie telefoniche: se interagisci con la voce registrata di un call center o con un servizio automatico di risposte sms e non ottieni quel che cerchi, conviene dire o scrivere una parolaccia. D’improvviso, come per incanto, la risposta si fa, da inadeguata e/o priva di senso che era, pertinente e sensata, e in due mosse ottieni l’informazione o il servizio che cercavi. Tanto varrebbe, allora, esordire con una parolaccia? Mi chiedo se stiamo assistendo alla codificazione del turpiloquio – e dell’aggressività che implica – come metodo per ottenere in modo più rapido ed efficace ciò che si vuole. Qui l’esempio di un esilarante scambio con TIM (ringrazio Luca per avermelo passato):

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5 risposte a “Compagnie telefoniche: se dici o scrivi parolacce a un servizio di risposte automatiche, riesci a parlare con un essere umano?

  1. Non se lo chieda, Giovanna, dopo aver lavorato nell’attenzione diretta al cliente per parecchi anni, purtroppo credo che sia proprio così: la codificazione della “voce grossa” e dell’aggressività come metodo per ottenere in modo più rapido ed efficace ciò che si vuole e non ci spetterebbe di diritto (a volte senza nemmeno provare prima altre strategie) è già un metodo ampiamente messo in atto; da troppe persone e con sempre più scioltezza.
    Estensione della massima “Il cliente ha sempre ragione e quando è arrabbiato ce l’ha ancora di più”? Oppure della facile minaccia: “Attenzione che vado da un altro che me lo dà gratis”? Perché, diciamocelo, oggi troppe cose gratis lo sono effettivamente diventate, fino a perdere del tutto il loro valore, e troppa “concorrenza” vende più o meno gli stessi articoli o servizi. Allo stesso modo, troppo facilmente ci dimentichiamo che spesso la differenza tra una compagnia e l’altra la fa proprio (e solo) il trattamento che riceviamo.
    Oppure è che, come si suol dire: la miglior difesa è l’attacco?
    Sarà, ma perché e da quando entrare in un negozio o fare/offrire una richiesta/proposta commerciale dovrebbe essere vissuto come uno “scontro” anziché come un “accordo”? Tanto da dover preparare, varcando/vedendo varcare la soglia, anziché la mano tesa pronta ad essere stretta, il pelo ritto, lo scudo levato, e l’allerta massima anti-fregatura attivata?
    Chiediamoci anche questo, magari. Perché, quando si perde la fiducia reciproca, l’aggressività purtroppo diventa la risposta più facile, e rimane quella più sbagliata.

  2. A me è successo che rispondendo “Sì” per avere un servizio mi è stato detto che non capivano e che dovevo riscrivere diversamente. Allora ho scritto SI come hanno scritto di scrivere loro e l’offerta mi è stata data. Si sa che i computer non sono intelligenti: devi metterti nei loro panni e scrivere la parola in modo letterale. Riguardo alle parolacce, non saprei dare una spiegazione: bisogna segnalarlo alla compagnia via e – mail.

  3. Capisco che per risparmiare si automatizza il più possibile, ed è giusto, ma quello che sta succedendo non va bene. Così si legittima l’aggressività, sia quella dell’operatore (non rispondere a domande sensate è aggressività) sia quella del cliente.

    Io penso si possa fare diversamente.

  4. Ma se rispondessero agli insulti sarebbe ottimo!
    Perchè ricevendo una MEDIA di 4 telefonate commerciali al giorno da almeno 6 mesi sia sul fisso che sul cellulare da parte di una notissima compagnia telefonica (Vodafone) io non ho più nulla da dire se non insulti.
    Non me ne frega più niente nemmeno se all’altro capo ci sono esseri umani che lavorano: non ne posso più, e continuo a ricevere telefonate a ogni ora del giorno.
    E lo stesso succede a molte persone che conosco. Possibile che uno strumento di marketing possa sfuggire di mano fino a diventare uno strumento di tortura psicologica?

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