Come comunica Grillo (3). «Io sono te»

Continuo l’analisi del linguaggio e dello stile di comunicazione di Beppe Grillo focalizzando stavolta un suo modo caratteristico – e per certi versi unico – di rivolgersi alle persone che ha davanti.

Dicevamo l’ultima volta, parlando del turpiloquio di Grillo, che trattare di problemi politici, sociali e economici intercalando espressioni colorite serve fra l’altro ad avvicinare il leader alla “gente comune”. Sono uno di voi perché parlo come voi, è come se ci dicesse il leader.

Ma Grillo va oltre, perché preferisce non darci del voi (come uno che parla a molti, dall’alto), ma direttamente il tu (uno a uno, fra pari), sia che parli a una persona singola, a un capannello di cittadini, o a una folla acclamante. «Io giro in mezzo alla gente, vedi, per capire cosa pensano» ha detto per esempio a Palermo il 25 ottobre 2012 camminando verso la piazza dove avrebbe tenuto un comizio. E così si rivolge a tutti, dandoci sempre del tu: al giornalista con telecamera, come al cittadino dietro e a chiunque guarderà il video.

Grillo I want you

Fra l’altro, quando usa il voi (parlando in pubblico non può non farlo) lo accompagna sempre con un «Signori!» come per indicare il massimo rispetto. Poi però, appena può, cerca subito di estrarre dalla moltitudine un tu: o generico («siamo un paese fallito, ti danno un lavoro, ma lo stipendio ce lo metti tu», Catania 24 ottobre 2012) o un tu rivolto a qualcuno in particolare («Dov’è la televisione giapponese, fatti vedere!», sempre a Catania).

Insomma Grillo non si limita, come fanno tanti politici, a dire sono uno di voi, ma con l’uso continuo del tu si pone sempre in dialogo paritetico con ciascuno (io sono come te), fino quasi a identificarsi con l’altro, come se volesse dar voce a ciò che l’altro direbbe, come se lui e ciascuno/a di noi fossimo la stessa cosa (io sono te).

A quest’uso particolare del tu Grillo aggiunge, come abbiamo visto, un uso estremo del corpo, che rende la fusione col pubblico ancora più forte, quasi fisica: a Grillo non basta guardare i suoi interlocutori, ma se sono pochi gli si avvicina molto, li tocca, li abbraccia; quando poi è sul palco, di fronte a migliaia di persone, si sporge in avanti e si piega come se volesse tuffarsi nella gente. Io sono te, ci dice continuamente Grillo. Con le parole, col volto, con tutto il corpo.

Questo articolo è uscito oggi anche sul Fatto Quotidiano.

Vedi anche: Come comunica Grillo (1). Il corpo, Come comunica Grillo (2). L’aggressività verbale.

10 risposte a “Come comunica Grillo (3). «Io sono te»

  1. Appare chiaro il legame con il “tu” tipico della della stand up comedy, quella in cui Grillo eccelle dall’inizio della sua carriera. E’ il tu della condivisione dell’osservazione del quotidiano fatta dall’artista con il pubblico, basti pensare al titolo “Te la do io l’America”.

  2. Centratissima, a mio parere, anche quest’altra osservazione su come comunica Grillo.
    C’è un aspetto negativo di questo modo di comunicare “simbiotico”, con cui — mi sembra — Grillo suggerisce che l’altro non possa vedere le cose diversamente da come le vede lui.
    Personalmente sarei molto a disagio se Grillo mi si rivolgesse in quel modo. Mi sarebbe difficile, non impossibile :-), esprimere un disaccordo da pari a pari.
    Grillo ci mette una tale intensità emotiva nel dire le sue cose che per contraddirlo da pari a pari bisognerebbe usarne altrettanta. Cosa che molti, giustamente, non farebbero.
    Un minimo di distanza interpersonale e di pacatezza emotiva, invece, facilita il rispetto delle differenze.

    E’ poi la difficoltà di comunicare coi fanatici. Non credo affatto che Grillo lo sia, ma ne usa qualche modalità.

  3. Trovo interessante lo studio di questi segni caratteristici della comunicazione di Grillo.
    Anche perchè fanno nascere delle considerazioni – che pure si devono fare – su quanto sia determinante la forma del comunicare rispetto ai contenuti.

    Detta in altro modo.
    Se si applicassero alla politica le stesse leggi della comunicazione che valgono per la pubblicità, ne deriverebbe, per la politica, una contraddizione “ontologica”.
    Infatti, qualora dovesse risultare che si applicano alla politica le stesse logiche del mercato che stanno dietro agli investimenti aziendali in pubblicità, si darebbe ragione alla filosofia di Emanuele Severino il quale, da anni, afferma che ormai viviamo nel mondo della “tecnica” (derivato della scienza), che ha valori suoi, specifici, diretti ad affermare gli scopi/obiettivi della stessa “tecnica”. E che, dice sempre Severino, ha sopraffatto ai suoi fini i fini – tra l’altro – della politica.
    Non sfuggirà che la “tecnica” – fatta di apparati produttivi e riproduttivi – ha una scala di valori del tutto differente dalla “politica” e ciò è del tutto evidente se si mettono a confronto mercato e politica e le rispettive divergenze.

    Ma queste sono considerazioni che potrebbero essere disinnescate facilmente:
    “Intellettualismo!”
    “Che vuoi? Che fai fuori? Entra pure tu! Fatti coinvolgere!”
    “Chi si ferma a pensare è perduto!”
    (Sarà, ma a me i balli di gruppo fanno venire il magone).

    Io invece resto convinto che se uno urla non dobbiamo metterci ad urlare appresso a lui: così fanno i bambini, che ancora sono immaturi.
    Oppure un popolo afflitto permanentemente dalla sindrome di Peter Pan.
    Noi, se siamo cresciuti, dobbiamo, invece, avere il sangue freddo di capire cosa sta succedendo.
    Per agire efficacemente di conseguenza.
    pierperrone

  4. È vero, queste analisi sono molto interessanti. Grillo è una rottura nel modo in cui il discorso politico si presenta come vero, ed è per questa specificità che riesce a impostare un controllo morale sulle condotte (a Ben sarebbe “difficile” contraddirlo). Grillo “dice tutto”, “crede” a tutto cià che dice e “rischia la faccia” nel gioco antagonista della tribuna politica. In una parola, si serve di un discorso “franco”: un discorso che potrebbe essere tenuto da un amico il quale, prendendo il rischio di ferirti, mettendo in gioco le condizioni di possibilità della comunicazione, dice la verità sui comportamenti che per lassismo, distrazione o altro, devono essere ricentrati dal punto di vista etico.
    Può essere interessante contrapporre il modo in cui Grillo produce l’effeto di verità nei propri discorsi con quello di Bersani, che esce sui giornali ogni giorno con una massima dal tono popolare. Bersani ha una postura tra l’oracolare e il saggio consiglio. Può permettersi allusioni, anaforizzare, lasciare sottintesi (come l’oracolo, può richiedere interpretazione) mette in relazione il presente con quello che accadrà in futuro (“Basta litigi, bisogna pensare al partito”); si riserva il diritto di non commentare tutto quello che accade (mentre per Grillo bisogna dirsi tutto, senza tabou); fa commenti sulla natura delle istituzioni o degli uomini (come il saggio. Ad es., oggi, parlando del presidente del Coni, su Repubblica: “Non può essere l’unico a gestire lo sport in Italia. Ha un compito importante, qualificato, ma che andrebbe ricondotto alla sua nozione originaria); infine, parla da un pulpito dal quale non lotta per liberarsi (come invece fa Grillo, che si accanisce contro il palco quasi per neutralizzarlo, ostacolo all’Orizzontalità).
    Chi gli sta di fronte può sbagliare se lo contraddice, ma non è mai portato a riflettere su sé stesso, sulla propria condotta etica. La si può pensare come lui o diversamente, ma la fetta di credenza in gioco nella comunicazione non porta mai a una ripensare la propria onestà. Grillo invece personifica, incarna i valori etici in chi è preso, partecipandovi, alla sua comunicazione. Non è questione di natura né di futuro; o meglio, è questione di futuro nella misura in cui è questione di franchezza.
    Ed è interessante che in Italia, nel bel mezzo dell’ondata di un’enunciazione “tecnica” – sulla quale sarebbe bello soffermarsi, d’altro canto – questa parola “franca” abbia tanto successo, e costeggi un timido interesse per la storia recente. Sul suo blog troviamo degli articoli sulla storia del giornalismo e del petrolio tricolore (la storia di Mattei), mentre al cinema film sul G8 di Genova e sulle stragi di stato ricevono buone pubblicità. Senza che questo significhi verità – ci sono tanti modo per raccontare la Storia, e c’è una Storia per ogni modo – ci dice però qualcosa su un certo modo di produrla.

  5. Il tu puo` essere anche paternalistico, se proviene da un palco, ovvero viene pronunciato da una distanza “pubblica” e ad un vasto pubblico.
    Il legame con la stand-up comedy e` evidente, ma Grillo fa ridere poco, ormai. Come tutti i fanatici, intendo.
    Intendiamoci, sempre piu interessante delle convergenze parallele e dell`avanti al centro contro gli opposti estremismi.
    Il linguaggio della vecchia politica era castrante e rallentatorio, Grillo da`l`illusione del movimento (anche fisico) e di come la forza di volonta`possa cambiare un sistema grande e rigido con un click del mouse.

  6. Enrico Marsili include Grillo fra i fanatici, mentre io avevo scritto di non credere affatto che Grillo lo sia.
    Intendevo dire che non sono affatto certo che lo sia. Ma Enrico Marsili potrebbe avere ragione.

    Quando un personaggio pubblico notevole, come Grillo, dice assurdità, penso come tanti che non ci creda davvero.
    Meglio ricordare, invece, le massime di Carlo M. Cipolla: http://www.giovis.com/cipolla.htm.

    (Grillo dice cose verissime e giustissime, ma dice anche pericolose assurdità, con la stessa assoluta convinzione, vera o finta che sia.)

  7. Il riassunto delle massime di Cipolla, che ho linkato, non è un gran che.
    Per l’originale, vedi http://www.ibs.it/code/9788815019806/cipolla-carlo-m-/allegro-non-troppo.html

  8. Grillo non è come me: ho un altro modo di parlare e di propormi con la gente!

  9. Ben, penso che Grillo si stia comportando come un fanatico, per attirare un certo tipo di consensi. Le stesse persone che non distinguerebbero un vaccino da una pizza margherita. Cioe` er popolo. Che faccia ridere meno e` un dato di fatto, ormai e` interno al sistema che critica. E sta invecchiando. Non lo ritengo un fanatico pericoloso, ognuno ha il diritto di fare quello che vuole nella legalita`, ci mancherebbe. Pero` usa modalita` del fanatismo, e allora non mi attira per nulla. Ripeto, per come tratta (male) scienza e tecnica, non mi attira a prescindere.

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