Come comunica Grillo (2). L’aggressività verbale

Una delle prime cose che vengono in mente pensando a Grillo è il turpiloquio. Per forza: per un comico le parolacce e le invettive sono pane quotidiano. Detto in termini più precisi, Grillo fa satira politica e l’aggressività verbale fa parte di una tecnica che la satira ha sempre usato, da Aristofane in poi: la riduzione del politico alle sue miserie umane, che includono forme di irrazionalità e stupidità, difetti fisici, bassi istinti. Indirizzare al politico di turno parolacce e insulti attinenti alla sfera sessuale o escrementizia vuol dire infatti focalizzare l’attenzione sul suo corpo e alcune sue parti tabù, cancellando così la dignità che gli proviene dal potere e dal ruolo.

Un gestaccio di Grillo

Il re è nudo, è come se ci dicesse continuamente Grillo, e non solo col turpiloquio: anche i nomignoli con cui ribattezza i politici hanno la stessa funzione perché riducono le persone ad aspetti o difetti fisici, o ne evidenziano la follia, la stupidità, l’età. Ecco allora che Berlusconi diventa lo Psiconano (basso e fuori di testa), Veltroni Topo Gigio (gli occhiali ricordano alcune rotondità del pupazzo, e il celebre “Cosa mi dici mai” allude al narcisismo infantile che Grillo gli attribuisce); e poi c’è Monti Rigor Montis (per il rigore nei conti pubblici e la freddezza dello stile), mentre Fornero diventa Frignero (inchiodata alle lacrime che versò presentando alla stampa la riforma delle pensioni, nel dicembre 2011); infine Grillo chiama i politici, in generale o a turno, salme o zombie, per evidenziare sia l’età avanzata sia il fatto che facciano e dicano cose per lui antiquate.

Inoltre, parlare di problemi politici, sociali e economici intercalando continui cazzo, porca puttana e altre espressioni colorite implica avvicinarsi ai toni spicci del linguaggio ordinario, dove da decenni il turpiloquio è sdoganato. È così che le parolacce sono entrate in politica, per avvicinare i leader alla “gente comune”. Infatti Grillo non è né il primo né l’unico a usarle: l’hanno fatto Bossi e molti della Lega prima di lui; e lo fanno, pur in modo sporadico, diversi altri politici, da Fini a Bersani, da Di Pietro a Santanchè. Sono uno di voi perché parlo come voi, è come se ci dicessero tutti.

Ma i politici si concedono qualche parolaccia solo ogni tanto, e persino Bossi e i suoi cercano di contenersi sui media e nelle sedi istituzionali. Per Grillo invece l’aggressività verbale è la norma, nei comizi come sul blog. Per forza – si potrebbe obiettare – è lo stile della sua satira. Vero, e l’ho già detto.

Il problema però è che Grillo è ambivalente: non è più solo un comico perché ha fondato un movimento politico, ma non è nemmeno un politico perché non si candida a nulla. Né comico né politico, soffre una «crisi di identità», ha ripetuto girando la Sicilia. Un politico-non politico, un paradosso, un’anomalia.

Ma nel frattempo la sua aggressività verbale entra tutti i giorni nel linguaggio politico e mediatico, ne alza i toni e abbassa il livello, ma soprattutto distoglie l’attenzione dai contenuti e programmi, ossessionando tutti – politici, giornalisti, cittadini – con inutili pettegolezzi del tipo senti cos’ha detto Grillo di Tizio… hai visto come gli ha risposto Caio… uh, quanto s’è incazzato Sempronio… Il che non fa bene ai politici che, tutti presi dal doversi difendere dagli insulti di Grillo, trascurano la portata del Movimento 5 Stelle e dimenticano di prendere in considerazione il suo programma. Ma non fa bene neppure agli attivisti del Movimento 5 Stelle, molti dei quali sono persone serissime che faticano tutti i giorni a ricordare che i programmi e i contenuti esistono e occorre leggerli, studiarli e, soprattutto, contribuirvi in modo concreto e propositivo. Infine non fa bene nemmeno ai sostenitori e simpatizzanti di Grillo e del suo movimento, che spesso sono i primi a fermarsi all’insulto, invece di impegnarsi seriamente in prima persona, come lo stesso Grillo vorrebbe. Lo dimostra il blog di Grillo, dove i commenti vuoti e aggressivi hanno spesso la meglio sulle discussioni competenti e argomentate.

Credo insomma che Grillo debba a questo punto affrontare seriamente la sua «crisi di identità», e che la soluzione non possa trascurare il modo in cui parla. Per il bene del suo movimento. Continua (2).

Vedi anche Come comunica Grillo (1). Il corpo.

Questo articolo è uscito oggi anche sul Fatto Quotidiano.

21 risposte a “Come comunica Grillo (2). L’aggressività verbale

  1. Non vedo tutte queste belle persone nel movimento dell` anziano belin genovese (le lasciamo solo a lui le parolacce?). Per il resto, d`accordo con l`analisi.
    Pupu` e pipi` (per alzare il livello dello scontro). 🙂

  2. Salve Giovanna,
    questa “crisi d’identità” a me suona molto come un’autocommiserazione utile alla campagna elettorale, che nasconde però – e neanche tanto bene – il vantaggio di un doppio-sdoganamento. Si può permettere, infatti, di andare oltre i limiti del singolo ruolo e di giustificare i suoi scivoloni e le sue imperfezioni appellandosi all’altra identità, a seconda del caso. Il che mi sembra funzioni molto bene agli occhi degli elettori, e anche a quelli dei giornalisti che raramente vanno oltre la superficie delle battute. Basti vedere quanto accaduto ieri, con l’attacco a Renzi, dove nessun giornale (tranne Il Sole 24 Ore oggi) ha ritenuto importante verificare le fonti (non menzionate nel post incriminato).

  3. Parlo da ex attivista del Movimento – che mi rifiuto da sempre di chiamare MoVimento, perché quel V – che inizialmente doveva essere Vendetta e che s’è tramutato in Vaffanculo – non l’ho mai accettato, né come Vendetta né come Vaffanculo.
    Credo che l’aspetto della corporalità e dell’umoralità di Grillo sia molto importante, e credo anche che sia uno degli aspetti focali del Movimento. Allora mi mossi (e fui candidato sindaco del mio Comune) perché ritenni che fosse importante anteporre il bene comune al mio personale. Mi sono fermato quando mi sono accorto che il bene comune era portato avanti più dalla base che dalla cima della piramide – base che in questo momento vedo piuttosto perplessa, in quanto vede i propri sforzi frustrati più dai diktat dal blog (spesso affidati a voci terze, l’avete notato?) che da una partecipazione televisiva di troppo; mi son fermato quando ho notato che la cima della piramide non era ben configurata; quando ho capito che ogni novità – sia essa politica, religiosa o che -, soprattutto se portata avanti in modo estremistico, è capace di richiamare l’attenzione da parte di persone allo sbando – e queste persone, che di mestiere non fanno il comico, avrebbero potuto raccogliere la bomba innescata del potenziale comunicativo di Grillo esprimendolo attraverso prese in giro, Vaffanculo, violenza. Violenza che si può esprimere (e lo stanno sperimentando personalmente Favia, Tavolazzi, Salsi) in modo verbale; violenza che, comincio a temere, rischia di riproporsi in altro modo rispetto alla violenza comunicativa di Grillo.
    Mi permetta di aggiungere una cosa. Esattamente come la Lega Nord – che poi cercò il proprio referente in Miglio e nel cantautore Gipo Farassino, mi par di ricordare -, il Movimento 5 Stelle sta scontando la mancanza di una legittimazione culturale. Diversi intellettuali sono stati chiamati a esprimersi nei diversi campi del programma – programma che esiste, ma che viene occultato (come giustamente nota) dalle invettive -, ma nessuno ha ancora abbracciato lo spirito nel suo complesso. Questo non credo che non sia voluto, perché tutto ciò che riguarda il M5S – inclusa la disorganizzazione del portale – è voluto. Credo che il referente culturale visibile debba essere Grillo, quello non visibile Casaleggio. Attorno a loro, a partire dalla regola dei due mandati (regola cui non sono assoggettati, non avendo formalmente alcun incarico), terra bruciata.

  4. Si son d’accordo, per Grillo e il M5S questo si rivelerà un problema non da poco non appena una forma maggiore di istituzionalizzazione gli sarà imposta da ulteriori successi elettorali, dalle prossime politiche in poi quindi.
    Non parlo tanto dell’ambiguità della figura di Grillo in sé quanto proprio dell’uso del turpiloquio.
    Ma in generale sarà interessante vedere come il movimento affronterà la quotidianità della politica nazionale a cui siamo mediaticamente abituati…la presenza o meno in tv, le dichiarazioni ai giornalisti etc. Posto che comunque questo è il problema universalmente tipico che prima o poi si trovano ad affrontare tanti movimenti nel passaggio dalla “strada” (dalla rete?) alla presenza “a palazzo”, credo farebbero bene a cercare di risolverlo in fretta, in modo da darsi un format ancora vincente e coerente. Per il loro bene e il loro futuro. Chissà che il guru della comunicazione Casaleggio oltre allo sguardo utopico sui destini dell’universo tra mille anni non ne abbia anche uno per il M5S a Montecitorio, tra qualche mese?

  5. Lo “sdoganamento” è sempre più frequente, sia di linguaggio, sia di nuovi posizionamenti politici. Fini a Fiuggi e Berlusconi con Forza Italia e PDL hanno sdoganato la destra storica del MSI e le stesse persone si sono allineate ad un movimento detto di centrodestra. Almirante avrebbe mai potuto credere che un giorno Fini sarebbe diventato presidente della Camera? Chi di noi 20 anni fa avrebbe predetto il successo a parabola della Lega? Le cose cambiano e anche molto in fretta, ma i prodotti restano, e chi ha creduto che fosse nata una destra conservatrice come in UK ora è deluso e gli sta voltando le spalle. Grillo ha sdoganato il linguaggio formalizzato della politica e lo ha reso accessibile ai più. Lo ha potuto fare perché i partiti non lo hanno saputo fare, hanno continuato per anni a parlare tra loro e, grazie alla par condicio, a formulare frasi incomprensibili ma non più lunghe di 5″. Io vedo la comunicazione di Grillo come quella di un prodotto miracolistico che promette un cambiamento radicale: parole pesanti, volgari, ma efficaci perché “attese” dalle persone. E’ ormai certo che il M5S porterà molti deputati e senatori in parlamento e probabilmente diventerà l’ago della bilancia in molte occasioni, così come ha dichiarato Giancarlo Cancellieri dopo il successo siciliano. L’elettore ha acquistato la scatola e proverà il prodotto, è molto probabile che rimarrà deluso, a meno che la fabbrica M5S non modifichi prodotto e confezione nel frattempo. Cosa molto dura visto che la “fabbrica” Italia non può cambiare produzione in tempi brevi. Sull’Espresso di questa settimana ci sono parecchi articoli su Grillo e mi pare abbiano tutti in comune la stessa idea sulle 13 pagine di programma pubblicate sul sito M5S: incoerente e irrealizzabile. Se è così vedremo la scatola M5S sparire dalle gondole. Indipendentemente dalla quantità di “sdoganamento” verbale, già fatto da altri come ci ricorda Giovanna, una differenza tra Grillo e gli altri, compreso Renzi, è la capacità di Grillo di avere relazioni di tipo affettivo ed empatico (io sono come te). Non solo web. Molti hanno notato e commentato per mesi la capacità di M5S di usare il web meglio di chiunque, Bersani ha persino detto che loro non sono virtuali perché stanno vicino alla gente e la guardano all’altezza degli occhi, forse dimentica che da almeno 3 anni il Beppe va in piazza e raduna migliaia, decine di migliaia di persone, stringe mani, bacia i bambini, accarezza gli anziani, da fiducia e coraggio ai disoccupati, sembra Papa Giovanni XXIII, a parte le parole e l’atteggiamento incazzato. Va in Sicilia a Nuoto, nulla di così notiziabile ha mai fatto Renzi con il suo camper e la consulenza di Gori, vi pare poco? dice cazzo, psiconano, salme, zombi o Topogigio, ma lo fa sul punto vendita guardano e toccando la gente, che ride e gli da ragione. E’ un bestia da palcoscenico, ma ha una strategia ben congegnata e poco costosa, ma che richiede molta organizzazione, tante persone, tempo, e lo ha trovato tra i giovani disoccupati, i delusi, i senza speranza. Web e POP sono due armi vincenti per molti prodotti, indispensabili per un prodotto nuovo che promette molto. Populismo, promessa esagerata, speranza, sono ingredienti forti che se utilizzati da un prodotto di buona fattura, possono mettere in crisi e battere anche un brand premium price.
    La comunicazione di Grillo funziona e la cosa più sorprendente è che i partiti l’abbiano sostenuta continuando a dire che non si può fare dell’antipolitica, che la politica serve; questo è stato ripreso dai media a valanghe mai viste prima. Grillo ringrazia e si sfrega le mani. Se Grillo avesse voluto vendere l’idea che dobbiamo smettere di mangiare il pesce surgelato che puzza, e i suoi concorrenti ribadissero che il pesce buono deve puzzare, cosa sarebbe accaduto?
    In un paese normale, con politici senza la coda di paglia e con competenze di comunicazione, Grillo avrebbe avuto subito il consenso della politica, i partiti avrebbero cavalcato le attese dei “consumatori” e avrebbero fatto subito alcune cose come: dimezzare i rappresentanti di ogni parlamento, eliminare le auto blu, buttare subito fuori i Penati e Formigoni vari, eliminare le province, appoggiare i magistrati, chiedere alla Coop di abbassare i prezzi, bloccare Monti per circa 400 miliardi di risparmi e venduto i gioielli di famiglia. Il centrosinistra avrebbe dovuto dichiarare cose del tipo: ripresa è stare dalla parte di chi guadagna meno di 40.000 € lordi l’anno, il costo del lavoro deve essere abbassato e lo stipendio netto dei lavoratori alzato, lo stipendio dei manager non deve essere più alto di 5 volte quello dell’operaio che dirige. Possibile farlo? Forse no, ma il popolo avrebbe acclamato la politica e la politica avrebbe abbracciato Grillo, così facendo lo avrebbero neutralizzato. Oggi è molto difficile conquistare un nuovo “cliente” di solito lo si conquista perché il tuo concorrente lo ha perso. Un buon capo dovrebbe soprattutto cercare di non perdere seguaci, l’emorragia dei partiti è iniziata da un pezzo, nessuno ha compreso che bisognava dotarsi, almeno, di lacci emostatici. Intanto Grillo raccoglie il cliente insoddisfatto, poi dovrà fare i conti con la sua crisi d’identità e la governabilità.

  6. Grillo (1): il corpo (sono autentico, non sono finto, credo proprio a quello che dico), ok.
    Grillo (2): l’aggressività verbale (sono proprio arrabbiato quanto voi), ok.
    Grillo (3), (4)…?
    Sarebbe importante discutere anche su come Grillo ‘vende’ la sua affidabilità (sono capace di risolvere i problemi). Che è poi quello su cui aveva puntato e su cui è fallito Berlusconi, e su cui ora punta, con altro stile, Bersani.

  7. Concordo sull’analisi che ha fatto la Cosenza per ciò che riguarda le manifestazioni corporee di Grillo. Quello che mi fa strano è come, da parte di molti, si analizzino i comportamenti di Grillo, sino a sezionarli in ogni aspetto psicologico e sociologico, come se sezionare un cadavere fosse sufficiente a capire una persona. Qualche nozione sul linguaggio del corpo la posseggo, ma l’esperienza della vita mi ha insegnato che il vecchio adagio “gli occhi sono lo specchio dell’anima” insegna molte cose se praticato con attenzione. E, per me, gli occhi di Grillo dicono molto, in positivo. Parlano di quella parte della persona umana che viene trascurata in quasi ogni analisi. Non esiste semplicemente. Non si può considerare ciò che Grillo dice come se fossero davvero frutto di convinzioni maturate nel tempo semplicemente da una persona che, in una condizione privilegiata di indipendenza, si è stufata di essere presa in giro da un sistema ipocrita e corrotto. Gli si attribuiscono infiniti secondi e terzi fini senza valutare che le cose a volte sono semplicemente coma appaiono. Ciò non significa che non ci siano errori, sbagli, incoerenze, insufficienze; perché questo fa parte dell’agire umano ma, temo, a furia di vivere in un sistema corrotto non “siamo” più capaci di riconoscere la dimensione delle persone per ciò che sono veramente. E’ diventata una lotta di tutti contro tutti dove ciascuno non si fida più di nessuno. Non c’è notizia o stormir di fronda che non dia spazio a mille dietrologie e, alla fine, diventa talmente difficile capire il falso dal vero, il presunto dall’accertato, che ci si scoraggia e si finisce per abbandonare il campo con la convinzione che non ci sia più possibilità di avere qualche certezza.

  8. “Non c’è notizia o stormir di fronda che non dia spazio a mille dietrologie e, alla fine, diventa talmente difficile capire il falso dal vero, il presunto dall’accertato, che ci si scoraggia e si finisce per abbandonare il campo con la convinzione che non ci sia più possibilità di avere qualche certezza.” E’ l’effetto che hanno su di me le cose scritte dalla Cosenza .

  9. Adoro queste analisi e i commenti che fanno nascere. La corporeità in Grillo, il linguaggio, e le contro-analisi di quanti chiedono sempre più di vedere l’arrosto sotto tutto questo fumo. Attendo anche io di vedere cosa accadrà e quanto spazio otterrà questo movimento e se questo segnerà finalmente un cambiamento positivo e non un semplice rimestamento di forti: “bisogna cambiare tutto perché tutto resti com’è”. E più di Grillo vorrei vedere i cittadini che lo sostengono, che si dicono “stufi” e che lavorano per migliorare a modo loro qualcosa.
    Una cosa però ancora non capisco… se viene fondato un movimento che raccoglie cittadini attivi e questo movimento si dota di un programma e partecipa a delle elezioni e insomma fa eleggere dei rappresentanti secondo le leggi di una democrazia rappresentativa quale quella italiana… perché si parla di “antipolitica”? A me le suore salesiane in oratorio hanno insegnato che anche riunirsi fra volontari e creare un dopo-scuola per i bambini delle elementari era “fare politica” perché impegnarsi nel sociale è un atto politico. Insomma, se sto zitta e voto i soliti contafole questa è politica, se entro in un movimento e organizzo tavole, comizi, manifestazioni sarebbe ANTIPOLITICA? Fatemi il favore santissimo, eh!

  10. Condivido al 99% il programma politico di grillo, ma non lo voterò mai perché per fare Politica non serve gridare, non è forse vero che alzare la voce è sintomo di debolezza?

  11. Concordo con Ninatrema, il M5S e Grillo fanno politica da sempre, sennò cosa fanno? Non certo una scampagnata, visti i risultati. Come ho detto nel mio post precedente, l’antipolitica l’anno inventata i partiti per replicare (difendendosi inutilmente) alla violenta ventata grillesca, e così facendo hanno dato una mano al M5S. PD, PDL e soci, hanno sempre detto “bisogna cambiare” non hanno mai detto “dobbiamo cambiare” e soprattutto non l’hanno mai fatto, nemmeno quando erano al governo e nemmeno hanno condizionato monti a grandi cambiamenti. Perché non hanno capito il BISOGNO profondo che la gente ha, e lo sfinimento della politica dei partiti che da decenni appaiono sulla scena italiana. Grillo dice basta, non ne possiamo più, non siamo come loro. Trovo geniale definire le comparsate TV come “il vostro punto G” perché è vero, chi si mette a fare politica, ma non solo, gode al solo fatto di essere ripreso da una telecamera, a meno che non stia cercando un viados. Grillo esorta a non essere come loro e attraversa lo stretto di Messina a nuoto, questo è un gesto politico e Grillo è un politico, pur dovendo fare i conti con un fatto che prima o poi emergerà: continui a fare da eco alla protesta, a sollevare le folle, o ti candidi per lavorare in parlamento. Intanto, facendo politica, detta delle regole ai dissidenti inevitabili anche in un movimento, questo è fare politica da capo politico.

  12. Mi limito ad una considerazione.
    Di Grillo non me ne frega niente; lui è un guitto da palcoscenico, straordinario, un trionfatore della satira. Invece mi interessa immaginare cosa accadrà dopo.
    Quando avranno diverse decine di deputati e senatori, numerosi sindaci, qualche governatore di regione, molti consiglieri e assessori.
    Cosa faranno?
    Grillo sarà capace di mettergli la mordacchia?
    E saprà scegliere uno ad uno i suoi compagni di viaggio?

    Forse faccio il facile profeta, ma io vedo nella parabola di Bossi, di Berlusconi, di Di Pietro, di Casini, la triste sconfitta degli apparati politici a cosiddetta guida leaderistica.
    Troppo deboli, troppo infiltrabili (si dice questa parola? forse no, ma non mi viene in mente niente di meglio), troppo fragili.
    Finirà anche Grillo allo stesso modo di Di Pietro.
    Indipendentemente dalla qualità delle sue idee.
    Che comunque – se mai siano idee politiche, ma ne dubito – sono rispettabili ma di bassa qualità (politica).

    Di più mi interessa il destino del suo movimento.
    Cosa faranno quando, col coltello insanguinato del compiuto parricidio, si troveranno a camminare nel deserto della politica?
    Adoreranno il Vitello d’oro?
    Allora saranno in buona compagnia.
    Hanno forse altra scelta?
    Si, ce l’hanno.
    Ma toccherà a loro individuarla e metterla in pratica.
    (Io immagino anche quale possa essere, ma importa poco. Non credo che voterò per loro. Però li guardo con simpatia. E se sapranno compiere tutto il loro difficile percorso di catarsi, forse alla fine saranno qualcosa di serio. Ma solo forse).
    Pierperrone

  13. Il problema è quello che si presenta con movimenti fondati da persone dall’imponente presenza: l’abbiamo già vissuto nel PdL, ora tocca al Movimento 5 stelle.
    Eppure è proprio questa prepotenza mediatica che permette ai candidati – persone per la maggior parte comuni – di partire da un gradino più alto di visibilità. Positivo o negativo? Starà ai dati dimostrarlo, e naturalmente poi dipenderà anche dai candidati stessi conquistare il resto della vetta mediatica con le proprie forze. E naturalmente la poltrona con le proprie capacità.

    Non giustifico il linguaggio di basso livello, però lo giustifico più in un Beppe Grillo (crisi identitaria o no, lo abbiamo sempre conosciuto così) piuttosto che nei talkshow pre-montiani dove si erano raggiunti livelli infimi e per volontà dei politici di professione.

    Parlare semplice e diretto, sarebbe uno stile che tutto il mondo politico dovrebbe imparare a usare. Ormai il politichese denuncia solo una cosa: che neppure i politici sanno rispondere alle domande che vengono poste loro. O almeno così pare.

    (E ora aspettiamo le prossime puntate!!)

  14. alessandramignone84

    Sono convinta che le forme ed i modi possano spesso veicolare approvazione al di là quasi del contenuto della comunicazione. Spesso le masse scelgono una direzione solo perchè è diversa da tutto quello che genera diffidenza, o, nel caso contrario, solo perchè è qualcosa di già conosciuto e consolidato, quindi affidabile…. Grazie del post, come sempre interessantissimo. Alessandra.

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  16. Ottima analisi! Concordo con Ninatrema. Io vivo all’estero e non sono immersa nell’atmosfera disfattista che si respira in Italia: mi colpisce l’atteggiamento di sospetto verso chiunque cerchi di fare qualcosa per invertire la rotta. Non mi pare costruttivo. Come conclude Giovanna: deve risolvere una crisi di identitá, vediamo come la risolve.

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