Perché lo spot Procter & Gamble sulle mamme fa piangere

È firmato dal regista messicano Alejandro González Iñárritu e dall’agenzia Wieden+Kennedy lo spot che Procter & Gamble, partner dei giochi olimpici di Londra 2012, dedica a «the hardest job in the world, the best job in the world», come definisce il lavoro della mamma. Per cui alla fine si dichiara «proud sponsor of moms».

Lo spot mette in scena quattro madri che, nei quattro angoli del pianeta (Londra, Rio De Janeiro, Los Angeles, Pechino), accompagnano i loro bimbi, giorno dopo giorno, fatica dopo fatica, al successo olimpico. È un capolavoro: per fotografia, ritmo, sintesi narrativa, crescendo musical-emotivo. E per mille altre ragioni. Ma soprattutto perché è un congegno perfetto per far piangere. Tutti, mica solo le madri. (O almeno, tutti quelli che di solito piangono davanti ai film.)

Procter & Gamble commercial

Se sei mamma piangi per prima, perché riconosci nello spot i tuoi sforzi quotidiani. Piangi se ti senti di aver seguito (o di seguire) i figli come nello spot, ma pure se pensi di non aver fatto tutto ciò che avresti voluto, potuto o dovuto, perché in questo caso ti senti in colpa.

Se non hai figli lo spot ti frega lo stesso, perché comunque una madre ce l’hai o l’hai avuta. Perciò piangi se ti sei sentita amata come quei bambini: per somiglianza. E piangi pure se non ti sei sentita – abbastanza o per niente – amata come loro: per dolorosa differenza. Il che vale anche se sei un uomo, naturalmente (che tu sia padre o no): magari non piangi, perché molti non se lo permettono, ma ugualmente lo spot ti smuove dentro.

Ma pure se il tema della madre non ti tocca, lo spot può fregarti. E lo fa col frame sforzi per raggiungere un obiettivo o, meglio ancora, per ottenere il successo, ossessione globale ormai. Perché qui ci sta un po’ tutto: dagli studi per il diploma alla laurea, dalla conquista di un lavoro a quella di un amore. E anche stavolta, non importa che tu abbia raggiunto o meno i tuoi obiettivi, non importa che tu ti senta di successo o no: nel primo caso piangi per identificazione, nel secondo per esclusione. E se proprio non versi lacrime, resti lì come un allocco.

Poi ci saranno sempre i sapientoni – ovviamente – che di fronte allo spot innalzeranno barriere di rifiuto: perché «strappalacrime» (appunto) o semplicemente «perché è uno spot» (in effetti l’apparizione dei marchi finali è una frustata). Ma gli snob ci sono sempre e pazienza (magari hanno qualche problema con la mamma).

Resta il fatto che Wieden+KennedyAlejandro González Iñárritu hanno messo a punto uno dispositivo perfetto per colpire nelle viscere un target vastissimo: quello delle persone che hanno figli (alcuni), che hanno una mamma (tutti), o che si riconoscono nel mito occidentale del successo (molti).

E io? Sono una che piange davanti ai film, perciò ho pianto. Per cosa? Per uno dei motivi sopra elencati. Con una malinconia aggiuntiva, a spot finito, che mi viene dal constatare che, ancora una volta, si rappresentano le madri completamente sole. Dei padri ci sono pochissime tracce: davanti al televisore, nella famiglia cinese, e con un braccio sulla spalla della donna, nella coppia di colore. E ancora una volta si consolano le madri della loro immane fatica e solitudine dicendo loro che sono eroine, fate, superdonne, sante da adorare. Mica solo in Italia: in tutto il mondo. Sniff.

85 risposte a “Perché lo spot Procter & Gamble sulle mamme fa piangere

  1. Non mi ha donato esattamente il mood adatto a un grigio lunedì mattina ma…wow, davvero bello e commovente.
    Grazie e buona giornata Giovanna

  2. Ciao Giovanna,

    hai fatto un’analisi molto attenta e precisa, e secondo me nemmeno i sapientoni sfuggono dalla lacrimuccia, almeno mentale!

    I registi sono riusciti a fare ciò che la pubblicità rincorre da sempre, per la maggior parte di volte senza un grosso successo: il trasfert emotivo.

    Sulla solitudine delle madri, devo dire che mi dispiace, anche in questo contesto. Probabilmente, si è voluto enfatizzare in questo modo anche il fatto che le madri sono – per loro ruolo – quelle che amministrano la casa, dal lavare i panni alla preparazione dei pasti, passando per i piccoli dettagli e i gesti di tutti i giorni. A mio parere, una figura paterna più definita sullo sfondo non avrebbe di certo messo in ombra il messaggio.

  3. …con in più la colonna sonora arrangiata da un brano da The piano che di titolo fa The sacrifice. Vincerà millemila premi ma a me quella tua sensazione finale che definisci malinconia si converte in assoluta incavolatura perchè non è possibile che ancora oggi per vendere il detersivo per i piatti ci si debba sentire della vittime o delle eroine.

  4. A me le lacrime e il magone sono usciti di colpo solo alla fine, in corrispondenza della scritta “Thank you mom”. Non sono solita piangere guardando i film, eppure sentirmi chiamata in causa in prima persona con quella semplice frase ha mosso qualcosa. Questi pubblicitari sono diabolici! 🙂

  5. Pessimi gli sponsor finali! 🙂 Dal post non avevo capito che erano “le mamme degli atleti”. Per curiosità (forse) ieri sul NY Times, c’era un articolone su un padre in un villaggio sperduto in Botswana, che accortosi che la figlia “correva come un ragazzo” si disse “Just let her run”. Questa è l’attuale campionessa 2) Qualcuno ha visto “A day in the life”, il ducumentario di Ridley Scott? Secondo me questo spot ne è la citazione.

  6. Reblogged this on pepp8 and commented:
    AWESOME!!!
    ;-)))

  7. Sottoscrivo tutto, e come sempre complimenti per la lucida (come gli occhi) analisi. Io, che ero avvisato da tutte le tue parole, ho pianto lo stesso.

    In più, una amara constatazione: non c’è dubbio che la figura del padre sia assente per sue storiche responsabilità.
    Però tutti gli sforzi (ancora troppo pochi) di chi cerca di ricodificare quel ruolo, quella presenza, la ragione prima e ultima dell’essere padre, vengono travolti (in modo artisticamente esemplare) da uno spot del genere, che in 2 minuti ribadisce l’immodificabilità della idea stessa di relazione. La donna al lavoro di cura, madre per natura, l’uomo con il braccio sulla sua spalla, nemmeno troppo padre.

    Come l’uovo e la gallina, lo spot e la quotidianità si fanno il verso, che non è quello “giusto”: è una pena da scontare per il mio genere, ma – per chi ci crede – brucia.
    In questo senso, la magrissima consolazione è il pugno finale dei marchi che si susseguono, con la loro didascalia rivelatrice: pensavi fossero (solo) sentimenti, invece – e piuttosto – è il mercato, bellezza.

  8. Fare la mamma non è un lavoro, come non lo è fare il papà. Nessuno mi paga per fara il papà, non ci sono avanzamenti di carriera e non posso fare sciopero o licenziarmi, non ho capi nè sottoposti. Papà sono e rimango. Idem per la mamma.

    Poi ci ho pensato su: non voglio una figlia “felice” e che abbia “successo” sebbene dica spesso che meriti già ora un premio Nobel, ma che rimanga stupenda come è oggi almeno fino al 2112.

    E poi, già, dove sono i papà? O meglio: dove sono le coppie? Sono tutte sole con figli? 4 esempi e tutte sole?

  9. Spot discriminatorio, ignora il grande lavoro genitoriale di tanti padri, si conforma a triti stereotipi sessisti. 😉
    (Sto un po’ scherzando, ma non del tutto.)

    Giovanna nota giustamente che nello spot “si rappresentano le donne completamente sole”. Si potrebbe aggiungere che in tante famiglie non lo sono. In tanti casi padri e madri ce la mettono tutta insieme.
    Quanti figli e figlie direbbero non meno intensamente “Thank you dad”? 🙂

  10. Io ho pianto dal primo fotogramma, perché sono mamma due volte e mi riconosco in certe fatiche. Ma sono una che piange per i film e anche per certi cartoni animati di Miyazaki! Hai ragione, Giovanna, la solitudine delle mamme è qualcosa che esce netta, dallo spot, ma anche, ed è peggio, definitiva.

  11. Pubblicità toccante; mi sono tornate in mente le parole di Barack Obama per la festa della mamma del 2011.

    “Mothers are the rocks of our families and a foundation in our communities. In gratitude for their generous love, patient counsel, and lifelong support, let us pay respect to the women who carry out the hard work of motherhood with skill and grace, and let us remember those mothers who, though no longer with us, inspire us still.”

  12. Niente, non ce la faccio. Per tutto il tempo ci vedo i ragionamenti sul target, e la cosa mi irrita. La ricerca spietata dell’effetto.
    Inarritu filma benissimo, per carità, ma è uno spot molto disonesto e decisamente discutibile nei contenuti, in riferimento a quello che si sta promuovendo.

  13. In effetti ho pianto anch’io. Ma non ho pianto per le ragioni elencate da Giovanna. Purtroppo non posso farlo perché sono immune a quel morbo che quando si parla di morti premature, amori impossibili e vite votate al sacrificio fa piangere sempre, fa piangere di default, fa piangere anche se il film lo fa Neri Parenti. La causa non è snobismo ma il suo esatto contrario: il riconoscimento del valore e della funzione altrui. È proprio grazie alle secrezioni dei tanti malati che si è arrivati al vaccino contro questo vaiolo che, come bene sapete, della malattia originaria ha un tratto comune: si può solo prevenire ma, ahimè, non curare.
    E tuttavia ho pianto, cercandomi il naso a forza di tirar su. Non pensavo di poter provare un’emozione così eppure sono qui e lo dico. Ma quando le lacrime allagano il viso, il volto è risaia e il prossimo a nascere è il riso. E di cosa ho riso, piangendo? Ma della fortuna immensa di non avere avuto una madre così, che mi sveglia tutte le mattine e mi tratta come un handicappato, che cucina a tutto spiano e mi infila sull’autobus o sul metrò,che mi saluta quando vado a fare sport come se partissi per la guerra, con la coazione a ripetere che è il lavare le mie tute, che si sciroppa in presenza tutti i miei allenamenti partecipando come una tifosa, che mi fascia il piedino infortunato mentre piango di una sconfitta; una mamma, al dunque, in perenne imitazione di Filumena Marturano e iscritta alla filodrammatica della vita per ogni mio microsuccesso da campestre della domenica mattina. Che fortuna non avere avuto una madre simile; anche perché appartengo a quella parte della popolazione che non ha vinto un oro alle olimpiadi e quindi vedo l’altro lato (oscuro) della medaglia e dello spot: il cimitero invisibile di tutti coloro che non sono poi saliti sul podio; quella maggioranza di figli che hanno rappresentato e rappresentano un inconsapevole calvario per le loro madri senza poi vincere nulla. E non a caso i prodotti “proud sponsors of Mom” sono già gli ingredienti base di una biografia sciagurata e sadicamente verista. Pampers, Tide, Duracell, Gillette: anche la pubblicità li fa scorrere veloci per non farci piangere di un pianto diverso, della narrazione che ne segue: una vita di culetti e di merde da lavare in cui non ti è dato nemmeno di ricaricare le batterie e che comunque rimane una bella barba.
    Che sollievo non aver avuto una madre così. Che levità non avere sensi di colpa.

  14. Toccante.
    Mi trovo d’accordo con te Giovanna: dove sono i padri?
    Il lavoro di cura è sempre delegato alle madri, sole spesso in questo. Per quanto toccante sarebbe stato meglio raffigurare padri e madri che si occupano dei figli, probabilmente mi avrebbe toccato ancora si più.

  15. Cara Giovanna mi sento di condividere questo post di Francesca Romana Gallarani:

    proud sponsor of moms

  16. Toccante.
    Peccato che alla fine la lacrimuccia sia amara: il lavoro di cura delegato sempre e solo alle donne. Se avessi visto madri e padri occuparsi dei figli, mi sarei commossa forse ancora di più.

  17. Se questi spot son costruiti così è perchè si rivolgono alla maggioranza, e per la maggioranza dei casi (mondiali eh, mica dobbiam pensare solo a noi…) le mamme sono (o si sentono) così…
    e poi lo diceva anche Walter Chiari, quando faceva il ciclista “Ciao MAMMA, sono arrivato Uno!” 😉

  18. Non ho potuto piangere perché in ufficio, comunque mi sono venuti i brividi. Anche la scelta della colonna sonora di Ludovico Einaudi è vincente. Grazie per la segnalazione!

  19. Io da P&G voglio il bonazzo in mutande che stende i panni e stira. Possono pure riciclare quello della cocacolalight, se vogliono. Fino ad allora, vado di detersivi biologici.

  20. D’accordo uno spot costruito con professionalità per commuovere. Capisco, è dedicato alle mamme ed esalta la figura materna. Ma noi padri siamo davvero così inesistenti nella vita come nello spot?! Fossi Unilever, risponderei con uno spot “Dad Pride” e…senza trascurare la figura femminile. Poi vediamo dove si piange di più!

  21. io l’ho visto due volte
    e non ho pianto per niente
    neanche un accenno di lacrima
    eppure non sono certo una lady di ferro
    non ho pianto né come madre né come figlia (e con mia madre non ho nessun problema)
    e forse perchè la mattina i figli li porta a scuola mio marito
    l’ho trovato solo un furbissimo spot
    fatto bene sicuramente
    ma furbetto quanto basta da darmi fastidio
    Si capisce da subito
    dai piatti al bucato
    che è fatto per vendere prodotti
    e che noi donne siamo solo le consumatrici a cui rivolgerci
    e allora perchè commuoverci?
    in più quelli della wieden+kennedy
    l’agenzia che firma lo spot per la p&g
    non hanno neanche fatto il minimo sforzo di aggiornare il loro immaginario
    familiare
    lasciando le donne completamente sole nella crescita dei figli
    mentre è cosa risaputa che di padri che preparano la colazione o stendono i panni ce ne sono per fortuna tanti
    e non credo di essere snob se dico che non mi è piaciuto
    perchè non mi riconosco nel senso di sacrificio o perchè non ho sensi di colpa
    o perchè non ho mai considerato la maternità come un lavoro
    tantomeno ho pensato che qualcuno mi dovesse celebrare per questo
    e figuriamoci poi se mi commuovo per dei prodotti che tra l’altro inquinano in maniera importante il futuro dei miei figli!
    su donne
    smettetela di piangere
    altrimenti ci sarà sempre un monti pronto a riprendervi!

  22. Ciao, c’è stata una bella discussione su questo video sul mio blog, se ti va di leggerla: http://machedavvero.blogspot.co.uk/2012/04/trova-lescluso.html

  23. eppure il messaggio non è affatto sbagliato: dire grazie a chi ti ha cresciuto, nel caso specifico la madre, non significa affermare che sia una santa o una superdonna..è un essere umano che ha svolto un ruolo importantissimo nella tua vita e se il ruolo è stato tutto sommato positivo (e non è sempre così) un grazie ci può stare. Io stesso come figlio mi rendo conto di non aver mai detto ai miei, e in particolare a mia madre, quanto sono grato per tutto quello che hanno fatto e fanno per me e che senza il loro amore non so cosa sarebbe di me…spesso temo di averli delusi (non che loro me lo dicano espressamente anzi il contrario, è solo una mia sensazione)..quindi non sono scoppiato in lacrime ma lo spot mi ha smosso (non a caso Inarritu è un regista di cinema, autore di bei film di forte impatto drammatico ed emotivo come 21 grammi e Babel). Quanto alla quasi totale assenza della figura paterna bè questo è divuto semplicemente al fatto che lo spot è programmaticamente incentrato sul rapporto madre-figlio/a

  24. X A jr
    Comunque non credo affatto che uno spot incentrato su una visione positiva e certo volutamente strappacuore (ma non “falsa” ed è per questo che commuove) del rapporto madre/figli/e possa vanificare gli sforzi tuoi e di altri come te di essere padri presenti. Coraggio!

  25. icittadiniprimaditutto

    Reblogged this on i cittadini prima di tutto.

  26. mi sembra che state, forse in buona fede, spostando un po’ il discorso dall’essenziale – cioè la fonte del messaggio pubblicitaro : la marca Proter e Gamble – alla superficie : i contenuti della pubblicità, che parlano di madri e figli ma non della Procter e Gamble, a proposito conoscete la Procter e Gamble?

    http://www.lavocedeiconigli.it/lista_della_morte.htm

  27. Beh, io grazie anche all’accompagnamento del post, anch’esso emotivamente intenso, ho iniziato a piangere al secondo 20 :))

  28. Hai fatto un’analisi perfetta.
    Effettivamente io, da mamma, ho pianto. ma poi mi sono sentita a disagio nei confronti di mio marito, il papà, che era seduto vicino a me a guardare lo spot.
    Diciamo che giusto uno spot poteva essere così ‘banale’ e riduttivo, ma lo perdono proprio in quanto spot!

  29. Reblogged this on Il Pane e le Rose2 and commented:
    Mi è piaciuto così tanto che volevo parlarne.Mi sembra più giusto lasciare le parole della persona che così efficacemente ha reso l’emozione racchiusa nelle immagini.Un motivo in più per apprezzare Inarritu.

  30. Pingback: Fumo di Londra « Nonvogliomicalaluna

  31. di questo spot si era parlato qualche giorno fa sul blog http://www.machedavvero.it/ e aveva scaturito moltissimi commenti.

  32. Premetto che io piango per qualsiasi cosa tanto che devo analizzare a tavolino ciò che veramente mi ferisce o commuove, mi sento scema ma mi devo pur accettare. Quello che mi smuove di questo spot, che già avevo visto da qualche parte, è la condivisione del sacrificio col figlio. Non importa se mamma o papà, anche se penso che siano più le donne a scarrozzare i figli tutto il giorno, è l aver sofferto insieme, aver trascorso insieme ‘quel’ tempo e insieme aver raggiunto un traguardo che non deve essere per forza una medaglia.
    Quel ‘vissuto’ insieme emoziona, siamo arrivati fin qui, eravamo io e te,
    poi c è la p & g che annaffia e spegne tutto,

  33. Da neo-papà mi permetto una aggiunta (fatta da un’altra mamma molto più sul pezzo di me) http://machedavvero.blogspot.it/2012/04/trova-lescluso.html

  34. Davvero un lavoro da professionisti.

  35. Cara Giovanna,
    concordo con tutto tutto, compresa la malinconica nota finale. E proprio perché concordo mi viene da commentare: eppure.
    Eppure bastava così poco. Bastava mettere un papà in una delle storie. Anche lui che si sveglia all’alba, anche lui che soffre e lotta con il figlio o la figlia giovane atleta, anche lui davanti al televisore o a bordo campo o a bordo vasca o a bordo pista…
    E la chiosa, perché non Mom&Dad, perché? Per quello che abbiamo sempre ripetuto, anche in questo spazio. La pubblicità è tendenzialmente conservatrice, non possiamo aspettarci da lì una proposta di cambiamento. E se la P&G vende anche i rasoi (compare Gillette tra i loghi), sono comunque le donne a fare la spesa…
    Sono figlia di uno sportivo professionista, e sono legatissima a mio padre, che con il lavoro che faceva e che fa ha sempre passato molto tempo con me e mia sorella. Se io fossi stata un’atleta come lui, avrebbe fatto esattamente quello che le mamme del video fanno (ho pianto, e io non sono una che piange spesso davanti ai film), perché la mia famiglia è organizzata così.
    Ce ne sono altre, ce ne sono più di prima, ce ne saranno sempre di più. E anche se non sono la maggioranza, sarebbe bello farle vedere, a mo’ di auspicio.
    Questa era una buona occasione, peccato. Ma non ci aspettiamo molto di più da un produttore universale di detersivi, rasoi, pile e dentifrici, no?

  36. P&G mi fa piangere perche’ continua imperturbabile a fare test su animali come cani, gatti, furetti, etc.
    Sono d’accordo anche io con chi ha scritto che alla fine lo scopo di questa pubblicità e’ sempre e solo il profitto e i grandi bonus natalizi dei vari executives, mica davvero ringraziare le mamme, dai! Chiunque sia madre o abbia una madre conosce benissimo il lavoro che fanno e non ha bisogno di avere 30 secondi pagati da una multinazionale che sfrutta i figli di altre specie per sentirsi gratificata o ricordarsi di ringraziarla.

  37. Ps
    Resta il fatto che Einaudi suona identico al Nyman di Lezioni di piano. Occorrerebbe studiare perché il minimalismo faccia scattare la lacrimazione facilmente mentre Ligeti non funzionerebbe. Dev’essere il lento-veloce-lento che fa da tension and release, unita al pattern ripetuto mille volte. Occorre poi aggiungere, senza timore di sessismi isterici, la considerazione statistica e scientifica che le donne piangono più spesso degli uomini, precisamente 5 volte tanto (Why do we Cry,Walter, Chip,Source:Scientific American Mind; Dec2006).
    Di solito i registi che vogliono far piangere finiscono su Satie: Inarritu pesca nel contemporaneo. Considerando che tutti i suoi film sono costruiti per far piangere a fontana con trovate a effetto e redenzione obbligatoria (malattie guarite per sopraggiunta morte di altri; malattie terminali sopraggiunte su situazioni familiari già incasinatissime; morti sopraggiunte per mano casuale; morti di cani che causano morti o amputazioni ai padroni) almeno qui non si muore. Suggerimento per il prossimi spot a evocazione lacrimogena sul minimalismo: Sigur Ros.

  38. Lo spot è fatto benissimo, e mi piace molto. Apprezzo i colori la regia, i trucchetti per far emozionare le persone, ma vedo tanta falsità in ogni fotogramma.
    Per fare un paragone, mi sento nello stesso modo quando vado in un negozio e analizzo tutte le cuciture degli abiti (amo cucire) e alla fine non compro nulla.

  39. cosa non fare per vendere detersivi…………

    P.S. pubblicità bellissima…

  40. mi sono commossa anch’io, ma concordo con Ugo… a mente fredda non vedo molta differenza tra questo spot e una puntata di Little Miss America! O_o

  41. Non mi è piaciuto.

  42. Pingback: Kataweb.it - Blog - Lipperatura di Loredana Lipperini » Blog Archive » TEST

  43. a parte l’aspetto “strappacore” populista, direi che questo spot fa ribaltare De Coubertin nella tomba. Donne sole? magari i padri/mariti si stavano spaccando la schiena per poter dare ai figli la possibilità di diventare “vincenti”

    TADS

  44. @Paolo1984, guarda che il messaggio è “compra questo cazzo di detersivo che noi siamo buoni guarrrda come siamo buoni”, purtroppo!

  45. Reblogged this on onemarishow and commented:
    Bello!

  46. è uno spot “maschilista” ? …

  47. la pubblicità è veramente bella, non c’è ke dire….ma, se si conosce un minimo P&G piu che commuovente diventa irritante….fa capire come vanno le cose…cioè se hai tanti soldi puoi permetterti di far apparire la tua azienda schifosa come qualcosa di bellissimo che wow!ha profondi sentimenti ed è anche sponsor delle mamme, facendo leva sui sentimenti…è qualcosa di subdolo…perchè una mamma che ama i propri figli non userebbe mai certi prodotti,soprattutto sui bambini!!! molti prodotti P&G,soprattuto quelli per corpo/bellezza sono pieni di schifezze che non fanno proprio bene alla pelle di un bambino! pero si comprano perchè con i loro soldi riescono a costruirsi una certa immagine,giocando sull’inconsapevolezza delle persone…mentre chi cerca davvero di fare del bene, quelle aziende cui importa davvero delle mamme e dei loro figli, e anche degli animali e dell’ambiente in cui i loro figli cresceranno non sono molto conosciute perchè sono piccole e con pochi soldi…sovrastate dalle multinazionali….a me è solo questo che fa piangere… e mi chiedo anche se oltre un’analisi delle pubblicità non sia importante considerare anche che impresa/azienda rappresenta la pubbl., e oltre quello che dice considerare anche quello che fa….

  48. Il maschilismo di questo spot non è nelle lacrime (non c’è nulla di stereotipizzante secondo me nelle lacrime). Piangono le donne e piangono gli uomini.
    Il maschilismo qui è invece nelle solite tinozzette di panni da lavare, negli spadellamenti in cucina etc etc. Manco una madre con la ventiquattrore o in fabbrica davanti ad un macchinario.
    I soliti “angeli del focolare”.
    Le solite 4 emme: MOGLI MADRI MASSAIE e ….capita …. a volte pure MERETRICI.

  49. a me è parso…semplicemente…un bellissimo spot! complimenti all’Agenzia che ancora una volta è stata in grado di emozionare.

  50. X paroladistrega
    non vedi donne in fabbrica o con la 24 ore semplicemente perchè lo spot è incentrato solo e soltanto sul legame madre di atleta-figlio/a, lo stesso motivo per cui non si vedono i padri ma neanche gli allenatori degli atleti (e pure se fossero tutti orfani di padre, un allenatore l’avranno avuto di sicuro!)

    X uno a caso
    Lo so benissimo che il messaggio vero della pubblicità è “compra!” e per farlo tocca (in maniera sapiente quanto astuta in questo caso) le corde dei sentimenti. Comunque mi pare saggio concludere con le parole di Bill Hicks, non so perchè ma questo spot me le ha fatte tornare in mente

  51. xPaolo1984
    Ovviamente trattasi di prodotti P&G…e quindi ci tocca veder massaie.
    Ovviamente la relazione oggetto dello spot è madre-figli*
    MA…. se accanto alla figura di MADRE-MASSAIA buttavano lì anche una figura di MADRE-LAVORATRICE …faceva male alla salute?
    Tu scrivi: “lo spot è incentrato solo e soltanto sul legame madre di atleta-figlio/a”. Perché….le madri di atleti fanno solo le casalinghe?

  52. Paolo 1984, sono abbastanza d’accordo con te, se scaviamo… questo spot è antisportivo, tracima demagogia, annienta la figura maschile per meri interessi di bottega e, dulcis in fundo, cola melassa illusoria. A dirla tutta è pure modesto da un punto di vista tecnico, è montato male ed i piani ripresa sono “amatoriali”.

    TADS

  53. @Tads scrive: “A dirla tutta è pure modesto da un punto di vista tecnico, è montato male ed i piani ripresa sono “amatoriali”.”
    Non male come umorismo. Peccato che molti non lo capiranno e spero che tra quei tanti non ci sia anche tu 🙂

  54. X paroladistrega
    Le mamme a tempo pieno sono una realtà come le madri lavoratrici, esistono e vanno raccontate (e lo si può fare in tante maniere), detto questo, no, non faceva male alla salute e ovviamente non credo che siano tutte casalinghe le madri degli atleti, ma il focus doveva restare su mamma e figlio il tutto concentrato in soli due minuti quindi a meno che non si portassero il figlio al lavoro non c’era nessuna necessità di mostrare una madre lavoratrice tanto più che lo slogan finale dice che crescere un figlio è già di per sè un lavoro, “il più duro e il più bello”
    anche questi figli non si vedono mai dentro una scuola o a giocare con gli amichetti proprio perchè non è ritenuto necessario mostrarli in quelle circostanze
    X TADS
    Ogni spot in pratica ti dice che se compri il dato prodotto sarai felice quindi ogni spot è illusorio. Qui poi ti suggeriscono l’idea che se questi sono diventati campioni e campionesse devono dire grazie solo a mamma (e sospetto che sia anche per questo che a molte mamme di atleti e non solo lo spot piacerà, oltre al fatto che si saranno riviste almeno in parte)

  55. Pingback: Io non Piango | Il corpo delle donneIl corpo delle donne

  56. in effetti, Tads, se c’è una cosa che è fatta bene è proprio l’aspetto tecnico. Inarritu è un bravo regista cinematografico e si vede

  57. ah… per fortuna! credevo di essere un alieno!
    va bene le polemiche sociologiche (anche se poi boh), però che fosse un commericial fatto male non mi era sembrato proprio!
    nè il montaggio, nè le riprese, nè la musica, nè il casting, nè niente insomma.

  58. Paolo, è illusorio il messaggio sociale

    Ugo, puoi decantare le qualità tecniche di questo spot finchè ti pare, io lo trovo di scarsa fattura, se la cosa ti fa ridere… ridi pure, è democrazia applicata, anche io spesso sorrido leggendo i tuoi commenti ma se non mi ci obbligavi… non te l’avrei nemmeno detto.

    TADS

  59. @Tads
    Fa benissimo a sorridere spesso dei miei commenti. Almeno è la prova che hanno una funzione sociale anche per chi non li voglia prendere sul serio come fa lei. Ma per favore non obblighi me a prendere sul serio ciò che è invece fatto per ridere. Però, visto che non ha colto al volo il generoso alibi per diemnticare con un sorriso la sua presuntuosa castroneria, potrebbe invocare il diritto a essere preso sul serio invece della facoltà di farci ridere: potrebbe quindi tentare di giustificare il suo giudizio senza nascondersi in vacuità argomentative come è appunto dire che sarebbe “montato male” o avrebbe “piani ripresa (?) amatoriali.
    Coraggio, non tema di far ridere: questa volta la prendiamo sul serio.

  60. A me non ha commosso proprio per niente, rappresenta tutte cose che detesto: madri frustrate che cercano la realizzazione nei figli, una competizione esasperata già in tenera età, la funzione materna come di pura cura piuttosto che educativa, l’assenza della figura paterna. E dire che le storie di sport di solito mi coinvolgono molto.

  61. Ugo,
    Non riconosco a NESSUNO l’autorità di negarmi il diritto di criticare uno spot, un testo, un’opera d’arte o qualsivoglia altra cosa, nemmeno sono tenuto a motivare approfonditamente il mio pensiero, tantomeno a chi esprime giudizi nei miei confronti salendo su un pulpito traballante, questo sì, veramente risibile. Io al suo posto lascerei perdere la vacuità, anche se le riconosco una certa confidenza con la medesima. Evidentemente lei è nuovo del web oppure non ha ancora ben capito le dinamiche della comunicazione in rete. Questo è un mondo pieno di insidie, quelli come lei abituati a rispondere di pancia mascherando dietro una ironia di cartone il livore per una mancata accondiscendenza, offrono inconsciamente il fianco, non tema, lei non mi stimola neanche sotto questo aspetto.
    Per non essere accusato di sfuggire… lo spot in questione non mi piace per svariati motivi, se quello che si vede è il meglio di tantissime ore di ripresa è tecnicamente deludente. Avrebbero potuto e dovuto differenziare le luci, una tecnica raffinata usata dai più avveduti, per distinguere i diversi mondi, il montaggio tenta di personalizzare una metonimia ormai obsoleta ma finisce per “impastare”, anche la colonna sonora è scontata. Entrando nel merito del messaggio direi che trattasi di una colata di melassa che vanifica il vero spirito olimpico, questo video ibrida la più becera corrente del pensiero politically correct al sentiero che conduce alla fabbrica delle illusioni, mi auguro non mi si costringa a spiegare la differenza che corre tra sogni e illusioni.
    Si accontenti di questa risposta, non ne seguiranno altre, lei è liberissimo di replicare ma le suggerisco di occupare il tempo diversamente, per me il discorso finisce qui. Per quanto riguarda le “castronerie”… visto che siamo in tema olimpico… si abbassi leggermente in avanti, c’è una bella ragazza che deve metterle al collo la medaglia d’oro.
    Stia bene,
    TADS

  62. TADS ha scritto: “[…]il montaggio tenta di personalizzare una metonimia ormai obsoleta ma finisce per “impastare””
    È stato un errore prenderla sul serio. Chiaramente lei dimostra oltre ogni ragionevole dubbio di essere un umorista nato. Chi scrive una frase del genere non può non voler far ridere. È troppo bella 🙂

  63. Anch’io lacrime grasse!! Sino a quando non mi e’ passata davanti la scritta pampers e il mondo mi e’ crollato addosso…

  64. Pingback: Viva la mamma - Invertising - Wired.it

  65. Pingback: Anche (e soprattutto) le sportive piangono. « artedicorrere

  66. Davvero un meccanismo perfetto. Grazie per la segnalazione.
    Anche a me comunque è venuto subito da pensare ai babbi dimenticati. Molti di loro immeritatamente dimenticati, no?

  67. Emozionante ma anacronistico. Il filmato è palesemente sessita.
    Sai chi non piange???
    Non piange il maschio adulto, che nel filmato non si identifica. Questo spot andava bene negli anni ’80. Sono arrivati con ben 30 anni di ritardo.

  68. Pingback: Il lavoro più difficile del mondo | TheBlogTV

  69. Fuor di strategia di marketing, sarebbe stato meglio inserire anche qualche padre e parlare di genitori. Vero che il ruolo della madre è insostituibile, e che le madri single, divorziate o vedove che tirano su i figli da sole sono delle eroine.

    Ma persino il “padre assente” ha un suo ruolo nell’equazione, anche se probabilmente nel caso dello spot è rimasto fuori scena perché, prosaicamente, non è il principale responsabile d’acquisto dei prodotti P&G.

    Affettuoso e presente oppure lontano e divorziato, il padre che fornisce un mensile o magari la casa dove abitano moglie e figli ha un ruolo che, a mio parere, deve essere valutato almeno pari a quello di nidi, infrastrutture e servizi pubblici efficienti alla scandinava. E, lontano dalla Scandinavia, ha un valore anche superiore.

  70. Cara Giovanna, sono piombata sul tuo post per caso. Curiosamente, ho studiato comunicazione e avevo fatto mentalmente la tua stessa analisi, pari pari. HO pubblicato il video sul mio profilo di fb e nessuno aveva colto. Che sorpresa leggere le tue parole…
    Affinità…
    🙂

  71. Rossella Di Napoli

    Sì..viene da piangere pensando alla P& G…per le atrocità commesse su esseri indifesi in nome di una falsa scienza e dello specismo umano !

  72. A me è bastato il logo P&G per smontare il tutto.
    Mi fa rabbia pensare che la gente vede solo la bella pubblicità e non sa che razza di multinazionale diabolica sia la P&G.

  73. Sostanzialmente il messaggio dice:

    1. IL TUO BAMBINO QUANTO GLI VUOI BENE? QUANTI SACRIFICI FAI PER LUI?
    2. “LAVORI” TUTTO IL GIORNO PER IL POVERO PICCOLO
    3. ACCANTO A TE ANCHE NOI (P&G) LAVORIAMO TUTTO IL GIORNO, CON TE (E PER IL TUO POVERO PICCOLO)

    Il lavoro più difficile al mondo è il lavoro migliore al mondo,
    ma parlano di “lavoro” non “amore” riferendosi a P&G
    (sempre al tuo fianco, tutto il giorno, tutti i giorni)

    E visto che amo l’advertising, e molto di più mio padre (come ovviamente mia madre), visto che ha cresciuto sei figli, mi ha insegnato i valori e il rispetto per la vita, vi allego questo video.

  74. Somo perfettamente d acoordo con Eleonora,come ho scritto… Specismo…Schifosissimo specismo ! Con quanti esseri viventi torturano ai fini del profitto… !!

  75. Chissa’perche’la P&G non fa’mai vedere in televisione qualche spot pubblicitario dove i loro laboratori di ricerche torturano animali (Cani,Gatti,Scimmie ecc.ecc.) per i loro esperimenti.Altro che pianti,ci sarebbe da strapparsi i capelli.Meditate Mamme…….Meditate

  76. Pingback: Mamme (ovvero, se Balotelli esce dallo stereotipo che si è scelto) « Dieci nodi

  77. devo ammettere che tutto ciò mi lascia di stucco: è così difficile aprire gli occhi? pubblicità commuovente? l’unica cosa che riesce a commuovermi è una sola: quanta gente riesce a farsi fregare da tutta questa montagna di merda.

    W IL CAPITALISMO e W LA COMMOVENTE LIBERTA’ (che credete di avere).
    Tanti auguri a tutti e Tanti Buoni Acquisti.

  78. Siamo sempre di più ,per fortuna !!!!!

  79. Pingback: Rassegna pubblicitaria, ovvero Carosello. | BISCOMARKETING.it

  80. Premetto che faccio Psicologia della Comunicazione e del Marketing e sono molto di parte,
    Io in questo spot ho visto tanta emozione. A mio parere è uno dei più belli della P&G. (considerando che è una delle poche volte in cui la multinazionale mette la faccia e non resta all’ombra delle sue marche).
    Sfido io a non versare la lacrimuccia. Al di là dell’emozione, molti hanno visto del marcio dietro questa campagna…io non voglio e non posso biasimare ma vorrei che ogni tanto sentiste con il cuore invece che con l’orecchio. Pubblicità non è solo insieme di parole e canzonette, è attecchire all’animo umano, è un insieme di analogie, metafore e allegorie E’ eccesso e spettacolarizzazione.
    Dico che andrebbe premiata solo per l’accostamento emozionale alle olimpiadi.
    La canzone di Einaudi è tra le più azzeccate. Crea il cresente emozionale e si accosta alla frenesia che abbiamo dentro. Apre le porte al trepidio dell’esistenza, smuove il nostro Inconscio.
    Non entro nei meriti dell’azienda che, seppur fondatrice del brand management, resta macchiata e diffamata. Ma se la vediamo in questa ottica allora nessun prodotto sul mercato dovrebbe essere acquistato! Dal dentifricio che dice di essere il più consigliato dai dentisti alla macchina che fa settantamilioni di km con un litro. Penso che piuttosto il marketing sia da accettare come realtà spettacolarizzata della nostra esistenza. Va goduto più che criticato.
    Certo uno spot può sempre non piacere. Ma state sicuri che anche se non piace il suo lavoro emozionale lo fa 😉
    COMUNQUE BRAVA GIOVANNA, OTTIME OSSERVAZIONI!

  81. Pingback: Sense making: avere un progetto di senso (o di mamme e Olimpiadi) | The Talking Village

  82. Pingback: Spot “emozionali” per mamme e papà. Nuove frontiere dell’advertai

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.