A proposito delle polemiche che in questi giorni infuriano sulla maternità surrogata, mi limito a riprendere un post che avevo pubblicato il 30 marzo, riprendendo un’intervista andata in onda alle Invasioni barbariche. Scrivevo allora: «L’intervista dura circa 50 minuti e vale la pena vederla fino in fondo con grande concentrazione, specie in questo periodo in cui in Italia sulla maternità surrogata e sulla genitorialità delle coppie omosessuali si sono spese parole, quando va bene, vacue e disinformate, quando va male, volgari e offensive. Continua a leggere
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I registi fra le macerie
Nei giorni scorsi in Abruzzo si aggiravano un po’ di registi italiani. A quanto ne so, c’erano Mimmo Calopresti, Francesca Comencini, Ferzan Ozpetec, Michele Placido, Paolo Sorrentino. Di sicuro me ne sfugge qualcuno.
Già si trovano su YouTube i primi risultati del loro girare fra le macerie.
Calopresti accompagna le immagini del disastro con la canzone Perfect Day; Comencini fa parlare le donne di San Gregorio; Sorrentino si sofferma sulla non assegnazione delle tende, dopo che uno ha gridato «sono a sufficienza per tutti, sennò mi tagliate la testa!»; Ozpetec dedica il corto ad Alessandra Cora, una giovane di origini capresi che ha perso la vita nella tragedia; Placido, nel suo duplice ruolo di attore e regista, si fa riprendere mentre raccoglie le testimonianze di alcuni extracomunitari, che hanno scavato con le mani per salvare i compaesani.
Non so. Indipendentemente dalla qualità dei corti – a volte non distinguibili dalle centinaia di riprese giornalistiche di questi giorni – c’è qualcosa che non mi piace.
Documento? Arte? Autopromozione?
Capisco le buone intenzioni e la necessità di testimoniare, ma in questi casi il confine con lo sciacallaggio e l’intrusione nel dolore altrui è così sottile, che tenere qualche videocamera spenta non guasterebbe. O conservare il girato per tempi e storie successive. Perché il dolore ha bisogno di tempo. E di silenzio.
Cito a memoria Erri De Luca che, intervistato dalla Bignardi venerdì scorso, ha detto più o meno: «Durante una tragedia bisognerebbe vietare ai giornalisti di chiedere alla gente: “Cosa provi?”, “Come ti senti?”. Perché se la domanda è abolita, magari aguzzano l’ingegno e gli viene un’idea migliore.»
Anche ai registi bisognerebbe vietarla.
Mimmo Calopresti, «Perfect Day»
Francesca Comencini, «Le donne di San Gregorio»
Ferzan Ozpetec, «Nonostante tutto è Pasqua»
Michele Placido, «Le mani di Osmai»
Paolo Sorrentino, «L’assegnazione delle tende»
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