Bratz e Winx a confronto

Le Bratz sono bambole prodotte dalla statunitense MGA Entertainment e diffuse sul mercato internazionale a partire da giugno 2001. Il successo di vendite oscurò la storica Barbie della Mattel, inducendo una produzione massiccia di gadget, cartoni, film, videogiochi, musica.

Winx Club è una serie di cartoni animati ideata, sceneggiata e diretta da Iginio Straffi, amministratore delegato dello studio italiano Rainbow SpA, che la produce. Il cartone, distribuito in Italia da gennaio 2004, è da allora un successo internazionale e ha ispirato un musical, un fumetto, un film di animazione e, come le Bratz, un fittissimo merchandising (abbigliamento, accessori, figurine).

Sul confronto delle Winx con le Bratz (che vuol dire «ragazzacce»), Iginio Straffi precisò subito: «Winx Club sono la versione pulita delle Bratz, le nostre sono storie da educande» (La Repubblica, 24 aprile 2004).

In realtà, come evidenziò Loredana Lipperini in Ancora dalla parte delle bambine, Bratz e Winx traducono in plastica, nylon e glitter lo stesso corpo iperfemminile: capelli lunghissimi, bocca carnosa, punto vita strettissimo, gambe ancora più lunghe e sottili di quelle già sproporzionate di Barbie.

Una femminilità ancora più estrema e irreale di Barbie, insomma, a dispetto di quanti hanno visto in loro una liberazione dal vecchio modello.

Sulle due bambole Irene Montagnana ha scritto una tesi di fine triennio, discussa il 9 luglio scorso, concentrandosi, oltre che sulla rappresentazione del corpo, sul confronto fra i lungometraggi «Bratz» e Winx. Il segreto del regno perduto, usciti nel 2007. Illuminante è la conclusione con cui Irene smaschera, in entrambi i film, «l’ipocrisia nel mettere continuamente in risalto la bellezza interiore e le diversità nel modo di essere degli individui, dopo aver dato continuamente importanza per tutta la durata delle pellicole alla bellezza esteriore e all’uso del corpo per avere importanza e visibilità».

Per approfondire, puoi scaricare da QUI la tesi.

Quanto alla presunta ingenuità delle Winx, basta vedere un «Enchantix!» – il momento in cui le Winx acquisiscono poteri magici – per capire che non c’è niente di ingenuo. Meglio ancora se ti guardi un montaggio di tutti gli Enchantix delle Winx: su YouTube ne trovi in quantità, perché evidentemente la scena resta impressa alle bambine, che non fanno che riprodurla e rivederla.

Ma facci caso: quando fanno «Enchantix!» le Winx sono progressivamente spogliate e zoomate su tette, inguini e sederi, con lo sguardo peloso tipico della più becera mascolinità. Altro che educande. Non ti ricordano le decine di scene televisive che Lorella Zanardo ha denunciato col documentario Il corpo delle donne?

23 risposte a “Bratz e Winx a confronto

  1. Interessante!
    Comunque, ho notato in diverse situazioni questa cosa subdola dell’usare i messaggi della correttezza politica per fare i soldi con il suo contrario. So belle dentro!
    Mi ricordo sempre un film con la Paltrow fatta a forma di obesa – “amore a prima svista”. Il passaporto di non beceronaggine lo forniva il fatto che alla fine il protagonista sposava la Paltrow cicciona ma la salsa su cui si teneva il film era prendere in giro le donne obese. E’ un meccanismo ipocrita e sinistro.

  2. Andrò sicuramente a leggere la tesi, anche perché mia figlia, qualche giorno fa, mi ha interpellato esplicitamente: “Papi, adesso mi spieghi perché non ti piacciono le Winx.” Spero che la tesi mi sia d’aiuto.

  3. Dimenticavo: hai qualcosa anche per Winnie the pooh e i Gormiti? (Che mi stanno tremendamente antipatici senza averli mai visti.)

  4. Credo sia una questione di ordine biologico e biopolitico. Supercorpi femminili che attraggono a livello di stimolazione visiva e sessuale gli uomini (e viceversa). E’ la nuova soglia, quella biologica, quella biopolitica, come quella del superuomo e dell’uomo cyborg, così le piccole wonder women in modello winx. Ci manca poco alla modifaicazione genetica del corpo, per ora è solo corpo-immagine, fra un po’ l’intenzione è quella di modificare anche l’alfabeto in cui corpo maschile e femminile sono scritti. Viva le fiabe a rovescio come quella di Shrek!

  5. Intanto grazie per aver pubblicato la testi (già scaricata e letta). Ho una sorellina che per un certo periodo ha subito il fascino delle Winx e delle cuginette che lo subiscono ancora oggi, e l’argomento mi interessa molto 😛

    Ogni tanto ho avuto modo di guardare qualche episodio della serie animata e non ho mai potuto soffrirle troppo, sarà per via di tutti quei luccichini, dei corpi sproporzionati o dei visi alieni. Ricordo le maghette degli anni miei, quelle che si trasformavano quando io ero bambina: erano bambine come me (forse la gonnellina un po’ troppo corta), ma i visi erano semplici e paffuti.
    Poi si trasformavano e, beate loro, diventavano ragazze gradi, cantanti, maghe, principesse, potevano usare dei poteri fantastici, fermare i cattivi e far breccia nel cuore del ragazzino di turno.
    Oh, quanto si sarebbe piaciuto crescere al volo con un colpo di bacchetta magica. Però eravamo bambine e restavamo tali, come la protagonista prima della trasformazione e a fine serie, quando puntualmente perdeva tutti i poteri per vivere in normalità 😀

    Le nostre Barbie erano come le maghette trasformate: erano quello che saremmo volute diventare (come ci saremmo volute truccare e vestire). Poi però crescevi e restavano un gioco dell’infanzia, tu ti truccavi e ti vestivi senza più pensarci.

    Le guerriere Sailor sono arrivate dopo, quando ero già più grandina. Le protagoniste non erano bambine vivaci e dal viso paffuto, ma belle ragazzine, snelle, armoniose, alle prese con la salvezza del genere umano, con l’amicizia e l’amore. Ricordo bene tutte le bambine che volevano vestirsi da Sailor Moon guerriera (mai da ragazza normale), perché tutto il fascino di Sailor Moon stava nella trasformazione, il momento clou di ogni episodio, quando diventava magica e combatteva.
    Quando era ragazza normale era anche un po’ banale, frignona, debole e bonacciona, e anche se all’amore suo andava bene così, con quei codini strambi e i vestitini casual, non c’era niente in lei da invidiare troppo.

    Adesso ci sono le mie cuginette che vogliono vestirsi come le Winx, e cioè farsi il ricciolo ai capelli, il glitter sulla bocca, il trucco pesante sugli occhi, la gonnellina corta e il tacco alto. Anche le Winx combattono (non ricordo contro cosa, ma combattono), ma a nessuna di loro interessano i magici poteri, semmai interessano le alette luccicose e i vestitini.

    Ecco, quando penso alle mie maghette e le paragono al cartone animato delle Winx (che da tanti cartoni animati giapponesi prende spunto, basta vedere l’Enchantix delle Winx che è la brutta copia delle trasformazioni Sailor), il grosso cambiamento lo vedo qui:
    prima ci interessava il potenziale magico, invidiavamo quel mondo di possibilità in più che loro avevano, ci sarebbe piaciuto diventare grandi e fare le cose dei grandi, trasformarci in eroine per essere speciali. Però nella realtà non potevamo. Forse un giorno ci saremmo vestite come Barbie, ma appunto, un giorno.
    Oggi invece possono essere come le loro Winx per davvero, nella vita di tutti i giorni, negli oggetti, nei vestiti, nel trucco. Così come possono essere le loro Bratz andando semplicemente a scuola. L’imitazione è più facile, non bisogna aspettare anni per fare le cose da grandi, ma basta fare le cose da “piccole” uguali alle loro amiche alate. Non bisogna avere un potere magico per diventare speciali, basta fare shopping (e ci vuole molto di meno).

    Chiedo scuso per la logorrea, ma ormai ho scritto e spedisco 😀

  6. Ma le critiche che fai alle winx, in altri tempi non avrebbero potuto rivolgersi alla Barbie, o alle eroine dei cartoon disney? Non incarnavano anche quelle modelli “sessuali” tipici dell’enciclopedia del loro tempo? E Liala e Harmony davano alle “giovinette” del loro tempo modelli ideali molto più avanzati? Sembra una difesa delle Winx (e in parte lo è) ma è anche, forse, una critica più radicale ai modelli femminili che la società impone da sempre alle bambine, da molto prima che comparissero le eroine di Iginio Straffi.

  7. Marco, sì. Avrei detto molte cose anche di Barbie se avessi avuto un blog quando c’era da criticarla… E pure di Liala e Harmony……… 😉

    Se scorri un po’ all’indietro i post di questo blog e le discussioni che ne sono nate, scopri che la critica ai modelli femminili di cui parli tu c’è, ed è abbastanza sistematica. Certo, non faccio solo quello ogni giorno…
    🙂
    comizietto: niente di su Gormiti e Winnie the pooh, per ora…

    Grazie a tutti gli altri e le altre per la condivisione!

  8. Cara Giovanna, ho letto la tesi e, pur condividendo tutto, sento che manca ancora qualcosa al discorso. Tanto per iniziare non credo proprio che gli stereotipi/modelli proposti dalle Winx siano *tanto* dannosi alle nuove leve, se non altro perché siamo immersi in modelli e stereotipi di tutti i tipi e le Winx non aggiungono nulla di nuovo. Inoltre molti messaggi delle Winx sono rivolti ai genitori, non certo ai bambini, che li vivono in maniera completamente diversa dagli adulti. (“Ma le Winx sono tutte secche secche, magre magre!” “No, Mami, le Winx nella realtà sono come noi. E che le disegnano male.”)

    *Forse* il punto è l’attività di merchandising che accompanga questi cartoni animati, che induce il bambino a “rendere reale”, attraverso gli oggetti, una cosa che reale non è. Con la pubblicità dell’oggettistica le Winx passano da “storia, favola” a qualcosa di “semi reale” che (non) si può raggiungere con l’acquisto. Nessuno di voi ricorda la delusione pochi minuti dopo l’acquisto del modellino di Gig Robot D’acciaio e, in opposizione, gli interminabili pomeriggi passati a immaginarsi su un’astronave stando seduti su una sedia con una radio rotta in mano? Questa confusione, fra mondo reale e fantasia, rende le Winx “pericolose”.

    Spero di non aver detto troppe fesserie.
    Per i Gormiti e Winnie aspetterò. 🙂

  9. peggio di sailor moon

  10. Ciao a tutti, sono l’autrice della tesi.
    Rispondo a Il comizietto: la mia tesi non poteva non essere specifica, quindi ho deciso di concentrarmi su Bratz e Winx perchè, a parte la vicinanza temporale dei fenomeni, secondo me “rompono” la tradizione delle Barbie proprio perchè c’è un’identificazione maggiore della fascia delle tweens in questi prodotti di ultima generazione. Barbie se non erro è una donna, e ha un fidanzato, due sorelline (Shelly e Skipper), e la vita di una femmina per così dire matura.
    Invece le Winx e le Bratz ci mettono di fronte a un modello diverso, anche da Sailor Moon. Che sì, si trasformava e vestiva abiti succinti, ma la storia conteneva altri messaggi, diversi da seduzione e consumo (basti pensare alle due lesbiche Sailor Urano e Nettuno che alla fine di una serie adottavano Sailor Saturn che rinasceva dopo la fine del mondo sotto forma di neonata).
    Come tu dici, nel caso americano e italiano, abbiamo un tentativo di “confusione fra mondo reale e fantasia”, che oltre ad avvalersi dei soliti messaggi triti e ritriti (trasformazione, interesse verso vestiti e oggetti, bisogno di essere sempre belle e perfette, fidanzato da conquistare che poi da la sanzione positiva finale), agisce secondo me senza filtri sull’immagine che le bambine vanno a formarsi del proprio genere di appartenenza. E in tutto questo i genitori secondo me hanno poca consapevolezza perchè credono di tovarsi di fronte all’ennesima pseudo-Barbie o pseudo-Sailor Moon. Il mio lavoro comunque non vuol essere la solita critica della serie “ma com’erano belli, sani e puri i cartoni e le bambole di una volta”, proprio perchè veicolavano gli stessi messaggi sessisti, ma probabilmente in modo meno votato al consumismo. Insomma, se guardiamo i due film di Bratz e Winx con lo sguardo dell’adulto, ci accorgiamo che tutto sembra una continua pubblicità (in maniera meno evidente nel caso delle fatine) di merci quali trucchi, vestiti, Ipod, auto e così via. Il fine non è intrattenere e in un secondo momento intervenire con gadgets e bambole, ma è muovere una macchina immensa e complessa che è quella del mercato e dei consumi a 360 gradi, oltre a perpetuare un’immagine dell’adolescente funzionale a creare bisogni indotti e insicurezze. Sembrerò estrema, ma io la vedo un po’ così…
    Sono temi che necessitano una riflessione profonda, senza per forza dover scegliere tra la cara vecchia e “innocua” Barbie e le ipersessuate Bratz e Winx. Secondo me i termini di paragone non sono solo questi ed è sbagliato continuare a stilizzarli così.

    Spero di essermi spiegata, grazie a tutti per ogni commento 🙂

  11. @Irene
    Grazie della risposta! (Che condivido.)

  12. @Irene
    Barbie non era innocua per niente (credo che lo pensi anche Giovanna dal suo ultimo commento/replica). Le stesse dinamiche messe in moto dalle Winx oggi sono quelle di cui Barbie è antesignana. Barbie ha la villa dei sogni, Ken la porta in giro con la decappottabile di lusso, lei spende e spande per guardaroba incredibili… Cos’è questo se non “continua pubblicità di merci quali trucchi, vestiti….”?
    Comunque il discorso sul product placement (ovvero sulla veicolazione di prodotti commerciali all’interno di testi narrativi per indurre al consumo) è molto interessante ma anche molto complesso. Cito un caso che esce dal discorso bimbe/Winx ma su cui vale la pena riflettere. Nel cartoon “The Simpson”, la bevanda preferita da Homer e dagli altri panciuti alcolizzati di Springfield è la “Birra Duff”.
    La Duff era in origine una arguta satira delle logiche pubblicitarie della Budweiser e delle birre in generale. Un prodotto fiction che faceva il verso ai prodotti veri. Ma, qualche tempo fa, produttori di birra hanno ottenuto la licenza e l’hanno messa in commercio davvero, con ottimi riscontri commerciali. Anche in Italia dal Luglio 2008 è possibile trovarla in giro… Cosa voglio dire? Semplicemente che la forza di questi meccanismi promozionali è tale che sempre di più fanno parte anche delle logiche di produzione della fiction e dei cartoni animati, anche quelli che non nascono direttamente “brand-oriented”. Possiamo anche dircene scandalizzati, ma credo che difficilmente si tornerà indietro.
    Sicuramente sono temi da approfondire e da studiare, cercando di compredere meglio i processi, le tendenze, etc.

  13. @Marco
    “Innocua” , il termine con cui mi rivolgo a Barbie, è ironico ovviamente, forse non era chiaro, ma credevo emergesse dal mio discorso visto che come tu dici sono sottesi gli stessi messaggi sessisti, ed è vero, consumistici. Ho detto che secondo me con Barbie c’era una distanza creata dalla sua età, che direi fa un po’ la differenza con le Winx e le Bratz. E che appunto, bisogna spostare i termini di contrasto perchè l’immagine della Barbie casta, pura e semplicemente un po’ frivola è qualcosa che a ben guardare chi è nato negli anni ’80 o nel decennio precedente lega al ricordo di un’infanzia molto diversa da quella che vivono le bambine e le quasi adolescenti di oggi, ma in realtà l’esempio di donna votata al consumo e alla seduzione è sempre quello. Non so se mi son fatta capire…
    Scusate, con ‘sti discorsi mi è venuto il trip commemorativo: ma quanto erano iper anni ’80 i vestiti di Barbie con le balze e le gonne che andavano giù a tubino e poi esplodevano sopra le ginocchia? Era l’estetica da Beautiful, un po’ hollywoodiana, e un po’ in stile Dallas (parlo delle Barbie con cui giocavo io che sono dell’86). Poi in realtà anche quell’immagine si è evoluta, anche per riuscire a non soccombere di fronte a fenomeni come Bratz & Co. E la nostra beniamina post new wave ha perso quelle meravigliose tette quadrate che la caratterizzavano. Bei vecchi tempi…
    (*sono ironica*)

  14. E’ nato prima l’uovo o la gallina?

    Chiaro che Barbie, Winx ed educazioni subdole o conformiste varie abbiano influito ed influiscano sulle generazioni femminili (e non) passate e presenti, tuttavia ho difficoltà -per quanto non ne condivida i messaggi comunicati- a credere che siano la causa principale del riconoscimento di bambine e ragazzine in questi personaggi. E sull’attuale “adultizzazione” degli adolescenti. Io sarò un caso anomalo ma da piccola mi riconoscevo in Holly e Benji cioè nella cosa che mi piaceva di più FARE: giocare a
    pallone, le barbie – non si offenda nessuno- le ho sempre trovate poco divertenti, figuriamoci saylormoon.
    Comunque. Nel periodo scuole medie (sono un ’82, quindi parlo del ’93-’94-’95) ricordo già una progressiva anticipazione dell’adolescenza nelle femmine -anche nei maschi- ma soprattutto nelle femmine che coincideva -con un abbassamento della prima esperienza sessuale- sto parlando di bimbette dai 9 ai 12-13 anni. Ma anche (ovviamente) di atteggiamenti, modi di vestire,
    di parlare, di approcciarsi ecc. Cosa che oggi è diventato praticamente uno standard.

    Non so quando questo progressivo abbassamento dell’età in cui si attuano comportamenti adulti sia iniziata, ma credo che la “colpa” non sia attribuibile a bambole od a cartoni animati, i quali a mio avviso peggiorano la situazione semplicemente perché fanno un gioco simile a quello di due specchi posti uno di fronte all’altro. Un fumettista, un grafico ecc. solitamente coglie spunto dalla realtà per creare qualcosa di fantasioso.. il marketing da qualcosa che sia appetibile/vendibile quindi già presente o prevedibile. Manca un etica, interna a tutto ciò. Studi come questi giocano a favore commerciale, chiariscono ancor meglio le idee a chi fa pubblicità, mentre un organismo superpartes che regoli la salubrità dei contenuti resta un miraggio e ci si para davanti al concetto relativo di parola/opinone/comunicazione od a quello censorio.

    Al di là della mia esperienza conoscitiva, mi chiedo cosa sia accaduto all’interno delle famiglie dal ’68 in poi, dopo che la donna ha iniziato boccheggiando a farsi largo nell’era dell’autonomia e della libertà sessuale, la perdita di ruoli e bla bla bla bla.
    Maggiore libertà di azione o possibilità di scelta (di entrambi i sessi) non è coincisa con una eliminazione degli stereotipi educativi, i cosiddetti” fantocci d’ispirazione” sono rimasti agli angoli delle camerette come un vecchio pupazzo anni ’70, desueto e poco appetibile senza trovare un degno sostituto, perché il sostituto non era “stereotipabile”. I genitori si sono trovati incapaci di spiegare ai loro figli come muoversi nel mondo (nuovo) e come o chi diventare, mentre il mondo fagocitava i loro figli a colpi di tecnologia, marketing ed interattività rendendoli autonomi prima di esserlo veramente e decretando l’assioma che avere significa essere: non è necessario divenire nè esperire per acquisire autorevolezza e competenza, è sufficiente “entrare nel giro” ed apparire. In questo modo si scalzano diversi “inutili passaggi” e non si perde tempo.

    Forse l’assenza di stereotipi ai quali ispirarsi è eccessivamente spiazzante? L’essere umano ha difficoltà a capire cosa deve fare se non ha qualcuno o qualcosa che gli dica cosa è giusto o sbagliato, è un animale che apprende imitando gli altri, si muove in gruppo e solo dopo che ha avuto conferma che il gruppo si sta muovendo in un verso o nell’altro decide di spostarsi (in generale funziona così). Non avere modelli diventa insostenibile per chiunque.

    Probabilmente l’attuale crisi economica determinerà un riassestamento di valori ed una rinascita di modelli per molti versi forzata ma di grande stimolo decisionale per la nostra schizofrenica società. Auspico in senso positivo ma -ed è sotto gli occhi di tutti- vista la penuria di punti di riferimento, nasceranno integralismi di ogni tipo (extrareligiosi) acuendo i nostri difetti e i nostri problemi. Il rischio è ricalcare lo stereotipo femminile negativo con penna indelebile. Pertanto se vogliamo cambiare davvero le cose è il caso di sollevarsi le maniche adesso! La verità sta nel mezzo: è necessaria una riattribuzione di significati, un auto-accudimento sociale a-giudicante. Rimpolpare i valori esanimi e travisati dimostrandone con la pratica l’efficacia e la veridicità (basta con le teorie astratte). Non guasterebbe una capacità di gestire le emozioni, a cominciare dal loro riconoscimento (anch’esse tutt’altro che identificabili e gestibili soprattutto dai più giovani), iniziando perchè no dai bambini – chi l’ha detto che si impara soltanto dai genitori?- con un bel corso di intelligenza emotiva (Daniel Goleman docet).

    Per i cartoni animati è la stessa cosa: più valori e meno apparenza.

    Mi sono un po’ inalberata…ma spero riusciate a cogliere il senso del mio pensiero.

    Ps: Winnie the Pooh è semplicemente bigotto!

  15. Winx e Bratz non sono né più né meno delle veline e delle velinoidi che si vedono in giro. Il problema non è tanto nell’essere carine e attraenti (come se fosse in sé una colpa), ma in quello che ci sta dentro. La domanda che mi porrei è: quanto sono ben fatte (contenutisticamente, narrativamente, tecnicamente, esteticamente, emozionalmente) le serie delle Winx o delle Bratz? Cosa rimane come “esperienza” televisiva (che poi è un’esperienza di vita)? Purtroppo chi trasmette spesso cerca – parole testuali – “roba colorata che gira”, non cartoon “che bisognerebbe mettersi lì a vederli”. Se un film è ben fatto, ricco, emozionante, sorprendente e intelligente, a nessuno viene da criticarlo perché la protagonista è fotogenica o un po’ sexy. Giustamente, anzi, tanto di guadagnato! (sarebbe come criticare Kate BLanchet perché è bella e sexy…)
    La sostanza (tanto del contenuto, quanto della forma) costa fatica, coraggio e amore. Purtroppo viviamo in un mondo che sia accontenta di molto meno (cioè agli specchietti per allodole), sia nel produrre, che nel consumare.
    Se le winx e le bratz sono così, è anche colpa nostra, di noi allodole, perché i costruttori di specchietti sono sempre esistiti e sempre esisteranno.
    Ben ci ha visto quindi Ortolani, quando, parodiando le “fatine ignoranti”, le ha rappresentate come bambole con la testa vuota…
    Poi si tratta sempre di avere le alternative. Oggi un’alternativa per lo stesso target si chiama IL MIO VICINO TOTORO. Correte al cinema con le vostre bambine!

  16. ho seguito con interesse tutto il dibattito, davvero interessante…molto!
    che dire..io sono del ’74, la mia è la generazione delle Barbie. francamente non le ho mai amate molto (me ne regalavano tante, tantissime!! ma io le decapitavo tutte!!…inquientante!!???..non sò…ma vabbé questa è un’altra storia)…ho sempre preferito le costruzioni, ne avevo di tanti tipi…anche di legno!!! favolose!
    sono d’accordo con Marco quando scrive che Barbie non è altro che l’antesignana delle stesse dinamiche messe in moto dalle Winx oggi e sull’argomento non aggiungo altro dato che ne avete già ampiamente parlato voi. sono anche d’accordo con Fra quando suggerisce come alternativa di correre al cinema con le prorpie bambine, ma mi chiedo quanti genitori hanno tempo da dedicare ai propri figli!!???…in parte perché in queste vite di corsa davvero non ne hanno…in parte anche perchè c’è chi preferisce fare altro, illudendosi di compensare la loro assenza comprando comprando comprando…
    tutto ciò mi ha fatto ripensare a quando andavo nelle scuole a parlare ai bimbi della pace e della guerra…proponendo loro di costruirsi da sè i propri giochi, come fanno i bimbi che purtroppo non ne hanno ed allora s’ingegnano con qualche cartone, un pò di stoffa, qualche legnetto nelle creazioni più disparate :o)
    adesso mi chiedo come tutto ciò che, insieme agli altri volontari, si cercava di costruire insiem ai bimbi, poi tornando a casa veniva, spero solo in parte, distrutto dai genitori anche nella scelta dei giocattoli da comprare ai propri figli. a me questa è sempre sembrata un’ alternativa, una forma di resistenza a tutti i modelli che il mercato cerca d’imporre..ecco.
    ultima cosa…qui si è parlato tanto di bimbe e poco di bimbi, a riguardo oggi ho letto questo: http://byebyeunclesam.wordpress.com/2009/09/27/propaganda-giocattolo/
    mi piacerebbe sapere cosa ne pensate…GRAZIE!!!

  17. Cristiana
    ho letto. La cosa mi sembra un pò più complicata di come “la imposti il post” che hai linkato. I G.I. Joe sono soldatini e “giocare ai soldatini” non è una novità per i ragazzini. Fra l’altro, si tratta del rilancio di un brand che già in passato ha avuto un certo successo multimediale (fumetti, serie a cartoni animati).
    Certo, si può vedere la passione americana per questo tipo di personaggi come una passione “guerresca”. Però pensare che i giovani diventeranno i guerrafondai di domani per via di un giocattolo mi sembra francamente eccessivo. Se fosse così semplice, basterebbe regalare un piccolo pianoforte (tipo quello di Schroeder nei Peanuts) ad ogni infante per trasformarli, ipso facto, in tanti Mozart.

  18. attirare la gente dalla propria parte senza coercizione…
    è il “soft power”, raffinate tecniche di propaganda sociale di cui gli statunitensi sono ineguagliabili maestri.

    saluti

  19. Marco, NO.
    non sono d’accordo e proprio perchè la questione non è così semplice, proprio perchè per i ragazzini non è una novità “giocare a fare la guerra”, non trovo affatto eccessivo pensare che sentimenti guerrafondai possano essere inculcati fin da piccoli. così come non è eccessivo pensare che aspirazioni da veline vengano inculcate da bamboline come Barbie, Winx e via dicendo…
    i GENITORI hanno un enorme responsabilità in questo ed ben accennato sia da Irene, nelle conclusioni della sua tesi, sia da Francsca(2) nel suo commento.
    sono i genitori che scelgono per i loro figli ed il punto è prorpio questo!
    qui si tratta di SCEGLIERE se RESISTERE o PIEGARSI a questi pericolosi modelli di omologazione e di propaganda sociale come ha ben detto byebyeunclesam.
    il punto è scegliere se diventare macchine lobotomizzate che producono e consumano o non diventarlo!!!…scegliere tra giocare a fare la guerra o la pace, scegliere tra il soldatino o il pianino…e vuoi mettere Schroeder a confronto con G.I: Joe??!!! ma Schroeder per tutta la vita!!! e qui mi fermo perchè già mi sto allontanando troppo dal discorso iniziale.
    permettetemi un’ultima disgressione con questo video…FANTASTICO!!!…ho sempre amato i Peanuts!!!
    saluti e GRAZIE!!!

  20. @ byebyeunclesam
    “attirare la gente dalla propria parte senza coercizione…” non è una specialità americana. Secondo Roland Barthes si dovrebbe risalire a 500 anni prima di Cristo. Fosse così semplice come la imposti tu, saremmo tutti maghi della comunicazione.

    @Cristiana
    Grazie per il video! 🙂
    Non sono ancora padre e quindi non mi permetto di dare consigli a nessuno. Ma pensare che si possa “salvare” dalla guerra le nuove generazioni, eliminando i soldatini dal mercato dei giocattoli, mi pare lontano dalla realtà.
    Un conto è parlare di modelli sociali pervasivi (le Barbie, i G.I. Joe, le Bratz) e un conto è pensare che nell’educazione di un bambino abbiano più valore, ad esempio, i cartoni animati che guarda che non il clima che vive nella sua famiglia, nella scuola, nelle esperienze di tutti i giorni.
    Certo le storie proposte dai media hanno una forza enorme, in particolare per i giovani, ma le storie proposte dalla realtà quotidiana sono altrettanto forti. Non so, se è perché in passato ho scritto cartoni animati, ma ho sempre la sensazione, quando si finisce a fare questi discorsi, che si voglia scaricare su chi “inventa storie” per il cinema, la tv o il fumetto, responsabilità che sono altrove nella società.

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