Il corpo delle donne. Una domanda

Ho scoperto il documentario «Il corpo delle donne» di Lorella Zanardo e Marco Malfi Chindemi lunedì 4 maggio a L’infedele. L’ho cercato e ritrovato, la mattina dopo, su www.ilcorpodelledonne.blogspot.com e sul blog di Loredana Lipperini.

«Una riflessione sull’immagine della donna nell’Italia contemporanea, attraverso i volti e i corpi femminili che vediamo ogni giorno nel nostro televisore. Quale è l’immaginario femminile proiettato oggi dalla televisione italiana? Quali sono i modelli femminili di riferimento? Quali verità comunicano? Quali autenticità? Negli anni ’60, Anna Magnani prima del ciak diceva al suo truccatore che stava per coprirle le rughe del volto: “Lasciamele tutte, non me ne togliere nemmeno una, ci ho messo una vita a farmele”. E oggi?» (da mymovies.it).

Immagini che purtroppo conosciamo. Riflessioni che spesso abbiamo fatto su questo blog. È duro vederle concentrate nei 25 minuti del documentario.

Qui sotto trovi gli estratti andati in onda a L’infedele. Ma ti consiglio di prenderti mezz’ora per vederlo QUI tutto. Fallo anche se non sei una donna, perché queste immagini ci riguardano tutti, a tutte le età e in tutti gli ambienti. E dal documentario non uscirai indenne.

Dopo di che mi (e ti) domando: nel proporre una riflessione critica e appassionata sul modo in cui i media (gli uomini, le stesse donne) trattano il corpo femminile, una riflessione che però non usa solo le parole (come fa un libro, un articolo di giornale) ma si avvale soprattutto di immagini (come fa un documentario), non si rischia di moltiplicare – almeno un po’ e seppure involontariamente – le stesse umiliazioni che si vorrebbero denunciare?

Quel montaggio rapido di bocche, seni, sederi che il documentario mostra, sebbene fatto con altre intenzioni, non finisce per somigliare a tanti altri che vediamo tutti i giorni in tv, con l’aggravante di rendere la rappresentazione ancora più grottesca e feroce?

Insomma mi (e ti) sto chiedendo se, per restituire dignità al corpo delle donne, non vi sia ormai altra soluzione che smettere di fotografarlo e filmarlo.

Sottrarlo allo sguardo.

Spegnere i riflettori.

Una volta per tutte.


42 risposte a “Il corpo delle donne. Una domanda

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  2. [Gentile Giovanna Cosenza: commento per la prima volta sul suo blog, ma frequento abbrastanza quello di Lipperini, e da quello sono stata dirottata qui. Così provo a dire la mia]
    oh sì, sono proprio d’accordo: il rischio è quello, moltiplicare le immagini e ottenere l’effetto tappo (non ne posso più, ergo: me ne frego).
    D’altronde la denuncia è necessaria, ma più necessaria ancora è una proposta di protesta: forse avrebbe senso rispolverare la proposta di lisistrata (per quanto ci sia stata tramandata da un uomo certo non amante delle donne, ma di sicuro conoscitore dei punti deboli degli uomini) e indire uno sciopero delle donne – non solo del sesso, ma di tutto ciò che noi donne facciamo e ci sentiamo tenute a fare in quanto donne, le attività di cura, insomma. Un giorno, una settimana: giusto per far parlare di qualcos’altro che non siano tette, sederi e prostituzioni di vario genere.

  3. Mah, non so se il freno all’esposizione o lo stop temporaneo possano essere la soluzione.
    Come a dire, non sconfiggi Matrix uscendo da Matrix, ma riconoscendo che Matrix è “solo” 0 e 1. Questo è quello che ha capito e fa Luciana Littizzetto, per dire: non nega l’esplosività della carne, la annuncia, la suggerisce, ma contemporaneamente la depista e la disinnesca.
    Bisogna riconoscere, piaccia o meno, che l’esposizione della carne qui e orafunziona secondo determinati meccanismi, e provoca determinati effetti. Secondo me non è un caso che la “disponibilità fantastica” funzioni seguendo determinati schemi, che non sono fissi, che si evolvono e che inseguono un certo fantasma.
    Il problema non è “cosa” si espone, ma cosa si evoca esponendo, e perché questa, qui e ora, è l’evocazione vincente. Ripeterò questo stesso commento anche da Loredana. Ciao!

  4. Il contesto impone le regole del testo, temo. Il contesto è smodatamente più potente. Il contesto usa nel nostro caso il corpo femminile in un certo modo, e qualifica questo uso sempre e comunque come positivo e culturalmente condivisibile. Non si riesce a spegnere tutto questo contesto non se ne ha – e confesso che non lo vorrei, non mi risolverebbe tantissimo, oltre che essere un po’ antidemocratico un po’ stato etico – in ogni caso la forza. Conviene partecipare al gioco ribaltando il messaggio con cui si qualifica il medesimo oggetto. Per questo io trovo questo documentario fenomenale e molto efficace. Credo che metta moltissime persone nell’impossibilità di scappare dalla semantica negativa dell’uso compulsivo del corpo femminile.
    Perchè ecco, la Parietti e la Carlucci – che a inizio trasmissione Infedele, numme parevano esattamente Hegel e Schopenauer – e che hanno passato mezz’ora buona a dire uh quanto ce piaceno a noi le plastiche, uh viva la chiappa, dopo il tibro sur deretano e la signorina sotto ar tavolo, beh ERANO IN TANGIBILE IMBARAZZO. La seconda parte del video ha fatto virare la trasmissione.
    Cioè per delle persone ci metto la mano sul fuoco che è una vera occasione di insight. Per delle persone quel video è la prova di cui hanno bisogno.

  5. probabilmente dirò ovvietà, ma non penso che cancellare a livello mediatico il corpo femminile sia una soluzione, non è un burka che risolve i problemi.
    Quello che mi fa più paura è tutto quanto sta a monte nella mentalità che viene proposta e che si concretizza in questa figura femminile falsata e umiliata.
    La raccolta e la scelta di immagini come queste, sempre secondo me, montate l’una accanto all’altra rende visibile il problema anche a chi non lo nota spetemperato in mille trasmissioni diverse, creando una dirompente denucia. Non ci sento amplificazione delle umiliazioni ma presa di coscienza.

  6. Per anni non ho guardato la tv. Semplicemente la trovavo noiosissima.
    Poi il coautore de IL CORPO DELLE DONNE, Marco Malfi, mi provocò sostenendo che se volevo continuare ad occuparmi di donne, dovevo guardare la tv.
    Così è nato il nostro documentario.
    Fino a quel momento ero sempre stata dell’opinione di Giovanna: non filmiamo, non fotografiamo i corpi delle donne. Lasciateci in pace. Dobbiamo già lavorare, fare figli e crescerli, “far aumentare il PIL lavorando di più e facendo piu bambini,” curare gli anziani.
    .
    Poi ho visto ed ho capito che non potevo sottrarmi.
    La maggior parte delle donne, che costituisce il 60% del pubblico televisivo, ha la televisione come unico strumento di informazione: quello che viene trasmesso diventa riferimento, educazione, esempio.
    Come riusciamo a parlare a queste donne? Dove le intercettiamo? Come facciamo nascere un dubbio sulla validità del modello di donna proposto dalla tv?
    Quando presentiamo IL CORPO DELLE DONNE in pubblico, il commento piu diffuso da parte delle donne è sempre: ” io guardo la tv tutti i giorni, mi fa compagnia…però quelle immagini lì non le avevo mai viste..o forse non me ricordavo così…adesso starò più attenta..”.
    Per combattere l’assuefazione alla visione di immagini di corpi spogliati ed umiliati abbiamo utilizzato il montaggio delle immagini tv per educare a “vedere”, per provocare reazioni che sono sempre, da parte di uomini e donne, di disgusto.
    Cioè il proporre un punto di vista diverso fa guardare alla tv in modo nuovo e piu critico.
    Quello che auspico non è una censura televisiva, bensì una chiara inversione della domanda televisiva.Prendere coscienza della profonda discriminazione contenuta nelle immagini femminili proposte dalla tv per chiedere un’altra tv.
    Innescare un processo educativo verso uno sguardo critico alla tv.
    Divenire consapevoli del nostro potere: se non ci piace la possiamo spegnere. Se la spegniamo qualcuno si chiederà cosa ci piace.
    Siamo anche le principali decisori d’acquisto dei prodotti che in tv vengono pubblicizzati. Dobbiamo solo rendercene conto.

  7. Spegnere i riflettori, tu dici.
    Smettere di filmare, di catturare.
    Distruggere, per poi ricostruire, quindi.
    … sì, perchè no. Smettiamo di riprendere, filmare, scoprire, scovare; smettiamo di fare il pubblico della televisione, quindi.
    Va bene.
    Ma siamo pronti come pubblico, ad accettare questo? Non credo.
    E non sarebbe forse un passo indietro togliere il corpo dallo schermo?
    …purtroppo credo di sì.
    Forse sarebbe ora di mettere in atto la tanto declamata meritocrazia, e fare i test d’ingresso anche per andare a lavorare in tv.
    Perché nel documentario si dice una cosa fondamentale: la tv la puoi guardare e sopportare solo pensando di essere al circo.
    Quindi rifacciamo i parametri televisivi: informazione libera, gente professionale (donne e uomini insieme), per lavorare.

  8. Credo di aver notato che l’argomento della sovraesposizione dei corpi (nella fattispecie femminili) ricorra spesso in questo blog. Anni fa, quando avevo letto “Corpo futuro”, il saggio curato da Leopoldina Fortunati, erano tematiche meno sfruttate (anche dai media).
    Adesso vado alla conferenza di Dorfles, uno che di queste cose se ne intende, poi vedrò il documentario.
    Concordo con quello che dice Lorella. Vero è che molte donne, come le casalinghe, hanno un rapporto di “assuefazione” con la televisione. Sovente, si riduce ad una sorta di Buzz-Buzz che non ha altro scopo che di allentare pomeriggi silenziosi passati alle faccende domestiche. Proprio a queste persone viene proposto un uso distorto di immagini relative alla sessualità femminile che è poi quello delle nostre “moderne” democrazie Occidentali. Comunque, c’è caso e caso; se parliamo di televisione generalista, quella francese è già molto più morigerata…

  9. beh, penso che per disinnescare queste “umiliazioni” non basta chiudere gli occhi, isolarci, diventare nicchia critica (in parte già lo facciamo, molti dei programmi ripresi nel doc non li ho mai visti). trovo sempre utile il vecchio “don’t hate the media. become the media”, come pure il ricorrere ad un linguaggio per criticare i messaggi che solitamente veicola. un cavallo-di-troia per arrivare anche chi conosce solo quel linguaggio. certo si moltiplicano le umiliazioni, ma forse si apre anche una breccia tra mondi separati
    e poi: qualcuno ha mai studiato “il corpo dei maschi” in tv? negli ultimi anni mi sembra siano cambiate molte cose, no?

  10. ho visto quel filmato in tv e penso che una denuncia sia necessaria, e quel filmato a me personalmente ha colpito… nel senso che ti fa rendere seriamente conto di come viene rappresentata la donna in tv… e mi ha fatto indignare, quindi ha avuto un effetto positivo.

    Ma non so gli altri come possono aver reagito. In ogni caso questo sistema cambierà quando a livello di massa ci si renderà conto che c’è un problema in questo paese che si chiama maschilismo. E fa danni alle donne ma anche agli uomini. DANNI ENORMI.

    Come diffondere questa consapevolezza? Internet e scuola. Non vedo alternative.

  11. Anch’io ho scritto un breve post sul tema: percvhé a me è invece sembrato molto utile il lavoro fatto dalla Zanardo e da Malfi. Anche perché, proprio dalla ripetitività del documentario, emerge quella coazione a ripetere, quell’ossessività sul corpo femminile come oggetto che forse, a chi guarda distrattamente la tv, stanco dopo una giornata di lavoro, non salta agli occhi. Il documentario la mette in evidenza in tutta la sua nferocia, invece. Ed è molto importante che lo faccia, secondo me. Perché è un bene rendersi conto.

  12. Le neuroscienze insegnano che l’inconscio non recepisce i comandi al negativo: se ti dicono “non pensare ad una certa cosa” è sicuro che ci penserai, e inoltre il NON fare non porta da nessuna parte.
    Per questo credo che mostrare si debba; e che il parossismo di stereotipi contenuto nel documentario di Lorella possa portare ad un inedito effetto-nausea, dopo di che si dovrebbe iniziare a mostrare altro: le donne normali, restituendo loro il diritto all’immagine.

  13. Grande lophelia! Commento sintetico ma molto esauriente. Da chi ha come referenza film come “L’inquilino del terzo piano” di Roman e “Picnic ad Hanging Rock” non mi stupisce… 🙂

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  15. Secondo me la dignità al corpo delle donne si può restituirlo creando delle regole all’interno degli spazi mediatici, delineare i contesti dove l’esibizione del corpo ha un senso e dove no.
    Le statistiche ci dicono sempre di moltissimi paesi dove le donne sono messe meglio che da noi, in termini di diritti, di inserimento sociale e di accesso al lavoro. Ma spesso si tratta di paesi dove il nudo femminile (e maschile) in tv è mostrato in modi molto più disinibiti che da noi, in certi programmi esplicitamente sexy. In Italia di questi programmi non ce ne sono (o non ce ne sono più, dalla fine degli anni ’80) ma in compenso il nudo femminile, anche se non integrale, è presente in tantissimi programmi che hanno tutt’altri scopi e finalità. E lo stesso discorso si può fare anche per ambiti non televisivi, dal cartaceo, alla pubblicità, e via dicendo. E credo che sia l’esibizione in ambiti dove non ha un ruolo a togliere dignità al corpo femminile.

  16. Ciao a tutte e tutti,
    ho letto i commenti uno per uno, con molta attenzone. Ho pensato e ripensato. Non è affatto facile. Si gira un po’ intorno e si rischia sempre qualcosa, con qualunque soluzione si adotti, temo. Si rischia sulla pelle e sul corpo delle donne, naturalmente. Mica su altro.

    Innanzi tutto ribadisco: trovo che il documentario di Lorella Zanardo, sia fatto molto, molto bene e sia utilissimo. L’ho già fatto vedere a molti studenti e studentesse, lo farò vedere in aula, o durante presentazioni pubbliche in cui si parli di televisione.

    Lorella: so bene cosa succede quando mostri certe cose alle persone – donne per prime – e loro improvvisamente ti dicono: è come se mi fossi svegliata all’improvviso, non avevo mai notato tutto ciò che mi hai fatto notare. L’indigestione di corpi deformati dalla chirurgia e di contesti umilianti per le donne, che il tuo documentario propone, è eccezionalmente efficace da questo punto di vista. Su questo siamo tutti d’accordo.

    Il problema è il contenitore. Il problema è il contesto, come dicevano alcune/i qui. Se usi il documentario in aula o per presentazioni pubbliche, è perfetto: sei tu a decidere, sei tu la regista.

    Se lo porti in tv, le cose cambiano purtroppo, perché è inevitabile che la carrellata di seni-bocche-sederi sia assimilata ad altre. E l’audience sale anche (ma forse soprattutto) per quello. Alla diagnosi di Aldo Grasso – che si riferiva all’abbassamento di livello legato alla presenza di Parietti, Carlucci e Lanza (il livello si abbassa, l’audience sale) – io aggiungerei, crudamente: l’audience è salita non solo perché c’erano Parietti, Carlucci e Lanza, ma perché scorrevano seni e labbra in abbondanza (scusate la rima), quelle del documentario e quelle di Parietti e Carlucci, irritate per essere messe assieme a tutte le altre.

    Lorella, io la tv la guardo e la studio: l’ho sempre guardata fin da piccola (non appartengo a una famiglia di intellettuali e la tv in casa c’era), e la guardo ora (anche) come studiosa, perché lavoro nella/sulla comunicazione. Non sono un’apocalittica. Inoltre, sono convinta che per rompere certi meccanismi, li devi conoscere alla perfezione: è molto più efficace romperli da dentro che urlando da fuori che non funzionano.

    Dunque, hai fatto bene a portare il documentario in tv, sei stata coraggiosa: se non lo porti in tv, non accedi ai grandi numeri, ed è importante che grandi numeri di persone (e sempre più grandi) accedano alla riflessione proposta dal documentario.

    Ma una volta che sei in tv, la tv ti divora, ti assorbe nelle sue regole. Lerner era tutto sommato rispettoso e appoggiava il discorso di Lorella, certo. Ma la camera andava dal primissimo piano sulla Parietti a quello su Lorella (perché è donna, perché è bella) dal primissimo piano sulla Carlucci a di nuovo quello su Lorella, e poi da loro alle immagini del documentario. E proprio su questi giochi che l’audience sale. Come sottrarsi all’assimilazione?

    Ricordo quando Loredana Lipperini andò dalla Bignardi a presentare “Ancora dalla parte delle bambine”: la misero in coppia con la Spaak e la camera andava e veniva dalla scarpa sportiva chiusa di Loredana, al sandalo aperto con tacco 12 della Spaak, per poi salire su su, a mostrare le gambe della Spaak proprio mentre Loredana diceva – appunto – che le donne sono considerate solo per il loro corpo.

    È per questo che l’altra sera, pensando e rimuginando, mi è venuto in mente che – forse – l’unico modo che le donne oggi hanno disposizione per andare in tv rompendo le regole è nascondere il loro viso e corpo.

    Qualcuno ha detto: il burqa? Per amor del cielo, no. Andiamo in tv col nostro volto e corpo, certo. Però come si fa? Bisognerebbe andarci concordando nei più infimi dettagli i movimenti della camera e le inquadrature. Ma quando mai te lo permetteranno?

    Pensiamoci e parliamone ancora. Assieme.

  17. Anch’io trovo il documentario “Il corpo delle donne” molto efficace. Mi provoca nausea e infinita tristezza. Più che di consapevole gioco con i simboli credo che per la maggior parte di Veline & Co. si possa più spesso parlare di vanità e di compiaciuto compromesso con un sistema maschilista e una modellizzazione degradante della donna.
    Il contesto televisivo in cui viene inserito il documentario contribuisce inevitabilmente ad assimilarne le immagini al flusso quotidiano, ma la denuncia rimane. Ed è questo che conta. Certo, tutto dipende poi dal contesto di ricezione, dalla coscienza degli spettatori. Ma credo sia difficile non rimanere mortificati, donne e uomini, da queste continue stereotipiche e raccapriccianti rappresentazioni della donna.
    La presa di coscienza è la condizione necessaria per passare all’azione e per diventare consumatori critici. Quindi ben vengano questi rovesciamenti di assiologia di testi che quotidianamente ci vengono propinati dall’interno degli stessi canali. Ciò che è importante, trovo, è che siano accompagnati dalla disambiguazione, dal dibattito e dall’azione per il cambiamento.
    Sono d’accordo con Giovanna: le donne devono ri-vestirsi. Credo sia un passaggio fondamentale. Le donne in televisione, siano esse “grechine” o presentatrici con un ruolo più attivo nel programma, sono il più delle volte svestite e sexy. Al contrario gli uomini, coloro che più spesso contano nel programma, sono perlopiù vestiti in giacca e cravatta.
    Dietro questi modelli si perpetuano veri e propri rapporti politici.

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  19. pescesenzabicicletta

    Il documentario è didattico, formativo, un ottimo strumento per suscitare REAZIONI ed EMOZIONI, e poter lavorare minimamente su quel senso critico che ormai abbiamo disimparato ad utilizzare … personalmente ad un certo punto la TV la spengo, immagini e discorsi sono troppo spesso volgari, ributtanti, INUTILI. Non informano, non divertono, non fanno riflettere:non aggiungono nulla, che li guardiamo a fare?
    I corpi delle donne, quelle dellla quotidianità, quelle vere, non sono così: sono spigolosi, morbidi, diversi l’uno dall’altro, ciascuno unico e non omologato.
    Impariamo a coltivarli nella loro unicità, e amando il tempo che passa e li trasforma.
    Grazie a Lorella ed al lavoro che ci regala!

  20. Sono una danzatrice e sono invitata a programmi televisivi a danzare ma anche a parlare del mio libro Il Linguaggio Segreto della Danza del Ventre.
    E’ molto giusto chi parla delle inquadrature della camera, io portare delle coreografie stupende ma se loro voglio inquadrare con occhio pornografico solo il seno e i fianchi il pubblico non potrà apprezzare l’intenzione della mia arte!
    Certo servono i costumi più coperti senno è inutile, le camere andranno sempre a cercare carne come mosche!
    Serve lottare e dire di no. Lo puoi fare con gentilezza, come quando in un programma tv quando una mia coreografia era “poco sexy” per il regista, ho detto che potevo andare a casa e mi hanno fato rimanere con il mio gruppo chiedendoci poi escuse e dandoci i fiori. Serve essere forti e non avere paura di dire di no. La dignità innazittutto. Molti dei programmi della tv italiana sono così offensivi verso le donne, ma a volta penso che le donne sono abituate a non reagire a non offendersi a non dire niente. Invece è bello farsi rispettare.

  21. Ho trovato il video molto interessante e mentre le immagini scorrevano mi rivenivano in mente le ultime scene del film “Brazil” di Terry Gilliam (1985), dove vecchi corpi femminili, maschere deformate dalle infinite plastiche, si scioglievano schifosamente come neve al sole. No la neve è bianca, la si deve sostituire con qualcosa di più colorato e che dia al tutto un effetto grottesco (o almeno io così lo ricordo).
    L’eccesso, la “concentrazione” contenuta nel video, credo possa aiutare a far vedere quello che nell’uso quotidiano si perde, un po’ come prendere tutti i giorni piccole dosi di veleno. A piccole dosi il veleno non ti uccide, anzi limitatamente ad alcune sostanze ne divieni persino immune (http://it.encarta.msn.com/encyclopedia_981533886/Mitridatismo.html), ma non si può dimenticare che il veleno resta veleno e che, se non è tra quelli cui ti immunizzi, si deposita nel tuo organismo e ti uccide lo stesso, solo più lentamente e dolorosamente.
    Vediamo il veleno e i suoi effetti esattamente per quello che sono e forse parte del loro inganno è già fugato.
    Il fatto che nel programma televisivo la camera abbia giocato, come riferisce Giovanna, “dal primissimo piano sulla Parietti a quello su Lorella …” personalmente non trovo che abbia fatto altro che avvalorare ulteriormente, quasi dal vivo, il messaggio riportato dal video.
    Chi quel messaggio l’avrà iniziato a cogliere, avrà sicuramente iniziato a cogliere (con fastidio?) anche quei movimenti di camera a riprendere ora un volto, ora una gamba: lo svelamento della realtà, del trucco, dell’inganno.

    La cura qual è?
    Vedere il bellissimo lavoro di Lorella Zanardo e Marco Malfi Chindemi sicuramente aiuta, ma non può bastare, il potere della Tv è forte e quindi mi ritrovo, non tanto a proporre il burqa, quanto ad augurarmi che vengano adottate anche in Italia tutte le indicazioni contenute nella risoluzione EU sull’impatto del marketing e della pubblicità sulla parità tra donne e uomini e ad auspicare sanzioni serie e pesanti, come seri e pesanti sono gli effetti che tutto ciò produce.

    Il discorso EU sulla pubblicità senza molto sforzo è applicabile ai programmi televisivi in genere dove la pubblicità, dovendo inseguire l’audience, è di fatto incorporata direttamente nel programma.

    Estratto dalla risoluzione …
    …. considerando che la pubblicità presenta sovente la vita reale degli uomini e delle donne in modo caricaturale …. considerando che la pubblicità che presenta stereotipi di genere limita le donne e gli uomini, le ragazze e i ragazzi e “rinchiude” gli individui in ruoli prestabiliti, artificiali e
    spesso umilianti, degradanti e instupidenti per entrambi i sessi … considerando inoltre che al contempo la pubblicità, per sua natura, rafforza questi effetti negativi in quanto il messaggio viene ripetuto e riprodotto incessantemente …. considerando che la discriminazione di genere nei media è tuttora diffusa e che la pubblicità e i media che presentano stereotipi di genere possono essere considerati come parte di tale fenomeno … considerando che la pubblicità che presenta stereotipi di genere riproduce un’iniqua distribuzione del potere … considerando che la pubblicità che presenta stereotipi di genere non soltanto “rinchiude” le persone in diversi ruoli predefiniti, bensì altrettanto spesso esclude le persone non
    inquadrabili nel concetto di normalità …

    Per chi fosse interessato il link al testo della risoluzione, alle motivazioni e all’esito della votazione:
    http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+REPORT+A6-2008-0199+0+DOC+XML+V0//IT

  22. E’ vero. Il video è raccapricciante. Ma si tratta di immagini che quotidianamente vengono mostrate allo spettatore, e non è necessario guardare la tv 4 ore al giorno. Del video mi ha colpito in particolare l’accento posto sul “voler cambiar faccia” e aver quasi paura della propria. In effetti, la questione non è solo di tette e culi in bella vista, quanto piuttosto di faccia. Non si sta parlando solo di ragazze a cui viene offerto un futuro facile e ricco andando in tv ad esibire il proprio corpo. Qua si parla di giornaliste, presentatrici che sicuramente ricoprono un ruolo importante in televisione, ruolo che comunque richiede intelligenza, competenze specifiche. Queste donne hanno paura di invecchiare, hanno paura del confronto con chi è più giovane, hanno paura di essere sbattute fuori dalla tv nel momento in cui subentrano le avversarie.
    Saranno pure le logiche della televisione a imporre questi canoni malati, ma sono le donne che vanno in tv a permettere che questo avvenga, a far sì che si crei attorno alla loro persona una specie di mito, un’immagine costruita e confezionata in un certo modo. Forse hanno paura che quell’immagine di sè veicolata dalla tv possa andare in pezzi da un momento all’altro e quindi loro non esistere più. La televisione in questo modo ci ha portati a contatto con una non-realtà, un mondo artefatto, dove si gioca in maniera scandalosa con i ruoli. Il gioco evidentemente è allettante per quelle donne che vanno in tv e ovviamente, una volta fuori dal meccanismo entrano in crisi d’identità. Ok accorgercene. Ok parlarne. Ma non credo esistano soluzioni a questo. Quest’anno Buona Domenica non è più andata in onda. Al suo posto il Grande Fratello e le tette abnormi di Cristina. Ora, io ho seguito poco quel programma, e ogni volta che accendevo la tv si vedeva sempre la stessa roba: Cristina con le tette che pure a volerle coprire non ci riesce, altre con i culi ben scoperti e i maschi, vittime di tutto questo, arrapati. Quel programma mi ha dato l’impressione di essere una gabbia con degli animali dentro perchè si accoppiassero. la stessa pubblicità di Sky, che passava per Mediaset, mostrava le immagini di Cristina del gf sotto la doccia accompagnate dalla voce che più o meno diceva ” solo su sky vi offriamo il meglio della televisione…” La cosa, ricordo, m’ha fatto tristezza. Il meccanismo si ripete, è quello, si ripeterà.
    Giovanna, tu parlavi di cambiare le inquadrature, concordare i dettagli della telecamera.
    Ma cosa cambia quando non vengono inquadrate le gambe e al loro posto il volto rifatto di una donna??
    Qua la questione che mi lascia perplessa è proprio quella del volto.
    Dove la troviamo una come Anna Magnani che non vuole farsi coprire le rughe?!? Persino i programmi televisivi che parlano di salute non fanno altro che mostrare tecniche e rimedi contro l’invecchiamento.
    Le giornaliste televisive cambiano volto in continuazione, non solo le vallette.
    La tv ci sta spingendo sempre più, come ho già detto, a considerarla un contenitore fasullo e la gente che sta lì ricopre un ruolo funzionale al contesto televisivo.
    Io di tv ne capisco poco e niente, non so cosa bisogna cambiare.
    Forse se molte ragazze capissero che quelli mostrati non sono modelli a cui aspirare, allora il meccanismo cambierebbe. Se noi, da fuori, iniziassimo a chiedere altro alla tv, anzi, a pretendere altro e rivendicare certi diritti e libertà, già quella sarebbe la direzione giusta.

  23. a volte mi chiedo che senso ha continuare a parlare della reificazione del corpo femminile (cosa che faccio anche io) se là fuori la situazione continua a degenerare sempre di più, a volte penso che scendere in piazza o organizzare delle risposte attive e provocatorie a questa tristezza sia l’unica soluzione (soluzione! che parolona), a volte (spesso) mi sento impotente.

  24. Minipolazione (tele-)visiva e chirurgica del corpo feminile. Donna cyborg, cyber donna. E presidente androide (leggi il libro di Philip Dick, Abramo Lincoln Androide, sono cose già successe e teorizzate negli States). Un presidente immortale, clonabile, replicabile all’infinito, anche dopo la sua morte reale, transumano. L’Italia è l’assoluta retroguardia, la replica di ciò che è già accaduto negli States (perlomeno a livello narrativo, soprattutto nella science fiction). Ma è anche l’assoluta avanguardia di un destino che è già reale: il destino transumano dell’umanità. A cui va opposta la vera umanità dei replicanti, loro si umani, troppo umani, non trans ma ultra-umani

  25. Errata corrige: Manipolazione, naturlich, non minipolazione

  26. Purtroppo quel filmato è una triste documentazione della realtà.
    La cosa che più mi fa schifo è vedere non tanto le signore di 60 anni che combattono contro le proprie rughe x mostrarsi più giovani, ma le ragazzine che già a 20 anni ricorrono alla chirurgia. Non è impressionante sapere che ventenni si fanno già delle punturine x cancellarsi le rughette??!! Non vi sembra ridicolo?!
    Seni e natiche a parte, sempre più si vedono veline e velette con labbra a canotto, zigomi a panettone e chissà quante altre assurdità. A 20 anni?!
    Non è più concesso avere difetti.
    Mi ha fatto sorridere come negli ultimi giorni continuino a posare nelle pagine dei giornali show girl e attrici in versione “naturale” cioè senza trucco e parrucco..peccato xò che nella maggior parte dei casi il trucco non sia cancellabile xchè dato da plastiche inverosimili.
    Della serie:”guardate come sono bella anche senza make up!”. Sì, grazie, e il silicone che chiede pietà pur di poter uscire da quelle labbra, cos’è, un regalo supplementare di Madre Natura?!
    Comunque, come sempre, la soluzione è una sola: la giusta misura.
    Non trovo giusto che una donna debba castigare la sua femminilità con abbigliamenti improponibili, mostrandosi sciatta e trasandata.
    Se noi donne ci facciamo “belle” lo facciamo ANCHE per noi stesse, non solo per conquistare gli uomini e per renderci “carne da esposizione”!
    Il problema sussiste nel momento in cui si esagera esaltanto e caricando la femminilità. Detesto anch’io tutti quei seni al vento e deretani in bella vista.
    Lì si scende nel trash, nel volgare, ed è lì che arriva un messaggio sbagliato.
    E si sbaglia anche quando si vuole per forza apparire tutte come delle barbie dalle misure perfette e con espressioni standardizzate, perchè è a questo che porta la chirurgia….alla standardizzazione dell’essere umano.
    Per riprendere il discorso sua donna che viene vista ormai solo come oggetto , vi propongo questa pubblicità http://www.youtube.com/watch?v=-sv4dHUfr9k .
    E’ una semplice gag oppure dietro c’è qualcosa di più radicato come il considerare la donna solo come oggetto sessuale…”ai posteri l’ardua sentenza”!

  27. che umiliazione…finchè queste donne non avranno una maggiore considerazione di se stesse la situazione non potrà che peggiorare ! 😦

  28. Invece a me è sembrato molto efficace e opportuno il collage. La reazione di chiguarda il video è per forza quella dello sdegno e dello schifo: mettere insieme tante immagini di corpi e stupidità, di degrado e umiliazione, raccogliendole dal pentolone mediatico dei pomeriggi televisivi italiani, è stata un’operazione che, secondo me, ha reso un servizio al senso di dignità che si vuole rivendicare , proprio perchéin chi le guarda s’ingenera un disagio. LA trovo una strategia comunicativa e narrativa che, diversamente da come scrivi, smonta da “dentro” quel sistema; usa il suo stesso linguaggio, ma per fini opposti ai consueti.

    A mio avviso l’osservazione sulle “subdole” inquadrature meriterebbe un – legittimo e necessario- discorso a parte.

  29. venendo al documentario, non penso sia inefficace, in quanto il contesto in cui vengono inserite le immagini è diverso da quello televisivo dove sono prodotte e la sovrapposizione delle immagini stesse crea una specie di corto circuito visivo che contribuisce alla riflessione sul tema, tra le altre cose ho apprezzato molto la citazione da Kontakthof di Pina Bausch…

  30. Per restituire dignità al corpo delle donne, non c’è altra soluzione che smettere di fotografarlo e filmarlo. Sottrarlo allo sguardo. Spegnere i riflettori. Una volta per tutte.

    Davvero?

    O è solo un lamento doloroso?
    Perché una può vestirsi pudicamente, e non guardare la TV — lei. Lui pure può non accenderla. Mentre milioni di altri continuano a farlo, e lei stessa e lui continuano a uscire, ad andare a lavorare o a passeggio, mostrandosi, essendo vista, guardando.
    Che fare?
    Una delle ragioni per cui il nostro paese versa nelle condizioni che sappiamo, e che a moltisimi piacciono moltissimo (anche la volgarità libera (verbo)), è che chi la pensa diversamente in 15 anni e 10 ancora in più non ha saputo fare una televisione diversa.

  31. Pingback: Il corpo delle donne « dubbi(e)verità

  32. Ho visto L’Infedele. Concordo con Giovanna sulla fastidiosa insistenza dei primissimi piani alle varie signore in studio. Ho notato infatti che al signor Cesare Lanza era riservata l’inquadratura a mezzo busto, chissà perchè.

    A proposito di questo signore, che non avevo il piacere di conoscere, vorrei elogiare pubblicamente Lorella zanardo per il perfetto controllo di sè e la capacità di mantenere la calma. Credo che se fossi stata io davanti a lui non avrei potuto fare a meno di dirgli che se si fosse chiamata Cesarina invece di Cesare nessuna trasmissione avrebbe mai dedicato uno spazio alle sue opinioni. Le donne grasse in Italia sono infatti ancor più invisibili delle donne anziane.

  33. Tra le cose che si potrebbero fare per arginare il problema è quello di notare le eventuali violazioni del Codice di autoregolamentazione TV e Minori e denunciarle.

    Tra gli obblighi del codice vi è infatti quello di non trasmettere “conflitti familiari come spettacolo, modelli nocivi per l’integrità del minore, oppure ricorso gratuito al turpiloquio e alla scurrilità … “(punto 2.5).

    Per semplificare la denuncia ho lavorato a un modulo che sintetizza le varie violazioni riportando a lato il riferimento normativo.
    Chi fosse interessato può trovare sia il modulo che le violazioni denunciate nel 2007 a questo indirizzo:
    http://nuke.dubbieverita.it/Bambini/Bambiniemedia/Denunciareleviolazioni/tabid/495/Default.aspx

  34. cara giovanna…
    grazie per lo spunto che hai pubblicato sul blog.
    non smetto mai di lottare per la mia identità di donna. è una cosa difficile. è difficile capire, ormai, quando la nostra identità viene violata e quando no, forse perchè la violazione (la violenza) è ormai la regola?

    comunque grazie ancora. sull’immagine di chiusura del servizio mi è venuto da piangere! 😦

    non so scriverti niente di più intelligente, per ora. ci penso un altro po’.

    linda (dida)
    modena (ricordi?)

  35. Io credo che i telespettatori non abbiano bisogno di un assemblaggio come quello del video in argomento. Lo sappiamo già tutti, dov’è il dato e valore aggiunto del servizio?
    A parte il fatto che ci sono esempi che smentiscono la teoria secondo la quale, le donne dello spettacolo sono tutte artefatte. Recentemente, Monica Guerritore si è proposta ad Annozero, enfatizzando i segni del tempo passato. Anche troppo! Perché le 50 enni non sono tutte così malandate.
    Per non parlare poi della donna eletta dalle donne come rappresentante della dignità femminile, pesantemente gonfiata dal botulino. Una donna che credevo avesse 57 – 58 anni e che scopro averne solo 53.
    E’ tutto contraddittorio. Tutto ciò che non ci aggrada, diventa oggetto di dileggio e critica.

    Ho fatto però un’altra riflessione quando la settimana scorsa ho visto in rete quel video: le donne sempre contro le donne. Ed il processo di emancipazione è ostacolato dall’accanimento da parte femminile proprio contro le donne.
    In tutto questo, gli uomini sguazzano. Non devono far altro che incrociare le braccia e lasciar fare alle donne. Siamo autodistruttive e nemiche di noi stesse e la piena emancipazione rimane ancora un progetto lontano.
    Sottolineando ancora una volta – con un video – la situazione dei corpi femminili, abbiamo consegnato agli uomini, un ulteriore pretesto per farci considerare – tutte, non solo quelle dello spettacolo – più fisiche che intellettuali, piene di livore, e sempre in guerra le une contro le altre. Cui prodest? Non a noi, purtroppo.
    Non credo che sia stato reso un servizio utile alle donne, anzi, è stato fornita un’ulteriore conferma agli uomini, che certo, non ne avevano bisogno.
    E’ inutile combattere la misoginia, quando in prima linea ci siamo noi. Peccato.

    Un ultima considerazione: la sensazione che spesso ho quando si parla delle donne è l’oggettificazione.
    La donna come soggetto, come parte attiva delle sue decisioni e dell’autodeterminazione, non è mai presa in considerazione.
    In ogni dibattito, la donna è oggetto, mai un soggetto. Anche stavolta, come per altri fatti recenti, è stata proposta la donna non pensante, incapace di avere una propria identità e volontà. Ma siamo sicuri che le donne di cui stiamo parlando non abbiano autonoma capacità decisionale?
    E’ impensabile accettare che stiano facendo ciò che in realtà a loro piace?
    Tra l’altro, il botulino è entrato anche nei visi di molti uomini… Ma sotto i riflettori, ci finiscono le donne. Sempre loro, gli oggetti strumentalizzati da ogni servizio. E mi spiace tanto che a farlo, siano anche le donne.
    Grazie per l’attenzione

  36. Oggi leggo su Repubblica un articolo di Silvia Fumarola “La TV delle donne”. Si parla di donne protagoniste della televisione, di Tv=donna.
    Poi a parlare sono le stesse star femminili, Simona Ventura, Maria de Filippi, Barbara D’Urso…
    Si parla di girl power…
    La Ventura nel girl power ci crede “perchè le donne sanno lavorare e meritano i posti di comando ma non sono solidali tra esse.” Quindi, a parer suo, si tratta di una questione di “mancanza di solidarietà femminile”
    Secondo lei è il fatto di essere l’una contro l’altra a rendere difficile la conquista di uno spazio in tv per una donna.
    La De Filippi, invece, afferma solo che le donne hanno fatto passi avanti nei programmi di intrattenimento, mentre i programmi di attualità sono maschili. “Se andassi da Berlusconi a dirgli che mi piacerebbe condurre Matrix, sentirei un gran silenzio”.

    A leggere i pareri delle due donne della tv italiana più conosciute mi è venuta una gran rabbia. Sono queste le soluzioni al problema di genere che affligge la nostra tv? Perchè Maria De Filippi si limita a una constatazione e accetta rassegnata la condizione che non potrebbe condurre Matrix? Il problema, come osserva Simona Ventura, ha a che fare con una mancanza di solidarietà femminile?

    A tutto questo si aggiunge una Barbara D’Urso che parla di rivalità femminile fisiologica, e una Milly Carlucci che ha lanciato lo slogan “la bellezza e un talento”. Sono loro a parlare della lunga e difficile strada che hanno dovuto percorrere per arrivare. Parlano di sacrifici, difficoltà, studio, saperi…Parlano di bellezza come modo d’essere, ne fanno una questione di personalità.

    Tutto questo ha senso? Se è vero che si tratta di donne che hanno dovuto farsi il mazzo per entrare in televisione, che hanno sudato, perchè non sollevano loro stesse le questioni di cui si sta parlando? Perchè la presa in mano della situazione non parte da loro? Perchè non prendono posizione contro l’impostazione maschilista e patriarcale della nostra tv?

    Dove è l’intelligenza, le conoscenze e lo studio in queste donne? Queste donne che hanno dovuto fare la gavetta, che hanno sudato, che hanno esperienza di anni. Forse arrivate a quel punto l’intelligenza e lo spirito critico cessano d’esistere. Essi hanno importanza finchè si arriva ad avere un posto in quel mondo, poi basta. A volte non serve neanche qualche conoscenza, basta essere belle. E continuare a esserlo esteriormente. È così che la bellezza diventa sinonimo di personalità??

    Ho paura che si stiano per inventare e introdurre nelle nostre menti significati sbagliati. Ho paura. Mi fanno paura queste donne considerate il girl power della tv italiana sbandierare i loro saperi in questo modo, queste donne che non si attivano per loro stesse e per chi come loro sta dall’altra parte dello schermo o dietro le quinte.
    Si limitano a dire: “la strada è lunga, c’è una gavetta da fare” per chi vuol far televisione e niente fanno per rivendicare il loro ruolo di donne in tv.
    E quel che è peggio, alimentano stereotipi come quello che vede donne invidiose scagliarsi l’una contro l’altra.

    Qual è il girl power italiano? Essere conduttrice bella, dalla personalità forte e con esperienza tv alle spalle. Questo basta perchè si passi dalla conduzione di 1 a più programmi, insomma, per essere regine del palinsesto.
    E’ questo il potere delle donne in Tv? TV=donna significa essere bombardati dall’altra parte dello schermo da Maria de Filippi e Barbara D’urso sulle reti Mediaset e La Ventura in Rai? Sono loro, le star della fiction all’italiana, dei reality show o shock.

    Ma c’è anche altro. C’è la Gabanelli, La Dandini, La Littizzetto…
    Ok, ma è possibile fare un paragone con le altre menzionate precedentemente? Appunto…

    Boh…non so neanch’io dove voglio arrivare, probabilmente non si arriva da nessuna parte in questo modo. Ho rabbia. Come donna, come telespettatrice e membro di una società, quella italiana, che mi spinge a essere più spettatrice che essere umano attivo, parte della società stessa.
    Ho rabbia quando mi rendo conto che nel mio piccolo non posso fare un cavolo e che invece una Maria De Filippi potrebbe…

    Bisogna forse proporre modelli alternativi, immagini di donna diverse.
    Bisogna, ad esempio, che la De Filippi – elogiata da tanti per essere lei stessa produttrice e conduttrice dei suoi programmi – la chiuda con “Uomini e Donne” e riempia quel vuoto rimasto, magari, con qualcosa di più sano, costruttivo e intelligente, che parli di Uomini e di Donne in maniera diversa.

    Sono sdegnata.

  37. Ho appena avuto la fortuna di vedere il filmato di cui si parla. Al di là di quella che senza fatica posso considerare una provocazione della curatrice di questo blog sono rimasto molto sorpreso davanti a una considerazione così pavida delle nostre capacità di scelta, tale da suggerire in effetti come definitiva soltanto l’opzione burka. Davvero si può pensare che visti in quel modo tutti quei pezzi di carne (di questo si tratta) possano suscitare lo stesso effetto ottenuto dagli abili registi televisivi? Quello del documentario è un montaggio molto sapiente (più che abile) nello smascherare la nostra miseria culturale e morale e qualsiasi giudizio sul nostro operare dovrà prima o poi necessariamente rivisitare le immagini che in altri momenti abbiamo introdotto distortamente nel nostro vissuto, nostre e degli altri.

  38. Pingback: Immagini che possono educare - Il corpo delle donne

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  40. sto leggendo un libro a riguardo che si intititola Il gentil Sesso debole, di Bruno Remaury e sostiene esattamente questo, che i tentativi di strappare la rappresentazioen del femminile allo stereotipo ricadono comunque in uno stereotipo.
    Come se esistesse – ed è quanto sostenuto negli ultimi vent’anni dalla critica cinematografica femminista – che il punto di vista maschile, lo sguardo dell’uomo, sia stato talmente interiorizzato dalla donna da non potersi sradicare.
    quel che è peggio è l’appello alla volontà femminile ad essere inclusa nella triade: bellezza-giovinezza-salute, offrendole enormi sensi di colpa oggi che le tecniche per il miglioramento del corpo sono democratizzate e a disposizione di tutti.

  41. @monica, non credo che le donne mostrate in un certo modo in televisione rientrino con una violazione del codice di auto regolamentazione (se non sbaglio).

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